Prima si diceva popolo, poi democrazia, e infine elettorato ma con Francesco è tornano il popolo e questo ritorno da fuori ci ha disorientati. Alcuni hanno detto: questo Papa ha il mito del popolo, sarà mica un populista? Arriva il lavoro di un giovane studioso Papa Francesco e il “popolo” che mette a fuoco la questione. Nei commenti una mia scheda, l’indice, due brani chiave del testo.
Oltre che popolare Bergoglio è anche populista? Un libretto di Dante Monda lancia la domanda
9 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Un Papa con il mito del popolo. Capita che i Papi in Italia contribuiscano a modificare il linguaggio della comunicazione pubblica ed era già successo con Wojtyla, che riportò in auge le parole “patria” e “nazione” le quali – ancora stordite dalla retorica mussoliniana – fino ad allora se ne stavano dietro le quinte.
Francesco ci ha ridato il popolo: ma in che senso, fino a dove, partendo da che? Dante Monda lavora a queste domande.
“Vescovo e popolo” ha detto Francesco già al primo affaccio dalla Loggia. Ci ha poi invitati a scommettere sui “Movimenti popolari” e ha detto, papale papale, che quella di popolo è una “categoria mitica”. Anzi: “storica e mitica” a un tempo.
Ce n’è abbastanza perché qualcuno, ben attrezzato, provasse a fare chiarezza. Dante Monda è giovane ma attrezzatissimo. E’ figlio del direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda e il suo volumetto ha la prefazione di Antonio Spadaro e la postfazione di Andrea Riccardi. Puoi stare certo che non perdi tempo a leggerlo.
Dante Monda
Papa Francesco e il “popolo”
Una sfida per la Chiesa e la democrazia
Prefazione di Antonio Spadaro
Postfazione di Andrea Riccardi
MORCELLIANA 2022 – pp. 124 – euro 13.99
DANTE MONDA è docente di Filosofia e Storia presso il Collegio Villoresi San Giuseppe di Monza. Laureato in Filosofia e in Relazioni Internazionali, si occupa di pensiero politico e teologia politica. Ha scritto per «Avvenire» e «Linkiesta», e ha pubblicato articoli scientifici per le riviste «Studium» e «No tes et documents».
SOMMARIO
Prefazione di Antonio Spadaro
Ringraziamenti
Premessa metodologica
Introduzione
Capitolo primo – L’elaborazione dell’idea di popolo
1. Dipendenza e divisione alla periferia del mondo, 2. L’Argentina cattolica, 3. Guerre di religione, 4. Cercare una sintesi: la ricezione del Concilio e la teologia del popolo, 5. Conoscere il popolo: Gera e Scannone, 6. Guardini: l’opposizione polare e il mito del popolo
Capitolo secondo – Caratteristiche dell’idea di popolo
1. “Popolo di Dio” e “popolo”, 2. La cultura di un popolo: un ambiente, 3. Un «soggetto storico», 4. Un’idea mitica, fra circolarità e dinamismo, 5. Discernimento e realismo, 6. “Popolo” come prassi performativa
Capitolo terzo – Sfide alla democrazia
Popolarità, 2. Francesco è populista?, 3. La denuncia di Francesco: una democrazia atrofizzata, 4. La proposta di Francesco: rappresentanza e prossimità, 5. Una forma aperta
Conclusioni
Postfazione di Andrea Riccardi
Una visione della storia nell’irrilevanza diffusa, Memoria storica e fare storia, Leggere, pensare e costruire il popolo nella storia, Minoranza o popolo?, Un contributo a pensare il futuro
Bibliografia
Del volume si parla domani 28 giugno alle 18 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma, con interventi di Dante Monda, Marco Follini, Emma Fattorini, Vicenzo Paglia
Popolare ma non populista. Ecco un punto chiave del volume. Francesco è popolare, ma non «populista», per tre ragioni. Innanzitutto perché non è un leader in senso politico: egli non guida, da sopra, una massa omogenea coesa ideologicamente, come un leader politico. Al contrario, essendo un pastore e un missionario, incontra a tu per tu, si è visto, provando a «guardare almeno una persona, un volto preciso»15, ognuno nella sua diversità e anche lontananza […]. La seconda ragione per cui Francesco non è populista, risiede nel contenuto della dottrina teologica cristiana e nelle sue conseguenze etico-politiche. Infatti l’idea che Bergoglio/Francesco ha di popolo, come visto nel cap. 2, § 2, è diretta derivazione del comandamento evangelico dell’amore per il prossimo: è il farsi prossimo a costruire un «farsi popolo»22, integrando il conflitto nell’unità, il peccato nella misericordia. Se si dimentica questo elemento fondamentale non si coglie il centro del messaggio, anche politico, di Francesco, che è il Vangelo […]. Terza ragione per cui Francesco non è populista è che non è un politico, ma il capo della Chiesa cattolica, che è universale. Francesco ha sempre presente, ancora di più da papa, il suo secondo principio cardine, «l’unità è superiore al conflitto»29, e questo lo rende differente da qualsiasi uomo politico. Quest’ultimo sarà sempre inevitabilmente di parte, fosse la sua parte anche semplicemente un nobile ideale da promuovere nella discussione. Pur avendo di mira il bene comune, il politico dovrà sempre riconoscersi come parte, cioè dovrà rappresentare la sua constituency: proprio questo lo rende capace di agire sulla realtà sociale. Il Papa invece, nominato a vita dal collegio cardinalizio (e secondo la dottrina cattolica su ispirazione dello Spirito Santo), non ha vincoli con alcuna parte sociale contingente e non deve lottare politicamente contro nessuno […]. [pp. 74-78]
Né di destra né di sinistra. Ecco due paragrafi delle “Conclusioni tirate dall’autore”. La presente riflessione ha come oggetto una sfida, ed è una sfida essa stessa. Non volendo rispondere, ma domandare, si è cercato di sottolineare una questione aperta, forse poco dibattuta perché spesso sommersa da una semplificazione mediatica che ne stempera l’importanza. Invece, interrogarsi sul demos resta, per definizione, il problema centrale della democrazia. Solo partendo da quella domanda si comprende il fondamento di giustizia e libertà, ruolo, poteri, diritti e doveri reciproci dello Stato e dei cittadini. Le domande suscitate sono state provocate dai testi dell’attuale pontefice, dalla teologia del popolo, dalla filosofia di Romano Guardini, e da ultimo anche dalla teoria egemonica di Ernesto Laclau e Chantel Mouffe, in parte affini al pensiero della teologia del popolo. Beninteso, come sarebbe errato dire che il papa è marxista, così lo sarebbe etichettarlo come postmarxista: l’accostamento è stato pensato per indicare la necessità di un ripensamento di vecchi schemi riguardo dottrine politiche oggi in via di superamento, anche dialogando con pensieri nuovi e “di frontiera”.
A ben vedere non ha senso parlare di destra e sinistra descrivendo questo papa: egli è al contempo radicalmente tradizionalista e radicalmente aperto al nuovo e al diverso, radicalmente patriota e radicalmente cosmopolita, con la sua logica polare non si colloca mai a uno dei due estremi, sempre abbracciandoli entrambi, mantenendone la tensione dinamica. Così, se si volesse provare a desumere una teoria politica dal suo messaggio, questa teoria non sarebbe né soprattutto realista né soprattutto utopista, come lui stesso dichiara: «se vogliamo provare a dare un contributo alla nostra patria non possiamo perdere di vista nessuno dei due poli: quello utopico e quello realistico, perché sono entrambi parte integrante della creatività storica». Come annunciato all’inizio, Francesco richiede un «pensiero aperto», che abbracci gli estremi di ogni opposizione svincolandosi dalla sterile polemica partigiana. In questo senso egli è consapevolmente post-moderno in quanto decisamente post-ideologico: la sua intima e vissuta fede cristiana gli permette di tirarsi fuori da qualsiasi schema preconfezionato e di mantenere aperto il cammino e la possibilità dell’incontro con l’altro.
https://gpcentofanti.altervista.org/cercare-le-vie-del-discernimento/
Il popolo piace al populista solo quando è nella misura in cui vota il politico ” populista” . Peron in Argentina e’ stato maestro di questo. Certo il popolo e’ una categoria mitica ,ma che succede se il popolo volta le spalle al populista di turno ? Se non ci crede piu’ !Se diserta le udienze? Se non da’ l’ obolo di San Pietro ( piu’ che dimezzato) he fa il papa populista ?
In Germania nel 2021 centinaia di migliaia di cattolici hanno lasciato la Chiesa. Presto avverra’ cosi’ anche da noi ,in Italia. Il populismo peronista di stampo sudamericano non puo’ salvare la chiesa, e neanche la superprogressista e supersecolarizzata chiesa tedesca. Quello che non si riesce oggi a comprendere e’ che la fede in Cristo ,il cristianesimo, non e’ sullo stesso livello delle categorie politiche e laiche .
Ancora due o tre papa ” politici” e populisti come l’ attuale e la Chiesa cattolica e’ bella e spacciata. Ci vorrebbe un santo, un uomo spirituale , non un populista.
Caro Luigi, se ti resta un po’ di tempo, dopo questa bella ed edificante lettura, ti consiglio vivamente di fare anche quest’altra, dolorosa ma necessaria: http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2022/06/28/il-sinodo-tedesco-contagia-l%e2%80%99intera-chiesa-senza-che-il-papa-lo-freni/
La pertinenza al tema sono certo che ti è evidente, quindi non c’è bisogno di spiegarla. Piuttosto, dopo che l’avrai letto, mi piacerebbe domandarti: e se non piangi, di che pianger suoli?