Nino Baglieri, siciliano di Modica (Ragusa), è un prodigio di comunicazione nell’immobilità: ha 46 anni e da 29 è completamente bloccato, tra il letto e la carrozzella, eppure tiene contatti con gente di ogni continente. Dice che ha avuto il dono di «scrivere con la bocca», cioè tenendo una penna con i denti e lo considera – quel dono – una «missione». Lo intervisto al telefono. Mi informa che è a letto e la cornetta è appoggiata sul cuscino. Mi sorprendono la sua vitalità, la serenità con cui racconta l’avventura che vive, la gratitudine per la «guarigione dello spirito» che dice di aver ricevuto.
Nino, come avvenne la sua disgrazia?
E’ stato un infortunio sul lavoro: facevo il muratore e avevo diciassette anni. Era il 6 maggio del 1968 e mi trovavo su un’impalcatura al quarto piano di un palazzo. Si spezzò un tavolone e feci un volo di 17 metri. Sbattei la testa e non sentii più niente. Mi svegliai in ospedale completamente paralizzato. Muovevo solo la testa. Frattura della quinta, sesta, settima vertebra cervicale e del femore. Prima mi portarono all’ospedale di Siracusa eppoi a Ostia, vicino Roma, in un centro paraplegici dove restai due anni.
Quale fu la sua reazione immediata?
Cattiva. Da quel giovane forte che ero, diventai un nulla. Non sopportavo la commiserazione della gente. All’inizio ero contento del ritorno a casa. Nei primi tempi venivano gli amici di lavoro a trovarmi, ma poi si sono allontanati tutti. Mi piaceva farmi spingere in carrozzella per le strade, ma la gente vedendomi diceva: “Guarda Nino com’è ridotto!” Quelle frasi e quegli sguardi su di me non li accettavo, così non sono più uscito: per dieci lunghi anni sono rimasto a casa.
La riscoperta della fede non fu dunque spontanea…
Non credevo in Dio, mi ribellavo, non accettavo la sofferenza, bestemmiavo dalla mattina alla sera, odiavo tutto, ero senza amici. L’inverno lo passavo a letto, disperato. In estate mi mettevo sotto un alberello vicino a casa, lontano dagli sguardi della gente perchè mi vergognavo a farmi vedere. I miei amici erano l’albero e il sole, ero sempre in compagnia della sofferenza e della disperazione. Anche se non credevo in Dio, gli chiedevo lo stesso di farmi morire.
Da dove le venne il primo aiuto?
Dalla mamma, che è sempre stata una donna di grande fede. Dio, che è Padre buono e ascolta le preghiere delle mamme, che sono fatte con tanto amore, ha esaudito le preghiere della mia. Il Signore mi ha fatto conoscere un gruppo del Rinnovamento nello Spirito. Era il Venerdì Santo del 1978. Venne un sacerdote con un gruppetto di persone a casa mia. Hanno pregato per me. Il sacerdote, padre Aldo, mi ha posato le mani sulla testa e ha invocato lo Spirito Santo su di me. Anch’io ho pregato in quel momento, ero convinto che il Signore mi avrebbe guarito. Mentre si pregava, ho sentito come un grande calore invadere tutto il corpo, un grande formicolio, come se una forza nuova fosse entrata in me e qualcosa di vecchio fosse uscito. Una grande gioia ha invaso il mio cuore: dieci anni di disperazione cancellati in pochi secondi. Ho detto il mio sì a Dio, ho accettato la croce e sono rinato a vita nuova, sono diventato un uomo nuovo.
Ma di che guarigione si trattò?
La guarigione che io desideravo, quella fisica, non è avvenuta, ma il Signore ha operato qualcosa di più grande: ha guarito il mio spirito. Anche se sono rimasto nelle stesse condizioni fisiche, in me ora c’è tanta pace e tanta gioia. Mi hanno regalato il Nuovo Testamento e io ho cominciato a leggere la Parola di Dio. Ho poi comprato la Sacra Bibbia. Leggevo dalla mattina alla sera, ero assetato di conoscere il Signore. Per un anno intero mi sono nutrito della sua Parola. La Gioia in me aumentava e non la potevo contenere dentro: sentivo il bisogno di comunicarla agli altri.
E come fu che iniziò a scrivere lettere?
La spinta venne dagli amici del Rinnovamento. Il Signore mi ha dato il dono di scrivere con la bocca ed è stato come se mi avesse affidato una missione: scrivere quello che sentivo dentro e comunicarlo a tutti. Ho solo la quinta elementare, ma ho cominciato a scrivere delle preghiere, delle poesie. Le leggevo in una radio di Modica, poi in una di Ragusa e sono cominciate le prime visite, le prime telefonate, le prime lettere. Quanta gente veniva a casa mia! E io potevo raccointare la mia storia e testimoniare il Signore al mondo. Se non fosse stato per quella caduta dal quarto piano, tutta questa grazia di Dio non l’avrei mai conosciuta.
Qual è il suo messaggio a chi soffre e a chi è sano?
La gioia è più grande della sofferenza: quel 6 maggio 1968 non lo chiamo il giorno della disgrazia, ma il giorno della Grazia, il mio compleanno di Croce. Dal 1983, ogni anno, nella mia parrocchia celebriamo una messa di ringraziamento per tutto quello che il Signore ha operato nella mia vita. Quattro anni fa, in occasione del mio 25mo di Croce, è venuto il vescovo. Nel 1982 sono entrato nella famiglia salesiana con la promessa di Cooperatore salesiano. Anche se sono stato privato dei movimenti e di tutto quello che il mondo avrebbe potuto darmi, il Signore mi dà tanto di più: il suo grande amore mi sta facendo vivere i veri valori della vita. So che le mie sofferenze non sono inutili, servono a qualcuno, a qualcosa. Non importa essere malati o invalidi, l’importante è vivere per Lui, con Lui, in Lui».
Nota. Questa intervista telefonica la feci nel novembre del 1997. Due anni dopo ebbi l’opportunità di incontrare Nino in occasione di un convegno a Loreto dove tenevo una relazione sul rapporto tra il Vangelo e la sofferenza: il contatto diretto fu più coinvolgente di quello telefonico. Nino mi si manifestò in tutta la vivacità di siciliano verace qual era e che nel frattempo ero venuto a conoscere attraverso altre conversazioni telefoniche, lettere e disegni, anche quelli fatti con la bocca. Nino muore il 2 marzo 2007. Nel sito dei “Volontari Con Don Bosco – CDB” c’è una pagina a lui dedicata.
[Da un articolo pubblicato sull’Eco di San Gabriele nel dicembre del 1997, aggiornato nel novembre del 2009]