La morte del cardinale Angelo Sodano – avvenuta venerdì 27 maggio – ha comportato la richiesta di scriverne un profilo da parte del Corsera ma ha pure scatenato la ridda dei ricordi accumulati in decenni di frequentazione professionale. Ne sono venuti due articoli: uno per il Corsera online scritto di getto sabato pomeriggio e l’altro – più posato – per il cartaceo, apparso ieri. Ma ne è venuto anche il recupero dettagliato di un retroscena che qui completo in aggiunta a quanto ne ho detto nei testi pubblicati. Nei commenti riporto i due articoli assemblati in uno e poi, in coda, metto quanto non era entrato nei testi per il glorioso quotidiano.
Mio ricordo in chiaroscuro del cardinale Sodano con piccolo retroscena personale
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Segretario di due Papi. CITTA’ DEL VATICANO. È morto venerdì sera a Roma il cardinale Angelo Sodano, 94 anni, che fu Segretario di Stato – con due Papi – per 15 anni e decano del Collegio dei cardinali per 14 anni. Nella lunga collaborazione con Wojtyla, Sodano fu di buon aiuto nell’accompagnarne l’azione per la pace ma sottovalutò lo scandalo degli abusi e gli viene attribuita una parte di responsabilità per il ritardo dell’intero sistema vaticano nella reazione a quel dramma.
Per il fronte della pace va ricordata la decisa dissuasione che tentò di esercitare nei confronti degli Usa e di tutto il fronte occidentale nei mesi di preparazione delle due guerre del Golfo (1991 e 2002). Svolse quel ruolo dietro le quinte, con incontri riservati, ma anche con un vivace protagonismo di dichiarazioni e interviste. “Chi terrà il campo una volta sconfitto Saddam?” fu uno dei suoi moniti. E un altro: “Conviene all’Occidente inimicarsi ulteriormente il mondo musulmano?”
Per formazione e carriera Sodano era il tipico diplomatico vaticano: fu segretario di nunziatura in Ecuador, Uruguay e Cile e infine nunzio in Cile. Dal Cile, nel 1978, fu chiamato in Curia al ruolo di segretario per le relazioni con gli Stati, dal quale dipende l’intera attività diplomatica della Santa Sede. Segretario di Stato lo diventa nel 1990 con Wojtyla e lo rimane anche, per più di un anno, con Benedetto XVI fino al 2006.
Classico uomo di Curia. Un altro merito diplomatico che gli viene riconosciuto è quello d’aver accompagnato Giovanni Paolo II nell’acquisizione della dottrina dell’ingerenza umanitaria a metà degli anni 90 del secolo scorso, durante la guerra di Bosnia. In precedenza, da responsabile della diplomazia vaticana, si era adoperato per la mediazione della Santa Sede tra Cile e Argentina nel conflitto per il canale di Beagle.
Da classico uomo di Curia, Sodano non era invece preparato a interpretare il primo irrompere sulla scena mondiale dello scandalo degli abusi sessuali nelle file del clero. Gli si attribuisce il ruolo di frenatore nella reazione a tale scandalo, in contrasto con il ruolo propulsore che invece fu svolto, all’interno della Curia, dal cardinale Ratzinger.
In particolare Sodano fece valere argomenti di “prudenza” e di “difesa del bene compiuto” nel caso del fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado – poi definitivamente sanzionato da Benedetto XVI nel 2006 – quando le malefatte di quel prelato messicano (abusi sessuali, stupri, figli avuti da donne diverse in paesi diversi, corruzione di prelati vaticani con somme di denaro) iniziarono a divenire di dominio pubblico, nella seconda metà degli anni 90.
Sono testimone di come Sodano in un’occasione, nel gennaio del 1999, essendo io suo ospite per un’intervista, affrontò con un collaboratore la questione del fondatore dei Legionari. “Anche se tutte queste accuse fossero provate – lo sentii dire – resta il fatto che l’opera da lui creata ha fatto del bene a tante persone e alla Chiesa stessa. Noi ora dobbiamo fare in modo che quel bene non vada disperso”.
Ecclesialmente disciplinato. Quel ruolo di frenatore sul tema degli abusi, esercitato da Sodano anche in riferimento ad altri casi, ebbe in più occasioni riscontri pubblici, specie quando il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn nel 2010 dichiarò che era stato lui a impedire – da Segretario di Stato – la costituzione di una commissione d’inchiesta sull’operato di un altro ecclesiastico abusatore: il cardinale Hans Hermann Groer, che fu arcivescovo di Vienna dal 1986 al 1995.
Nato a Isola d’Asti in Piemonte nel 1927, dal 1959 a Roma e in giro per il mondo, vescovo dal 1977, cardinale dal 1991, Sodano già in cura per varie patologie è stato infine colpito dal Covid 19 ed è morto alla clinica Columbus – dov’era ricoverato dal 9 maggio – per la conseguente polmonite.
“Nella Curia Romana ha svolto la sua missione con dedizione esemplare e in ogni incarico si è dimostrato uomo ecclesialmente disciplinato, amabile pastore, animato dal desiderio di diffondere ovunque il lievito del Vangelo”: così lo ricorda Francesco nel telegramma indirizzato alla sorella del cardinale, Maria Sodano.
Nel telegramma del Papa non manca uno spunto di personale riconoscenza verso il cardinale defunto: “Anch’io ho avuto modo di beneficiare delle sue doti di mente e di cuore, specialmente nel tempo in cui ha esercitato la funzione di decano del collegio cardinalizio”.
Nel salottino del Segreterio di Stato. Era il 19 gennaio 1999 quando il cardinale Sodano mi ricevette per un’intervista sulla crisi del Kosovo, che il Corsera pubblicò il giorno dopo con il titolo: INTERVISTA AL SEGRETARIO DI STATO VATICANO. Il cardinal Sodano: “Separare i contendenti, disarmare l’ aggressore” – “Chi impugna la spada perirà di spada. La violenza non risolve i conflitti”. Lo incontrai nel suo appartamento, al primo piano del Palazzo Vaticano, in un salottino vicino alla sala dove il cardinale aveva ricevuto otto giorni prima il presidente del Consiglio Massimo D’Alema. Finita la conversazione sul Kosovo, Sodano tornò sullo scandalo del fondatore dei Legionari, del quale aveva parlato in mia presenza con un collaboratore, prima dell’inizio dell’intervista. In una cartellina aveva le fotocopie di un articolo di Sandro Magister che era appena apparso sull’Espresso con il titolo “Così abusava di noi” e con questo sommario: “Abusi sessuali. Innumerevoli, continuati, su più di 30 ragazzi e giovani. Tra gli anni Quaranta e i Sessanta. Sono queste le accuse rivolte a padre Marcial Maciel, fondatore e direttore dei Legionari di Cristo, da otto sue vittime d’allora”. Il cardinale mi rivolse tre domande: che ne dice di questo articolo, lei ritiene attendibili le accuse, che dovremmo fare in risposta a questo scandalo. Gli dissi che ritenevo attendibile sia l’articolo sia le accuse: c’erano nomi e cognomi, referenze precise, formulate da un collega rigoroso nella documentazione. Alla domanda sul “che fare” dissi che non sapevo rispondere. Avevo letto di corsa quell’articolo il giorno prima, essendo noi al Corsera tutti presi dalla vicenda kosovara. Il cardinale disse: “Anche noi siamo incerti su come rispondere a questo fatto. Siamo impreparati. E c’è il rischio di buttare il bambino con l’acqua sporca. E’ un argomento sul quale dovremo ponderare a lungo”. Ho scelto di narrare questo retroscena per mettere in chiaro il dramma che la dirigenza vaticana ha vissuto sulla questione degli abusi nell’ultimo decennio del pontificato di Giovanni Paolo II. La ponderazione è stata forse troppo lunga, la condotta troppo prudente. Ma va riconosciuto il tormento con cui quella lentezza e quella prudenza sono state vissute. Mi pareva giusto dare testimonianza d’aver avuto in diretta un minimo riflesso di quel tormento.
De mortuis nihil nisi bonum .
Prego di cuore per il cardinale.
Tocco aspetti della problematica senza alcun riferimento a lui.
https://gpcentofanti.altervista.org/vedere-o-non-vedere/