Muore un fratello e mi rivedo che mi prende in braccio dal lettuccio e mi porta al fuoco: uno dei primi ricordi. Lo rivedo anche che mi parla piano piano mentre la mamma passando domanda: «Gli hai fatto fare il segno della croce?». Era quella la prima operazione del mattino. – E’ l’attacco di un mio testo pubblicato dalla rivista Il Regno (4/2022): nei commenti altri due brani.
L’assedio dei ricordi alla morte di un fratello
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Eravamo sette e tre già si sono avviati, quasi in ordine di età. Io sono il sesto. Siamo gente disciplinata. Addestrati a tenere ognuno il suo posto, intorno alla spianatora con la distesa della polenta nella vecchia casa contadina.
In quella casa tutti siamo nati, con le vicine accorse a dare una mano alla levatrice, a scaldare l’acqua, a portare fuori fratellini e sorelline quando la mamma già gridava dietro la porta socchiusa.
La corrente elettrica, in quella campagna tra Recanati e Osimo, è arrivata 10 anni dopo la nascita dell’ultima tra noi. Prima del suo arrivo, ma anche dopo per un buon tempo, nelle mattinate d’inverno tutto ruotava intorno al camino con il fuoco acceso. La mamma s’alzava per prima e l’accendeva. Accostava i legni, metteva a bollire l’acqua nel paiolo grande, che sarebbe servita a tutti.
Essendo tanti e poveri i più grandi si occupavano dei più piccoli e c’erano ruoli fissi. Io ero affidato a questo fratello Italo, che ora se ne è andato e che aveva otto anni più di me.
A due a due si andava al fuoco e al fuoco ci si vestiva. Si mettevano carboni negli zoccoli e li si scuoteva perché si scaldassero. Poi li si agitava rovesciati per fare uscire il fuoco e infilare il piede, avvolto in pezze. Donde «pezza da piedi». Qualche volta restava là dentro una scintilla e si strillava e si rideva. È un ricordo vivissimo, quasi gioioso, questo della favilla nello zoccolo. Avrò avuto tre anni?
Gli zoccoli di legno e cuoio, lavorati dal babbo, proprio come nell’Albero degli zoccoli. E pensare che stavano per arrivare le scarpe da tennis. Vista dai piedi, un’epoca prendeva il posto di un’altra.
Prego tanto
leggere ….
e trovarmi rilanciato
non in un altro pianeta,
ma soltanto non tante decine di anni fa,
quando la povertà ci accomunava nella maggioranza assoluta della popolazione,
e già per far fronte all’essenziale era una lotta…
quella povertà, in misura anche più feroce,
è appannaggio oggi di una grande parte del restante pianeta,
mentre alle nostre latitudini ci si riempie di “complessità”.
Quanta certezza bisogna avere, in questo panorama di esperienze,
per credere alla Resurrezione ?
Quale relazione affettiva, Di-o sta vivendo con ogni uomo/donna,
per dare un senso a quello che chiamano il “Mistero Pasquale” ?
È solo condivisione di riflessione personale dalle parole di Luigi….