Il cagnetto semiaffondato di Goya e il perchè delle cose di Giacomo Leopardi
7 Comments
Luigi Accattoli
Il perchè delle cose
di Giacomo Leopardi
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l’ardore, e che procacci
Il verno co’ suoi ghiacci.
Frammento della quarta strofa del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (1830)
6 Gennaio, 2024 - 10:27
fiorenza
Certo, “un rimando a Leopardi, contemporaneo di Goya”, si può anche fare, tutto è possibile fare, e dunque anche questo. Resta il fatto, però, che un equivalente delle “Pitture nere” in Leopardi non c’è, grazie a Dio. Passi per il cagnetto semiaffondato o morente ma, per il resto, no: proprio no, grazie no.
Non so perché ci hai fatto questo scherzo. E proprio nel giorno dell’Epifania. Come quando, in tempi lontani (ai miei tempi, quando ero piccola), c’era il rischio di scoprire, appena svegli, che sotto la cappa del camino, mescolato a tanti bei doni, la Befana aveva messo nella calza anche il carbone. Era dolce, si poteva anche mangiare, ma sempre carbone era, era nero, voleva dire che ero stata cattiva, e io ci rimanevo malissimo.
Fiorenza Bettini
6 Gennaio, 2024 - 19:08
Luigi Accattoli
Fiorenza grazie della tua reazione respingente. Non provo neanche a contraddirla. Ma solo a spiegare come mai io avverta in Leopardi qualcosa di imparentato con le “Pitture nere” di Goya. E lo faccio con alcune citazioni dallo Zibaldone e dai Pensieri, segnalando un’altra delle Pitture nere che forse è più esplicitamente leopardiana: “Saturno che divora i suoi figli”, che metterò nel commento che segue. Qui alcuni aforismi del mio conterraneo Giacomo.
“Il genere umano si divide in due parti: gli uni usano prepotenza, e gli altri la soffrono”. “In questa specie di lotta di ciascuno contro tutti, consiste la vita sociale”. “L’uomo è quasi sempre tanto malvagio quanto gli bisogna”. “Questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale”. Si può aggiungere l’intera Ginestra, per la quale segnalo lo sguardo del villanello alla “vetta fatal” che a me pare identico a quello del cagnetto che sta affogando.
7 Gennaio, 2024 - 21:11
Luigi Accattoli
Saturno che divora i suoi figli: Francisco Goya 1821-1823
7 Gennaio, 2024 - 21:21
fiorenza
Leopardi l’ha vissuta, la tenebra. Fino in fondo. Ma questa in lui non ha generato mai il nero o i “mostri”. In lui, nel miracolo del suo linguaggio, “la notte è chiara come il giorno”. Perché? Perché così è: così e stato scritto e, quindi, così è ora e sempre, nei secoli dei secoli, Amen.
Il tuo conterraneo Leopardi lo sa. Lo sapeva anche quando ancora, a quanto ne sappiamo, non pregava. La sua parola, anche la più amara, la più cupa, la più desolata, è, sempre, “illuminatio”: la parola purissima di chi compiutamente ha patito. Notte dov’è la tua vittoria?
La parola del poeta è parola redenta. Carbone diventato diamante. Poesia di luce, così come si dice che quella di Piero della Francesca è “pittura di luce”. Eppure ne ha dipinte, anche lui, di cose terrificanti: a Messa, in San Francesco ad Arezzo, inevitabilmente lo sguardo va alle scene terribili di battaglia, di guerra, di sgozzamenti, di teste che rotolano sotto le zampe dei cavalli, nelle Storie della Vera Croce affrescate dietro l’altare. E possiamo contemplare tutto questo dal luogo di una pace senza ombre: lo stesso “luogo” da cui lui ha guardato e mostrato in figure il mistero del male nel mondo senza trascurare la piccola polla d’acqua chiara che sgorga nel campo in cui avanza la gente armata, una minuscola sorgente a cui lui dà i suoi colori più teneri. E nemmeno i suoi notturni sono soltanto notte. Se c’è un pittore che abbia un’affinità d’anima con Leopardi, questo è Piero, per me. Non certo Goya.
“… et nox illuminatio mea in deliciis meis”. Chi conosce, ormai, soltanto la Resurrezione, qualsiasi orrore canti o dipinga, finisce per cantare un Exultet.
Può fare le diagnosi del male più disincantate, più lucide (e illuminanti) e in esse può andare, senza esserne travolto, più a fondo di chi conosce soprattutto, o soltanto, il male e ne è stato travolto eccome: come il grande, grandissimo, povero disgraziatissimo Goya.
Confesso che, in fondo in fondo, penso che la tua sia stata in buona parte una provocazione e che tu non sia affatto in disaccordo con quello che ho scritto ieri e su cui sono tornata anche stanotte. Lo penso davvero. Ma chissà…
Fiorenza Bettini
8 Gennaio, 2024 - 2:42
Luigi Accattoli
Il rimando a Leopardi era indubbiamente una provocazione e sono contento che tu l’abbia colta. Grazie come sempre.
8 Gennaio, 2024 - 14:23
fiorenza
Mi sono ricordata che in passato qui nel “pianerottolo” si era parlato tante volte di Giacomo Leopardi, di Monaldo anche, e della Biblioteca di casa Leopardi a Recanati, eccetera… E sono andata indietro a ricercare queste conversazioni. Guarda caso, l’8 Agosto 2023 è stato un post con il titolo ” Sono di Recanati amo Leopardi e amo la ginestra….” a riportarmi qui.
Il perchè delle cose
di Giacomo Leopardi
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l’ardore, e che procacci
Il verno co’ suoi ghiacci.
Frammento della quarta strofa del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (1830)
Certo, “un rimando a Leopardi, contemporaneo di Goya”, si può anche fare, tutto è possibile fare, e dunque anche questo. Resta il fatto, però, che un equivalente delle “Pitture nere” in Leopardi non c’è, grazie a Dio. Passi per il cagnetto semiaffondato o morente ma, per il resto, no: proprio no, grazie no.
Non so perché ci hai fatto questo scherzo. E proprio nel giorno dell’Epifania. Come quando, in tempi lontani (ai miei tempi, quando ero piccola), c’era il rischio di scoprire, appena svegli, che sotto la cappa del camino, mescolato a tanti bei doni, la Befana aveva messo nella calza anche il carbone. Era dolce, si poteva anche mangiare, ma sempre carbone era, era nero, voleva dire che ero stata cattiva, e io ci rimanevo malissimo.
Fiorenza Bettini
Fiorenza grazie della tua reazione respingente. Non provo neanche a contraddirla. Ma solo a spiegare come mai io avverta in Leopardi qualcosa di imparentato con le “Pitture nere” di Goya. E lo faccio con alcune citazioni dallo Zibaldone e dai Pensieri, segnalando un’altra delle Pitture nere che forse è più esplicitamente leopardiana: “Saturno che divora i suoi figli”, che metterò nel commento che segue. Qui alcuni aforismi del mio conterraneo Giacomo.
“Il genere umano si divide in due parti: gli uni usano prepotenza, e gli altri la soffrono”. “In questa specie di lotta di ciascuno contro tutti, consiste la vita sociale”. “L’uomo è quasi sempre tanto malvagio quanto gli bisogna”. “Questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale”. Si può aggiungere l’intera Ginestra, per la quale segnalo lo sguardo del villanello alla “vetta fatal” che a me pare identico a quello del cagnetto che sta affogando.
Saturno che divora i suoi figli: Francisco Goya 1821-1823
Leopardi l’ha vissuta, la tenebra. Fino in fondo. Ma questa in lui non ha generato mai il nero o i “mostri”. In lui, nel miracolo del suo linguaggio, “la notte è chiara come il giorno”. Perché? Perché così è: così e stato scritto e, quindi, così è ora e sempre, nei secoli dei secoli, Amen.
Il tuo conterraneo Leopardi lo sa. Lo sapeva anche quando ancora, a quanto ne sappiamo, non pregava. La sua parola, anche la più amara, la più cupa, la più desolata, è, sempre, “illuminatio”: la parola purissima di chi compiutamente ha patito. Notte dov’è la tua vittoria?
La parola del poeta è parola redenta. Carbone diventato diamante. Poesia di luce, così come si dice che quella di Piero della Francesca è “pittura di luce”. Eppure ne ha dipinte, anche lui, di cose terrificanti: a Messa, in San Francesco ad Arezzo, inevitabilmente lo sguardo va alle scene terribili di battaglia, di guerra, di sgozzamenti, di teste che rotolano sotto le zampe dei cavalli, nelle Storie della Vera Croce affrescate dietro l’altare. E possiamo contemplare tutto questo dal luogo di una pace senza ombre: lo stesso “luogo” da cui lui ha guardato e mostrato in figure il mistero del male nel mondo senza trascurare la piccola polla d’acqua chiara che sgorga nel campo in cui avanza la gente armata, una minuscola sorgente a cui lui dà i suoi colori più teneri. E nemmeno i suoi notturni sono soltanto notte. Se c’è un pittore che abbia un’affinità d’anima con Leopardi, questo è Piero, per me. Non certo Goya.
“… et nox illuminatio mea in deliciis meis”. Chi conosce, ormai, soltanto la Resurrezione, qualsiasi orrore canti o dipinga, finisce per cantare un Exultet.
Può fare le diagnosi del male più disincantate, più lucide (e illuminanti) e in esse può andare, senza esserne travolto, più a fondo di chi conosce soprattutto, o soltanto, il male e ne è stato travolto eccome: come il grande, grandissimo, povero disgraziatissimo Goya.
Confesso che, in fondo in fondo, penso che la tua sia stata in buona parte una provocazione e che tu non sia affatto in disaccordo con quello che ho scritto ieri e su cui sono tornata anche stanotte. Lo penso davvero. Ma chissà…
Fiorenza Bettini
Il rimando a Leopardi era indubbiamente una provocazione e sono contento che tu l’abbia colta. Grazie come sempre.
Mi sono ricordata che in passato qui nel “pianerottolo” si era parlato tante volte di Giacomo Leopardi, di Monaldo anche, e della Biblioteca di casa Leopardi a Recanati, eccetera… E sono andata indietro a ricercare queste conversazioni. Guarda caso, l’8 Agosto 2023 è stato un post con il titolo ” Sono di Recanati amo Leopardi e amo la ginestra….” a riportarmi qui.
Fiorenza Bettini