Che bello il serpentone con la bandiera della pace che correva ieri sera intorno alla fontana di Nicola e Giovanni Pisano nella piazza centrale di Perugia. Lo portavano gli scouts a braccia alzate. Io ero là per una tavola rotonda convocata dalle Acli, con la partecipazione di Focsiv e Agesci, per i quarant’anni della Populorum progressio. Nel mio intervento ho segnalato ai marciatori le parole “urti di civiltà” (paragrafo 10) e “dialogo di civiltà” (paragrafo 73) di incredibile anticipo sui tempi. In finale ho dedicato loro queste parole sapienti: “Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” (paragrafo 66).
Con i marciatori della Perugia-Assisi
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” “Vi do la mia pace, non come la dà il mondo”. Il mondo offre una seconda strada alla pace che è del tutto opposta all’esaltazione della forza, ed è il “pacifismo”.
La riprovazione della “legge del più forte” ci trova assolutamente d’accordo coi pacifisti. E non è un caso che i movimenti pacifisti nascano di solito entro l’area della cultura cristiana. Ma anche il pacifismo esige di essere vagliato alla luce della verità evangelica e oggettivamente giudicato.
Non è per esempio affidabile come paladino di pace, chi nell’atto stesso che manifesta per la pace pronuncia parole violente, parole di odio, parole di incitamento ad aggredire, talvolta addirittura parole di morte. Non è affidabile come difensore dei diritti delle persone contro tutte le prepotenze, chi non esita a mettere a soqquadro e distruggere macchine, vetrine, arredi urbani, proprio nel momento che si presenta come il profeta di una società più equa e più fraterna. Soprattutto non è affidabile come operatore di una pace che nasca dalla giustizia, se tra le varie aberrazioni sociali e le varie tirannie politiche attualmente esistenti introduce arbitrarie distinzioni, condannandone alcune e assolvendone almeno implicitamente altre, a seconda dei propri gusti, dei propri orientamenti ideologici, delle proprie affinità elettive. ”
(+Giacomo Biffi)
http://www.bologna.chiesacattolica.it/arcivescovi/biffi/omelie/2003/2003_01_01.html
[Per sgomberare il campo da facili equivoci: ho passato 10 anni della mia primissima giovinezza nell’AGESCI…]
C’è un’espressione di Popolorum Progressio (non so dare ora il numero e il paragrafo precisi, non me ne vogliate) che mi ha sempre colpito profondamente. Dice che i poveri sono “sacramento di Cristo”.
La portata di questa frase apparentemente semplice mi pare squassante in senso esistenziale, molto prima che dal punto di vista politico o sociale.
La conoscevate?
“Tutta la tradizione della Chiesa riconosce nei poveri il sacramento di Cristo, non certo identico alla realtà dell’Eucaristia, ma in perfetta corrispondenza analogica e mistica con essa. Del resto Gesù stesso ce lo ha detto in una solenne pagina del suo Vangelo, dove Egli proclama che ogni uomo che soffre, ogni affamato, ogni infermo, ogni disgraziato, ogni bisognoso di compassione e di aiuto, è Lui, come se Lui stesso fosse quell’infelice, secondo la misteriosa e potente sociologia evangelica (cfr. Matth. 25, 35 ss.), secondo l’umanesimo di Cristo. Voi, Figli carissimi, siete Cristo per Noi. E Noi che abbiamo la formidabile sorte d’essere il Vicario di Cristo nel suo magistero della verità da Lui rivelata, e nel suo ministero pastorale nell’intera Chiesa cattolica, Noi Ci inchiniamo davanti a voi e vogliamo ravvisare Cristo in voi quasi redivivo e sofferente: non siamo venuti per avere le vostre filiali, e pur gradite e commoventi acclamazioni, ma siamo venuti per onorare Cristo in voi, per inchinarci perciò davanti a voi, e per dirvi che quell’amore, che tre volte Gesù risorto richiese da Pietro (cfr. Io. 21, 15 ss.), di cui Noi siamo l’umile e l’ultimo Successore, quell’amore a Lui in voi, in voi stessi lo tributiamo“: omelia di Paolo VI ai campesinos colombiani, 23 agosto 1968. Io conosco questo testo di papa Montini che parla dei poveri come sacramento di Cristo. Ma avendo appena riletto la “Populorum” per l’appuntamento di Perugia, confesso che non mi sono imbattuto in questa espressione, almeno così mi pare. Sarebbe dunque utile – a me – se provi a rintracciare il passo. Un saluto, Luigi
UDIENZA GENERALE DI GIOVANNI PAOLO II
Mercoledì, 4 aprile 1979
Sorelle e Fratelli carissimi!
1. Desidero tornare oggi ancora una volta ai temi delle nostre tre meditazioni quaresimali: preghiera, digiuno, elemosina, e soprattutto a quest’ultima. Se la preghiera, il digiuno e l’elemosina formano la nostra conversione a Dio, conversione che viene espressa in modo più esatto dal termine greco “metànoia”, se esse costituiscono il principale tema della liturgia quaresimale, uno studio penetrante di questa liturgia ci persuade che l’“elemosina” vi occupa un posto particolare. Abbiamo cercato di spiegarlo brevemente mercoledì scorso, ricollegandoci all’insegnamento di Cristo e dei Profeti dell’Antico Testamento, che risuona spesso nella liturgia quaresimale.
Esiste però il bisogno di attualizzare questo tema, di tradurlo, per così dire, non soltanto in un linguaggio di termini moderni, ma anche in un linguaggio dell’attuale realtà umana: interiore e sociale insieme. Come si riferiscono alla realtà attuale le parole pronunciate migliaia di anni fa, in un contesto storico-sociale completamente diverso, parole rivolte ad uomini di una mentalità così diversa da quella di oggi? Come è possibile dunque applicarle a noi stessi? Quali punti nevralgici della nostra attuale ingiustizia, delle iniquità umane, delle varie disuguaglianze, che non sono per nulla sparite dalla vita dell’umanità – benché tante volte la parola d’ordine “uguaglianza” sia stata scritta su varie bandiere – debbono colpire queste parole?
Risuonano con forza insolita le discrete parole di Cristo rivolte un giorno all’apostolo traditore: “I poveri… li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,8).
“Voi avrete sempre dei poveri fra di voi”. Dopo l’abisso di questa parola, nessun uomo ha mai potuto dire che cosa sia la povertà… Quando si interroga Dio, egli risponde che è proprio lui il Povero: “Ego sum pauper” (Léon Bloy, La donna povera, II, 1).
2. La chiamata alla penitenza, alla conversione significa chiamata all’apertura interiore “verso gli altri”. Nulla può sostituire, nella storia della Chiesa e nella storia dell’uomo, questa chiamata. Questa chiamata ha infinite destinazioni. È rivolta ad ogni uomo ed è rivolta a ciascuno per i motivi propri di ciascuno. Ognuno deve quindi vedersi nei due aspetti della destinazione di questa chiamata. Cristo esige da me un’apertura verso l’altro. Ma verso quale altro? Verso colui che è qui, in questo momento! Non si può “rimandare” questa chiamata di Cristo ad un momento indefinito, in cui apparirà quel mendicante “qualificato” e stenderà la mano.
Debbo essere aperto a ciascun uomo pronto a “prestarmi”. A prestarmi con che cosa? È noto che alle volte con una sola Parola possiamo “fare un dono” all’altro; ma con una sola parola possiamo anche colpirlo dolorosamente, ingiuriarlo, ferirlo; possiamo perfino “ucciderlo” moralmente. Bisogna quindi accogliere questa chiamata di Cristo in quelle ordinarie quotidiane situazioni di convivenza e di contatto, dove ciascuno di noi è sempre colui che può “dare” agli altri e, nello stesso tempo, colui che sa accettare ciò che gli altri possono offrirgli.
Realizzare la chiamata di Cristo ad aprirsi interiormente verso gli altri, significa vivere sempre con la prontezza di trovarsi dall’altra parte della destinazione di questa chiamata. Io sono colui che dà agli altri anche quando so accettare, quando sono riconoscente per ogni bene che mi viene dagli altri. Non posso essere chiuso e ingrato. Non posso isolarmi. Accettare la chiamata di Cristo all’apertura verso gli altri esige, come si vede, una rielaborazione di tutto lo stile della nostra vita quotidiana. Bisogna accettare questa chiamata nelle dimensioni reali della vita. Non rimandare a condizioni e a circostanze diverse, a quando se ne presenterà la necessità. Bisogna continuamente perseverare in tale atteggiamento interiore. Altrimenti, quando si presenterà quell’occasione “straordinaria” potrà capitarci che non avremo una disposizione adeguata.
3. Intendendo così, in modo pratico il significato della chiamata di Cristo a “prestarsi” agli altri nella vita di ogni giorno, non vogliamo restringere il senso di questa donazione soltanto ai fatti quotidiani, per così dire, di piccole dimensioni. Il nostro “prestarsi” deve riguardare anche i fatti lontani, le necessità del prossimo, con cui non siamo a contatto ogni giorno, ma della cui esistenza siamo consapevoli. Sì, oggi conosciamo molto meglio le necessità, le sofferenze, le ingiustizie degli uomini che vivono in altri paesi, in altri continenti. Siamo lontani da loro geograficamente, siamo divisi da barriere linguistiche, da frontiere poste dai singoli Stati… Non possiamo addentrarci direttamente nella loro fame, nella loro indigenza, nei maltrattamenti, nelle umiliazioni, nelle torture, nella prigionia, nelle discriminazioni sociali, nella loro condanna ad un “esilio interiore” o alla “proscrizione”; tuttavia sappiamo che soffrono, e sappiamo che sono uomini come noi, nostri fratelli. La “fratellanza” non è stata iscritta solo sulle bandiere e sugli stendardi delle moderne rivoluzioni. Già molto tempo fa l’ha proclamata Cristo: “…voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8). E ancor più: a questa fratellanza egli ha dato un punto indispensabile di riferimento: ci ha insegnato a dire: “Padre nostro”. La fratellanza umana presuppone la paternità divina.
La chiamata di Cristo ad aprirsi “all’altro”, al “fratello”, proprio al fratello, ha un raggio d’estensione sempre concreto e sempre universale. Riguarda ciascuno perché si riferisce a tutti. La misura di questo aprirsi non è soltanto – e non tanto – la vicinanza dell’altro, quanto proprio le sue necessità: avevo fame, avevo sete, ero nudo, in carcere, ammalato… Rispondiamo a questa chiamata cercando l’uomo che soffre, seguendolo perfino oltre le frontiere degli stati e dei continenti. In questo modo si crea – attraverso il cuore di ciascuno di noi – quella dimensione universale della solidarietà umana. La missione della Chiesa è di custodire questa dimensione, non limitarsi ad alcune frontiere, ad alcuni indirizzi politici, ad alcuni sistemi. Custodire l’universale solidarietà umana soprattutto con coloro che soffrono; conservarla con riguardo a Cristo che proprio tale dimensione di solidarietà con l’uomo ha formato una volta per sempre. “Poiché l’amore del Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2Cor 5,14ss.). E ce l’ha data come compito una volta per sempre. L’ha data come compito alla Chiesa. L’ha data a tutti. L’ha data a ciascuno. “Chi è debole, che anche io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?” (2Cor 11,29). Sono parole di San Paolo.
Quindi, nella nostra coscienza – nella coscienza individuale del cristiano – nella coscienza sociale dei vari ambienti, nelle nazioni, debbono formarsi, direi, delle zone particolari di solidarietà proprio con coloro che soffrono di più. Dobbiamo lavorare sistematicamente, affinché le zone dei particolari bisogni umani, delle grandi sofferenze, dei torti e delle ingiustizie, divengano zone di solidarietà cristiana di tutta la Chiesa e, attraverso la Chiesa, delle singole società e dell’intera umanità.
4. Se viviamo in condizioni di prosperità o di benessere, tanto più dobbiamo essere coscienti di tutta la geografia della fame sul globo terrestre; tanto più dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alla miseria umana, come fenomeno di massa: dobbiamo risvegliare la nostra responsabilità e stimolare la prontezza ad un aiuto attivo ed efficace. Se viviamo nelle condizioni di libertà, di rispetto dei diritti umani, tanto più dobbiamo soffrire per le oppressioni delle società che sono private della libertà, degli uomini che sono privati dei fondamentali diritti dell’uomo. E questo riguarda anche la libertà religiosa. In modo particolare là, dove c’è il rispetto della libertà religiosa, dobbiamo partecipare alle sofferenze degli uomini, alle volte di intere comunità religiose e di intere Chiese, a cui viene negato il diritto alla vita religiosa secondo la propria confessione o il proprio rito. Debbo chiamare col loro nome tali situazioni? Certamente. Questo è mio dovere. Ma non ci si può fermare soltanto a questo. Bisogna che noi tutti e in ogni luogo ci sforziamo di assumere un atteggiamento di solidarietà cristiana con i nostri fratelli nella fede, che subiscono discriminazioni e persecuzioni. Bisogna inoltre cercare forme, in cui questa solidarietà possa esprimersi. Questa è sempre stata, sin dai tempi più antichi, la tradizione della Chiesa. Difatti, è ben noto, che la Chiesa di Gesù Cristo non è entrata “in posizione di forza” nella storia dell’umanità, ma attraverso secoli di persecuzioni subite. E sono proprio questi secoli che hanno creato la più profonda tradizione della solidarietà cristiana.
Anche oggi tale solidarietà è la forza di un autentico rinnovamento. Essa è la via indispensabile per l’autorealizzazione della Chiesa nel mondo contemporaneo. È la verifica della nostra fedeltà a Cristo che ha detto: “I poveri… li avete sempre con voi” (Gv 12,8), e ancora: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). La nostra conversione a Dio si realizza soltanto sulla via di questa solidarietà.
Vi benedico con molto affetto.
Giovanni Paolo II
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/1979/documents/hf_jp-ii_aud_19790404_it.html
“Sappiamo, tuttavia, che la vera pace si diffonde là dove
gli uomini e le istituzioni si aprono al Vangelo.”
(Benedetto XVI, all’Angelus di ieri)
http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/20856.php?index=20856&lang=it
Dunque, Luigi. Stasera vedo di rintracciare la fonte esatta dell’espressione.
Io comunque, ora che ricordo, l’ho appresa da una pubblicazione dedicata ad Amintore Fanfani professore di storia economica, “Colloqui sui poveri”.
Lì c’è un intervento del Cardinale Silvestrini, che appunto titola con “I poveri sacramento di Cristo” e che mi pare si riferisse alla Popolorum Progressio.
Ma magari mi sbaglio, controllo e ti faccio sapere.
@ Syracus,
circa le parole del Card. Biffi.
Se il tuo riferimento è alla Marcia della Pace di ieri come luogo di persone pacifiste che marciano scandendo slogan violenti, beh… dovevi esserci per renderti conto che la Perugia – Assisi non era così.
A meno che non si voglia montare la solita operazione – per la quale non occorre scomodare cardinali e teologi – di delegittimazione del movimento per la pace facendo un bel minestrone, opportunamente cucinato da certa stampa e certa tv, in cui si cucinano assieme pacifisti, punk, terroristi, estremisti, suore e preti ingenui, intellettuali “cattivi maestri”, innocenti mamme con bambini etc. etc. etc. al solo scopo di non contrastare il clima da pensiero unico dominante e conformante.
Io ieri c’ero, ho vissuto una bellissima giornata di pace e di confronto e la cosa più violenta che ho visto/sentito sono stati i bidoni dell’immondizia stracolmi (violenza perchè io il mio pattume me lo sono riportato a casa, ma se le violenze fossero solo queste…
Ah quasi dimenticavo: un complimento e un saluto al padrone di casa, Luigi Accattoli, il cui blog è linkato al mio.
Nel 1919 Berlino fu riempita da una folla strabocchevole (200mila giovani) del movimento “Nie Wieder Krieg”, Mai più guerre,che manifestava,appunto ,per la pace.
Gli stessi che vent’anni dopo non hanno rifiutato la chiamata di Hitler, come nessuno (su scala tangibile) dei manifestanti pacifisti sotto tutte le latitudini e ideologie ed epoche ha rifiutato al momento buono la propria cartolina precetto.
Eh, com’è difficile, Ceccon, scegliere tra l’incoerenza ed il plotone d’esecuzione… Lei cosa avrebbe scelto, mi dica, adesso, dal suo salotto comodo, mi dica cosa avrebbe scelto…
🙁
Benvenuto a Davide1975 e ricambio di complimenti per il blog (http://passodellacisa.blogspot.com)! Luigi
Sono nato 60 anni fa. Non ho mai dovuto scegliere di fronte a una cartolina precetto. Non così mio padre. Non così mio nonno. Ho sempre presente che questo è un dono splendido, anche se immeritato, che il Signore mi ha fatto.
(dal Salmo 84; 9-14)
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore.
La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra.
Misericordia e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.
Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto.
Davanti a lui camminerà la giustizia
e sulla via dei suoi passi la salvezza.
Cordiali saluti.
Non vedo nessuna contraddizione tra il manifestare per la pace e rispondere alla chiamata alle armi decretata dal governo del proprio paese.
Infatti io sono stato “lupo di Toscana” e ho fatto una metà circa delle manifestazioni per la pace che mi sono capitate a tiro. Luigi
Mah, se mi chiedessero di scendere in piazza una volta la settimana contro il regime di Lukashenko in Russia Bianca, magari lo farei…
Russia Bianca: tra una battuta e l’altra, ieri si diceva con un amico: Perchè l’embargo alla Birmania e non alla Cina? – ok, risposta ovvia, eh?
Su un altro argomento – ricordo quella predica di Biffi citata da Syriacus, e penso che rimanga una ottima chiave di lettura del personaggio per come l’ho vissuto. Ovvero: nulla da eccepire sulla lettera, ma zero partecipazione emotiva. Un perfetto editorialista, polemista e commentatore, ma un predicatore poco coinvolgente. Mi ricordo una volta in cui ci ricevette, mi pare come universitari, in cui ricordò, con un po’ di autoironia, che sua madre gli diceva spesso che non era un buon segno finire sui giornali – e qualcuno di noi pensò: – “Santa donna, quella madre!”.
Comunque si può dire che non tutti i vescovi finiscono nelle canzoni dei cantautori – e lui ci riuscì con la sua Bologna sazia e disperata, che finì in una canzone di Luca Carboni, “Vieni a vivere con me”.
“Potremmo essere felici fare un mucchio di peccati
potremmo essere felici a volte un poco disperati”
“Perchè l’embargo alla Birmania e non alla Cina? – ok, risposta ovvia, eh?”
Mica tanto… ;-/ Per esempio:
se ti chiedessero se è giuto sfilare contro Musharraf perchè in Pakistan vi siano davvero libere elezioni, tu, che risponderesti?
Io, il Card. Biffi lo conosco poco, però quell’estratto di Omelia inserito da Syriacus lo trovo interessante e mi sento di condividerlo…
X Davide 1975: Penso che il Card. Biffi si riferisse non ai movimenti Cattolici per la Pace…ma ai vari no-global, disobbedienti, anarchici…etc..etc…
Sono d’accordo anch’io sul fatto che la marcia Perugia-Assisi sia una giornata all’insegna di valori importanti e fondamentali per il nostro vivere civile, come Pace appunto…solidarietà…riconciliazione.
Un caro saluto. F.
7 ottobre 2007
TELEGRAMMA
Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI a Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi, Nocera Umbra, Gualdo Tadino
Occasione Marcia Perugia-Assisi nel segno della Pace Sommo Pontefice rivolge at partecipanti benaugurante saluto et ricordando Sua recente visita at Città Serafica rinnova appello at comunità internazionale per pacifica soluzione conflitti nelle varie regioni del mondo.
Sua Santità auspica che esempio evangelico San Francesco in ottavo centenario sua conversione at Cristo susciti nei credenti rinnovata coscienza preziosa realtà pace quale dono di Dio et esigente dovere di ciascuno.
Memore in particolare del 60.mo Anniversario Dichiarazione Onu Diritti Umani Santo Padre esorta at sempre generoso impegno tutela dignità persona et promozione cultura solidarietà per efficace contributo at autentico progresso umano.
Con tali auspici Sua Santità assicurando speciale ricordo nella preghiera per incisiva azione ispirata at perenni valori spirituali invia at Vostra Eccellenza et presenti tutti implorata benedizione apostolica.
Cardinal Tarcisio Bertone
Segretario di Stato Sua Santità
http://www.perlapace.it/index.php?id_article=286&PHPSESSID=a61e453015d8f109f1f7789ce6cb074d
^ Nei giorni scorsi in un comunicato il Tahkim Vahdat ha sottolineato le cifre di quelli che ha chiamato “i diritti calpestati degli studenti” nei due anni da quando Ahmadinejad é presidente: 43 organizzazioni e centri culturali studenteschi chiusi, 70 giovani attivisti arrestati e altri 550 convocati davanti ai comitati disciplinari delle Università. “Molti – aggiunge l’organizzazione – sono stati privati delle possibilità di istruzione”. ^
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/altrenotizie/visualizza_new.html_93855980.html
“Perché solo alla Columbia? Anche noi abbiamo domande da fare,,!”
Che bella la definizione di sazia e disperata che Paolo VI aveva dato dell’umanità. E quella di oggi non lo è per caso forse più di quella degli anni ’60?
Tonizzo: non so per te, ma per me precario trentenne, la “sazietà” sta un pò larga… Per ora mi sto ‘saziando’ -per usarli come metafora- con …i Kellog’s Frosties (che sto mangiando dinnanzi a questo schermo prima d’andare al lavoro…)
Cina: Syriacus, la “risposta ovvia” stava nella marea di targhettine “Made in China” che accompagnano la nostra vita quotidiana… che superano quelle relative a Pakistane e Birmania.
Biffi e la pace: in realtà quel commento fu vissuto (e penso fosse voluto) come critica alla “modalità di azone pacifista”. Quindi critica più o meno diretta a chi, tra i cattolici, sfilava insieme agli altri che invece potevano essere accusati di “tollerare” linguaggi e modalità poco evangelici.
Il messaggio percepito era: non è andando in piazza con gli “autonomi” (mi si passi il termine desueto) che si costruisce la pace. Teologicamente ineccepibile, politicamente…
Syriacus “precario trentenne”: e pensare che io l’immaginavo vicino alla mia età e dotato di una discreta barba melkita! Solidarietà per il lavoro, Luigi
Anch’io mi immaginavo totalmente un altro Syriacus…
Buona giornata, da precario a precario, ma ti consiglio di fare colazione in santa pace, non con davanti il pc!!!
Circa le parole di Biffi. Nel mio primo commento non ce l’avevo con lui in particolare (luci e ombre, più ombre che luci nel suo episcopato bolognese, ma l’uscita dell’Emilia ricca e disperata fu azzeccatissima).
Ce l’ho con questa tendenza di vescovi e molti laici di fare analisi colte e apparentemente raffinate sul movimento per la pace, sulla distinzione pacifisti/pacificatori, etc. che hanno avuto come unico scopo quello di delegittimare i cattolici che sulla base della loro coscienza manifestavano (dialogando in maniera anche molto dialettica) con chi chiedeva pace da una prospettiva diversa dalla loro, piuttosto che seguire le ambigue parole del presidente della CEI ai funerali dei 19 di Nassirya o quelle dell’allora ordinario militare mons. Bagnasco.
Parole che non piacerono a molti vescovi, non solo i soliti Nogaro-Casale-Plotti ma anche molti altri che per timore o tornaconto da diversi anni scelgono un basso profilo.
Davide1975: piacerono o piacquero?
Tonizzo: ma “sazia e disperata” è di Paolo VI, come dici tu, o non piuttosto una semplificazioone giornalistica da omelia del cardinale Giacomo Biffi riferita a Bologna?
Luigi (in preda a un attacco di rivoltante pedanteria)
Carissimo Luigi, è ancora vivo il senso di piacere e di gratitudine per averti potuto incontrare ed ascoltare in quel di Perugia. Ed è stato ancora più bello condividere con te e la tua famiglia anche la cena e la serata. Rispetto all’incontro dedicato alla Populorum Progressio, penso sarebbe bello per tutti se tu riuscissi a ‘postare’ i tuoi appunti (che sfacciato che sono!). La descrizione delle 7 luci è stata davvero istruttiva, così come la contestualizzazione dell’enciclica, per non dire dell’analisi del linguaggio che hai proposto (insieme a Marelli). Sempre a proposito di linguaggio, mi piacerebbe sentire il tuo parere sul messaggio di Papa Benedetto per la Marcia della Pace di domenica. Ma è proprio obbligatorio utilizzare lo stile diplomatico del telegramma, con quella sequenza di parole desuete e formali da burocrazia ottocentesca, verrebbe da dire asburgica, senza articoli tra l’altro, con un effetto su chi ascolta tra l’algido e il comico (il papa tedesco che parla senza articoli…alla tedesca)? Il vescovo non poteva di sua iniziativa ‘aggiungere’ gli articoli, come hanno dovuto fare i giornali e le agenzie nel riportarlo al pubblico?
Be’, intanto bisogna dire che quel messaggio è importante. Per il fatto di essere stato scritto, anzitutto. Articoli o meno. E che il Papa ha avuto meno “timori” di “equivoci” di certi suoi presunti accoliti [nel senso non liturgico del termine].
Ad Accattolomagno e Leonardo:io sono debole anche in logica, ma se non esiste contraddizione tra manifestare per la pace e poi andare in guerra,lo vedo solo nel caso in cui si manifesti per la pace che devono fare gli altri,lasciandoci liberi noi di far la guerra.
Ad AlessandroCanelli:non sono andato a marce per la pace.
Saluti a tutti
Luca concordo con te. Il messaggio è importante. Non era scontato che vi fosse. Il contenuto ovviamente era ed è fuori discussione. Ma il linguaggio…chi parlerebbe mai ad un fratello (vescovo) o ai propri figli (il popolo in marcia) parlando senza articoli? Anche il linguaggio è logos!
A Giorgioceccon. Manifestare per la pace è azione simbolica nativamente polisemica: cioè mirata a più significati. Manifestavo nel 1968 per la pace nel Vietnam e andavo militare nel 1969 come marconista per i “Lupi di Toscana” a difesa della patria. Con la prima azione volevo dire: fermatevi dallo sparare, non avete ancora fatto tutti i tentativi per trovare la pace! E’ lo stesso argomento con cui manifestavo per la pace nell’inverno-primavera del 2003 contro il precipitare della guerra all’Iraq. Domenica scorsa il mio messaggio era: bisogna muoversi subito per evitare altra “inutile strage” alla Birmania. Quando invece andavo militare dicevo: la Costituzione e la legge mi chiedono questo servizio, lo presto e giuro ecc. ben sapendo che è mio dovere di coscienza – in divisa o no – decidere se sia giusto o necessario sparare a un altro uomo. Dov’è la contraddizione? Luigi
Ad Alessandro e Luca e Syriacus (che ha postato il telegramma). Quel telegramma certo non l’ha scritto il papa. E’ firmato dal cardinale Bertone e l’hanno scritto negli uffici con la finalità di essere presenti, dire il meno possibile, non sbagliare. E uno si accontenta. Del resto in quelle marce – con i cattolici a fornire la truppa e la nuova sinistra a dare le dichiarazioni – non è tutto trasparente e consequenziale. La Curia lo sa e curialeggia. Quando la trasparenza sarà maggiore e le parole cristiane dei manifestanti più udbili, scommetto che i telegrammi papali avranno tutti gli articoli. Luigi
Tutto vero Luigi. Da ora ad innanzi anch’io scrivere proverò senza utilizzo articoli quando situazione non essere trasparente scopo precauzionale. Se Curia curialeggia (fantastico), Iapino iapineggia 🙂
Ceccon, è lei che giudica i tedeschi del secolo scorso incoerenti, non io che giudico lei incoerente. Ma se il suo giudizio – oggettivamente, storicamente – non regge, violentando i fatti al suo sillogismo, allora mi lasci giudicare a partire dal suo giudizio. E di conseguenza imputarle una oggettiva saccenza non ponderata da valutazione dei fatti e “simpatia” per l’uomo e le sue tragedie.
Ad Alessandro. Agnosco stilum romanae Curiae, disse quel tale in articulo mortis ma senza ricorrere a nessun articolo. Luigi
Approposito di messaggi: è vero, anch’io sono rimasto stupito dall’algido telegramma (nel medesimo stile di quelli con la benedizione papale per gli sposi inviati in automatico mediante il segretariato di Stato a chi li richiede… “..et , at…”) .
Comunque, tanto per avere un possibile raffronto, nel 2003 ad esempio, Giovanni Paolo II (o chi per lui) inviò invece…:
MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI
ALLA MARCIA PER LA PACE PERUGIA-ASSISI
Al venerato Fratello
Mons. SERGIO GORETTI
Vescovo di Assisi
1. Sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a Lei e, attraverso di Lei, venerato Fratello, a tutti i partecipanti alla marcia per la pace che, partendo da Perugia, verrà a concludersi ad Assisi. In codesta Città, nel 1986, invitai per un significativo incontro i responsabili delle varie religioni. Oggi, come allora, ho davanti agli occhi la grande visione del profeta: tutti i popoli in cammino dai diversi punti della Terra per raccogliersi attorno a Dio come un’unica, grande famiglia (cfr Is 2,2-5). E’ il sogno della speranza che spinse il mio venerato Predecessore, il beato Giovanni XXIII, a scrivere la “Pacem in terris”, di cui ricordiamo quest’anno il quarantesimo anniversario, e che codesta marcia della pace intende commemorare.
2. Occorre riconoscere che forse in questi anni non si è investito molto per difendere la pace, preferendo piuttosto, talora, destinare ingenti risorse all’acquisto di armi. E’ stato come se si “sprecasse” la pace. Non poche speranze si sono spente. La cronaca quotidiana ci ricorda che le guerre continuano ad avvelenare la vita dei popoli, soprattutto dei Paesi più poveri. Come non pensare alla persistente violenza che insanguina, ad esempio, il Medio-Oriente e, in particolare, la Terra Santa? Come restare indifferenti di fronte a un panorama di conflitti che si allarga sempre più e interessa varie parti della Terra?
Che fare? Malgrado le difficoltà, non bisogna perdere la fiducia. E’ doveroso continuare a operare per la pace, ad essere artefici di pace. La pace è un bene di tutti. Ciascuno è chiamato ad essere costruttore di pace nella verità e nell’amore.
3. E’ stato scelto come tema di questa edizione della marcia: “Costruiamo insieme un’Europa per la pace”. Mi rallegro con gli organizzatori ed i protagonisti, che in questa benemerita iniziativa hanno voluto unire le due dimensioni: l’Europa e la pace. Potremmo dire che esse si sostengono a vicenda: l’una richiama l’altra.
Da giovane, ho potuto constatare per esperienza personale il dramma di un’Europa priva della pace. Ciò mi ha ancor più spinto ad operare instancabilmente perché l’Europa ritrovasse la solidarietà nella pace e divenisse, tra gli altri Continenti, artefice di pace, dentro e fuori dei suoi confini. Sono convinto che si tratta di una missione da riscoprire in tutta la sua forza ed urgenza. E’ necessario che il Continente europeo, rifacendosi alle sue nobili tradizioni spirituali, sappia spendere con generosità, a favore dell’intera umanità, il suo ricco patrimonio culturale maturato alla luce del Vangelo di Cristo. E’ questo l’auspicio che affido alla materna intercessione di Maria, Regina della Pace, e di san Francesco, profeta di pace.
Con tali sentimenti, invio a Lei e a tutti coloro che prendono parte a così sentita iniziativa di pace la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 11 ottobre 2003
GIOVANNI PAOLO II
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/2003/october/documents/hf_jp-ii_spe_20031013_marcia-assisi_it.html
Il 2003 fu l’anno della grande opposizione di papa Wojtyla alla guerra di Bush e Blair contro l’Iraq. Più volte in quell’anno il papa lodò e fece lodare i manifestanti per la pace. Tanto da convincere a una tale lode anche il guardingo cardinale Ruini. Giovanni Paolo II il 25 marzo 2003: «La guerra come strumento di risoluzione delle contese tra gli Stati è stata ripudiata dalla coscienza di gran parte dell’ umanità. Il vasto movimento contemporaneo a favore della pace traduce questa convinzione di uomini di ogni continente e di ogni cultura». Il cardinale Ruini il 24 marzo – cioè il giorno prima: «Proprio la straordinaria accoglienza e risonanza avute dalle parole e dall’ azione del Santo Padre e la straordinaria mobilitazione di uomini e donne, giovani e ragazze quasi ovunque nel mondo indicano che la causa della pace e la cultura della pace stanno facendo grandi progressi nella coscienza dell’ umanità». Le parole del cardinale Biffi riportare sopra da Syriacus – datate 1° gennaio 2003 – dicono qualcosa della fatica fatta dagli stessi cardinali ad accompagnare la predicazione di pace del papa polacco. Luigi
Beh, mutatis mutandis, Benedetto avrebbe potuto inviare a Mons. Sorrentino una lettera che facesse menzione del quarantesimo anniversario della “Populorum Progressio”, scritta dal suo venerato predecessore il servo di Dio Paolo VI.
D’altra parte, nel succinto telegramma, vengono ricordati l’ottavo centenario della ‘conversione’ (1207) di San Francesco s’Assisi e il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Onu Diritti Umani (che però: è stata approvata il 10 dicembre 1948..! – O no?) .
In ogni caso:
A peste, fame et bello,
R. libera nos Domine.
Amen.
Sabatro abbiamo passato una giornata bellissima ad Assisi, sui luoghi di Francesco, domenica una marcia bellissima, è sempre una bella boccata di ossigeno una Marcia Della Pace, e quanta bella gente…………..
… volevo solo condividere che il blog di Luigi continua ad essere pedagogico per me… su un tema che mi preme così tanto e su cui mi scapperebbero due o tre pistolotti terrificanti, ho deciso di leggervi “pacifico”…
Diciamo solo che su questo tema mi resta sempre chiara di fronte l’immagine del Crocifisso… e non dico altro.
A buon intenditore… agli altri, invece, ma solo se mi costringete, assicuro un ottimo e abbandante pistolotto.
S.
A Leone: come non c’è contraddizione,gesuiticamente parlando ,tra manifestare per la pace e poi andare in guerra,sicuramente con lo stesso metro non c’è contraddizione nel manifestare per la pace nel posto e nel nome di chi pacifista non era, nè prima nè dopo la conversione.
Infatti Francesco d’Assisi menava di brutto nelle guerre locali prima di convertirsi,e dopo di più, partecipando alla crociata (1219) e chiedendo al papa l’uccisione dei seguaci di Maometto…
Scusa Giorgio, ma dove trovi – poniamo nelle “Fonti francescane” – Francesco che chiede al papa l’uccisione dei musulmani? Luigi
Visto che inidentalmente ho letto questi ultimi due commenti subito dopo aver letto un nuovo post del blog di Magister (“San Francesco pacifista, ennesima bugia della tv”), ve lo segnalo:
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/10/10/san-francesco-pacifista-ennesima-bugia-della-tv/
(In esso, Sandro Magister scrive, fra l’altro:
” Ma che san Francesco è quello portato in tv dalla Lux Vide del cattolicissimo Ettore Bernabei? Quando il racconto ha toccato il tasto delle crociate, quel che sappiamo dai resoconti dell’epoca è stato capovolto come una frittata.
Davanti al Saladino, san Francesco non chiese affatto perdono per l’offensiva dell’esercito cristiano. Dalla testimonianza di frate Illuminato, che l’accompagnò nella missione, sappiamo che il santo disse invece:
“I cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perché voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla sua religione quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi”. ” )
Vi invio una serie di articoli di esperti di Francesco al fine di ristabilire un minimo di verità storica, se non fra un po’ leggiamo che Bush è un pacifista e che gli angeli volano, un pacifista un po’arrabbiato, ma mi passa subito….
12/10/2004
Discorso di Fini: un intervento di Franco Frazzarin, consigliere internazionale Ofs per l’Italia
Ecco il testo della lettera inviata da Franco Frazzarin al direttore del settimanale diocesano di Padova, “la Difesa del Popolo”.
Caro Don Cesare sono certo che non ti sono sfuggite le parole del vicepresidente del Consiglio ad Assisi lo scorso 4 ottobre, hanno creato un forte sconcerto nella famiglia francescana e tra le molte persone impegnate per la pace, ti chiederei un po’ di spazio sulla “Difesa” per proporre qualche argomento ai lettori.
Innanzitutto cosa ha detto Fini? Che ne Francesco né i suoi successori dissuasero dal portare le armi per difendere i giusti e gli umili, e che ciò “è quanto mai importante in un’epoca come l’attuale, insanguinata da conflitti d’ogni tipo, ed in cui la libertà e la sicurezza devono essere difese ogni giorno da chi, in divisa, è al servizio del bene comune” inoltre Fini spiega che “Francesco esortò sempre i diseredati a pazientare dignitosamente insegnando loro non la superbia dei diritti ma l’umiltà dei doveri”; oltre a ciò il vice-premier cita passi della Regola dei laici francescani in maniera un po’ approssimata e per giustificare l’uso delle armi. Il discorso è teso a legittimare molte scelte del governo a partire dall’intervento in Iraq, come mi hanno confermato alcuni presenti alla cerimonia in Assisi, e a screditare chi la pensa diversamente, pacifisti in primis. Vediamo ora quale fosse la volontà di Francesco riguardo i comportamenti dei francescani: “non prendano contro nessuno armi da offesa né le portino con sé” questo recita la regola antica dei francescani secolari redatta finché Francesco era in vita e non c’è dubbio che questa fosse la volontà di Francesco e dei suoi seguaci. Questi ultimi più volte nel corso dei successivi decenni chiesero la protezione del papa e delle autorità ecclesiastiche per avere la libertà di aderire a questo impegno assunto abbracciando la Regola di San Francesco, l’episodio più noto accadde a Rimini e fu l’esempio che successivamente ispirò molti altri. La Regola in questione è quella dei francescani che si fanno francescani vivendo la secolarità, ora come allora, vivendo nelle proprie case e con una vita quotidiana che nei suoi ritmi e nelle sue opportunità e difficoltà è in tutto uguale a quella di qualsiasi cittadino, credente o meno. Era a questi che Francesco chiedeva di non usare armi, né di portarle con sé.
Fini ha citato una Regola successiva redatta quasi 70 anni dopo la morte di Francesco dal primo Papa francescano che mitigava, senza peraltro snaturarla, la volontà del fondatore permettendo l’uso delle armi per difendere la fede, la chiesa e la propria terra.
Al contrario di quanto afferma l’Onorevole Fini la pace per Francesco era un fine, uno scopo fondamentale della propria azione, un obiettivo che faceva corpo unico con la ricerca e l’annuncio della Fraternità anche nel contesto civile. Voleva che il saluto dei suoi fosse l’augurio della pace e che “come annunciate la pace con la bocca (..) nessuno sia provocato da voi”, in nessun modo.
Tutto questo è confermato anche da cronisti non francescani che raccontano che “tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace” (FF 2252).
Le citazioni e i riferimenti sono stati un po’ lunghi ma non si può dire al vice-premier che sbaglia senza indicare le solide basi delle proprie posizioni. Come si intuirà il repertorio di Francesco e dei francescani in ordine all’impegno per la pace è ben più corposo ma intanto queste linee bastano per motivare tutto il disappunto dei francescani e degli amanti della pace per le parole pronunciate da Fini.
Non è accettabile la sua linea che sembra voler dividere i pacifisti buoni da quelli “finti”, i cittadini che rispettano l’autorità e la divisa da altri che le irriderebbero, i “poveri” buoni e pazienti da quelli cattivi che “la vogliono mettere in politica”. Soprattutto non è più accettabile la distinzione fra i pacifisti e i pacificatori che è un esercizio dialettico ormai consunto di tanti dibattiti televisivi e non.
I francescani hanno avuto ed hanno comportamenti coerenti e ne ricercano di nuovi adatti a questo frangente storico per annunciare la pace; questo fa si che da secoli siamo i custodi dei luoghi della Terrasanta e che si sia “presenti” con molteplici ed intuibili difficoltà ma accettati in contesti critici del mondo islamico.
Non si può fare di Francesco d’Assisi uno strumento per dire che tutto va bene che bisogna avere uno scrupoloso rispetto delle autorità e usare la regola dei francescani per dire che solo chi usa le armi difende il bene comune.
Non è così, la pace è promossa e difesa anche da comportamenti che cercano altre strade per trovare soluzioni pacifiche ed accettabili ai molti conflitti del nostro tempo. E sarebbe in questo momento fin troppo facile far notare che le scelte del governo italiano oltre che impopolari (la maggior parte della popolazione non voleva la nostra partecipazione al conflitto irakeno) si sono rivelate inefficaci e pericolose; al punto che negli ultimi giorni abbiamo assistito alle dichiarazioni di esponenti del governo volte a creare le condizioni per uno sganciamento dal “pantano” nel quale ci hanno portati.
Quanti fanno appello alla propria libertà di coscienza per adottare e sostenere comportamenti non violenti vanno garantiti, come i molti che cercano vie alternative per giungere alla pace. L’insegnamento della Chiesa rivendica e sostiene il diritto alla obiezione di coscienza e alla ricerca di strade certo più scomode e difficili per garantire la vita e la pace. Certo si tratta di percorsi non retorici, che abbisognano di tempi lunghi e dunque poco adatti al mercato politico che esige tempi più rapidi, di immediato impatto, che cerca nel mezzo televisivo il sostegno per la popolarità dei leaders.
La pace però abbisogna di processi la cui efficacia si manifesta nel lungo periodo come può essere quello che cerca di restituire ruolo all’Onu nel quale la famiglia francescana è presente ed accreditata con la sigla di Franciscans International; servono tempi e scelte che promuovano il dialogo tra chi si combatte, l’affidabilità tra chi diffida, la possibilità di verificare la serietà degli impegni assunti.
Ringrazio per lo spazio concesso e vi lascio con il saluto di San Francesco d’Assisi “Il Signore ti dia pace”
Franco Frazzarin
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S. Francesco e la “regola” di Fini
Tonio Dell’Olio – coordinatore nazionale di Pax Christi
Gianfranco Fini ieri era ad Assisi a rappresentare il governo nel corso dell’annuale cerimonia in occasione della festa di San Francesco, patrono d’Italia e avrebbe fatto la sua figura dignitosa se si fosse limitato a portare il saluto delle istituzioni. Ha preferito invece offrire all’Italia una lezione di spiritualità francescana. San Francesco «non condannò mai l’uso delle armi per la legittima difesa» – ha detto – e, ricordando che egli «desiderava la pace come mezzo al servizio del bene comune», ha puntualizzato che la regola francescana non proibì l’uso delle armi ma l’aggressione armata. «Una nozione importante – ha osservato infine – nell’epoca attuale, in cui la libertà deve essere difesa ogni giorno dalle persone in divisa». E’ davvero singolare che sia Gianfranco Fini a fare l’esegesi della regola di San Francesco. Isolare una frase non solo dal contesto storico in cui viene pronunciata, ma addirittura dalla testimonianza di un’intera vita, è quanto meno “capzioso”. Questo è tipico della lettura fondamentalista della Bibbia, molto frequente oggi negli Usa e utilizzata anche da Mr. Bush. Proviamo a capirlo con un esempio. Una volta Fini avanzò proposte sul voto agli immigrati. Ma quella posizione non ci ha fatto cambiare opinione sulle politiche di condanna a morte degli immigrati rispediti, dalla legge che porta il suo nome, verso le terre da cui scappano a causa della guerra e della fame. Quella legge non ci pare particolarmente ispirata allo stile dell’accoglienza francescana. Ma a proposito dell’uso delle armi, Gianfranco Fini ha l’abilità di capovolgere i termini della questione e piuttosto che esaltare il fatto assolutamente inusitato, innovativo e rivoluzionario della proibizione per quell’epoca, lo legge con le sue lenti e arriva a concluderne che ne consente l’uso solo agli uomini in divisa. In realtà dalla regola e dalla vita, dai gesti compiuti e da innumerevoli messaggi, Francesco è e rimane un modello di nonviolenza, un uomo fatto in tutto ultimo tra i poveri e disarmato tra i violenti, per protestare con la propria vita che il Vangelo, la libertà e la pace non si annunziano con la forza. Da sempre nella storia la nonviolenza è stata strumento povero degli oppressi e la guerra, arma degli oppressori. Nella regola infatti chiede ai suoi fratelli di ”amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano. Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli”. Capisco il disagio di Fini di rappresentare un governo in guerra al cospetto di un santo nonviolento ma volerlo trasformare in un teorizzatore della guerra preventiva mi sembra francamente troppo.
http://www.liberazione.it/commento.asp?tutto=1
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San Francesco: il poverello di Assisi parlava solo di pace
Padre Coli, custode del Sacro Convento contesta l’uso di parte del Fondatore dei francescani
Assisi (Italia), 6 ottobre (VID) – E’ la prima volta che san Francesco viene utilizzato anziché per parlare di pace, per sostenere la liceità della legittima difesa armata. Lo ha fatto parlando ad Assisi, nella festa del santo, il vicepresidente del governo italiano, Gianfranco Fini, leader di Alleanza nazionale, suscitando in questo modo dibattito e proteste in ambito politico e religioso.
“Bisogna essere cauti – ha osservato padre Vincenzo Coli, custode del sacro Convento – prima di fare certe affermazioni, occorre verificare se storicamente san Francesco ha veramente autorizzato l’uso delle armi per la legittima difesa”.
A suo parere “le fonti francescane vanno lette attentamente. San Francesco era un uomo del suo tempo e prendere le sue parole senza tenere presente il contesto in cui operò può essere pericoloso”.
Sull’incontro di san Francesco con il sultano d’Egitto, evocato da Fini, padre Coli rileva che Francesco “ci andò a mani nude, solo con la forza della fede. Trovò poi una persona illuminata come il sultano El Kamil con il quale parlò come un fratello. Ma non portava armi. Francesco parlava solo di pace. E’ questo il suo autentico insegnamento”.
intervento dell’Ordine Francescano Secolare
A PROPOSITO DELL’INTERVENTO DELL’ON. GIANFRANCO FINI AD ASSISI
Dopo aver ascoltato le parole del vicepresidente del Consiglio dei Ministri, pronunciate ieri ad Assisi in occasione della Festa del nostro padre S.Francesco, noi, membri della Famiglia Francescana impegnati nel settore specifico di giustizia, pace e salvaguardia del creato, riteniamo che siano doverose alcune precisazioni.
Abbiamo rilevato infatti una grossa imprecisione storica nelle parole del vicepremier. La prima regola dei Fratelli e Sorelle della Penitenza (cioè l’attuale Ordine Francescano Secolare) è del 1221, vivente ancora il santo, e si chiama “Memoriale Propositi”. In essa il divieto di portare le armi è assoluto e inderogabile, tanto è vero che fu oggetto di questione e di conflitto a livello giuridico in numerosi contesti comunali e simili dell’epoca.
Così recita alla lettera il testo, al n.16: «Non prendano contro nessuno armi da offesa, ne le portino con sé».
Questo è quindi l’unico originale pensiero in merito che può essere attribuito a San Francesco.
L’articolo citato impropriamente dall’onorevole Fini («”i fratelli non portino con sè armi offensive se non per la difesa della Chiesa romana, della fede cristiana e anche della loro terra, o con licenza dei propri ministri») è tratto dalla regola “Supra montem” del 1288 (e non del 1228, come detto dal vicepremier) che è già frutto di mediazioni culturali e riferita alle specifiche situazioni storiche contingenti, e che, in ogni caso, non può essere attribuita a Francesco, morto da oltre sessant’anni.
Questo per amore di precisione storica e per rispetto della sostanza e della forma del pensiero del Serafico Padre.
Ma è altro ciò che ci preme sottolineare, soprattutto in questo particolare momento della storia del mondo e del nostro Paese.
La Regola dell’Ofs attualmente in vigore, donata nel 1978, dal papa Paolo VI dice con grande chiarezza ai francescani secolari che essi «quali portatori di pace e memori che essa va costruita continuamente, ricerchino le vie dell’unità e delle intese fraterne,attraverso il dialogo, fiduciosi nella presenza del germe divino che è nell’uomo…».
Questa impostazione, che attinge dall’originaria ispirazione francescana e dallo spirito del Concilio Vaticano II, rappresenta l’unica, autentica cultura della pace dei laici francescani, che ispira il nostro impegno senza subordinate contro ogni guerra, ogni violenza, per la soluzione pacifica dei conflitti, per la salvaguardia delle istituzioni internazionali, contro ogni unilateralismo, a fianco degli altri uomini e donne di buona volontà che in Italia e nel mondo chiedono ad una sola voce “Pace!”
Tutto il resto, comprese le maldestre falsificazioni storiche, fa parte di un tentativo di strumentalizzazione che non riconosce più come limite invalicabile neppure la memoria umile e gloriosa di Francesco d’Assisi.
Fabio Ceseri, Ofs Borgo San Lorenzo (rappresentante Ofs d’Italia nella commissione Interfrancescana GPSC)
Attilio Galimberti, Ofs Milano (membro del CdA Franciscans International)
Ettore Colli Vignarelli, Ofs Novara (direttore rivista nazionale Ofs)
Luca Castiglioni, Ofs Milano (componente redazione rivista nazionale)
Lorenzo Fantacci, Ofs Grosseto (ex presidente nazionale Gifra)
HANNO ADERITO:
Mario Bianchi, Ofs Napoli (Vice Ministro Fraternità Francescana di Santa Maria della Provvidenza)
Andrea Durante (Novizio Fraternità Ofs di Augusta – Siracusa)
Rosario Di Paola, Ofs Bagheria (Palermo)
cf. http://www.ofs.it
Per rispondere a quest’appello: ofs@ofs.it
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MA SAN FRANCESCO ERA PACIFISTA
Intervista alla storica Chiara Frugoni
NELLO AJELLO
“Fini sbaglia lui era per la pace senza eccezioni” replica la sua più autorevole studiosa
“Il santo ammetteva l´uso delle armi per legittima difesa”, ha detto Fini ad Assisi
Il documento a cui si rifà il vicepresidente è stato scritto due anni dopo la morte del santo
Fra lui e la Chiesa spiccano differenze sostanziali, anche a proposito delle Crociate.
«Quella di Francesco di Assisi fu sempre una pace senza se e senza ma», dice Chiara Frugoni, la massima studiosa italiana del Santo, autrice di volumi molto apprezzati, da Vita di un uomo: Francesco d´Assisi a Francesco e l´invenzione delle stigmate, ambedue editi da Einaudi. Invitata a commentare il «messaggio agli Italiani», pronunziato l´altro ieri da Gianfranco Fini alle celebrazioni francescane di Assisi («San Francesco non condannò mai l´uso delle armi per la legittima difesa»), la scrittrice lo definisce così: «Un´operazione ambigua, perché suggerisce l´ipotesi che con le armi e con la guerra Francesco avesse fatto qualche compromesso».
Una lettura politica, insomma, della lezione francescana?
«Una lettura erronea, direi. Nel testo di Fini, c´è una confusione evidente. Per evitare la quale – a patto di volerlo – bastava poco: uno sguardo alle Lettere di Francesco, alle Regole da lui elaborate, al Testamento. Ne emerge che la pace è l´atto costitutivo della sua dottrina e della sua azione. Ciò non esclude che un certo numero di frati francescani abbia poi potuto sedersi nei tribunali dell´Inquisizione. E´ tanto più essenziale, perciò, operare una distinzione fra Francesco e il francescanesimo. Ecco che cosa manca, fra l´altro, al “messaggio” di cui parliamo».
Per sostenere che quello di san Francesco fu un pacifismo relativo, e che egli non dissuase alcuno dal portare armi almeno come legittima difesa, il vicepresidente del Consiglio si rifà a un documento del terzo ordine francescano, emanato nel 1228, confermato poi da papa Niccolò IV. Vi si leggeva che l´uso di armi era consentito in caso di «difesa della Chiesa romana, della fede cristiana, della terra», e con il consenso dei superiori.
«E´ un documento che con Francesco non c´entra nulla. C´è una svista temporale. Nel 1228 il Santo era morto già da due anni, e la conferma da parte di Niccolo IV si sarebbe avuta addirittura sullo scadere del secolo XIII. Di fatto, in nessuna delle Regole di san Francesco, né in quella “non bollata”, né in quella “bollata” (che ottenne cioè l´imprimatur pontificio nel 1223), si parla mai di armi. E ciò, in un´epoca irta di guerre, – fra Assisi e Perugia, fra Papa e Imperatore, per non parlare delle Crociate -, suonava quasi incomprensibile. Lo stesso saluto francescano – “Pax et bonum”, “Pax huic domui”, pace e bene, pace a questa casa – spingeva molti contemporanei a considerare i primi francescani dei puri folli».
Nel messaggio di Fini si legge, fra l´altro, che Francesco riportò la pace fra Chiesa e Stato.
«Non direi proprio. Egli era del tutto fuori da ogni gioco di potere. I suoi frati chiedevano ai rappresentanti politici del tempo lettere di presentazione o di privilegio che li aiutassero a svolgere la loro missione. Ma nel suo testamento san Francesco proibisce esplicitamente una simile pratica».
Si può considerarla una prova di ciò che oggi si direbbe il suo «anticonformismo»?
«Se ne trovano molte altre».
Anche nei riguardi delle autorità ecclesiastiche?
«Certamente. Fra lui e la Chiesa ufficiale spiccano differenze sostanziali. La Chiesa predicava la Crociata. Prescriveva, di fatto, che in ogni funzione religiosa si parlasse male degli infedeli: era consuetudine chiamarli “figli di cani”. Lo stesso papa Innocenzo III definiva Maometto “bestia sporcissima”. Nel corso di ogni messa si raccoglievano offerte per la Crociata».
E Francesco che fa?
«Non attacca la Chiesa, ma la contesta nei fatti. Per cominciare, considera quel genere di elemosine danaro sottratto ai poveri. E non inveisce contro gli infedeli. Anzi. In Egitto nel 1219, al tempo della V Crociata, chiede ai combattenti cristiani di smettere ogni atto di guerra. Ma non gli danno retta. Allora, essendosi fatto ricevere dal sultano Malik Al Kamil, non si limita a fargli una predica. Rimane lì molti mesi. E quando, colpito dall´accoglienza ricevuta, torna fra i confratelli, metterà nella sua regola che i frati vadano dai Saraceni, abitino con loro, non aizzino liti né dispute. “Se possibile – raccomanda – parlate loro di Cristo. In caso contrario siate disposti anche a morire”. Ciò, rifacendosi al “porgete l´altra guancia” del Vangelo, rientra in pieno nel magistero di Francesco, che consiste nel divulgare la parola di Cristo in maniera mite, semplice, umana. Il contrario del missionario, che è sicuro della propria fede e la vuole imporre».
Fini definisce il francescanesimo un «movimento religioso ascetico».
«Francesco non era un asceta. Ammirava il creato. Amava il cibo, purché consumato con parsimonia. Quando sta per morire chiede a una matrona romana, sua amica spirituale: “Portami quei mostacciòli, che mi piacciono tanto!”. E lei glieli offre. In un tempo in cui tutti sono molto osservanti quanto a regole ed astinenze, dice ai suoi: “Se vi offrono un pollo di venerdì, mangiatelo, perché è essenziale che percepiate la carità di chi lo offre”. Un novizio, dedito a digiunare per sacrificio, una certa notte si sente morire. Lui, Francesco, lo rimprovera: “Non fare più così”. Poi fa accendere le lucerne e indice una cena con tutti i frati. Quando si trova in Egitto, Francesco viene raggiunto da un frate, inviatogli per informalo di certi sintomi di dissoluzione del suo Ordine. Il messaggero trova il Santo mentre, in compagnia dei suoi confratelli, sta consumando un pasto di carne. Ed è di venerdì».
Un´ulteriore prova di santa duttilità, si direbbe.
«Più precisamente un richiamo alla lezione di san Paolo contro la precettistica intesa come obbligo invalicabile: “La lettera uccide e lo spirito vivifica”».
Ma torniamo alla sostanza politica del “messaggio”. Dimostra che non è facile modernizzare la lezione di san Francesco a livello dell´attuale guerra al Saraceno. A meno di non voler commettere qualche arbitrio.
«Le rispondo con un episodio. Al presepe allestito in una notte di Natale nel paese di Greccio, san Francesco fa collocare soltanto un bue e un asino. E pronunzia un discorso trascinante, quello che sarà detto della “nuova Betlemme”. Nell´allegoria presepiale, il bue rappresenta gli ebrei e i saraceni, l´asino i pagani e gli eretici. Mangiando insieme il fieno, metafora dell´ostia sacra, essi troveranno la pace. Cristo, in sostanza, è venuto a redimere tutti, a pari condizioni. Basta ascoltarne il messaggio d´amore. Non occorre partecipare a Crociate. La Terrasanta è dovunque».
da Repubblica, 6-10-04
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Comunque -e non sono affatto provocatorio nel dirlo- nel “Pantheon” cattolico non sta solo San Francesco d’Assisi, stanno anche molti , ma molti altri Santi, e di prima grandezza. Financo monarchi “”guerrieri”” (notare le doppie virgolette).
Diamo a San Francesco quel che è di San Francesco (ed è giustissimo, e qui si parla infatti della Perugia-Assisi), ma anche ai suoi “Colleghi” non pacifisti-senza-se-e-senza-ma, quello che è loro…
Per Leone occorre “ristabilire un minimo di verità storica, se non fra un po’ leggiamo che Bush è un pacifista e che gli angeli volano”
Beh, diciamo che mi arrabbio anch’io non solo quando la verità storica (qualunque essa sia) viene distorta, ma anche quando viene additato sempre un “Supercattivo” , mentre gli altri sarebbero solo comprimarii.
Credo che ad Assisi abbiano ricordato anche la Politkovskaja: ebbene, non so se gli asini (agli angeli come cattolico credo) volino, però so di certo che i bombardieri strategici russi a lungo raggio da agosto volano -per ordine di Putin- di nuovo in pianta stabile. (Roba da Dottor Stranamore: e difatti li avevano sospesi, quei voli, già nel ’92) . Inoltre: la Russia ora ha messo il veto , assieme alla Cina, contro una possibile risoluzione ONU contro il Regime del Myanmar. (Bella anche la sua longa manus tremante in Ucraina e il residuo fermo controllo sul giardinetto di casa bielorusso.)
Ora: premesso che Bush praticamente lo detesto (in maniera epidermica, direi) dal giorno della sua elezione (anche se mi riservo sempre il beneficio dell’inventario per i suoi atti di governo) -almeno Putin è un vero leader- , mi sento anche di dire che, il giorno che un emulo di Michael Moore riuscirà a filmare incolume un perfetto analogo del suo film su Bush, in Russia su Putin (prossimo Primo-ministro in attesa della seconda rielezione, in ossequio farsa- bontà sua- alla sua Costituzione) o un film scandalo sulla sanità cinese in Cina (di cui non so molto: ma a fare film-reportage scandalistici non ci vuole poi molto: dalla mela di Adamo in poi c’è una continua cronaca di scandali su questa terra…) …allora potrò affermare che gli Stati Uniti sono il peggior stato “canaglia” del Pianeta Terra. Sino ad allora, preferirò considerarli semmai ex-aequo con molti altri, se non sensibilmente migliori..
Infine: posto che l’America (e la sua moralmente discutibile leadership) sia davvero la Grande Meretrice fra le Nazioni… Non è Gesù che ha detto: «Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei» ?
Caro Syriacus sono pienamente d’accordo con te, PUTIN è ,molto peggio di BUSH, è un dittatore sanguinario basta vedere quello che i Russi hanno fatto in Cecenia, ma questo cosa c’entra con il discorso su Francesco, io mi sono arrabbiato perchè c’è gente, che vuole far diventare Francesco quello che non è, talvolta prendendo a spunto e travisando o forzando le parole del Papa, (vedi Magister), Papa che tra l’altro non ha il monopolio della verità su tutto quello che dice, fortunatamente esiste una dialettica anche all’interno della Chiesa, anche se talvolta leggendo certi commenti del Blog sembra che certi cattolici prima di pensare con la loro coscienza e poi confrontarsi con quello che dice il Papa, riflettere e pregare e poi se del caso e con fatica essere più o meno d’accordo, prima dei esprimersi devono leggere quello che dice il Magistero e poi regolare il loro pensiero come una stazione radio…
E se talvolta è vero che Francesco è stato travisato da qualche pacifista stupido, dato che esistono stupidi per tutte le categorie, non possiamo notare che se c’è stato un santo che ha ribaltato le categorie e le situazioni è stato proprio Francesco.
Sul fatto poi che chi è senza peccato scagli la prima pietra io di pietre non ne scaglio, ma Gesù ha denunciato le molte situazioni di ingiustizia che non andavano al suo tempo, pagando poi di persona, quindi un cattolico non deve aver paura di esser controcorrente ed di dire anche cose che per molti possono apparire spiacevoli, (in questo sono d’accordo con il Papa ad esempio).
Sulla non violenza e sui santi militari, penso che anche la Chiesa e la comprensione del vangelo si evolvono e se un tempo si giustificavano tante guerre in nome di Dio oggi fortunatamente non è più così.
Comunque è un bel dibattito………..ma ora devo proprio andare al lavoro.
Ci risentiamo saluti a tutti.
A Luigi: ubi maior minor cessat, e il povero barista ignorante vede che altri più quotati han portato non richiesti frecce al suo arco.
Comunque scritti agiografici non sono la fonte più pratica per trovare chi parla male di un santo.
Piuttosto da qualche parte ad Assisi c’è un affresco di Giotto che mostra s.Francesco sfidante il Saladino ad un’ordalia ,per stabilire quale fede fosse la migliore.
Metodo più o meno condivisibile,ma non metodo “pacifista”,che è il punto.
Veramente, Giorgio, la domanda mirava a conoscere dove e come Francesco avesse chiesto al papa l’uccisione dei saraceni… ma è una domanda vera, cioè mirata a conoscere qualcosa che io non so. E come tale la replico. Luigi
Esco da pochissimo dalla lettura di una delle più note biografie di S. Francesco (Stephane – Piat), tra l’altro molto metodica sul piano dei riferimenti bibliografici e affatto indulgente con la corrente “spiritualista” (cui invece mi sento un po’ più vicino). In passato ho letto tutte le fonti e qualche altra biografia. Non sono uno studioso ma non mi risulta affatto una simile richiesta di Franecsco al Papa. Suona, invece, come una delle invettive tipiche della predicazione di S. Bernardo di Clairvaux (che misteriosamente qualcuno dice essere precursore di S. Francesco), il vero animatore di quelle Crociate. Ma anche qui non ho i testi sotto mano.
Sull’Ordalia, mi pare che sia stata proposta da Saladino, affascinato da Francesco. Ma a tirarsi indietro furono i vari imam (credo) che stavano a corte, non Francesco (che in quella fase credeva che il suo identificarsi totalmente col Crocifisso lo dovesse portare quasi a “cercare” il martirio).
Tra l’altro, ricordo che Francesco in Terra Santa fu talmente … pacifico, che venne maltrattato sia dai musulmani che dai valorosi crociati e malamente rispedito in Italia… troppo pericoloso il suo Amore per l’uomo e per Cristo!
Finisco dicendo che senz’altro dalla fonti emerge una figura di San Francesco nient’affatto “dolce”, eterea ed edulcorata (vedi film Zeffirelli, meglio la Cavani). Ma che uno si converta dopo aver partecipato ad una guerra, non fa pensare?
L’interpretazione dell’on. Fini, la cui cultura storica è notoriamente assai limitata, è inaccettabile; più vicina al vero quella di Chiara Frugoni, anche se non manca qualche forzatura.La biografia migliore di Francesco (tra quelle accessibili ad un vasto pubblico) è forse quella di Cardini. Occorre anzitutto distinguere san Francesco dal francescanesimo dei decenni successivi, e le diverse redazioni delle varie Vite di Francesco, redatte dopo la sua morte: non è quindi agevole comprendere il suo atteggiamento in tutti i particolari, perchè i suoi biografi sceglievano alcune frasi e magari ne tralasciavano altre. Mi pare comunque certo che egli preferì incontrare il sultano senz’armi, auspicando un “superamento mistico della crociata” (mediante il Presepio di Greccio, il culto eucaristico etc., per creare in Occidente una “nuova Gerusalemme” senza bisogno di controllare militarmente la Terrasanta), senza legittimarla ma anche senza rifiutarla esplicitamente. La Vita prima di Tommaso da Celano dice assai poco; la proposta dell’ordalia del fuoco da parte di Francesco si trova nella più tarda biografia scritta da Bonaventura, e le anche le frasi riportate da Magister (“i cristiani agiscono seconfdo giustizia quando invadono le vostre terre…”), in sé non del tutto inverosimili per chi conosce la mentalità del tempo, si trovano in fonti più tarde (i “Ricordi di frate Illuminato”), quindi bisogna chiedersi fino a che punto riflettano l’opinione personale di Francesco e non piuttosto dei francescani di fine ‘200.
ciao Luigi,
[Francesco che chiede al papa l’uccisione dei musulmani?]
interessante nessuno risponde.
interesante il bisogno di necessitare il bisogno della guerra,
interessante, se si parla contro la guerra, c’è bisogno di scomodare i comunisti,
interessante, in Birmania c’è strage, ma per le strade di Italia nessuno scende acchè il nostro governo faccia pressione vera sulla Birmania, per il rispetto dei diritti umani,
interessante,
c’è una parte di paese che scende in piazza se in america c’è ingiustizia,
c’è una parte di paese che scende in piazza contro i “comunisti” ogni volta che sono toccati interessi “particolari”,
interessante, nessuno è sceso in piazza perchè non si attuavano le liberalizzazioni chieste da Bersani, e che avrebbero fatto volare l’economia d’Italia.
INTERESSANTE.
non mi meraviglio, poi, che strumentalizzino, il buon Francesco d’Assisi,
chi lo vuole comunista, chi lo vuole capitalista, chi lo vuole libertario.
E pensare che a Francesco interessava “soltanto” imitare il più fedelmente Gesù il Cristo, fino al dolore supremo della Croce, a quell’assassinio.
Per associazione di idee e persone, mi rammenta frere Roger, in questo tempo di contraddizioni,
essere pronto ad essere assassinato…..
Per il cristiano, è una sfida?