«L’esperienza fatta nell’islam rimane parte integrante del mio cammino verso l’incontro con Dio. Un cammino che ha avuto una svolta decisiva quel giorno in cui ho cominciato a dire il mio “sì” a Gesù nella chiesa di Mersin, e che ha trovato il suo compimento nella vocazione cristiana e in quella sacerdotale»: così parla un gesuita turco di 38 anni che diventerà sacerdote a Roma il 26 giugno. Si chiama Antuan e quelle parole le diceva cinque anni addietro in un colloquio con la rivista MONDO E MISSIONE che puoi leggere qui. Qui invece trovi il sommario dell’ultimo numero di POPOLI che contiene un’interessantissima intervista ad Antuan in vista dell’ordinazione, così riassunta: “Il 26 giugno a Roma diventerà sacerdote il primo gesuita turco, che celebrerà la sua prima messa nella chiesa di Ankara dove 13 anni fa è diventato cristiano. Antuan Ilgit racconta in esclusiva a Popoli la sua storia“.
Come fu che il turco Antuan scoprì il cristianesimo
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Penso che Abtuan voglia dire Antonio, e quindi è quasi mio omonimo. Abbiamo bisogno di queste testimonianze, e quindi faccio i miei auguri al nuovo sacerdote.
Ho letto la storia, ed ora sono sicura che Antuan (prima ho sbagliato a scrivere, mi scuso) significa veramente Antonio. Auguri dunque anche per il 13 giugno: è il nostro santo.
Vorrei ora ricordare un breve brano delle Omelie di Sant’Antonio da Padova, molto adatto alla circostanza e relativo al Vangelo della IV domenica dopo Pentecoste (Luca, 5, 1-11), ed in particolare al commento della frase: “E tratte le barche a riva lo seguirono, dopo avere abbandonato tutto” (Luca, 5, 11):
“Et subductis ad terram navibus, secuti sunt eum, relictis omnibus”. Christus gigas geminae substantiae, cursor levis explicans vias suas, exsultavit ad currendam viam (Cf. Ps. 18, 6) et negotium pro quo venerat ad perficiendum. Qui ergo vult eum sequi necesse est ut omnia relinquat, omnia deponat et postponat, quia currentem non potest sequi oneratus. Unde dicitur in tertio libro Regum: “Manus Domini facta est super Eliam, accintisque lumbis currebat” (3 Reg 18, 46). Manus dicta, quasi munus, est gratia Dei, quae, cum sit super hominem, talem ac tantum munus ei confert, ut, scilicet accinctis lumbis, castigate currat, paupertate nudus nudum, pauper pauperem sequens Christum.
“E tratte a terra le navi, lasciato tutto, lo seguirono”. Cristo, gigante dalla duplice natura, divorando le sue vie come un agile corridore, si gettò esultante a percorrere il cammino (Cf. Ps. 18, 6) e si affrettò a compiere l’opera per la quale era venuto. È necessario dunque che chi lo vuole seguire lasci tutto, deponga e posponga ogni cosa, perché chi è caricato da un peso non può seguire chi corre. E quindi si dice nel terzo libro dei Re: “La mano del Signore si manifestò sopra Elia, ed egli correva dopo essersi cinto i fianchi”(3 Reg 18, 46). Questa che viene chiamata mano (manus) è quasi un dono (munus), è la grazia di Dio che, quando si trova sopra l’uomo, gli infonde un così grande dono che, cinti i fianchi, corre con la castità, seguendo Cristo nudo e povero, anche lui nudo e povero per la povertà ”.
Antonio da monaco agostiniano è diventato francescano, Antuan da francescano è divenuto gesuita. Itinerari che si possono compiere solo dopo aver gettato tutto, come diceva il grande omileta di Padova.
Avevo già letto la notizia
e rileggerla qui mi dà la gioia di una notizia che dovrebbe rimbalzare su tutti i blog laici o meno,
come anche su tutte le cronache giornalistiche.
Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani,
dare la vita senza rubarla a nessun altro,
senza fare violenza ad alcuno.
La testimonianza di Antuan,
mi ricorda le testimonianze
di nuove generazioni di israeliani ebrei-cristiani,
che non abbandonando la fede nei padri,
continuando la loro vita cultuale ebraica,
la completano con la fede in Gesù il Cristo.
Dunque,
dall’islasmo
e dall’ebraismo
ci arrivano
semi di vita,
che sono persone
che divengono testimoni di speranza.
La nostra civiltà ne ha bisogno,
io ne ho bisogno.
Grazie Signore
Il nostro essere minoranza rende la nostra situazione molto simile a quella degli inizi del cristianesimo, quella in cui si è trovato Paolo nel suo annuncio. L’apostolo, nato in un ambiente di pluralismo religioso, ci insegna ad avere un atteggiamento di rispetto nei confronti degli “altri” e questo comportamento positivo sentiamo di doverlo applicare al mondo islamico. Nonostante tutto, il nostro atteggiamento è molto positivo anche nei riguardi dell’islam. Qui io trovo tanta gente di buona volontà, coscienziosa. E san Paolo mi ha davvero insegnato questa novità della coscienza come il luogo della profondità della persona di fronte a Dio.
Devo però aggiungere che per alcuni miei cristiani la Via Crucis è un fatto di oggi, non una cosa del passato. All’interno del vicariato di Anatolia ci sono davvero situazioni difficili. L’esperienza del martirio di don Andrea Santoro e altri fatti hanno lasciato il loro strascico. Ci sono ancora cristiani vicini alla sofferenza di Gesù.
Ma vi sono anche musulmani che si avvicinano al cristianesimo proprio attraverso le sofferenze di Gesù. Un piccolo numero sono divenuti cristiani. La loro è stata una scelta sofferta e meditata per le conseguenze, i rischi, le fatiche che porta nella loro vita. Eppure divengono cristiani proprio partendo dal fascino di Gesù che ha sofferto [nel Corano Gesù sfugge alla morte e fa morire un sostituto – ndr]. Del resto, anche in passato l’umanità di Gesù è stata esaltata da alcune personalità musulmane come il poeta Mevlana e altri mistici sufi.
[Da un testo di Luigi Padovese scritto per AsiaNews in occasione dell’Anno Paolino e pubblicato l’8 aprile 2009: http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=14940&size=A%5D
Dicasi giornalismo… il riferire fatti o scritti ufficiali…
Grazie Sig. Luigi.
Quanto alla “conversione” si fa spesso riferimento al “cambio” di “credo”.
Cosa vera è buona.
Credere però è condizione “necessaria ma non sufficiente”, a qualsiasi religione si appartenga.
Cosa vera ed ancor più buona è chi si converte nel senso che passa “da morte a vita” ovvero dal “peccato” (non comunione con Dio e i fratelli) alla “vita di Grazia” (comunione)…
il Battesimo non basta, dirsi cattolici non basta, Cristo è stato chiaro…
“se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”
“dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”.
La “bocca parla dalla pienezza del cuore”. I mansueti dal loro cuore traggono mansuetudine e parole di pace, poichè sanno che “sbattendo il latte ne esce la panna”…
I violenti dal loro cuore traggono parole di istigazione e litigio.
Saprenno che “premendo il naso ne esce il sangue, spremendo la collera ne esce la lite” ???
Il Papa fortunatamente conosce ambo le cose…
Aggiunta necessaria.
“Il Papa, E OGNI UOMO DI BUONA VOLONTA’ fortunatamente conosce ambo le cose…”
O.T. Apprendo solo adesso che il piccolo neonato rapito è stato ritrovato. Partecipiamo alla gioia dei genitori.
Vorrei invitare anche a dire una preghiera per l’autrice del folle gesto.
Mentre ringrazio il collega e amico Accattoli per la segnalazione di Mondo e Missione, mi corre l’obbligo di ricordare che l’articolo in questione era l’anticpazione di parte di un capitolo di CRISTIANI VENUTI DALL’ISLAM (PIemme) a firma di G. Paolucci e C. Eid, due amici giornalisti esperti di islam.
E’ una notizia bellissima: grazie a Luigi per averla “scovata”, grazie ad Antonella per averla commentata con l’aiuto delle parole di Sant’Antonio da Padova, e, sopratutto, grazie alla vivente, coraggiosa testimonianza di fede nel Risorto offertaci dal fratello in Cristo Antuan.
Buona notte a tutti.
Roberto 55
http://www.oasiscenter.eu/node/2537:
qui le notizie su un francescano “venuto dall’Islam”, il cui nome da convertito, “Giovanni- Maometto”, attesta la sua duplice fedeltà. “Musulmano e cristiano” è il titolo del libro in cui p. Giulio Basetti-Sani raccontava la sua “impossibile” vicenda (ed Ancora 1998. Di recente ne è stata fatta una nuova edizione). Ci sarebbe da parlare per una vita intera di “come fu” che questi fratelli scoprirono il cristianesimo.
MUSSULMANA SCOPRE IL MISTERO DI CRISTO INSITO NEL CORANO E SI CONVERTE.
Mariam sfidò l’accusa di «apostasia» citando il Corano Libano Costretta a difendersi davanti ai magistrati: ha perso il lavoro, ma ha scelto il battesimo.
DI CAMILLE EID
Mariam è l’ultima di quattro figlie di una modesta famiglia musulmana della Bekaa. Quando è nata, 43 anni fa, i suoi erano visibilmente dispiaciuti di non avere avuto il tanto atteso figlio maschio. «Datela allora a me», ha detto loro una signora sterile ricoverata nello stesso ospedale. «È tanto bella come Maria, la madre di Gesù », aggiunse. Quanto è bastato ai suoi genitori per decidere di tenerla e di darle proprio quel nome magico. A sedici anni, come ogni devota musulmana, Mariam indossa lo hijab e inizia a studiare a memoria il Corano. Desiderava tanto coronare i suoi studi con il pellegrinaggio alla Mecca, ma le condizioni della sua famiglia non potevano permetterglielo. Fino a quando, a 17 anni, un uomo la ferma all’uscita della moschea e la chiede in sposa per suo figlio, emigrato in Arabia Saudita. Per lei era l’occasione d’oro per realizzare il suo sogno. Una volta trasferitasi in Arabia, chiede a suo marito di poter proseguire gli studi. In breve si iscrive alla Facoltà di sharia islamica a Medina. I suoi voti sono sempre eccellenti, tanto da meritarle uno sconto sulla costosa retta. Nello stesso tempo comincia per lei un percorso che le avrebbe cambiato la vita. «Presentivo ‘qualcuno’ che studiava con me – racconta ad Avvenire – che mi invitava a conoscerlo attraverso i miei libri». Al primo anno di università sceglie come tesina una ricerca su «I profeti nel Corano e Cristo». «Perché – spiegò ai suoi professori – è assurdo includere Cristo nel novero dei profeti». E cita loro le definizioni di Cristo contenute nel Corano: «Parola che viene da Dio», «un Suo Spirito», «un Segno per le creature», «eminente in questo mondo e nell’Altro». All’esame di Teologia islamica osa addirittura affermare che «Gesù semmai ha due nature, una umana e l’altra angelica, ma è impossibile che sia solo un uomo». Poi aggiunge: «Conclusione: è nato dallo Spirito Santo». Non la bocciano, ma le mettono un trattino sul libretto, accanto alla materia. «Hai fatto delle gravi affermazioni», le confida un professore libanese, membro della giuria. «Non capisco come hanno potuto stare ad ascoltarti». Giunge per lei il momento di tornare in Libano. Alla scuola dove insegna religione islamica circola presto la voce che ha consigliato ai suoi allievi di leggere il Vangelo perché «non è affatto vero che l’islam ha abrogato le religioni precedenti». Un’accusa di apostasia viene ufficialmente formulata da alcuni zeloti nei suoi confronti ed è presto chiamata a risponderne davanti al tribunale religioso della sua regione. «Quando entrai – racconta – vidi attorno a me dei volti severi, gente che aspettava il verdetto per potermi tacciare di apostata e rendere lecita la mia uccisione. In quel momento mi venne in mente il passo del Vangelo che recita: ‘E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire’. Tornai serena. Allo sceicco che mi chiedeva conto delle mie affermazioni, risposi con le parole che Allah rivolge a Cristo nel Corano: ‘Porrò quelli che ti seguono al di sopra degli infedeli, fino al Giorno della Resurrezione’. Poi aggiunsi: ‘Se il Vangelo fosse stato falsificato dai cristiani e quello autentico perduto, come affermate, perché mai il Corano non dice ‘fino alla venuta di Maometto’ anziché ‘fino al Giorno della Resurrezione’?». Al termine di un’ora e mezza, Mariam è riuscita a smontare tutte le obiezioni. A partire del Corano. Ha perso il lavoro, ma nessuno ha più osato sfidarla o cercare di infastidirla. Da lì a poco tempo ha chiesto e ottenuto il battesimo.
Copyright (c) Avvenire del 28/05/2008
Bellissimo grazie.