“Per chisto iorno / rinato novamente”: un olio e una lauda di Pio Cerocchi
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Luigi Accattoli
Piccola lauda
di Pio Cerocchi
Mattino di nebbie
sul sonno del mondo
ma dietro grigie mura
inattesa nell’aria
io sento una preghiera:
”Laudato sii mi Signore
per chisto iorno
rinato novamente
da la nocte obscura”
Da Lontananze. Poesie e visioni, Roma 2023 [stampato in proprio come tutte le raccolte di poesie del mio amico]
23 Novembre, 2023 - 17:22
Luigi Accattoli
Ho chiesto a Pio Cerocchi – romano impunito – come mai in questa lauda avesse sconfinato nel dialetto napoletano e mi ha risposto che non di napoletano si tratta ma di “romanesco tardomedievale”, quello “che si legge nella ‘Cronaca’ di Anonimo Romano della seconda metà del XIV secolo, poi – a poco più di un secolo (1469) – nelle memorie della vita e delle visioni di Santa Francesca Romana scritte dal suo ultimo confessore (“prete spirituale”) e parroco di Santa Maria in Trastevere, Giovanni Mattiotti e, infine, nel Diario della Città di Roma, opera di Stefano Infessura, sempre nella seconda metà del XV secolo. Naturalmente non ho mai avuto la pretesa di uno studio serio di questa materia, ma – questo sì – il gusto delle assonanze di un idioma tanto diverso dal romanesco belliano che poi è quello che ho conosciuto e che in parte è parlato ancora oggi. Il dialetto romano tanto (e giustamente) malconsiderato da Dante nel De Vulgari Eloquentia (il “peggiore” dei dialetti italiani) e stato per secoli simile al napoletano, sino all’arrivo a Roma e in Curia e sul soglio pontificio dei Medici e prima dei senesi Chigi. La parlata romanesca perse così tante espressioni simili al napoletano e divenne almeno nel lessico ordinario più simile al torcano e comunque all’italiano medio, tanto che a Roma si dice “lingua toscana in bocca romana”. Ma tornando alla mia piccola poesia, il rimando al romanesco antico deriva per coerenza dalla citazione duecentesca del Cantico di San Francesco”.
23 Novembre, 2023 - 17:23
Luigi Accattoli
Delle sei raccolte di poesie pubblicate da Pio Cerocchi ho letto solo quest’ultima, intitolata Lontananze. In essa trovi anche 25 foto di oli e pastelli dello stresso autore: tutti senza titolo e “disposti nel libro senza riferimento ai testi”. Nell’insieme le “immagini” – come le chiama il mio amico – mi hanno parlato più dei versi, ma quelli della “Piccola lauda” sono davvero belli. La preghiera inattesa è sua, del poeta stesso, scampato a un infarto e appena uscito dalla terapia intensiva. Ed è in lingua antica, quella preghiera, perché ama raccordarsi ai padri. Anzi: si può azzardare che il poeta la sente nell’aria, quasi non fosse sua, proprio perché dai padri la riceve. L’ha ricevuta e a essa si è unito.
23 Novembre, 2023 - 17:23
Luigi Accattoli
Copertine delle sei raccolte di poesie di Pio Cerocchi. Altre poesie e altre immagini si possono trovare nel profilo Facebook di Pio affollato di versi, di vedute della campagna romana, di amici.
Piccola lauda
di Pio Cerocchi
Mattino di nebbie
sul sonno del mondo
ma dietro grigie mura
inattesa nell’aria
io sento una preghiera:
”Laudato sii mi Signore
per chisto iorno
rinato novamente
da la nocte obscura”
Da Lontananze. Poesie e visioni, Roma 2023 [stampato in proprio come tutte le raccolte di poesie del mio amico]
Ho chiesto a Pio Cerocchi – romano impunito – come mai in questa lauda avesse sconfinato nel dialetto napoletano e mi ha risposto che non di napoletano si tratta ma di “romanesco tardomedievale”, quello “che si legge nella ‘Cronaca’ di Anonimo Romano della seconda metà del XIV secolo, poi – a poco più di un secolo (1469) – nelle memorie della vita e delle visioni di Santa Francesca Romana scritte dal suo ultimo confessore (“prete spirituale”) e parroco di Santa Maria in Trastevere, Giovanni Mattiotti e, infine, nel Diario della Città di Roma, opera di Stefano Infessura, sempre nella seconda metà del XV secolo. Naturalmente non ho mai avuto la pretesa di uno studio serio di questa materia, ma – questo sì – il gusto delle assonanze di un idioma tanto diverso dal romanesco belliano che poi è quello che ho conosciuto e che in parte è parlato ancora oggi. Il dialetto romano tanto (e giustamente) malconsiderato da Dante nel De Vulgari Eloquentia (il “peggiore” dei dialetti italiani) e stato per secoli simile al napoletano, sino all’arrivo a Roma e in Curia e sul soglio pontificio dei Medici e prima dei senesi Chigi. La parlata romanesca perse così tante espressioni simili al napoletano e divenne almeno nel lessico ordinario più simile al torcano e comunque all’italiano medio, tanto che a Roma si dice “lingua toscana in bocca romana”. Ma tornando alla mia piccola poesia, il rimando al romanesco antico deriva per coerenza dalla citazione duecentesca del Cantico di San Francesco”.
Delle sei raccolte di poesie pubblicate da Pio Cerocchi ho letto solo quest’ultima, intitolata Lontananze. In essa trovi anche 25 foto di oli e pastelli dello stresso autore: tutti senza titolo e “disposti nel libro senza riferimento ai testi”. Nell’insieme le “immagini” – come le chiama il mio amico – mi hanno parlato più dei versi, ma quelli della “Piccola lauda” sono davvero belli. La preghiera inattesa è sua, del poeta stesso, scampato a un infarto e appena uscito dalla terapia intensiva. Ed è in lingua antica, quella preghiera, perché ama raccordarsi ai padri. Anzi: si può azzardare che il poeta la sente nell’aria, quasi non fosse sua, proprio perché dai padri la riceve. L’ha ricevuta e a essa si è unito.
Copertine delle sei raccolte di poesie di Pio Cerocchi. Altre poesie e altre immagini si possono trovare nel profilo Facebook di Pio affollato di versi, di vedute della campagna romana, di amici.