Francesco: i talenti non sono le capacità personali ma i beni che il Signore ci ha lasciato

“La parabola ci dice che ciascuno di noi, secondo le proprie capacità e possibilità, ha ricevuto i ‘talenti’. Attenzione: non lasciamoci ingannare dal linguaggio comune: qui non si tratta delle capacità personali, ma dei beni del Signore, di ciò che Cristo ci ha lasciato tornando al Padre. Con essi Egli ci ha donato il suo Spirito, nel quale siamo diventati figli di Dio e grazie al quale possiamo spendere la vita testimoniando il Vangelo ed edificando il Regno di Dio. Il grande ‘capitale’ che ci è stato messo nelle mani è l’amore del Signore, fondamento della nostra vita e forza del nostro cammino”: così ha parlato ieri il Papa nell’omelia per la Giornata mondiale del povero. Mi è parsa nuova – nuova per me tapino – la lettura dei talenti come “beni” a noi affidati dal Signore e provo a onorarla riportando due brani dell’omelia che mi pare la chiariscano

3 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Il viaggio di Gesù. All’inizio della parabola, Egli parla di «un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni» (v. 14). Questo “viaggio” fa pensare al mistero stesso di Cristo, Dio fatto uomo, alla sua risurrezione e ascensione al Cielo. Egli, infatti, che è disceso dal seno del Padre per venire incontro all’umanità, morendo ha distrutto la morte e, risorgendo, è ritornato al Padre. Concludendo la sua vicenda terrena, Gesù compie perciò il suo “viaggio di ritorno” presso il Padre. Ma, prima di partire, ci ha consegnato i suoi beni, un vero e proprio “capitale”: ci ha lasciato sé stesso nell’Eucaristia, la sua Parola di vita, la sua santa Madre come nostra Madre, e ha distribuito i doni dello Spirito Santo perché noi possiamo continuare la sua opera nel mondo. Questi “talenti” sono elargiti – specifica il Vangelo – «secondo le capacità di ciascuno» (v. 15) e quindi per una missione personale che il Signore ci affida nella vita quotidiana, nella società e nella Chiesa. Lo afferma anche l’apostolo Paolo: a ciascuno di noi «è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini» (Ef 4,7-8).

    20 Novembre, 2023 - 12:13
  2. Luigi Accattoli

    Il nostro viaggio della vita. Ecco, fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale dei Poveri la parabola dei talenti è un monito per verificare con quale spirito stiamo affrontando il viaggio della vita. Abbiamo ricevuto dal Signore il dono del suo amore e siamo chiamati a diventare dono per gli altri. L’amore con cui Gesù si è preso cura di noi, l’olio della misericordia e della compassione con cui ha curato le nostre ferite, la fiamma dello Spirito con cui ha aperto i nostri cuori alla gioia e alla speranza, sono beni che non possiamo tenere soltanto per noi, amministrare per conto nostro o nascondere sottoterra […]. Se non mettiamo in circolo i talenti ricevuti, l’esistenza finisce sottoterra, cioè è come se fossimo già morti (cfr vv. 25.30). Fratelli e sorelle, quanti cristiani sotterrati!
    Pensiamo allora alle tante povertà materiali, alle povertà culturali, alle povertà spirituali del nostro mondo; pensiamo alle esistenze ferite che abitano le nostre città, ai poveri diventati invisibili, il cui grido di dolore viene soffocato dall’indifferenza generale di una società indaffarata e distratta… Pensiamo a quanti sono oppressi, affaticati, emarginati, alle vittime delle guerre e a coloro che lasciano la loro terra rischiando la vita; a coloro che sono senza pane, senza lavoro e senza speranza […]. E pensando a questa immensa moltitudine di poveri, il messaggio del Vangelo è chiaro: non sotterriamo i beni del Signore! Mettiamo in circolo la carità, condividiamo il nostro pane, moltiplichiamo l’amore! La povertà è uno scandalo. Quando il Signore tornerà ce ne chiederà conto e – come scrive sant’Ambrogio – ci dirà: «Perché avete tollerato che tanti poveri morissero di fame, quando possedevate oro con il quale procurarvi cibo da dare a loro? Perché tanti schiavi sono stati venduti e maltrattati dai nemici, senza che nessuno si sia dato da fare per riscattarli?» (I doveri dei ministri: PL 16,148-149).
    Preghiamo perché ciascuno di noi, secondo il dono ricevuto e la missione che gli è stata affidata, si impegni a “far fruttare la carità” e ad essere vicino a qualche povero. Preghiamo perché anche noi, al termine del nostro viaggio, dopo aver accolto Cristo in questi fratelli e sorelle, nei quali Lui stesso si è identificato (cfr Mt 25,40), possiamo sentirci dire: «Bene, servo buono e fedele […] prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25,21)
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    20 Novembre, 2023 - 12:22
  3. Luigi Accattoli

    Già Jeremias e Benedetto. Vedo che già Papa Benedetto e prima ancora Jeremias, il più autorevole tra gli studiosi delle parabole di Gesù, avevano svolto la stessa interpretazione proposta da Francesco: “Gli ascoltatori di Gesù dovevano vedere nei servi soprattutto i capi religiosi, specialmente i dottori della legge. Siccome Gesù anche in Luca 11,52 li accusa di impedire ai loro correligionari la partecipazione al dono di Dio, si fa strada l’ipotesi secondo la quale Gesù avrebbe originariamente rivolto ai dottori della legge la parabola dei talenti. Qualcosa di grande è loro affidato: la parola di Dio. Ma, come i servitori della parabola, essi dovranno ben presto rendere conto di come hanno impiegato il bene loro affidato: se ne hanno usato secondo la volontà di Dio, oppure se – come il terzo servo -, sviati dal loro egoismo e dallo sconsiderato disprezzo del dono di Dio, hanno privato della sua efficacia la parola di Dio” (Joachim Jeremias, Le Parabole di Gesù, Paideia 1973, p. 73).
    Benedetto XVI Angelus del 16 novembre 2008: L’uomo della parabola rappresenta Cristo stesso, i servi sono i discepoli e i talenti sono i doni che Gesù affida loro. Perciò tali doni, oltre alle qualità naturali, rappresentano le ricchezze che il Signore Gesù ci ha lasciato in eredità, perché le facciamo fruttificare: la sua Parola, depositata nel santo Vangelo; il Battesimo, che ci rinnova nello Spirito Santo; la preghiera – il “Padre nostro” – che eleviamo a Dio come figli uniti nel Figlio; il suo perdono, che ha comandato di portare a tutti; il sacramento del suo Corpo immolato e del suo Sangue versato. In una parola: il Regno di Dio, che è Lui stesso, presente e vivo in mezzo a noi.

    20 Novembre, 2023 - 13:14

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