Quando il cammello don Milani passò per la cruna dell’ago
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Luigi Accattoli
Don Milani morente ebbe la santa improntitudine di applicare a se stesso l’iperbole di Gesù sul cammello e sulla cruna. Così racconta le sue parole il “ragazzo di Barbiana” che l’assisteva, Michele Gesualdi, nel volume Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana (San Paolo 2016):
L’ultimo giorno della sua vita [26 giugno 1967: aveva 44 anni] arrivai da lui la mattina molto presto, verso le 5. Era un venerdì e più tardi dovevo andare all’ospedale a prendergli una bombola di ossigeno. I due ragazzi che lo avevano assistito fino a quell’ora andarono a dormire. Rimanemmo soli, aveva le labbra secche e con una garza bagnata gliele inumidii e mi misi a sedere sul bordo del letto. Respirava a fatica, ma non sembrava stesse peggio del giorno prima. Dalla finestra socchiusa si sentivano i rumori di Firenze che si stava svegliando e iniziava una nuova giornata. Lui mi guardò in silenzio per qualche secondo e poi mi disse: «Michele caro, ho poche ore di vita». «Ma cosa stai dicendo», gli risposi, «sono sette anni che ogni tanto dici che muori e sei costì ancora vivo e vuoi morire proprio ora?». Rispose: «Io sapevo che sarei morto di una emorragia interna, mi è arrivata». Sbottonò la camicia del pigiama e mi mostrò il petto. Era tutto nero di sangue, con un grande ematoma. A quella vista, tutti e due rimanemmo in un silenzio di tomba, e i secondi sembravano ore. Poi riaprì bocca e disse: «Ti rendi conto, caro, cosa sta avvenendo in questa stanza?». Gli risposi a stento e con tono sofferente: «Te che stai morendo». Continuò: «Povero caro, non capisci nulla». Ebbi un momento di ribellione interiore, però stetti zitto. Passarono altri lunghissimi secondi di silenzio, poi riprese lentamente: «In questa stanza c’è un cammello che passa dalla cruna dell’ago. Non lo raccontare a nessuno».
11 Maggio, 2023 - 17:16
Luigi Accattoli
Franciscus dixit. Sulle ricchezze Gesù usa un’espressione forte: «Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio». Le ricchezze, ha detto il Papa, «sono come il serpente nel paradiso terrestre, incantano, ingannano, ci fanno credere che siamo potenti, come Dio. E alla fine ci tolgono il meglio, la speranza, e ci buttano nel brutto, nella corruzione». Perciò Gesù afferma: «È più facile che un cammello passi nella cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli».
Da ciò deriva un consiglio valido per ognuno: chi possiede delle ricchezze deve fare riferimento «alla prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito”; cioè spogliarsi di questo attaccamento e fare che le ricchezze che il Signore gli ha dato siano per il bene comune». L’«unica maniera» di agire è «aprire la mano, aprire il cuore, aprire l’orizzonte». Se invece «tu hai la mano chiusa, hai il cuore chiuso come quell’uomo che faceva i banchetti e indossava vesti lussuose, non hai orizzonti, non vedi gli altri che hanno bisogno e finirai come quell’uomo: lontano da Dio». Lo stesso è accaduto al giovane ricco: «aveva la strada per la felicità, la cercava e… perde tutto». A causa del suo attaccamento alle ricchezze «finisce come uno sconfitto».
Dobbiamo quindi, ha concluso il Pontefice, chiedere a Gesù la grazia «di non essere attaccati alle ricchezze» per non correre il pericolo «della chiusura del cuore, della corruzione e della sterilità».
Don Milani morente ebbe la santa improntitudine di applicare a se stesso l’iperbole di Gesù sul cammello e sulla cruna. Così racconta le sue parole il “ragazzo di Barbiana” che l’assisteva, Michele Gesualdi, nel volume Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana (San Paolo 2016):
L’ultimo giorno della sua vita [26 giugno 1967: aveva 44 anni] arrivai da lui la mattina molto presto, verso le 5. Era un venerdì e più tardi dovevo andare all’ospedale a prendergli una bombola di ossigeno. I due ragazzi che lo avevano assistito fino a quell’ora andarono a dormire. Rimanemmo soli, aveva le labbra secche e con una garza bagnata gliele inumidii e mi misi a sedere sul bordo del letto. Respirava a fatica, ma non sembrava stesse peggio del giorno prima. Dalla finestra socchiusa si sentivano i rumori di Firenze che si stava svegliando e iniziava una nuova giornata. Lui mi guardò in silenzio per qualche secondo e poi mi disse: «Michele caro, ho poche ore di vita». «Ma cosa stai dicendo», gli risposi, «sono sette anni che ogni tanto dici che muori e sei costì ancora vivo e vuoi morire proprio ora?». Rispose: «Io sapevo che sarei morto di una emorragia interna, mi è arrivata». Sbottonò la camicia del pigiama e mi mostrò il petto. Era tutto nero di sangue, con un grande ematoma. A quella vista, tutti e due rimanemmo in un silenzio di tomba, e i secondi sembravano ore. Poi riaprì bocca e disse: «Ti rendi conto, caro, cosa sta avvenendo in questa stanza?». Gli risposi a stento e con tono sofferente: «Te che stai morendo». Continuò: «Povero caro, non capisci nulla». Ebbi un momento di ribellione interiore, però stetti zitto. Passarono altri lunghissimi secondi di silenzio, poi riprese lentamente: «In questa stanza c’è un cammello che passa dalla cruna dell’ago. Non lo raccontare a nessuno».
Franciscus dixit. Sulle ricchezze Gesù usa un’espressione forte: «Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio». Le ricchezze, ha detto il Papa, «sono come il serpente nel paradiso terrestre, incantano, ingannano, ci fanno credere che siamo potenti, come Dio. E alla fine ci tolgono il meglio, la speranza, e ci buttano nel brutto, nella corruzione». Perciò Gesù afferma: «È più facile che un cammello passi nella cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli».
Da ciò deriva un consiglio valido per ognuno: chi possiede delle ricchezze deve fare riferimento «alla prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito”; cioè spogliarsi di questo attaccamento e fare che le ricchezze che il Signore gli ha dato siano per il bene comune». L’«unica maniera» di agire è «aprire la mano, aprire il cuore, aprire l’orizzonte». Se invece «tu hai la mano chiusa, hai il cuore chiuso come quell’uomo che faceva i banchetti e indossava vesti lussuose, non hai orizzonti, non vedi gli altri che hanno bisogno e finirai come quell’uomo: lontano da Dio». Lo stesso è accaduto al giovane ricco: «aveva la strada per la felicità, la cercava e… perde tutto». A causa del suo attaccamento alle ricchezze «finisce come uno sconfitto».
Dobbiamo quindi, ha concluso il Pontefice, chiedere a Gesù la grazia «di non essere attaccati alle ricchezze» per non correre il pericolo «della chiusura del cuore, della corruzione e della sterilità».
Santa Marta – omelia del 25 maggio 2015
https://gpcentofanti.altervista.org/fare-o-lasciarsi-portare/