Francesco ha avviato processi di novità anche se poi non ha realizzato grandi riforme: per comprendere l’apporto che i suoi dodici anni potranno dare alla storia del Papato, occorre tenere d’occhio quei processi, ovvero i semi di novità che è venuto spargendo, a larghe mani, lungo l’intera sua stagione. Nel primo commento faccio alcuni esempi dei processi avviati dal Papa argentino e nel secondo riporto un suo testo chiave su tale metodo d’azione
Mio saluto a Francesco: ha avviato processi che ora sono un’eredità per tutti
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La sua vocazione al nuovo si è esercitata in molte direzioni: nel nome che ha scelto, nelle vesti e nell’alloggio, nel modo di spostarsi e di viaggiare, nel linguaggio dell’immediatezza che ha usato persino nei rapporti con i capi di stato, nelle libertà che ha rivendicato a sé e riconosciuto agli altri, nei gesti di prossimità ai feriti della vita, nell’audacia di agire oltre ogni protocollo pontificio con l’intenzione di arrivare a tutti. Certe sue affermazioni programmatiche potrebbero tornare utili ai papi che verranno: che non è il caso di “cercare Dio nel passato”, che è necessario “trovare nuove strade per l’annuncio del Vangelo”, che “non bisogna temere il rischio di sbagliare” nel condurre questa ricerca, che i tempi impongono ai cristiani un impegno totale nella non violenza e per la pace, che urge realizzare “una Chiesa povera e per i poveri”. Ha invitato tutti a guardare il pianeta “con gli occhi di Magellano”, cioè dal Sud del mondo e a partire dalle periferie. Ha riconosciuto la necessità di una “riforma del Papato”, anche se non l’ha realizzata. Per usare il suo linguaggio, ha avviato processi più che occupato spazi. Se gli succederà un Papa interessato a tradurre in riforme i processi avviati, l’opera svolta da Bergoglio resterà nella storia. Ma quei processi sono comunque un’eredità per tutti, da tutti fruibile e che ognuno – per la sua parte – può aiutare a portare a pienezza.
Aveva scelto di lavorare a lunga scadenza. Nel primo e più originale dei suoi documenti, l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” (2013), Francesco aveva teorizzato un metodo di lavoro a lunga scadenza nel governo della Chiesa – metodo al quale poi è restato fedele. Ecco il brano chiave di quella proposta:
Il tempo è superiore allo spazio: questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci.
Evangelii Gaudium 223
In lui si è visto un Vangelo incarnato, reale e quotidiano
In lui si è visto un essere cristiano nel quotidiano, con problemi concreti.
In lui abbiamo respirato il Cristo vicino
E come Pietro è stato crocifisso a testa in giù per umiltà verso Gesù Cristo, così Francesco è morto il giorno dopo la S.Pasqua
E poi, Papa (Pietro) sino all’all’ultimo: ieri ha benedetto e salutato il “suo popolo”.
Un chiaro invito ad essere – prima di ogni altra cosa – umani e piena di umanità.
Una chiarezza di pensiero che infastidisce chi gioca ed intotisce con concetti astratti.
Un Papa dei fatti … Un Papa che mette l’umiltà al primo posto.
Un Papa (e rubo le parole ad un prete a me caro) METTE LE ALI AL NOSTRO ESSERE CRISTIANI E – PER ALCUNI – ALL’ESSERE SACERDOTI.
mi ero commossa a vederlo e sentirlo ieri con quel filo di voce…
E’ stato fino all’ultimo fedele…
Cristina Vicquery
Per tante cose dobbiamo essere grati a papa Francesco.
Io avrei voluto che avesse più tempo a disposizione – ma in realtà ne ha avuto tanto – per rimediare al suo sbaglio più grave: la condanna di un innocente. https://andreapaganini.ch/CASO_BECCIU.html