Guido Zendron, vescovo trentino missionario in Brasile, investe con la sua automobile un uomo in bicicletta che muore sul colpo: il fatto avviene senza responsabilità da parte del vescovo che tuttavia l’avverte come “ingiusto” e comunque insanabile. Con una lettera al settimanale Vita trentina egli confida il suo dolore unito a quello dei familiari del morto e invoca la misericordia di Dio. Narra anche la sua conversazione con la moglie dell’ucciso, che si chiama Fatima e che “dopo aver chiesto la mia benedizione lei stessa ha voluto darmi la sua”.
Il 20 maggio scorso sono stato infelice protagonista di un incidente. Mentre ritornavo a Paulo Afonso con la mia macchina, è improvvisamente uscito da una strada laterale e ha attraversato la strada un uomo in bicicletta. Ho fatto Il possibile per evitarlo: purtroppo non ci sono riuscito e l`impatto è stato fatale. Il Signor Zé è morto sul colpo …). Questo fatto rimarrà come un punto che mi accompagnerà sempre e non è sufficiente la lista di tante iniziative positive realizzate in questi anni per diminuirne la portata drammatica di quanto è avvenuto. Ma è proprio davanti a un fatto cosi che sono chiamato a verificare fino in fondo la forza e la ragionevolezza della fede, perchè se Cristo risorto non mi aiuta ad avere uno sguardo positivo su qualsiasi circostanza, anche la più drammatica, allora non vale la pena invocarLo, amarLo e seguirLo.
Per questo, anche a beneficio di tanti che sono rimasti colpiti dalla notizia e chiedono come sto, mi permetto condividere alcune riflessioni fatte a partire da quel giorno. La sera precedente durante un incontro, dicevo che sento come il Signore mi sta chiedendo non tanto di fare più cose, ma di essere più Suo, di appartenerGli di più. E a chi mi chiedeva cosa significasse questo, rispondevo di non aver chiaro il modo, ma che per tante circostanze avevo la certezza di questo nuovo passo per la mia vita. La modalità che il Signore ha voluto scegliere per farmi dare questo passo, non è certo stata delle più semplici. È come se avesse voluto dirmi che è Lui e non io a decidere le circostanze attraverso Le quali devo passare. Ora posso dire che non ho realmente più niente da difendere: la solitudine che si prova davanti a un fatto cosi sembra cancellare tutto quello che si è cercato di realizzare durante la vita (…).
Per questo l`annuncio di Cristo Risorto è la vera novità che la Chiesa può offrire al mondo ed è stata la novità che mi ha sostenuto e mi sostiene. Non solo l`annuncio di un fatto accaduto più di duemila anni fa, ma la certezza che la Ressurrezione ha messo Gesù in condizione di donarci il Suo Spirito e di rimanere presente in mezzo a noi attraverso la Sua Chiesa. Questo è stato evidente dalla catena di preghiere e solidarietà che subito è nata in Diocesi, anche con le Chiese evangeliche, poi con l`arrivo il giorno seguente degli amici di Salvador e con le telefonate ei messaggi da tutte le parti. Voglio ringraziare tutti nella persona del nostro Arcivescovo che appena saputo dell`incidente mi ha manifestato piena solidarietà e ricordo al Signore.
Quello che più mi angustiava era però la considerazione di un altro punto. Prima come sacerdote e ora come vescovo, sono stato scelto per comunicare la vita: adesso mi trovo a essere uno che ha tolto una vita. Sono stato scelto per consolare, per poter rendere presenti e vere davanti al dolore che ho sempre incontrato le parole di Gesù alla vedova di Naim: Donna, non piangere; adesso sono io causa di dolore e di lacrime per tante persone. Questo pensiero mi faceva star male perchè non riuscivo a dare una spiegazione all`esigenza di giustizia che i familiari del Signor Zé certamente sentivano, visto che ingiustamente era stato tolto un loro caro. Ma non trovavo risposta nemmeno alla mia esigenza di giustizia, perchè era evidente, al di là della responsabilità o meno, che quanto accaduto era ingiusto e che nulla poteva rispondere totalmente nè al dolore dei familiari, nè al mio.
Mi ha aiutato meditare più volte la lettera del Papa ai cattolici d`Irlanda, con la quale ci sollecita a riconoscere che non sono le nostre capacità a realizzare i nostri desideri più profondi e infiniti, ma solo Dio che attraverso l`Incarnazione è diventato Uno di noi. Gesù ha voluto condividere profondamente la nostra natura umana e è diventato «Egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato. Come voi, egli porta ancora le ferite del suo ingiusto patire. Egli comprende la profondità della vostra pena.”
Le parole del santo Padre non cancellano la ferita dei famigliari e la mia, ma la riempiono della forza della Risurrezione. Così quando ho parlato al telefono con la Signora Fatima, la moglie del signor Zé, abbiamo pianto insieme, ma dopo aver chiesto la mia benedizione lei stessa ha voluto darmi la sua. É il riconoscimento che alla radice della vita e della morte, alla radice di tutte le circostanze, non c`è il caso, ma un disegno buono del nostro Dio ricco in Misericordia. Nei prossimi giorni mi incontrerò con tutta la famiglia: sarà un momento forte dove senza negare o ridurre la gravità dell`incidente, ci aiuteremo a guardare all`Unico che riempie il vuoto: non solo quello lasciato da chi muore, ma quello più tremendo, quello che nasce in chi non ha più il senso della vita (…).
Guido Zendron – Vescovo di Paulo Afonso – Bahia
La lettera del vescovo – che dedico ai lettori che si trovano a patire un dolore ingiusto – mi è stata segnalata dal collega Diego Andreatta di Vita trentina. Questo è il link al sito della diocesi di Trento dove si trova l’intera lettera che ho riportato abbreviata.
[Giugno 2010]