Mia domanda su Costantino e la croce: la rivolgo a chi sa di più

“Costantino abolì la pena della crocifissione dopo il 314”: così l’enciclopedia Treccani alla voce “Croce”. Ma l’enciclopedia non indica la fonte di questa notizia su Costantino. Sono interessato a quella fonte: chi ha raccontato, dove troviamo la prima notizia di quella decisione del primo imperatore cristiano, che l’avrebbe presa per riguardo alla croce di Cristo? Girovagando per siti digitali ho anche trovato che la decisione Costantino l’avrebbe presa proprio nel 314, o nel 320, o nel 341: ma queste sono tutte date di fantasia, io credo. Nel 341 poi Costantino non c’era più: muore nel 337. Chi ne sa di più mi aiuti nella ricerca. La questione è nata dalle serate di Pizza e Vangelo che conduco da 21 anni. E’ nata interrogandoci sul perchè la prima iconografia cristiana conosca la croce ma non il Cristo in croce: il primo giunto a noi sarebbe quello del graffito satirico del Palatino che ho riportato nel post pubblicato ieri. Ma per avere rappresentazioni di culto di piccole dimensioni bisognerà aspettare fino al quinto secolo: poniamo, la formella in legno scolpito della porta di Santa Sabina. Quanto alle rappresentazioni sulle pareti delle chiese, i primi esempi li abbiamo solo nell’ottavo secolo: vedi l’affresco di Sancta Maria Antiqua. Gli studiosi spiegano il tardo arrivo del crocifisso con il fatto che la crocifissione, pena infamante, fu in vigore appunto fino a Costantino. Chi può mi aiuti a cercare la data e la fonte di quella decisione imperiale.

3 Comments

  1. fiorenza

    Ti dò il link per un vecchio articolo (pubblicato su L’Osservatore Romano il 20 novembre 2009) in cui si può trovare qualche notizia. Il titolo è “La croce nella documentazione epigrafica. Il segno del vincitore”, e l’autore è Carlo Carletti. La data e la fonte che a te interessava trovare non ci sono. ma in cambio ci sono altre cose, molto belle: https://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/269q04a1.html

    Fiorenza Bettini

    8 Marzo, 2025 - 20:18
  2. fiorenza

    Nel testo che ti ho segnalato mi ha colpito questo (ma non sono riuscita a trovare altre informazioni): “È a Roma, in prima istanza, che si può individuare una delle più antiche rappresentazioni di una croce, nel caso specifico tanto più significativa perché inserita in un contesto “letterale” di carattere indubbiamente cristologico. Si tratta di un graffito, in ottimo stato di conservazione – e tuttora visibile – tracciato da un anonimo scrivente, tra la fine del II e l’inizio del III secolo, su una delle pareti interne di un mausoleo pagano, quello cosiddetto degli Innocentiores, situato al di sotto della memoria apostolorum sulla via Appia, che nella metà del III secolo – una tradizione inveterata parla dell’anno 258, Tusco et Basso consulibus – si sovrappose al sottostante impianto funerario (quello appunto che conserva il graffito) sigillandolo definitivamente nel tempo (Inscriptiones Christianae Urbis Romae, v 12889). La tipologia qui rappresentata è quella archetipica della crux commissa o patibulata, lo strumento di morte cui fu appeso Gesù di Nazareth, diverso dall’altro tipo – la crux immissa (o latina) – vulgato dalla tradizione patristica e dalle successive formulazioni iconografiche affermatesi nel tempo…” eccetera…

    Fiorenza Bettini

    8 Marzo, 2025 - 23:38
  3. fiorenza

    E comunque, per arrivare “al punto”, sì, è vero, nei primi secoli viene raffigurata la croce ma non la crocifissione, la croce ma non il Crocifisso. Ed è un fatto che la croce resterà aniconica molto a lungo. Ma dobbiamo chiederci: perché? Mi sembra riduttivo farne una questione “politica” o, non saprei come definirla, una passiva accettazione di direttive dettate dall’alto, dal potere. Mi pare ragionevole pensare che, come dice l’articolo che ho citato, la croce santa, pur nelle sue molteplici manifestazioni, venisse a lungo recepita nella dimensione di quanto si era voluto significare nell’antico acrostico “Gesù Cristo Figlio di Dio”, cioè che, in profondità, l’accento cadesse, evidentemente, sul suo significato ultimo: non sulla morte ma sulla Resurrezione, sulla definitiva vittoria di Dio sulla morte. Non può essere per puro caso, o per un passivo adeguarsi alle disposizioni di chi incarnava il potere, il fatto che nel corso di tutta l’antichità cristiana mai fu concepita -né, dunque, realizzata- una rappresentazione che proponesse la croce soltanto “nella sua originaria funzione di strumento di morte”. Troppo vicina, troppo viva era ancora l’eco del lieto annuncio, della predicazione, della parola luminosa degli apostoli, dei testimoni. Dobbiamo arrivare all’altomedioevo per trovare infine “la crocifissione soltanto come scena drammatica”: “la sofferenza della carne, il sangue, la corona di spine, la lancia che penetra nel costato, la testa di Cristo ripiegata senza vita”…: iconografie che nel corso dei secoli ebbero straordinaria fortuna e che indubbiamente incentivarono forme devozionali”. Ma… Ma il titolo dell’articolo che mi colpito, tanto che l’ho proposto qui, è “La croce nella documentazione epigrafica. Il segno del vincitore”. “Il segno del vincitore”! (“In Hoc Signo Vinces”: memoria improvvisa, travolgente, degli anni in cui una persona – io- ha contemplato, ogni giorno, il “Sogno di Costantino”, e la piccola croce di luce nella mano dell’imperatore durante la battaglia di Ponte Milvio, nella Leggenda della Vera Croce, di Piero, nella Basilica di San Francesco, ad Arezzo). E non so dirti, Luigi, quanto mi hanno allargato il cuore, in questo articolo, le parole “A Ravenna, in età giustinianea, si progetta la decorazione del catino absidale del Sant’Apollinare in Classe: l’esito figurativo è una grande croce gemmata che campeggia isolata, accompagnata da due piccole iscrizioni esegetiche in cui si legge: “Ichthys – Salus mundi.”

    Fiorenza Bettini

    9 Marzo, 2025 - 13:45

Lascia un commento