Se Cranach il Vecchio dipinge Lutero che passa il calice a Cranach il giovane

Lucas Cranach il Vecchio dipinse questa tavola con l’Ultima Cena nel 1547 dando ai Dodici le sembianze dei principali protagonisti della Riforma. Sulla destra ritrae Lutero che passa il calice a un laico, identificato come Cranach il giovane, figlio del pittore: vi sarebbe affermata la dottrina luterana sulla necessità di riconoscere il diritto dei non chierici alla comunione sotto le due specie. Con questa immagine introduco la registrazione audio della lectio di Pizza e Vangelo che abbiamo fatto lunedì 17, ultima dell’anno sociale: riprenderemo nella seconda metà di settembre. Qui sotto il link alla registrazione, nel primo commento un testo di Ratzinger Benedetto sulle parole centrali dell’Ultima Cena

3 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Parole che strappano il mondo dalla sua insopportabile noia. Andiamo ora alle parole dell’ultima cena, così come ci sono raccontate nei primi tre Vangeli, e chiediamoci che cosa veniamo a sapere da esse. Troviamo, in primo luogo, queste due espressioni impenetrabili, che adesso, e per sempre, stanno al centro della Chiesa, al centro della celebrazione eucaristica, le parole di cui noi viviamo, poiché sono la presenza del Dio vivente, la presenza di Gesù in mezzo a noi; sono le parole che strappano il mondo dalla sua in- sopportabile noia, indifferenza, pesantezza, malvagità. «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue»: sono espressione del linguaggio sacrificale di Israele, con cui venivano indicate le offerte presentate a Dio nel tempio. Facendo sue queste parole, Gesù definisce se stesso come il vero e definitivo sacrificio, in cui giungono a compimento tutti i vani tentativi dell’Antico Testamento. In lui viene accolto ciò che in essi sempre era sempre stato desiderato e mai era stato rag- giunto. Dio non vuole sacrifici di animali. A lui tutto appartiene. E non vuole sacrifici umani, poiché ha fatto l’uomo per la vita. Dio vuole qualcosa di più grande: vuole l’amore che cambia l’uomo e in cui l’uomo diventa capace di Dio, si affida completamente a Dio.

    Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Il Dio vicino. L’Eucarestia cuore della vita cristiana, San Paolo 2005 (prima edizione 2003), p. 28

    20 Giugno, 2024 - 22:13
  2. Riguardo le parole di benedizione abbiamo una testimonianza antichissima, davvero dai primordi della chiesa nella Didaché, tra I e II secolo:
    sul calice “Ti ringraziamo, Padre nostro, per la santa vite di Davide tuo servo, che ci hai fatto conoscere per mezzo di Gesù tuo servo, a Te sia la gloria per sempre…”
    sul pane “Ti ringraziamo, Padre nostro, per la vita e la saggezza che ci hai fatto conoscere per mezzo di Gesù tuo Servo, a Te sia la gloria per sempre. Come questo pane spezzato fu sparso sui monti e fu raccolto e divenne uno, così la tua Chiesa si raccolga dalle estremità della terra nel tuo regno, poiché tua è la gloria e la potenza in eterno per mezzo di Gesù Cristo.”

    21 Giugno, 2024 - 19:24
  3. Sugli infiniti valori simboleggiati nella cena, il Signore che si fa cuoco e cameriere e ci dà l’esempio, ho scritto qualche parola l’anno scorso.
    https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/beati-gli-invitati/
    Avevo tralasciato l’ultimo aspetto: il Signore che si fa commensale, come dice l’Apocalisse 3,21:
    “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. “

    21 Giugno, 2024 - 19:29

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