“Io non prendo lezioni“: scritto in ottima grafia stampatella, quasi elegante, sullo zoccolo del liceo classico Pilo Albertelli di Roma Esquilino, in via Daniele Manin. Mi figuro lo scrivente come uno di quei ragazzi svegli e impuniti che se la cavano nelle interrogazioni senza mai studiare.
Sul muro di un liceo: “Io non prendo lezioni”
31 Comments
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Io sono uno di quelli purtroppo.
Presuntuoso oltre che ignorante, a volte me la prendo per i richiami.
Il tutto a dispetto del nick e della tanto predicata umiltà.
Sull’eleganza che si raggiunge togliendo.
La frase consueta è “io non prendo lezioni da …” e comunque la si giri è stupida e volgare. Non a caso piace tanto ai politici: “noi non prendiamo lezioni (di moralità, di democrazia, di vattelapesca) dalla destra (oppure dalla sinistra o dal centro sinistra o dai comunisti o dai fascisti o da Berlusconi o da Di Pietro o da chi volete voi).
Togliete il complemento e lasciatela nella sua nuda assolutezza: “io non prendo lezioni”. Punto.
Rimane improbabile, ma come negarle una sua eleganza metafisica?
È quasi come il “preferirei di no” di Bartleby.
“Ci sono persone che affermano di sapere tutto, e questo è tutto ciò che sanno” ,diceva il famoso aforisma del quale non mi sovviene l’autore…
Sarà un pensiero ozioso ma a me piace molto di più imparare che insegnare, anche se ho dedicato, e dedico, tantissimo del mio tempo all’insegnamento, senza tuttavia sentirmi mai preparata abbastanza. Quando mi trovo di fronte un alunno che mi guarda inebedito, o incuriosito, il cui rendimento scolastico dipende dalla mia capacità esplicativa entro nel pallone. Allora dipano la matassa delle conoscenze, che avverto sempre limitate, vado alla ricerca di un linguaggio semplice comprensibile, assolutamente scevro dalla benché minima complessità, limpido come acqua sorgiva!…Afferro, come la povera Arianna, il bandolo della matassa ed entro nel labirinto. Inizio a tendere le mie povere meningi, dipanandole, stiracchiandole …e mi accorgo che non se ne sa mai abbastanza. Potrà sembrare un’involuzione, ma adoro il verbo “imparare”, proprio così, all’infnito, e considero un segno ulteriore di maturità e di crescita personale l’arte di apprendere. Difficilmente si può trasmettere ciò che si non si possiede, e improvvisare non conviente, si rischia di brutto!! Dunque: meglio insegnare o imparare? Assolutamente imparare…
Magari un giorno diverrà un giornalista, se vale la massima che giornalista è colui il quale spiega agli altri quello che lui stesso non ha capito. O forse uno di quei colleghi che fa la scuola ed esce convinto che gli daranno il microfono in mano per fare l’imperatore del regno di mille fighe di legno. Solitamente i mediocri hanno un’ottima idea e immagine di loro stessi, altrimenti non riuscirebbero a tenersi in piedi.
Non riesco a vedere la bonarietà di Luigi in questa frase, ci trovo invece la desolazione di quest’Italia che non prende lezioni da nessuno. E diventa “giornalista” coi blog in cui spara fesserie a nastro senza alcuna professionalità, costringendo i professionisti a sentire gente che, con la faccia seria, ti offrono “un accordo privato, 44 euro al mese per 44 post di blog”. Alè. Giusto ieri vedevo La storia siamo noi dedicata a Walter Tobagi. Walter, perdonaci.
L’Italia che non prende lezioni è quella de “il programma lo fate voi”, che sul treno ti spiega perché il treno tarda con scuse a cacchio, che interviene e sproloquia sulla qualunque di tutto lo scibile umano. L’Italia che non prende lezioni ma quello che conta è farsi vedere. Nel frattempo tanti ragazzi laureati se ne scappano in America o Canada a cercarsi pane, come ha fatto mio fratello che a 45 anni di distanza da mio padre ha dovuto di nuovo varcare l’Atlantico. Stavolta con una laurea in tasca. Continuiamo così, facciamoci del male.
@ Clodine
sovviene; inebedito (inebetito); esplicativa; dipano; scevro
… e te credo che devi cercà un linguaggio semplice, comprensibile.
Usi vocaboli desueti.
I ragazzi oggi hanno il vocabolario compresso con win-zip! Di poche elementari parole: voglio; soldi; telefonino; uscire; griffe ; uffà………
Scherzi a parte un cordiale saluto e dagli sotto ai ragazzi e falli studiare. E usali i vocaboli che non sanno, per poi farglieli ricercare, cosi da impararli.
I professori che più ricordo con piacere sono quelli che ci facevano fare un “mazzo” così. Da quelli ho imparato.
Ho iniziato ad insegnare a 23 anni Ubi, all’istituto statale Silvio D’amico, per 10 anni ho inseganto… non ero a tempo indeterminato e ahimé…sai come funziona, ti sbattono in mezzo alla strada in men che non si dica. Ma ho continuato imperterrita a svolgere il mio lavoro per altri canali, altre vie: per me insegnare è una missione, un servizio, una passione che si ha o non si ha, ed io ho ce l’ho proprio nel sangue, fa parte di me, non ho praticamente mai smesso …eccetto in quei periodi bui nei quali ho trovato tante porte chiuse!! Davvero…Trovi il mio linguaggio desueto?..Dai…no!
comunque riconosco la mia ignoranza totale nel digitare: non ho dimestichezza! Quando vado a rileggere mi accorgo della marea di strafalcioni, refusi, parole incomprensibili …mangio sillabe,doppie, mutilo le frasi, distruggo virgole, punti, doppi punti, sono una vera tragedia, uno strazio! Ecco, ad esempio, lassù che ho scritto ? “inseganato” (?) anzichè insegnato…. tapina, non imparerò mai!
“Io non prendio lezioni”: come direbbe Totò, “a prescindere”.
A domani !
Roberto 55
Posso ringraziarti, Luigi?
per non aver neppure nominato l’8 Marzo, per non essere stato ipocrita come tanti, per il rispetto che regali a ciascuna donna che frequenta il caffè Accattoli in ogni giorno dell’anno.
E’ proprio una brezza primaverile di novità e sollievo!…….
Saluti a tutti
Un bacio Pri, sono ancora alzata, ma tra un po’ andrò a dormire…ciao!
Tonizzo: “…ti offrono “un accordo privato, 44 euro al mese per 44 post di blog”. Ma dici sul serio o stai scherzando? Siamo gia’ a quel punto in Italia e occidente? …Beh, c’e’ di che preoccuparsi…
Clo, penso che i tuoi alunni possano considerarsi fortunati…
Intanto condivido questo con te…parte di un appunto che mi e’ caro e che mi porto dietro da vari anni…piu’ di dieci sicuramente:
(Da “Io, professore fallito”-di SANDRO ONOFRI )
“Entro, e porto in classe sempre più la mia maschera, non me stesso. Insegno non il mio sapere, coi suoi limiti ma anche con le sue urgenze, bensì un sapere impersonale, agnostico, ragionevole. Sono non un pedagogo né uno scrittore che insegna ma un professionista dell’educazione, che fa onestamente ma non in maniera brillante – perché non può, non gli interessa – il suo mestiere. Mi guadagno il favore degli studenti non con la simpatia né con la generosità dei giudizi (a questo punto non ci sono ancora arrivato) ma con una scandalosa volgarizzazione dei contenuti. Intollerabile ormai, per me più che per chiunque altro. E se tento di aprire un piccolo spazio per infilare di straforo la mia passione in quello che faccio, nelle mie lezioni, è fallimento. Risatine, occhi che se ne vanno, richieste di andare in bagno.
Per reagire a questo stato di impotenza che mi prende di tanto in tanto, e in definitiva per tornare ad amare i miei alunni, ripenso a come eravamo noi, alla loro età. … …
… Questi ragazzi, invece, stamattina, se togliamo quel gruppetto di fascistelli nelle prime file, non hanno mosso un dito dal primo all’ultimo minuto. Silenziosi, muti e immobili, come sempre. Come sono anche in classe. E però assolutamente assenti. I miei compagni di classe erano capaci di rivoltare l’aula con partite a pallone giocate con una palla fatta di carta, ma anche di restare a bocca aperta un’ ora intera ad ascoltare una storia o un racconto letto dalla nostra professoressa di italiano. I miei alunni restano per la maggior parte con le mani buttate sul banco e la testa buttata sulle mani, le palpebre a metà, dalle nove alle tredici. Indifferenti, apatici, indolenti. …
…Potrebbero essere, presi uno per uno, uno dei casi clinici di Freud, uno di quei giovani che andavano da lui per curare “uno stato di quasi-paralisi”, perché “ha perso ogni interesse, ogni capacità di concentrazione, perfino la possibilità di ricordare con ordine”. E difatti, riportando adesso questo passo dell’ Introduzione alla psicoanalisi, mi accorgo che potrei usarlo in uno dei giudizi da stilare per molti miei alunni, calzerebbe perfettamente. Ed è una situazione diffusissima.”
Clo: e’ lo stesso o sta peggiorando/migliorando…? E scusami la lunghezza.
Mabuhay,
“uno stato di quasi-paralisi” ; “ha perso ogni interesse, ogni capacità di concentrazione, perfino la possibilità di ricordare con ordine”.
Lo osserviamo anche nel mondo del lavoro, purtroppo sempre più spesso,
viene definito “Sindrome da burnout”.
Mabuhay (bello ‘sto nick, sei indiano?), ho imparato sulla mia pelle ad aprire bocca solo se documentato. La proposta è stata fatta a me in persona. E io sono un giornalista professionista. Cioè una persona che dovrebbe sottostare a un contratto di lavoro che ne tutela anche i sospiri (comparato a tutti gli altri contratti di lavoro in Italia). Invece grazie a tre-quattro fessi armati di videofonino il già debole giornalismo italiano si sta ulteriormente indebolendo.
Domanda: questi beoti di cellulare armati sono disposti ad andare a fare il loro presunto “giornalismo” a Baghdad o Falluja? Ovvio che no. E l’informazione che danno è quantomai dozzinale, Obama docet. L’informazione di qualità si paga, in America lo hanno capito e nel 2012 la maggioranza dei quotidiani seri online sarà a pagamento. Noi invece ancora crediamo alla favoletta che in Rete è tutto gratis. E la qualità dei nostri giornali online, ossia dell’ultima frontiera del giornalismo, è pari a zero. Mentre quella dei cartacei arranca non poco, ancora illusa di seguire la rapidità di radio e Tv. Serve un salto culturale che non è stato ancora fatto. E nel frattempo quelli col videofonino continuano a dire di essere “giornalisti”. E io sono il Papa.
Clodine, mia madre è andata in pensione due anni fa dicendo sostanzialmente una cosa: nel 1971, quando ho preso servizio, i ragazzi erano più educati, oggi fanno quello che gli pare. E la qualità dell’insegnamento mi sembra sia abbondantemente scemata, aggiungo io, visto che in una V elementare che conosco hanno preferito non studiare le regioni d’Italia “al massimo qualcuna delle regioni da cui possono venire i vostri genitori” e amen. E questa gente un domani mi potrebbe operare…
A proposito, leggo ora che si è spento Tonino Carino. Gli mando un saluto e un bacio ovunque sia adesso, perché insieme a 90° minuto è stato uno dei volti di un’Italia più serena e felice. Grazie, Tonino.
come madre di tre adolescenti vorrei spendere qualche parola in difesa di questi “alunni” secondo i professori così abulici, indifferenti o addirittura bollati con disprezzo come “fascistelli”, come casi clinici da psicanalista che descrive il Professor Mabuhay.
Alcuni di questi ragazzi, non tutti certo, ma molti, hanno una vita interiore, dei pensieri che i professori , a nche gli adulti , non sanno assolutamente vedere , perchè manca , non a tutti certo , ma a molti, oltre che l’intuizione anche quell’amore per i ragazzi che è indispensabile per fare il professore. Più indispensabile di tante nozioni.
Sì, amore e interesse anche per i fascistelli, anche o proprio per quelli che ti sembrano abulici e disinteressati.. anche per i casi clinici perchè Freud insegna che se uno diventa un caso clinico la responsabilità nel 99 % dei casi è dagli adulti, della famiglia dell’ambiente.. non si nasce predestinati a essere abulici, fascistelli , teppisti e casi clinici.. un bimbo di tre quattro anni non è così’.. chiediamoci quindi noi adulti questi splendidi bambini diventano degli adolescenti apatici, indifferenti,sgradevoli, che cosa spegne in loro ogni voglia di vivere ?’ perchè molti si suicidano?’ se fossi un professore invece di un pediatra questi problemi mi angoscerebbero e cercherei non di giudicare dall’alto della mia cattedra ma di amare di più questi adolescenti tanto sgradevoli…
come tutti ,anche gli “abominevoli “adolescenti odierni sono frutto di una società malata, e anche molti dei professori odierni , che lo fanno solo per professione, senza più quella “vocazione” , quello slancio, quel carisma, quella forza di affascinare e di interessare i giovani che sono indispensabili per ogni educatore,.. non parlo naturalmente dei professori presenti su questo blog, non partite subito in quarta offendendovi ! 🙂
Dico molti dei professori ,perchè ne ho avuto ampia esperienza coi miei figli..
Mi ricordo di un professore ( di filosofia) al quale dicevo che mio figlio stava leggendo Kierkegaard e Baudelaire , mi rispose. -A me non interessa affatto cosa legge suo figlio a casa , a me interessa solo che studi il programma scolastico”
Sono questi gli adulti da cui i nostri figli dovrebbero prendere “lezione”?
Maria Cristina
Discepolo, è ovvio che molta parte della colpa è degli adulti 68ini molto ini ini ini che hanno rovinato la società italiana, dalla scuola alla vita di tutti noi. Questo però non toglie che i ragazzi di oggi, anche sulla scia di esempi non sempre gradevoli, in buona parte non accettino lezioni, loro e le loro mutande in bella mostra.
Secondo me questa non è affatto uno società malata. Scusate ma trovo un po’ ingenuo definirla così. E’ complessa, piuttosto, anche complicata, piena di ombre ma con molti motivi di speranza.
Tonizzo, ovvio per chi? Per me no.
Una domanda per Tonizzo. Ma perché per scrivere sui giornali ci dovrebbe volere una qualificazione “pubblica” come quella dell’appartenenza all’Ordine dei giornalisti? Capisco che la legge prescriva che per esercitare la medicina ci voglia laurea, abilitazione e iscrizione all’Ordine: lo si fa per limitare i danni (per quanto, anche così …), ma per fare del giornalismo?
Bada bene, non dico “son capaci tutti”, dico che la qualifica professionale non garantisce niente, e che a scrivere sui giornali chiunque dovrebbe poterci provare. Peggio di come è adesso non andrebbe.
(Temo fortemente, su questo specifico punto, di concordare con i radicali che mi pare avessero proposto in passato l’abolizione dell’ordine. Mi fa un po’ senso, ma non posso cambiare idea per questo).
Cara (se posso) Maria Cristina,
io non sono professore! Grazie a Dio (senza offesa ai professori del blog)…mi ci mancherebbe pure quella.
Nel mio post ho solo citato un passaggio del libro di Sandro Onofri, “Io, professore fallito”, lui si’ professore e scrittore, scomparso vari anni fa. Puoi sempre chiedere a Mr Google! 🙂 Il quale Onofri -dal poco che ho letto- avrebbe goduto moltissimo di un genitore come te e con dei figli che si possono entusiasmare…su Kirkegaard…
Per il resto, il tuo post offre molti elementi di riflessione e discussione… La deficienza educativa della nostra societa’ -e della scuola- non e’ certo colpa dei giovani, ma nostra, degli adulti.
Leopoldo: non dico tout-court che questa societa’ e’ malata, tutte lo sono state, al di la’ delle semplificazioni dei manuali di storia; ma non bisogna nascondere il sole con un dito. Penso che stiamo vivendo dentro cambiamenti epocali… Ci tocca di vivere questo tempo, con le sue speranze, le sue croci e i suoi innumerevoli crocifissi. Se solo riuscissimo a passarlo, a attraversarlo da cristiani, da credenti…!
Buongiorno a tutti, leggo solo ora Mabuhay e gli altri interventi tutti molto interessanti…
@Mabu, l’analisi di Onofri, interessante da un certo punto di vista, è uno spaccato di ciò che avviene nelle aule di gran parte dei nostri istituti quando nell’approccio tra insegnante e alunno si instaura quella sorta di misteriosa “censura” di spaccatura. Dico “misteriosa” in quanto non saprei dirti perché avviene: ci si ritrova, da ambo le parti, ad arrancare in un dialogo tra sordi. Come giustamente facevano notare Leopoldo, e discepola Maria Cristina, non riferirei il fallimento di un insegnante al momento storico attuale il quale, per quanto ingeneri insicurezza, frustrazione ecc, non si discosta di molto [seppur con modalità differenti anche a causa dei media, e dell’avvento di internet che ha cambiato di molto, nel bene come nel male le abitudini di tutti, scusate la chiosa] a quei problemi di fondo che i giovani di ogni tempo sperimentano o hanno sperimentato sulla propria pelle: timore di deludere le aspettative, isolamento per incapacità relazionale, insicurezza. Sono mille più uno i problemi che si trovano e si troveranno ad affrontare a prescindere, in quanto c’è nel percorso formativo dei ragazzi di ogni tempo -essendo creature in divenire, in formazione- una base d’inquietudine, di incompiutezza, di ricerca di autostima,ma soprattutto una fame d’amore e di ascolto infinito! Per anni mi sono occupata di quei ragazzi cosidetti difficili, quelli con gravissimi problemi comportamentali, ragazzi senza licenza media per i quali Garibaldi era la marca di un formaggino e Napoleone un modello di cappotto per intenderci.
E’ dovere di un insegnante prima ancora che la storia, la geografie e le varie discipline educare la coscienza, instaurare un rapporto di empatia e fiducia profondissima, abbassarsi al loro livello se la relazione lo esige per far si che essi possano salire. Solo e solo allora si può iniziare un percorso conoscito ad ampio spettro, un po’ come fece don Milani per intenderci. Questo vale per tutti i ragazzi di ogni livello e grado; guai a quel professore che si mette in cattedra con la puzza sotto il naso, che si erge a gran ciambellano con la presunzione di mettere ordine a tutti i costi, riceverà l’effetto contrario: auotorevolezza, non è autoritarismo, e loro lo avvertono! Ogni ragazzo è un mondo a se’, ciascuno con i suoi turbamenti, i suoi drammi, e suoi tempi…disprezzare anche solo il più piccolo degli sforzi che compie per compiacere i genitori o l’insegnante vuol dire farlo retrocedere. E’ una grande responsabilità avere tra le mani un materiale così fragile, a volte sono proprio gli insegnanti che rompono i cocci, e si lascia ai genitori -non sempre in grado- di incollare i pezzi. E’ materiale, la gioventù, da maneggiare con molta cura…e di loro…ci verrà chiesto! Scusate la lunghezza..
Ricordo con angoscia la mia insegnante di liceo quando ci dava da studiare interi capitoli di storia dell’Arte: un librone alto 20 centimetri, un mattone atroce scritto da quello storico dell’arte dal linguaggio astruso, forbito, che fu Carlo Giulio Argan….senza spiegare un minimo…per poi pretendere il massimo: interrogazioni della durata di un’ora. Pretendeva sapere perfino quanti riccioli avesse in testa il Davide di Michelangelo senza essersi dedicata un tubo ..disgraziata, incapace, ci faceva crepare…e chissà quante di queste sedicenti insegnanti siedono a cattedra con i loro culoni, a discapito di gente qualificata e preparata!
🙂 😉 🙂 mi fai mori’ dal ridere Clo…con i riccioli del David e i ehm ehm …oni indegnamente accomodati a cattedra…
OT per LUIGI-
Ci puo’ dire che percentuale -piu’ o meno- di uomini e donne frequentano il suo “Caffe Pianerottolo” ? Se si puo’ sapere naturalmente…
Mi sembra che la presenza femminile -alquanto forte e qualificata in qualita’… :-0 sia piuttosto scarsa in numero. O mi sbaglio?
Leonardo, scrivere su un giornale online o cartaceo non è un gioco da ragazzi. Serve professionalità e rispetto per le notizie. Serve attenzione anche e soprattutto per notizie delicate come quelle che, ad esempio, riguardano i minori. Serve specializzazione, perché il danno che può fare un giornalista armato di penna è più grande e potente di quello che può fare un uomo armato di pistola.
Enzo Tortora non è stato ammazzato solo dai giudici che lo hanno sottoposto a un processo osceno, ma anche da chi ha ben pensato di immortalarlo con le manette ai polsi mentre lo caricavano sull’Alfetta dei carabinieri come un malvivente qualunque. E’ stato ammazzato anche da chi voleva sbattere il mostro in prima pagina. Vi ricordo che specialmente adesso, era maledetta in cui i processi si fanno prima in Tv e sui giornali e dopo nei tribunali, è necessaria una professionalità che solo un’adeguata formazione può garantire. Ecco perché esiste l’Ordine con tutti i suoi poteri disciplinari. Poi possiamo discutere sulla loro applicazione, ma l’Ordine c’è e deve continuare a esistere.
Anche per un altro motivo, quello della dignità professionale. Minimi garantiti, riconoscimento di qualifiche e professionalità ci permettono di avere un giornalismo migliore in cui chi entra a fare questo mestiere viene garantito e tutelato. E non schiavizzato per 44 euro al mese, cose che nemmeno nel peggiore dei mondi possibili dovrebbe accadere. Senza l’Ordine e senza i contratti conclusi dal sindacato, caro Leonardo, tanti giornalisti sarebbero messi alla porta dalla sera alla mattina perché scomodi, sgraditi o perché – semplicemente – non li si vuole più tenere al giornale. Penso che il lavoro debba essere tutelato come un bene supremo, specialmente se riguarda un servizio molto delicato come quello dell’informazione.
E a proposito dell’informazione: per favore, non credete alla favola che Berlusconi ha limitato la libertà d’informazione per tutti. Berlusconi è solo un esempio clamoroso di quello che è il giornalismo in Italia. Che fino a quando trova innanzi a sé editori che fanno il loro mestiere (ossia mettono i soldi nell’azienda, nominano il direttore e lo lasciano lavorare senza rompere le scatole) funziona perfettamente. Siccome molto spesso un giornale è espressione della proprietà, le cose poi si distorcono. Hai mai letto sulla Stampa un pezzo in cui si dice che, per esempio, la Bravo fa schifo? Hai mai letto su Repubblica che le macchine Olivetti, ad esempio, sono superate o qualitativamente inferiori rispetto alle altre in giro? No. E non lo leggerai mai. Perché? Guarda chi sono i padroni di questi giornali…
Su Tortora hai ragione da vendere ma, appunto, Tortora è stato ammazzato da giudici e da giornalisti entrambi professionisti.
Sull’editore che ci deve mettere i soldi e basta, non credo che possa funzionare così: in questo mondo, chi ci mette i soldi vuole anche comandare. Confesso che ho sempre trovato puerile e fastidiosa la pretesa dei giornalisti come Santoro di avere per forza il loro programma, come se fosse un diritto. Santoro avrà diritto di parola come tutti, il diritto ad avere una trasmissione televisiva ce l’ha se la paga lui.
In terzo luogo, ho l’impressione che voi giornalisti un po’ vi sopravvalutiate: sì, dei danni ne fate, ma non è che la gente poi vi dia retta più di tanto.
A parte questo, sono d’accordo con tutto quello che dici.
Io penso che il lavoro del giornalista, quando è fatto con professionalità, coscienza, avendo a mente quei principi deontologici dai quali non si prescinde , sia di grandissima utilità sociale. Garantire il diritto all’informazione è la prima regola per uno stato di dirtitto che sia basato sulla democrazia, altrimenti è regime! Personalmente non mi è piaciuta neppure un po’ l’idea di mettere il bavaglio a Floris, Santoro e Vespa…la ritengo un’ingerenza…
Leonardo: immagina se a crocifiggere Tortora fossero stati dei “giornalisti” non professionisti…
Editori: è perfettamente vero che chi mette i soldi voglia comandare, specialmente in Italia. Ma c’è anche un mondo, l’Inghilterra, in cui i giornali riposano sull’azionariato popolare. E’ quello che aveva tentato di fare Montanelli con La Voce (conservo con orgoglio il primo numero), ma che non ha potuto purtroppo realizzare.
Santoro: se non fosse più in Tv non penso che in tanti se ne cruccerebbero. Ma è una voce in più. Che piace o meno, ma in più. E questo conta, perché se venisse meno saremmo tutti meno liberi. E così se non ci fossero Vespa e Floris. Condivido chi ha precisato che gli spettatori non devono essere trattati da bambini.
I giornalisti non si sopravvalutano. Calunnia, calunnia, qualcosa resterà. Leone è dovuto scappare dal Quirinale (ma dopo vent’anni: oh scusi presidente era un qui pro quo), altri sono rimasti distrutti. Magari la gente oggi se ne frega perché ormai c’è chi crede che basti la Tv per informarsi. Ma esistono altre realtà, per fortuna, in cui ancora oggi i giornali e i giornalisti possono influire sulla gente.
Confermo, a beneficio di Leonardo, che della legge istitutiva dell’Ordine professionale dei giornalisti si tenne, nel giugno del 1997, referendum abrogativo (era, precisamente, uno degli 8 “referenda” proposti agli elettori), richiesto, come gli altri 7 (ricordavi esattamente, Leo), dal Partito Radicale, e che, per la cronaca, andò nullo (come tutti gli altri, da quindici anni in qua) per mancato raggiungimento del “quorum”: io, se fossi in te, cambierei idea …………….
Mi unisco, poi, all’omaggio “lanciato” da Tonizzo per Tonino Carino: anch’io lo ricordo con affetto e simpatia.
Buona serata (ce n’è bisogno perchè, non so da voi, ma qui è un tempo “da lupi”: gelo polare e raffiche di bora e di nevischio che “spazzano” le nostre campagne ed i nostri paesi).
Roberto 55
Tra le malefatte dei radicali (pressoché infinite) c’è, in effetti, anche questa: aver distrutto l’istituto referendario con un abuso parossistico, insensato e disonesto.
Sul punto specifico, preferirei mantenere l’opinione che in una società libera i vincoli all’esercizio delle attività umane, ivi comprese le professioni, dovrebbero essere ridotti al minimo indispensabile. Sarei favorevole, tra l’altro, anche all’abolizione del valore legale dei titoli di studio e, salvo i casi in cui si può nuocere gravemente alla salute degli altri o alla sicurezza pubblica, penso che non ci dovrebbero essere troppi limiti, che si traducono, solitamente in rendite di posizione.
Concordo con Leonardo in toto
Sui referendum: un istituto troppo prezioso per la democrazia è stato trasformato in una burletta. La colpa, però, è anche di chi ha invitato ad andare al mare anziché a votare.