Ultimi giorni per vedere a Roma la Crocifissione bianca di Chagall
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Luigi Accattoli
1. Pogrom -Progrom è un termine russo che significa distruzione violenta. Il termine rievoca le aggressioni contro gli Ebrei avvenute, a partire dal tumulto scoppiato a Odessa nel 1821, proseguendo con i disordini antiebraici tra ill 1881 e il 1884, in seguito all’assassinio dello zar Alessandro II, e nel tempo tra il 1918 e il 1921, durante la guerra civile che segui la Rivoluzione bolscevica. Parallelamente, dopo l’ascesa al potere del partito nazista in Germania, nel 1933, Adolf Hitler e il suo regime fecero divampare la violenza sistematica e totale nei confronti degli Ebrei, che si estese presto all’Italia con le leggi del fascismo e gli atti conseguenti.
Quando, nei primi anni Venti, Marc Chagall viveva a Mosca, il pittore si era messo ad insegnare arte in un orfanotrofio ebraico nel quale molti bambini erano giunti come profughi da villaggi dove in quel periodo si erano verificati dei pogrom, e Chagall ascoltò le loro tragedie.
Nella Crocifissione Bianca, un pogrom ha colpito un intero villaggio, sopra il quale si vede entrare in scena una folla di contadini, srotolando bandiere rosse e portando spade e attrezzi agricoli. Se sono i difensori del villaggio, è troppo tardi.
22 Gennaio, 2025 - 19:51
Luigi Accattoli
2. Vitebsk – Il 7 luglio 1887, proprie mentre nel villaggio di Vitebsk avviene un pogrom e la sinagoga viene messa a ferro e fuoco, in una piccola casetta sulla riva destra della Dvina Occidentale nasceva Marc Chagall.
La violenza antisemita porta tutta la famiglia Segal a trasferirsi più volte, spostandosi da un luogo all’altro: negli anni a venire, questo senso di erranza senza rimedio e la memoria dell’episodio che avvenne proprio nel giorno della sua nascita, portarono Chagall a dire: “lo sono nato morto”. Al tempo stesso, gli rimase incisa a fuoco nell’anima la memoria e la nostalgia del paesaggi della sua infanzia, Come scrive a proposito del suo villaggio d’origine nella sua autobiografia, «non vivo piú là, ma non ho un solo quadro che non vi si ispiri o non la rifletta», Vitebsk, quindi, é un luogo dell’anima, specchio e metafora della tormentata vita dell’artista, del suo popolo e di tutti gli esuli e i tribolati della storia.
Anche nella Crocifissione Bianca, il villaggio colpito da devastazione rievoca Vitebsk. Sopra tre disperati, le case giacciono rovesciate, sfondate, o in fiamme sulla neve. A sinistra, un uomo glace insepolto vicino alle lapidi del cimitero, sopra di lui c’è una sedia vuota, vegliata dal suo fedele caprone, che sembra aspettare un ritorno. Altri siedono all’aperto sul terreno innevato vicino al ruderi, con un violino, ma sono troppo desolati per poter suonare.
22 Gennaio, 2025 - 21:06
Luigi Accattoli
3. Cristalli – La Crocifissione Blanca è stata dipinta subito dopo un episodio storico atroce. Con l’ascesa del nazismo in Germania, la violenza era divenuta sistema, fino a culminare nel tragico momento conosciuto come la Kristallnacht, la Notte dei Cristalli, tra il 9 e il 10 novembre 1938. Le strade delle città della Germania, dell’Austria e della regione dei Sudeti in Cecoslovacchia erano un cumulo di vetri in frantumi: vetri delle case e dei negozi di proprietà ebraica distrutti, magazzini depredati, sinagoghe bruciate e saccheggiate, cimiteri ebraici profanati, persone arrestate per il solo fatto di appartenere al “popolo sbagliato”. Nella Crocifissione Bianca, sulla destra in alto Chagall raffigura una sinagoga, la cui arca della Torah va a fuoco, mentre un soldato con stivali e pantaloni larghi ne viola le porte esponendo i rotoli all’interno. Sotto il soldato, una sedia rovesciata, i resti strappati di un libro di preghiere, una menorah di Hanukkah, e la lampada che stava appesa davanti all’arca. Elementi che sembrano rievocare anche la distruzione delle sinagoghe di Monaco e Norimberga del 9 giugno e del 13 agosto 1938. È l’ora delle tenebre, un’ora che più volte, nel corso della storia, ritorna a minacciare l’umanità, con attori e vessilli differenti ma con lo stesso satanico obiettivo di morte.
22 Gennaio, 2025 - 21:30
Luigi Accattoli
4. Menorah e Tallit – Nel dipinto di Chagall, Cristo è raffigurato con un drappo sul capo, come ogni vero ebreo, specialmente durante la preghiera.
Al posto del tradizionale perizoma, qui viene coperto dallo scialle di preghiera rituale ebraico, il tallit, con due strisce scure vicino al bordo sfrangiato e le frange più lunghe agli angoli. Quei filamenti che pendono, chiamati tzitzit, rammentano agli israeliti i numerosi comandamenti che nella vita si devono osservare: da questo tallit, però, essi pendono senza nodi, poiché Gesù è già morto, ha compiuto il percorso dell’obbedienza.
Mentre in alto si legge, in caratteri rossi, le lettere I.N.R.I., subito sotto in scrittura ebraica si legge in aramaico Yeshu HaNotzri Malcha D’Yehudai.
Sotto la croce, una menorah, uno dei più antichi simboli dell’ebraismo, regge le sue candele. Le candele sono sei, non sette, e una di esse forse è spenta, come se nella liturgia del Tempio si fosse iniziato a estinguere le fiamme che ardono davanti al Santo dei Santi, come se i venti di tempesta che sconquassano il mondo puntassero a soffocare quei lumi ardenti.
22 Gennaio, 2025 - 21:36
Luigi Accattoli
5. Lamentazione – Quattro figure si librano senza peso sopra il Crocifisso: tre uomini e una donna, vestiti con abiti chiaramente ebraici.
L’uomo in bianco indossa filatteri e uno scialle da preghiera, mentre gli altri due si velano la testa con una kippah o con un mantello. Fluttuando tra l’oscurità e il raggio di luce che scende dall’alto, essi si coprono la faccia come davanti al grande scempio del dolore più atroce, che si consuma sulla scena del mondo e che su quella Croce è raccolto in un solo corpo. Secondo un aneddoto della tradizione ebraica, dopo la distruzione del Primo Tempio, Dio convocó Mosè e i Patriarchi a condividere il suo dolore, perché essi sapevano come piangere: qui pare di vedere questa convocazione dolorosa, cui si unisce la matriarca Rachele, che i profeti descrissero come in lutto per l’esilio e per la distruzione dei suoi figli, rifiutandosi di essere confortata – cosi dice Geremia, 31,14.
La lamentazione, peraltro, è una invocazione, una preghiera, non un rantolo senza destinatario. Ha il carattere dell’impazienza, chiedendosi fino a quando si dovrà sopportare il male del mondo
22 Gennaio, 2025 - 21:40
Luigi Accattoli
6. Esuli erranti – Dalla distruzione globale che campeggia nella Crocifissione Bianca, l’Ebreo Errante tenta di scappare, a destra, portando il suo sacco sulla schiena e seguendo quasi una scia di luce o di fumo che esce dal rotolo delle Sacre Scritture. Sotto di lui, una madre protegge il suo bambino mentre fugge, verso il fondo del dipinto. Dall’altro lato della croce, altri tre ebrei barbuti si allontanano verso il basso: quello all’angolo si asciuga le lacrime, vicino a lui un altro, con abiti strappati, indossa un cartello ora illeggibile sul petto – su cui in origine stava scritto Ich bin Jude -, il terzo, che si volta con orrore verso la sinagoga in fiamme, corre con una scarpa soltanto e stringe tra le braccia i rotoli della Torah. Una poesia yiddish di Abraham Walt, che Chagall aveva illustrato poco tempo prima di questo dipinto, narrava che il patriarca Giacobbe aveva pensato a un piano per salvare la sua discendenza fino a oggi: disperdersi in tutte le possibili direzioni, cosicché se qualcuno viene eliminato, gli altri saranno salvati. Cosi, con in spalla un sacco che è il suo mondo, l’errante si dirige verso un ipotetico altrove, nomade perenne come alle origini del popolo biblico, sperando in una terra promessa dove il male non possa più mettere radici.
22 Gennaio, 2025 - 21:43
Luigi Accattoli
7. Profughi sulla barca – Poco più in basso del villaggio travolto dalla devastazione, l’artista ha dipinto una barca ricolma di profughi che stanno cercando di attraccare su terra sicura. Una scena ancora molto attuale, nonostante siano trascorsi quasi novant’anni dal tempo di realizzazione del quadro, una scena che esprime la fuga dalle terre natie nel tentativo di salvare le proprie vite in angoli del mondo non contaminati dalla guerra e dall’ingiustizia. Ciò avviene, nella Crocifissione Bianca, nei pressi della luce che scende sul corpo di Gesù crocifisso, mentre un profugo protende verso di lui le braccia. La barca però ha un solo remo, sembra muoversi con difficoltà e incertezza: i rifugiati si sporgono dal lato dell’imbarcazione, cercano il modo per farla muovere, o alzano le mani al cielo invocando salvezza: che esito potrà avere il loro viaggio, in un mondo dove la terra santa sembra non stare sul suolo di alcuna regione geografica?
1. Pogrom -Progrom è un termine russo che significa distruzione violenta. Il termine rievoca le aggressioni contro gli Ebrei avvenute, a partire dal tumulto scoppiato a Odessa nel 1821, proseguendo con i disordini antiebraici tra ill 1881 e il 1884, in seguito all’assassinio dello zar Alessandro II, e nel tempo tra il 1918 e il 1921, durante la guerra civile che segui la Rivoluzione bolscevica. Parallelamente, dopo l’ascesa al potere del partito nazista in Germania, nel 1933, Adolf Hitler e il suo regime fecero divampare la violenza sistematica e totale nei confronti degli Ebrei, che si estese presto all’Italia con le leggi del fascismo e gli atti conseguenti.
Quando, nei primi anni Venti, Marc Chagall viveva a Mosca, il pittore si era messo ad insegnare arte in un orfanotrofio ebraico nel quale molti bambini erano giunti come profughi da villaggi dove in quel periodo si erano verificati dei pogrom, e Chagall ascoltò le loro tragedie.
Nella Crocifissione Bianca, un pogrom ha colpito un intero villaggio, sopra il quale si vede entrare in scena una folla di contadini, srotolando bandiere rosse e portando spade e attrezzi agricoli. Se sono i difensori del villaggio, è troppo tardi.
2. Vitebsk – Il 7 luglio 1887, proprie mentre nel villaggio di Vitebsk avviene un pogrom e la sinagoga viene messa a ferro e fuoco, in una piccola casetta sulla riva destra della Dvina Occidentale nasceva Marc Chagall.
La violenza antisemita porta tutta la famiglia Segal a trasferirsi più volte, spostandosi da un luogo all’altro: negli anni a venire, questo senso di erranza senza rimedio e la memoria dell’episodio che avvenne proprio nel giorno della sua nascita, portarono Chagall a dire: “lo sono nato morto”. Al tempo stesso, gli rimase incisa a fuoco nell’anima la memoria e la nostalgia del paesaggi della sua infanzia, Come scrive a proposito del suo villaggio d’origine nella sua autobiografia, «non vivo piú là, ma non ho un solo quadro che non vi si ispiri o non la rifletta», Vitebsk, quindi, é un luogo dell’anima, specchio e metafora della tormentata vita dell’artista, del suo popolo e di tutti gli esuli e i tribolati della storia.
Anche nella Crocifissione Bianca, il villaggio colpito da devastazione rievoca Vitebsk. Sopra tre disperati, le case giacciono rovesciate, sfondate, o in fiamme sulla neve. A sinistra, un uomo glace insepolto vicino alle lapidi del cimitero, sopra di lui c’è una sedia vuota, vegliata dal suo fedele caprone, che sembra aspettare un ritorno. Altri siedono all’aperto sul terreno innevato vicino al ruderi, con un violino, ma sono troppo desolati per poter suonare.
3. Cristalli – La Crocifissione Blanca è stata dipinta subito dopo un episodio storico atroce. Con l’ascesa del nazismo in Germania, la violenza era divenuta sistema, fino a culminare nel tragico momento conosciuto come la Kristallnacht, la Notte dei Cristalli, tra il 9 e il 10 novembre 1938. Le strade delle città della Germania, dell’Austria e della regione dei Sudeti in Cecoslovacchia erano un cumulo di vetri in frantumi: vetri delle case e dei negozi di proprietà ebraica distrutti, magazzini depredati, sinagoghe bruciate e saccheggiate, cimiteri ebraici profanati, persone arrestate per il solo fatto di appartenere al “popolo sbagliato”. Nella Crocifissione Bianca, sulla destra in alto Chagall raffigura una sinagoga, la cui arca della Torah va a fuoco, mentre un soldato con stivali e pantaloni larghi ne viola le porte esponendo i rotoli all’interno. Sotto il soldato, una sedia rovesciata, i resti strappati di un libro di preghiere, una menorah di Hanukkah, e la lampada che stava appesa davanti all’arca. Elementi che sembrano rievocare anche la distruzione delle sinagoghe di Monaco e Norimberga del 9 giugno e del 13 agosto 1938. È l’ora delle tenebre, un’ora che più volte, nel corso della storia, ritorna a minacciare l’umanità, con attori e vessilli differenti ma con lo stesso satanico obiettivo di morte.
4. Menorah e Tallit – Nel dipinto di Chagall, Cristo è raffigurato con un drappo sul capo, come ogni vero ebreo, specialmente durante la preghiera.
Al posto del tradizionale perizoma, qui viene coperto dallo scialle di preghiera rituale ebraico, il tallit, con due strisce scure vicino al bordo sfrangiato e le frange più lunghe agli angoli. Quei filamenti che pendono, chiamati tzitzit, rammentano agli israeliti i numerosi comandamenti che nella vita si devono osservare: da questo tallit, però, essi pendono senza nodi, poiché Gesù è già morto, ha compiuto il percorso dell’obbedienza.
Mentre in alto si legge, in caratteri rossi, le lettere I.N.R.I., subito sotto in scrittura ebraica si legge in aramaico Yeshu HaNotzri Malcha D’Yehudai.
Sotto la croce, una menorah, uno dei più antichi simboli dell’ebraismo, regge le sue candele. Le candele sono sei, non sette, e una di esse forse è spenta, come se nella liturgia del Tempio si fosse iniziato a estinguere le fiamme che ardono davanti al Santo dei Santi, come se i venti di tempesta che sconquassano il mondo puntassero a soffocare quei lumi ardenti.
5. Lamentazione – Quattro figure si librano senza peso sopra il Crocifisso: tre uomini e una donna, vestiti con abiti chiaramente ebraici.
L’uomo in bianco indossa filatteri e uno scialle da preghiera, mentre gli altri due si velano la testa con una kippah o con un mantello. Fluttuando tra l’oscurità e il raggio di luce che scende dall’alto, essi si coprono la faccia come davanti al grande scempio del dolore più atroce, che si consuma sulla scena del mondo e che su quella Croce è raccolto in un solo corpo. Secondo un aneddoto della tradizione ebraica, dopo la distruzione del Primo Tempio, Dio convocó Mosè e i Patriarchi a condividere il suo dolore, perché essi sapevano come piangere: qui pare di vedere questa convocazione dolorosa, cui si unisce la matriarca Rachele, che i profeti descrissero come in lutto per l’esilio e per la distruzione dei suoi figli, rifiutandosi di essere confortata – cosi dice Geremia, 31,14.
La lamentazione, peraltro, è una invocazione, una preghiera, non un rantolo senza destinatario. Ha il carattere dell’impazienza, chiedendosi fino a quando si dovrà sopportare il male del mondo
6. Esuli erranti – Dalla distruzione globale che campeggia nella Crocifissione Bianca, l’Ebreo Errante tenta di scappare, a destra, portando il suo sacco sulla schiena e seguendo quasi una scia di luce o di fumo che esce dal rotolo delle Sacre Scritture. Sotto di lui, una madre protegge il suo bambino mentre fugge, verso il fondo del dipinto. Dall’altro lato della croce, altri tre ebrei barbuti si allontanano verso il basso: quello all’angolo si asciuga le lacrime, vicino a lui un altro, con abiti strappati, indossa un cartello ora illeggibile sul petto – su cui in origine stava scritto Ich bin Jude -, il terzo, che si volta con orrore verso la sinagoga in fiamme, corre con una scarpa soltanto e stringe tra le braccia i rotoli della Torah. Una poesia yiddish di Abraham Walt, che Chagall aveva illustrato poco tempo prima di questo dipinto, narrava che il patriarca Giacobbe aveva pensato a un piano per salvare la sua discendenza fino a oggi: disperdersi in tutte le possibili direzioni, cosicché se qualcuno viene eliminato, gli altri saranno salvati. Cosi, con in spalla un sacco che è il suo mondo, l’errante si dirige verso un ipotetico altrove, nomade perenne come alle origini del popolo biblico, sperando in una terra promessa dove il male non possa più mettere radici.
7. Profughi sulla barca – Poco più in basso del villaggio travolto dalla devastazione, l’artista ha dipinto una barca ricolma di profughi che stanno cercando di attraccare su terra sicura. Una scena ancora molto attuale, nonostante siano trascorsi quasi novant’anni dal tempo di realizzazione del quadro, una scena che esprime la fuga dalle terre natie nel tentativo di salvare le proprie vite in angoli del mondo non contaminati dalla guerra e dall’ingiustizia. Ciò avviene, nella Crocifissione Bianca, nei pressi della luce che scende sul corpo di Gesù crocifisso, mentre un profugo protende verso di lui le braccia. La barca però ha un solo remo, sembra muoversi con difficoltà e incertezza: i rifugiati si sporgono dal lato dell’imbarcazione, cercano il modo per farla muovere, o alzano le mani al cielo invocando salvezza: che esito potrà avere il loro viaggio, in un mondo dove la terra santa sembra non stare sul suolo di alcuna regione geografica?