“Quando non ci sono leggi qui e mi trovi”: scritto a grandi lettere sul marciapiede davanti all’ingresso della scuola Di Donato di via Bixio, zona di Piazza Vittorio, Roma. – Il graffito dunque al posto della lettera. La corrispondenza era gelosamente privata e impegnativa nei contenuti. Il graffito è pubblico e appena evocativo. Non chiede che si corrisponda con altro graffito. La missiva era firmata, la scritta stradale è anonima. L’intenzione di porre un segno a rimedio della lontananza è la stessa, ma il mezzo è tutto diverso. Tranne per l’essere fatto di parole. E forse questa comunanza è più forte delle diversità.
Quando non ci sono leggi qui
8 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Mi sbaglio o qualcosa del genere avveniva già nell’antica Pompei? Nelle iscrizioni pompeiane leggiamo:
CIL IV, 7679: Marcellus Praenestinam amat et non curatur
Traduzione: Marcello ama Prenestina e non è considerato.
Sarebbe simile se l’autore fosse Marcellus e non invece – come tendo a pensare – un amico che lo sfotte.
La gentile Antonella Lignani (che io amo immaginare come una deliziosa signora un po’ agée, colta e raffinata, magari con un filo di perle sul golfino) ha fatto una citazione delicata e umbratile.
Io, da quel che sono, a sentir parlare di graffiti pompeiani penso subito a «hic ego multas puellas futui», che pure ha un suo fascino …
Ma per tornare alla scritta registrata da Luigi, che cosa vuol dire?
L’ho riletta e ho capito.
Potenza del pregiudizio: vedendo «quando non ci sono leggi qui …», ho subito inteso (anche a causa della mancanza della virgola) “quando mancano le leggi in questo luogo” e poi il resto non mi tornava! Mi stavo già chiedendo se quell’arcana riflessione sulla latitanza del diritto fosse opera del fine giurista, invece è una semplice comunicazione tra innamorati … (Cose che succedono, ad esser troppo law and order)
potrebbe essere l’epitaffio sulla lapide da lasciare ai miei figli.
OGNI TANTO RIEMERGE UN PASQUINO.
COSI’ IMMAGINO IL REDATTORE DELLA FRASE.
CORRADO ALVARO LA DISSE COSI’
:”La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. E questa disperazione avvolge il mio Paese da molto tempo”.
questo tuo post… mi apre le cataratte della nostalgia. Quella era la scuola dei miei figli fino a pochi mesi fa… ora che stiamo facendo tanta fatica con le scuole, a Ostia… mi scende il lacrimone.
S.
Per me sono due coinquilini dello stesso appartamento (marito e moglie, forse, o compagno e compagna, ma non necessariamente: potrebbe trattarsi anche d’altro tipo di rapporto, affettivo, ma anche no): uno dei due avverte l’altro, quando non c’è (il primo dei due), di leggere (da parte del secondo) “qui” (ove potrà trovare le indicazioni per recuperare le chiavi di casa).
O no ?
Buon sabato a tutti !
Roberto 55