Suicidio e preghiera. C’è un testo capolavoro di Giuseppe Capograssi (filosofo del diritto, 1889-1956) intitolato “Suicidio e preghiera” (è del 1953, vedilo ripubblicato in Introduzione alla vita etica, Studium, Roma 1976) che avevo avuto modo di citare anche qui nel blog in riferimento alla vicenda di un amico e coetaneo, Giovanni Benzoni, morto da poco, che aveva avuto un figlio suicida a vent’anni e che a seguito di quel dramma non aveva cessato di indagare come quell’inaspettato e violento e silenzioso commiato del secondo dei figli potesse essere interrogato e inteso nel mistero di Dio. Al commento seguente metto il link all’articolo per Il Regno nel quale evocavo, in morte di Giovanni, la vicenda dei Benzoni e nel quale facevo riferimento al testo di Capograssi. A seguito del mio articolo più persone mi hanno scritto per chiedermi di approfondire quel punto del possibile rapporto tra il suicidio e la preghiera: è per tornare sul tagliente argomento che vado cerco le parole ultime di persone che si sono date la morte.
16 Settembre, 2024 - 16:28
Luigi Accattoli
Leggi qui che cosa abbiano a che fare con me il suicidio e la preghiera:
Marina Cvetaeva lasciò questo biglietto al figlio sedicenne, Georgij, detto ‘Mur’, da lei tanto amato:
“Perdonami, ma andare avanti sarebbe stato peggio. Sono molto malata, non sono più io. Capiscimi: non potevo più vivere. Di’ a papà e ad Alja – se li vedrai – che li ho amati fino all’ultimo momento, e spiega loro che ero finita in un vicolo cieco. La mamma”.
Ti dò il link al piccolo libro che raccoglie questo messaggio, insieme a parte dei diari di questo figlio così amato eppure concentrato solo su se stesso e testimone così indifferente, per anni, di fronte a tanto dolore. Una lettura agghiacciante è stata, quella di questi diari, per me
Eppure lei, Marina, prima di uccidersi ha scritto anche queste altre sue ultime parole, per gli amici, con la preghiera che si prendessero cura del figlio: «I piroscafi sono terribili, vi prego di non farlo partire da solo Per lui non posso fare più nulla. Solo portarlo alla rovina».
Ho esitato a lungo prima di accennare a queste cose, che mi fanno star male, e che sono, per di più, “fuori tema”, fuori dal tuo tema che è “suicidio e preghiera” Le ho aggiunte, ora, solo perché, insieme alle altre vicende tragiche di tutta una vita (nell’epoca terrbile in cui Marina si è trovata a vivere) “spiegano” benissimo, secondo me, quella frase di lei (“esistono solo omicidi, nessuno si è mai suicidato”) che ti avevo trascritto nel primo di questi tre commenti.
Fiorenza Bettini
24 Settembre, 2024 - 0:34
fiorenza
Così, mentre mi chiedevo di come seguirti nella tua ricerca delle “ultime parole di persone che si sono tolte la vita”, mi era venuto in mente, come ho detto, l’ultimo messaggio che Marina Cvetaeva aveva lasciato al figlio.
Inevitabilmente, però, poi ho ripreso a leggere tutto quello che mi tornava in mente di lei, che mi è cara da decenni. E, infine, ogni riga che lei ha scritto, ogni suo verso, anche i primissimi, a me è parso che potrebbero essere letti, “tutti”, come “biglietti di addio”, ” testi di una suicida”.
(Inevitabilmente, mi sono chiesta poi se questo ptrebbe esser detto di ogni grande poeta, anche di quelli che non si sono suicidati e, infine, mi sono risposta di sì).
” «…Parigi non c’entra, l’emigrazione non c’entra – sarebbe stato lo stesso anche a Mosca e durante la Rivoluzione. Nessuno ha bisogno di me: il mio fuoco non serve a nessuno perché non ci si può cuocere la kaša».
Così leggiamo in una pagina dei Taccuini del 1932. Qui c’è già tutta Marina Cvetaeva (…) con la sua condizione di «mancamento e vòto» esistenziale, per dirla con Leopardi, da cui per anni sarebbe sgorgata la sua grande poesia, ma che l’avrebbe anche condotta, il 31 agosto 1941, al gesto estremo del suicidio.”
Così dice Giovanna Parravicini, in questo articolo che ti segnalo: come l’ultima parola che ho da donarti su Marina, prima di passare (forse) ad altripoeti
Aggiungo soltanto questo (scusandomi per i miei troppi interventi): su Giovanni Benzoni , “credente lieto della fede”, dico che non lo conoscevo e che sono contenta di averlo conosciuto ora.
Bellissimo il suo non aver “mai cessato di indagare come quell’inaspettato e violento e silenzioso commiato del secondo dei figli potesse essere interrogato e inteso nel mistero di Dio”: in rasserenante contrasto con le mani della scultura di Rodin interpretate come “mani della solitudine e della disperazione “. Perché purtroppo, sì, è questo che vediamo, sempre più spesso, quando ci guardiamo intorno: “solitudine e disperazione”, morte. Mani che aggrediscono l’altro, gli altri. Mani “che uno può usare anche contro se stesso”: “l’anima feroce”, direbbe Dante.
Fiorenza Bettini
Suicidio e preghiera. C’è un testo capolavoro di Giuseppe Capograssi (filosofo del diritto, 1889-1956) intitolato “Suicidio e preghiera” (è del 1953, vedilo ripubblicato in Introduzione alla vita etica, Studium, Roma 1976) che avevo avuto modo di citare anche qui nel blog in riferimento alla vicenda di un amico e coetaneo, Giovanni Benzoni, morto da poco, che aveva avuto un figlio suicida a vent’anni e che a seguito di quel dramma non aveva cessato di indagare come quell’inaspettato e violento e silenzioso commiato del secondo dei figli potesse essere interrogato e inteso nel mistero di Dio. Al commento seguente metto il link all’articolo per Il Regno nel quale evocavo, in morte di Giovanni, la vicenda dei Benzoni e nel quale facevo riferimento al testo di Capograssi. A seguito del mio articolo più persone mi hanno scritto per chiedermi di approfondire quel punto del possibile rapporto tra il suicidio e la preghiera: è per tornare sul tagliente argomento che vado cerco le parole ultime di persone che si sono date la morte.
Leggi qui che cosa abbiano a che fare con me il suicidio e la preghiera:
https://www.luigiaccattoli.it/blog/il-mio-ricordo-di-giovanni-benzoni-un-credente-operoso-e-lieto-della-fede/
Parole di Marina Cvetaeva:
“Sappiate che esistono solo omicidi/Al mondo nessuno si è mai suicidato”.
https://www.liberolibro.it/marina-cvetaeva-grande-poetessa-e-donna-contro/
Fiorenza Bettini
Marina Cvetaeva lasciò questo biglietto al figlio sedicenne, Georgij, detto ‘Mur’, da lei tanto amato:
“Perdonami, ma andare avanti sarebbe stato peggio. Sono molto malata, non sono più io. Capiscimi: non potevo più vivere. Di’ a papà e ad Alja – se li vedrai – che li ho amati fino all’ultimo momento, e spiega loro che ero finita in un vicolo cieco. La mamma”.
Ti dò il link al piccolo libro che raccoglie questo messaggio, insieme a parte dei diari di questo figlio così amato eppure concentrato solo su se stesso e testimone così indifferente, per anni, di fronte a tanto dolore. Una lettura agghiacciante è stata, quella di questi diari, per me
https://www.pangea.news/prodotto/grida-dai-tetti-il-suo-amore-per-me-cvetaeva-efron/
Fiorenza Bettini
Eppure lei, Marina, prima di uccidersi ha scritto anche queste altre sue ultime parole, per gli amici, con la preghiera che si prendessero cura del figlio: «I piroscafi sono terribili, vi prego di non farlo partire da solo Per lui non posso fare più nulla. Solo portarlo alla rovina».
https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/vita-morte-e-destino-marina-cvetaeva-poetessa-che-fu-2052881.html
Ho esitato a lungo prima di accennare a queste cose, che mi fanno star male, e che sono, per di più, “fuori tema”, fuori dal tuo tema che è “suicidio e preghiera” Le ho aggiunte, ora, solo perché, insieme alle altre vicende tragiche di tutta una vita (nell’epoca terrbile in cui Marina si è trovata a vivere) “spiegano” benissimo, secondo me, quella frase di lei (“esistono solo omicidi, nessuno si è mai suicidato”) che ti avevo trascritto nel primo di questi tre commenti.
Fiorenza Bettini
Così, mentre mi chiedevo di come seguirti nella tua ricerca delle “ultime parole di persone che si sono tolte la vita”, mi era venuto in mente, come ho detto, l’ultimo messaggio che Marina Cvetaeva aveva lasciato al figlio.
Inevitabilmente, però, poi ho ripreso a leggere tutto quello che mi tornava in mente di lei, che mi è cara da decenni. E, infine, ogni riga che lei ha scritto, ogni suo verso, anche i primissimi, a me è parso che potrebbero essere letti, “tutti”, come “biglietti di addio”, ” testi di una suicida”.
(Inevitabilmente, mi sono chiesta poi se questo ptrebbe esser detto di ogni grande poeta, anche di quelli che non si sono suicidati e, infine, mi sono risposta di sì).
” «…Parigi non c’entra, l’emigrazione non c’entra – sarebbe stato lo stesso anche a Mosca e durante la Rivoluzione. Nessuno ha bisogno di me: il mio fuoco non serve a nessuno perché non ci si può cuocere la kaša».
Così leggiamo in una pagina dei Taccuini del 1932. Qui c’è già tutta Marina Cvetaeva (…) con la sua condizione di «mancamento e vòto» esistenziale, per dirla con Leopardi, da cui per anni sarebbe sgorgata la sua grande poesia, ma che l’avrebbe anche condotta, il 31 agosto 1941, al gesto estremo del suicidio.”
Così dice Giovanna Parravicini, in questo articolo che ti segnalo: come l’ultima parola che ho da donarti su Marina, prima di passare (forse) ad altripoeti
https://it.clonline.org/news/cultura/2024/09/19/marina-cvetaeva-tracce
Fiorenza Bettini
Aggiungo soltanto questo (scusandomi per i miei troppi interventi): su Giovanni Benzoni , “credente lieto della fede”, dico che non lo conoscevo e che sono contenta di averlo conosciuto ora.
Bellissimo il suo non aver “mai cessato di indagare come quell’inaspettato e violento e silenzioso commiato del secondo dei figli potesse essere interrogato e inteso nel mistero di Dio”: in rasserenante contrasto con le mani della scultura di Rodin interpretate come “mani della solitudine e della disperazione “. Perché purtroppo, sì, è questo che vediamo, sempre più spesso, quando ci guardiamo intorno: “solitudine e disperazione”, morte. Mani che aggrediscono l’altro, gli altri. Mani “che uno può usare anche contro se stesso”: “l’anima feroce”, direbbe Dante.
Fiorenza Bettini