Maltrattamenti e abusi di suore: Salvatore Cernuzio racconta undici storie
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Luigi Accattoli
Salvatore Cernuzio Il Velo del silenzio. abusi, Violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile
San Paolo 2021 – pagine 204 – euro 20.00
Il volume raccoglie le testimonianze di donne di tutto il mondo e di diverse età che, dopo anni di silenzio, hanno deciso di far sentire la loro voce. Salvatore Cernuzio (Crotone 1987) fa parte della redazione di Vatican News – Radio Vaticana
1 Marzo, 2022 - 22:11
Luigi Accattoli
Indice
Prefazione di suor Nathalie Becquart
Introduzione di padre Giovanni Cucci
Nota dell’autore
TESTIMONIANZE
Anne-Marie
Marcela
Anna
Thérèse
Elizabeth
Aleksandra
A.
Vera
Maria Elena
Lucy
Magdalene
ELEMENTI DI VALUTAZIONE
Intervista al professor Tonino Cantelmi, psicologo e psicoterapeuta
L’obbedienza: aspetti teologici e giuridici, del professor Giorgio Giovanelli
Ringraziamenti
1 Marzo, 2022 - 22:15
Luigi Accattoli
Rendo omaggio a queste donne. Questo libro di testimonianze ci fa sentire le grida e le sofferenze, troppo spesso taciute, di donne consacrate che sono entrate in comunità religiose per seguire Cristo e si sono trovate in preda a situazioni dolorose che, per la maggior parte di loro, le hanno portate a lasciare la vita consacrata.
L’autore ascolta le loro storie con empatia, per dare voce a donne ferite che cercano di ricostruirsi e di far sentire la loro esperienza, le loro lotte, la loro speranza. In questo modo, contribuisce ad aumentare la nostra consapevolezza dei problemi degli abusi nella vita religiosa, dando priorità all’ascolto delle vittime che non si sono sentite accolte, rispettate, riconosciute e ben accompagnate nella loro comunità. Voglio rendere omaggio a queste donne che hanno coraggiosamente accettato di parlare e dare la loro autentica testimonianza. Dobbiamo ascoltarle, sentirle e prendere coscienza che la vita consacrata nella sua diversità, come altre realtà ecclesiali, può generare sia il meglio che il peggio. Il meglio quando i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza sono proposti come un cammino di crescita umana e spirituale, un cammino di maturazione che fa crescere la libertà delle persone perché «l’autorità è chiamata a promuovere la dignità della persona». Il peggio quando i voti religiosi sono interpretati e attuati in modo da infantilizzare, opprimere o addirittura manipolare e distruggere le persone.
Dalla prefazione di suor Nathalie Becquart – sottosegretario della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi
1 Marzo, 2022 - 22:26
Luigi Accattoli
Quando mia mamma è morta. Il vero punto di rottura tra Anne-Marie e le suore statunitensi avviene però nel 2015, quando nella vita della ragazza accade quello che descrive come l’evento più drammatico della sua vita: la morte della mamma a causa di un cancro. Anne-Marie è al primo anno di noviziato e la notizia della scomparsa di sua madre le viene comunicata dopo quasi una settimana, insieme
a quella che la comunità non le avrebbe pagato i biglietti aerei per partecipare al funerale in Camerun.
«Quando mia mamma è morta non mi hanno detto niente. Niente. La comunità della Nigeria ha chiamato quella di Minneapolis. Le suore mi hanno dato la notizia dopo diversi giorni, mi hanno vista ridere e scherzare e non hanno detto nulla. Quando l’ho saputo, ero immersa nei turni per la cucina. Nessuna delle altre sorelle ha avuto il pensiero di dirmi “riposati, stacca, sei sotto shock, ci penso io”. Ho continuato a pulire mentre mi sentivo sprofondare […].
Anne-Marie chiese di poter partire per l’Africa per visitare la sua famiglia, ma le suore le dissero che «il Diritto canonico non permette a una novizia di allontanarsi dal convento, anche per andare a fare funerali dei suoi genitori». «Ho chiesto alla madre: “Quale Gesù impedisce di seppellire i propri genitori?”. Mi rispose che la comunità non aveva i soldi per pagare il biglietto per un viaggio così lungo. Peccato che, qualche tempo dopo, appena appreso che sua sorella stesse poco bene, è partita per la Polonia».
Dalla testimonianza di Anne-Marie – pp. 61s
1 Marzo, 2022 - 22:37
Luigi Accattoli
Quando una compagna spariva. «Non appena una ragazza, una donna entra in Congregazione, viene eliminato tutto ciò che riguarda l’identità personale, quindi l’acconciatura dei capelli, lo stile degli occhiali, le scarpe e l’abbigliamento, la biancheria intima. Parlare di esperienze personali passate di qualsiasi tipo è proibito; la posta in entrata e in uscita viene letta e controllata; le chiamate e le visite a casa sono estremamente limitate. Proibita pure qualsiasi forma di relazione interpersonale o uno spazio di privacy. Si dorme in grandi dormitori, si mangia lo stesso cibo e le stesse porzioni di cibo, si chiede il permesso per tutto, compreso l’uso del bagno.
Io e le mie compagne non avevamo accesso a nessuna risorsa finanziaria. Ci era limitata l’igiene personale e venivamo controllate nel leggere, guardare la televisione o ascoltare la radio.
Quando una compagna spariva, nessuna poteva salutarla, né più parlare di lei, tanto meno potevamo provare a metterci in contatto. Si veniva premiati se ci si adeguava, così come si veniva puniti in vari modi per aver osato mettere in discussione anche piccole cose. Essendo una persona molto inquisitoria e curiosa, era normale per me iniziare una frase con “I
wonder”. Poco dopo che sono entrata, la suora responsabile mi ha proibito l’uso di questa espressione.
Pensavamo che tutto questo facesse parte della vita religiosa e ci adattavamo di conseguenza. L’alternativa era andarsene e commettere quello che le più grandi definivano un peccato gravissimo.
Recentemente, parlando con una mia compagna, ricordando gli anni subito dopo che siamo entrate in Congregazione, lei mi detto di aver nutrito ammirazione nei miei confronti per aver mantenuto la mia libertà personale. Era anche molto sorpresa dei ricordi mantenuti di quella fase della vita vissuta insieme. Lei non ricordava quasi nulla: “Ho bloccato quella parte della mia vita nella mia memoria”, mi ha detto. “Abbiamo dovuto giocare secondo le regole del gioco per essere buone ragazzine. Ero così assoggettata che se qualcuna delle responsabili avesse voluto abusare di me sessualmente, l’avrei lasciata fare senza pensare che non doveva farlo. Pensavamo che qualsiasi cosa che ci veniva chiesto facesse parte della vita religiosa”».
Dalla testimonianza di Elizabeth – pagine 100ss
1 Marzo, 2022 - 22:52
Luigi Accattoli
Disse che noi suore provocavamo i sacerdoti. Aleksandra raccontata degli abusi subiti dal sacerdote che l’affiancava in un progetto interno all’istituto. Quel progetto, un centro di spiritualità per aiutare giovani donne che volevano avvicinarsi alla vita religiosa a intraprendere un percorso di discernimento, era una creatura di Aleksandra. Ci aveva lavorato giorno e notte per metterlo in piedi, aveva impiegato pure i suoi studi pregressi in psicologia, abbandonati per assecondare il fuoco della vocazione. La superiora, della sua stessa nazionalità, di poco più anziana, sempre restia a ogni novità, aveva accettato di avviare l’iniziativa. Ma dopo poche settimane aveva deciso che insieme ad Aleksandra, fondatrice e guida del centro, ci fosse un sacerdote della diocesi, padre Dariusz, da sempre molto vicino all’istituto. «Inizialmente è stato un grosso aiuto, poi ha iniziato
ad avere atteggiamenti strani, finché ha cominciato a cercare la mia vicinanza fisica. Quei primi apprezzamenti sono diventate molestie fino a sfociare in un vero e proprio abuso. Ho reagito da subito, ma non ha smesso. Non ricordo l’ora, non ricordo il luogo, non ricordo i dettagli… Non voglio farlo perché ho voluto rimuovere tutto. So solo che quel giorno qualcosa si è spezzato dentro la mia anima».
Aleksandra ha subito informato la superiora della situazione. «È rimasta impassibile, ma magari quella poteva essere una mia impressione. A distruggermi è stata la sua risposta: mi disse che anche altre si erano lamentate di questioni simili e che evidentemente, se accadeva, era perché noi suore provocavamo i sacerdoti».
Dalla testimonianza di Alexandra – pagine 111s
1 Marzo, 2022 - 23:43
Luigi Accattoli
La parola a Salvatore Cernuzio. Tanti, troppi, i comuni denominatori nelle storie di queste religiose ed ex religiose, che pur provengono da latitudini e background completamente differenti. E che fanno pensare che non si tratti di singoli casi, in cui a rimetterci sarebbero donne particolarmente fragili, tendenti alla depressione o troppo deboli e “pazze” per reagire, ma che evidentemente sia presente un sistema malsano, basato su strutture di potere e su quel clericalismo che papa Francesco in diverse occasioni ha stigmatizzato come un «cancro» per la Chiesa. Clericalismo inteso come quel surplus di grazia di cui superiori, fondatrici, maestre delle novizie o gli stessi padri spirituali si ammantano, decidendo sulla sorte di questa o quell’altra candidata, facendola precipitare in uno status di debolezza e soggezione che la rende anche facile preda di violenze. Fisiche e psicologiche.
Dalla “Nota dell’autore” – pp. 41s
1 Marzo, 2022 - 23:54
Luigi Accattoli
Mia nota. Il libretto del collega Cernuzio è utile a fare luce su un pianeta oscuro purchè si eviti di farne una lettura scandalistica, o limitata alle testimonianze che riporta. Quelle testimonianze, per un adeguato apprezzamento, vanno collocate nel contesto saggistico che lo stesso libretto offre a loro corredo (vedi sopra, alla voce Indice) e nella filiera delle principali pubblicazioni sull’argomento. Ricordo, a mo’ d’esempio, qualche titolo:
– Rapporto O’Donohue-Fangaman [sugli abusi sessuali ai danni di religiose nell’insieme della cattolicità], Regno documenti 7/2001, 2019-228
– Benedetto XVI, La Chiesa e gli abusi sessuali, Corriere della Sera, 11 aprile 2019
– Dom Dysmas de Lassus, Risques et dérives de la vie religieuse, Paris, Cerf, 2020 [indagine sulle caratteristiche malate della vita religiosa e sulle strutture che le diffondono].
– Giovanni Cucci, Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile, La Civiltà Cattolica 2020 III, pp. 218-226
– Rompere il silenzio. Intervista a suor Josèe Ngalula sulla violenza sulle donne in Africa e nella Chiesa africana, Regno attualità 2/2022, 52s [suor Josèe Ngalula è la prima africana presente nella Commissione teologica internazionale]
La presenza nel volumetto di un nuovo testo del padre Cucci costituisce una garanzia di attendibilità e di equilibrio quanto al taglio dato da Cernuzio all’ardua materia. Eccone un brano: “Le storie narrate in questo libro mostrano come il tema dell’obbedienza sia stato per troppo tempo frainteso: il superiore/a non è un tiranno o un sovrano assoluto, ma è posto al servizio della comunità. Tiene il posto di Dio nella misura in cui considera il suddito come colui che tiene il posto di Cristo. Se lo maltratta, maltratta Cristo. Il dovere di obbedire corre parallelo al dovere di esercitare la paternità e maternità spirituali” (Introduzione, p. 20).
Dico il mio grazie dal padre Cucci e al collega Cernuzio.
1 Marzo, 2022 - 23:55
Clodine-Claudia Leo
Ho letto, Luigi, con grande interesse.
Testimonianze forti, fatti che raccontano di sudditanze psicologiche di ragazze , donne, in procinto di abbracciare uno stile di vita particolarmente impegnativo, denso di sfide, simile per certi aspetti al matrimonio : stesso impegno di fedeltà, stessi compromessi.. Per fedeltà, non penso s’intenda prostrarsi alle voglie di chiunque dica : fai questo o compiacimi in quest’altro. No! Assolutamente. Fedeltà è sempre riferita alla Parola di Dio, laddove si fa una promessa che sia matrimonio o vita consacrata è sempre con Dio che si stringe un patto. Tra i due (uomo /donna nel matrimonio- consacrato/ comunità, nella vita consacrata) c’è sempre quel Terzo”, o Suprema Istanza : Dio, e a quella dobbiamo obbedire in ottemperanza ai comandamenti . Per questo anche il divorzio e il concubinato a parer mio rappresenta un tradimento nei confronti della Parola di Dio. Si sceglie di lasciare e proseguire da sola il cammino, oppure restare in ottemperanza al precetto della Carità. Ma oltraggiare la santità personale per compiacere chicchessia : MAI! nessuno può costringere una donna a fare “giochini illeciti”, né obbedire ad assurde richieste, o subire ingerenze supinamente. Riconosco certa demoniaca cattiveria insita in alcune persone , consacrati inclusi, ma accettare l’indecenza per non contrastare il superiore /a in un’età in cui sei responsabile delle proprie azioni…..boh…mi lascia perplessa.
In base alla mia esperienza , che con le suore sono cresciuta, rammento di discussioni tra loro, malinconia talvolta, bocconi obtorto collo. Ma da qui, alle violenze sessuali o quel tipo di malvagità che rammenta più le sette puritane di “scarlatta” memoria che luoghi di preghiera cattoliche ce ne passa.
Saranno strumentali o scopo propagandistico queste testimonianze? Me lo chiedo. Tutto qui.
2 Marzo, 2022 - 8:48
Clodine-Claudia Leo
“Abbiamo dovuto giocare secondo le regole del gioco per essere buone ragazzine. Ero così assoggettata che se qualcuna delle responsabili avesse voluto abusare di me sessualmente, l’avrei lasciata fare senza pensare che non doveva farlo. Pensavamo che qualsiasi cosa che ci veniva chiesto facesse parte della vita religiosa”».
INACCETTABILE!
2 Marzo, 2022 - 8:53
maria cristina venturi
Anche io sono stata educata dalle suore. E sono d’ accordo con quel che dice Clodine. Nessun lavaggio del cervello . Da ragazza del liceo ricordo che queste suore insegnanti che avevamo mi sembravano donne libere, colte, con personalita’ forte, non succubi di preti o di chicchessia, Anzi , la Madre superiora era una donna energica e intelligentissima , che nel suo studio riceveva prelati e uomini politici cattolici ,offrendo con magnanimita’ cognac e sigari!
Non nego che fra le monache vi siano ,come ovunque, persone psicologicamente fragili, impressionabili, che si lasciano tiranneggiare , che si prestano ai soprusi dei superiori , quasi masochiste, ma come ve ne sono ovunque, anche nei rapporti di coppia. Che la vita religiosa femminile sia ridotta alla categoria di ” povere vittime” mi ricorda tanto la polemica anti-religiosa francese dell’ Illuminismo che voleva aprire tutti i conventi e liberare le povere recluse ,schiave dell’ oscurantismo , supposte vittime che per la maggior parte dimostrarono di non voler essere liberate e di voler stare lì di loro volonta’ ! Vedi Dialoghi delle Carmelitane di Bernanos.
2 Marzo, 2022 - 9:04
Luigi Accattoli
Da persona che non firma ricevo questo messaggio:
Caro Luigi, questo argomento mi suscita delle riflessioni che altre volte ho avuto modo di trattare, in modo più ampio, essendo venuta a conoscenza di esperienze simili a quelle citate nel libro.
Rilevo innanzitutto che finalmente certi nodi della vita religiosa, maschile e femminile, vengono portati alla luce del sole. Fino a qualche anno fa , infatti, erano taciuti e chi osava parlarne sottovoce era considerato un visionario o addirittura un peccatore.
Mai mettere sotto accusa i consacrati/e. L’aureola della perfezione doveva proteggerli per sempre. Mai guardare in faccia la realtà che ne mostrava l’aspetto puramente umano con le conseguenze, forse negative forse no, che esso può comportare in TUTTE le creature umane. Come se fosse inammissibile che certi sentimenti che abitano normalmente gli esseri umani, debbano necessariamente neppure sfiorare chi ha scelto di dedicare la propria esistenza alla vita religiosa. La qual cosa significa, secondo molti, che bisogna troncare di netto col passato laico e rivestirsi di un abito totalmente nuovo, talvolta di un nome nuovo (per le monache), e di una personalità diversa da quella che alla nascita è stata data in dotazione dal Creatore. Una incredibile distorsione, questa sì, innaturale, malsana e in certi casi foriera di disturbi psicologici o psicosomatici difficili da curare.
Le persone più deboli soccombono, le altre più forti hanno la forza di ribellarsi e di lasciare l’abito o di denunciare le violenze subìte. Infatti anche l’obbedienza ha un limite. Una volta ebbi modo di discutere in modo acceso con una vecchia suora su questo.
Una cosa è certa: un superiore-uomo o donna- non ha il diritto di imporre la propria superiorità a chi si trova sottoposto nelle sue mansioni.
Che c’entra Dio in tutto questo? Assolutamente NIENTE. Ci dimentichiamo forse che ognuno ha, INVOLONTARIAMENTE, le proprie caratteristiche non omologabili a quelle di un altro? Che Dio non ha usato lo stampino nel creare la famiglia umana? E che dire del fatto che l’uomo è un essere libero e che Dio non pretende una fedeltà ASSOLUTA, mentre è Lui ad essere fedele sempre alle sue creature? Lui di certo può esserlo nella sua perfezione e nel suo Amore; l’uomo invece non può perché, ahimè, imperfetto e in crescita nella sua umanità fino all’ultimo respiro.
Dio fortunatamente non ignora i molteplici condizionamenti che possono limitare la libertà donata all’uomo, e ne tiene conto, io credo. Noi umani, al contrario, siamo pronti a giudicare i nostri simili (fratelli) perché non ne conosciamo i reconditi segreti che ne tessono la vita e i comportamenti. Da qui deriva una rigidezza di giudizio critico che smentisce la cristianità di chi si dice convintamente appartenente ad essa.
Una piccola curiosità: una mia zia, lontana dalle devozioni cristiane, soleva dire che quando si fosse trovata di fronte a Dio, avrebbe spiegato a Lui tanti suoi comportamenti e Lui avrebbe capito. Risate generali, naturalmente.
Un’altra cosa mi piace rilevare: non è affatto vero che Dio sta lassù in cielo, isolato, o quasi, in un Regno tutto suo da dove guarda e giudica severamente il mondo terreno, aspettando le nostre preghiere. Questo assunto è assurdo. Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo: questo si imparava da bambini. Il che vuol dire che la nostra vita, nel bene e nel male, procede insieme a Dio, che è il Vivente per eccellenza; nell’intimo di ognuno di noi è presente una scintilla divina, lo Spirito, che agisce anche quando le tenebre ci opprimono e ci fanno perdere ogni speranza. Le preghiere? Lui sa già di che cosa abbiamo bisogno e lascia a noi la responsabilità delle azioni. Si prega anche stando in silenzio di fronte a Lui, cercandolo nel cuore.
Diceva Bernanos: tutto è Grazia.
E il cardinal Martini: cercare di vedere in tutto quel che avviene l’azione dello Spirito.
3 Marzo, 2022 - 7:39
Amigoni p. Luigi
Rif. 1 marzo ore 22.11 – Veli di irresponsabilità
Del libro conosco solo quanto scritto nel blog, ma ho esperienza della problematica sottesa.
Di ogni testimonianza femminile data bisognerebbe sapere contesto, tempi, ambiente; e anche storia e regole dell’istituto interessato, e altre cose. Escludo tutto ciò che si possa riferire ad abusi e molestie sessuali, che credo abbiano riguardato, ieri come oggi, il mondo religioso femminile esattamente come quello maschile che è documentato nelle varie inchieste in più paesi. Mi riferisco allo “stile di potere” , agli abusi di potere e alle frustrazioni presenti nel mondo religioso femminile (e anche maschile).
1) Appartengo a una generazione (una delle ultime) a cui era possibile far emettere i primi voti a 17 anni. Io li ho emessi tre mesi prima dei 17 anni. Quattro anni dopo , grazie al Concilio, si cominciava ad emetterli solo a 20/21 anni e dopo.
A 18-19 anni noi (o alcuni noi) giovani studente religiosi ascoltavamo clandestinamente “Tutto il calcio minuto per minuto” della domenica e compravamo di nascosto ” La Gazzetta dello sport” sicuramente ogni lunedì. Due anni dopo, nel 1969, radio-sport della domenica e quotidiano sportivo del lunedì (e oltre) erano leciti e ufficialmente raccomandati.
Molta parte del mondo religioso femminile a “conquiste” simili e altre (vedi lettura della posta in arrivo e in partenza) è arrivata molti anni dopo e forse una certa parte non ancora.
2) Il documento Perfectae caritatis , il documento sulla vita religiosa, non il più coraggioso del concilio, in vari passi (n. 3, 8, 12, 14, 15, 18, 19, 20, 24) segnala e incoraggia a che regole, abitudini e superiori “reggano i sudditi come figli di Dio e con rispetto della persona umana”.
3) Il proliferare raffazzonato e sconsiderato di istituti femminili, soprattutto diocesani, in terra di missione e no, contro la raccomandazione del Concilio (documento citato n. 19) e contro altre normative vaticane, ha contribuito al resto.
La “tiritera” del carisma (per cui bastava una cordicella sopra la tonaca a far denominare, per esempio, come francescano/a ogni gruppo raccogliticcio di ragazzi e ragazze magari importate in Europa dal terzo mondo) ha generato non meno gravi irresponsabilità.
Sotto il velo delle religiose sono evidenti , e non nascosti, vari tipi di prepotenze psicologiche e pseudo cristiane, non imputabili solo a qualche superiora sconsiderata.
Salvatore Cernuzio
Il Velo del silenzio. abusi, Violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile
San Paolo 2021 – pagine 204 – euro 20.00
Il volume raccoglie le testimonianze di donne di tutto il mondo e di diverse età che, dopo anni di silenzio, hanno deciso di far sentire la loro voce. Salvatore Cernuzio (Crotone 1987) fa parte della redazione di Vatican News – Radio Vaticana
Indice
Prefazione di suor Nathalie Becquart
Introduzione di padre Giovanni Cucci
Nota dell’autore
TESTIMONIANZE
Anne-Marie
Marcela
Anna
Thérèse
Elizabeth
Aleksandra
A.
Vera
Maria Elena
Lucy
Magdalene
ELEMENTI DI VALUTAZIONE
Intervista al professor Tonino Cantelmi, psicologo e psicoterapeuta
L’obbedienza: aspetti teologici e giuridici, del professor Giorgio Giovanelli
Ringraziamenti
Rendo omaggio a queste donne. Questo libro di testimonianze ci fa sentire le grida e le sofferenze, troppo spesso taciute, di donne consacrate che sono entrate in comunità religiose per seguire Cristo e si sono trovate in preda a situazioni dolorose che, per la maggior parte di loro, le hanno portate a lasciare la vita consacrata.
L’autore ascolta le loro storie con empatia, per dare voce a donne ferite che cercano di ricostruirsi e di far sentire la loro esperienza, le loro lotte, la loro speranza. In questo modo, contribuisce ad aumentare la nostra consapevolezza dei problemi degli abusi nella vita religiosa, dando priorità all’ascolto delle vittime che non si sono sentite accolte, rispettate, riconosciute e ben accompagnate nella loro comunità. Voglio rendere omaggio a queste donne che hanno coraggiosamente accettato di parlare e dare la loro autentica testimonianza. Dobbiamo ascoltarle, sentirle e prendere coscienza che la vita consacrata nella sua diversità, come altre realtà ecclesiali, può generare sia il meglio che il peggio. Il meglio quando i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza sono proposti come un cammino di crescita umana e spirituale, un cammino di maturazione che fa crescere la libertà delle persone perché «l’autorità è chiamata a promuovere la dignità della persona». Il peggio quando i voti religiosi sono interpretati e attuati in modo da infantilizzare, opprimere o addirittura manipolare e distruggere le persone.
Dalla prefazione di suor Nathalie Becquart – sottosegretario della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi
Quando mia mamma è morta. Il vero punto di rottura tra Anne-Marie e le suore statunitensi avviene però nel 2015, quando nella vita della ragazza accade quello che descrive come l’evento più drammatico della sua vita: la morte della mamma a causa di un cancro. Anne-Marie è al primo anno di noviziato e la notizia della scomparsa di sua madre le viene comunicata dopo quasi una settimana, insieme
a quella che la comunità non le avrebbe pagato i biglietti aerei per partecipare al funerale in Camerun.
«Quando mia mamma è morta non mi hanno detto niente. Niente. La comunità della Nigeria ha chiamato quella di Minneapolis. Le suore mi hanno dato la notizia dopo diversi giorni, mi hanno vista ridere e scherzare e non hanno detto nulla. Quando l’ho saputo, ero immersa nei turni per la cucina. Nessuna delle altre sorelle ha avuto il pensiero di dirmi “riposati, stacca, sei sotto shock, ci penso io”. Ho continuato a pulire mentre mi sentivo sprofondare […].
Anne-Marie chiese di poter partire per l’Africa per visitare la sua famiglia, ma le suore le dissero che «il Diritto canonico non permette a una novizia di allontanarsi dal convento, anche per andare a fare funerali dei suoi genitori». «Ho chiesto alla madre: “Quale Gesù impedisce di seppellire i propri genitori?”. Mi rispose che la comunità non aveva i soldi per pagare il biglietto per un viaggio così lungo. Peccato che, qualche tempo dopo, appena appreso che sua sorella stesse poco bene, è partita per la Polonia».
Dalla testimonianza di Anne-Marie – pp. 61s
Quando una compagna spariva. «Non appena una ragazza, una donna entra in Congregazione, viene eliminato tutto ciò che riguarda l’identità personale, quindi l’acconciatura dei capelli, lo stile degli occhiali, le scarpe e l’abbigliamento, la biancheria intima. Parlare di esperienze personali passate di qualsiasi tipo è proibito; la posta in entrata e in uscita viene letta e controllata; le chiamate e le visite a casa sono estremamente limitate. Proibita pure qualsiasi forma di relazione interpersonale o uno spazio di privacy. Si dorme in grandi dormitori, si mangia lo stesso cibo e le stesse porzioni di cibo, si chiede il permesso per tutto, compreso l’uso del bagno.
Io e le mie compagne non avevamo accesso a nessuna risorsa finanziaria. Ci era limitata l’igiene personale e venivamo controllate nel leggere, guardare la televisione o ascoltare la radio.
Quando una compagna spariva, nessuna poteva salutarla, né più parlare di lei, tanto meno potevamo provare a metterci in contatto. Si veniva premiati se ci si adeguava, così come si veniva puniti in vari modi per aver osato mettere in discussione anche piccole cose. Essendo una persona molto inquisitoria e curiosa, era normale per me iniziare una frase con “I
wonder”. Poco dopo che sono entrata, la suora responsabile mi ha proibito l’uso di questa espressione.
Pensavamo che tutto questo facesse parte della vita religiosa e ci adattavamo di conseguenza. L’alternativa era andarsene e commettere quello che le più grandi definivano un peccato gravissimo.
Recentemente, parlando con una mia compagna, ricordando gli anni subito dopo che siamo entrate in Congregazione, lei mi detto di aver nutrito ammirazione nei miei confronti per aver mantenuto la mia libertà personale. Era anche molto sorpresa dei ricordi mantenuti di quella fase della vita vissuta insieme. Lei non ricordava quasi nulla: “Ho bloccato quella parte della mia vita nella mia memoria”, mi ha detto. “Abbiamo dovuto giocare secondo le regole del gioco per essere buone ragazzine. Ero così assoggettata che se qualcuna delle responsabili avesse voluto abusare di me sessualmente, l’avrei lasciata fare senza pensare che non doveva farlo. Pensavamo che qualsiasi cosa che ci veniva chiesto facesse parte della vita religiosa”».
Dalla testimonianza di Elizabeth – pagine 100ss
Disse che noi suore provocavamo i sacerdoti. Aleksandra raccontata degli abusi subiti dal sacerdote che l’affiancava in un progetto interno all’istituto. Quel progetto, un centro di spiritualità per aiutare giovani donne che volevano avvicinarsi alla vita religiosa a intraprendere un percorso di discernimento, era una creatura di Aleksandra. Ci aveva lavorato giorno e notte per metterlo in piedi, aveva impiegato pure i suoi studi pregressi in psicologia, abbandonati per assecondare il fuoco della vocazione. La superiora, della sua stessa nazionalità, di poco più anziana, sempre restia a ogni novità, aveva accettato di avviare l’iniziativa. Ma dopo poche settimane aveva deciso che insieme ad Aleksandra, fondatrice e guida del centro, ci fosse un sacerdote della diocesi, padre Dariusz, da sempre molto vicino all’istituto. «Inizialmente è stato un grosso aiuto, poi ha iniziato
ad avere atteggiamenti strani, finché ha cominciato a cercare la mia vicinanza fisica. Quei primi apprezzamenti sono diventate molestie fino a sfociare in un vero e proprio abuso. Ho reagito da subito, ma non ha smesso. Non ricordo l’ora, non ricordo il luogo, non ricordo i dettagli… Non voglio farlo perché ho voluto rimuovere tutto. So solo che quel giorno qualcosa si è spezzato dentro la mia anima».
Aleksandra ha subito informato la superiora della situazione. «È rimasta impassibile, ma magari quella poteva essere una mia impressione. A distruggermi è stata la sua risposta: mi disse che anche altre si erano lamentate di questioni simili e che evidentemente, se accadeva, era perché noi suore provocavamo i sacerdoti».
Dalla testimonianza di Alexandra – pagine 111s
La parola a Salvatore Cernuzio. Tanti, troppi, i comuni denominatori nelle storie di queste religiose ed ex religiose, che pur provengono da latitudini e background completamente differenti. E che fanno pensare che non si tratti di singoli casi, in cui a rimetterci sarebbero donne particolarmente fragili, tendenti alla depressione o troppo deboli e “pazze” per reagire, ma che evidentemente sia presente un sistema malsano, basato su strutture di potere e su quel clericalismo che papa Francesco in diverse occasioni ha stigmatizzato come un «cancro» per la Chiesa. Clericalismo inteso come quel surplus di grazia di cui superiori, fondatrici, maestre delle novizie o gli stessi padri spirituali si ammantano, decidendo sulla sorte di questa o quell’altra candidata, facendola precipitare in uno status di debolezza e soggezione che la rende anche facile preda di violenze. Fisiche e psicologiche.
Dalla “Nota dell’autore” – pp. 41s
Mia nota. Il libretto del collega Cernuzio è utile a fare luce su un pianeta oscuro purchè si eviti di farne una lettura scandalistica, o limitata alle testimonianze che riporta. Quelle testimonianze, per un adeguato apprezzamento, vanno collocate nel contesto saggistico che lo stesso libretto offre a loro corredo (vedi sopra, alla voce Indice) e nella filiera delle principali pubblicazioni sull’argomento. Ricordo, a mo’ d’esempio, qualche titolo:
– Rapporto O’Donohue-Fangaman [sugli abusi sessuali ai danni di religiose nell’insieme della cattolicità], Regno documenti 7/2001, 2019-228
– Benedetto XVI, La Chiesa e gli abusi sessuali, Corriere della Sera, 11 aprile 2019
– Dom Dysmas de Lassus, Risques et dérives de la vie religieuse, Paris, Cerf, 2020 [indagine sulle caratteristiche malate della vita religiosa e sulle strutture che le diffondono].
– Giovanni Cucci, Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile, La Civiltà Cattolica 2020 III, pp. 218-226
– Rompere il silenzio. Intervista a suor Josèe Ngalula sulla violenza sulle donne in Africa e nella Chiesa africana, Regno attualità 2/2022, 52s [suor Josèe Ngalula è la prima africana presente nella Commissione teologica internazionale]
La presenza nel volumetto di un nuovo testo del padre Cucci costituisce una garanzia di attendibilità e di equilibrio quanto al taglio dato da Cernuzio all’ardua materia. Eccone un brano: “Le storie narrate in questo libro mostrano come il tema dell’obbedienza sia stato per troppo tempo frainteso: il superiore/a non è un tiranno o un sovrano assoluto, ma è posto al servizio della comunità. Tiene il posto di Dio nella misura in cui considera il suddito come colui che tiene il posto di Cristo. Se lo maltratta, maltratta Cristo. Il dovere di obbedire corre parallelo al dovere di esercitare la paternità e maternità spirituali” (Introduzione, p. 20).
Dico il mio grazie dal padre Cucci e al collega Cernuzio.
Ho letto, Luigi, con grande interesse.
Testimonianze forti, fatti che raccontano di sudditanze psicologiche di ragazze , donne, in procinto di abbracciare uno stile di vita particolarmente impegnativo, denso di sfide, simile per certi aspetti al matrimonio : stesso impegno di fedeltà, stessi compromessi.. Per fedeltà, non penso s’intenda prostrarsi alle voglie di chiunque dica : fai questo o compiacimi in quest’altro. No! Assolutamente. Fedeltà è sempre riferita alla Parola di Dio, laddove si fa una promessa che sia matrimonio o vita consacrata è sempre con Dio che si stringe un patto. Tra i due (uomo /donna nel matrimonio- consacrato/ comunità, nella vita consacrata) c’è sempre quel Terzo”, o Suprema Istanza : Dio, e a quella dobbiamo obbedire in ottemperanza ai comandamenti . Per questo anche il divorzio e il concubinato a parer mio rappresenta un tradimento nei confronti della Parola di Dio. Si sceglie di lasciare e proseguire da sola il cammino, oppure restare in ottemperanza al precetto della Carità. Ma oltraggiare la santità personale per compiacere chicchessia : MAI! nessuno può costringere una donna a fare “giochini illeciti”, né obbedire ad assurde richieste, o subire ingerenze supinamente. Riconosco certa demoniaca cattiveria insita in alcune persone , consacrati inclusi, ma accettare l’indecenza per non contrastare il superiore /a in un’età in cui sei responsabile delle proprie azioni…..boh…mi lascia perplessa.
In base alla mia esperienza , che con le suore sono cresciuta, rammento di discussioni tra loro, malinconia talvolta, bocconi obtorto collo. Ma da qui, alle violenze sessuali o quel tipo di malvagità che rammenta più le sette puritane di “scarlatta” memoria che luoghi di preghiera cattoliche ce ne passa.
Saranno strumentali o scopo propagandistico queste testimonianze? Me lo chiedo. Tutto qui.
“Abbiamo dovuto giocare secondo le regole del gioco per essere buone ragazzine. Ero così assoggettata che se qualcuna delle responsabili avesse voluto abusare di me sessualmente, l’avrei lasciata fare senza pensare che non doveva farlo. Pensavamo che qualsiasi cosa che ci veniva chiesto facesse parte della vita religiosa”».
INACCETTABILE!
Anche io sono stata educata dalle suore. E sono d’ accordo con quel che dice Clodine. Nessun lavaggio del cervello . Da ragazza del liceo ricordo che queste suore insegnanti che avevamo mi sembravano donne libere, colte, con personalita’ forte, non succubi di preti o di chicchessia, Anzi , la Madre superiora era una donna energica e intelligentissima , che nel suo studio riceveva prelati e uomini politici cattolici ,offrendo con magnanimita’ cognac e sigari!
Non nego che fra le monache vi siano ,come ovunque, persone psicologicamente fragili, impressionabili, che si lasciano tiranneggiare , che si prestano ai soprusi dei superiori , quasi masochiste, ma come ve ne sono ovunque, anche nei rapporti di coppia. Che la vita religiosa femminile sia ridotta alla categoria di ” povere vittime” mi ricorda tanto la polemica anti-religiosa francese dell’ Illuminismo che voleva aprire tutti i conventi e liberare le povere recluse ,schiave dell’ oscurantismo , supposte vittime che per la maggior parte dimostrarono di non voler essere liberate e di voler stare lì di loro volonta’ ! Vedi Dialoghi delle Carmelitane di Bernanos.
Da persona che non firma ricevo questo messaggio:
Caro Luigi, questo argomento mi suscita delle riflessioni che altre volte ho avuto modo di trattare, in modo più ampio, essendo venuta a conoscenza di esperienze simili a quelle citate nel libro.
Rilevo innanzitutto che finalmente certi nodi della vita religiosa, maschile e femminile, vengono portati alla luce del sole. Fino a qualche anno fa , infatti, erano taciuti e chi osava parlarne sottovoce era considerato un visionario o addirittura un peccatore.
Mai mettere sotto accusa i consacrati/e. L’aureola della perfezione doveva proteggerli per sempre. Mai guardare in faccia la realtà che ne mostrava l’aspetto puramente umano con le conseguenze, forse negative forse no, che esso può comportare in TUTTE le creature umane. Come se fosse inammissibile che certi sentimenti che abitano normalmente gli esseri umani, debbano necessariamente neppure sfiorare chi ha scelto di dedicare la propria esistenza alla vita religiosa. La qual cosa significa, secondo molti, che bisogna troncare di netto col passato laico e rivestirsi di un abito totalmente nuovo, talvolta di un nome nuovo (per le monache), e di una personalità diversa da quella che alla nascita è stata data in dotazione dal Creatore. Una incredibile distorsione, questa sì, innaturale, malsana e in certi casi foriera di disturbi psicologici o psicosomatici difficili da curare.
Le persone più deboli soccombono, le altre più forti hanno la forza di ribellarsi e di lasciare l’abito o di denunciare le violenze subìte. Infatti anche l’obbedienza ha un limite. Una volta ebbi modo di discutere in modo acceso con una vecchia suora su questo.
Una cosa è certa: un superiore-uomo o donna- non ha il diritto di imporre la propria superiorità a chi si trova sottoposto nelle sue mansioni.
Che c’entra Dio in tutto questo? Assolutamente NIENTE. Ci dimentichiamo forse che ognuno ha, INVOLONTARIAMENTE, le proprie caratteristiche non omologabili a quelle di un altro? Che Dio non ha usato lo stampino nel creare la famiglia umana? E che dire del fatto che l’uomo è un essere libero e che Dio non pretende una fedeltà ASSOLUTA, mentre è Lui ad essere fedele sempre alle sue creature? Lui di certo può esserlo nella sua perfezione e nel suo Amore; l’uomo invece non può perché, ahimè, imperfetto e in crescita nella sua umanità fino all’ultimo respiro.
Dio fortunatamente non ignora i molteplici condizionamenti che possono limitare la libertà donata all’uomo, e ne tiene conto, io credo. Noi umani, al contrario, siamo pronti a giudicare i nostri simili (fratelli) perché non ne conosciamo i reconditi segreti che ne tessono la vita e i comportamenti. Da qui deriva una rigidezza di giudizio critico che smentisce la cristianità di chi si dice convintamente appartenente ad essa.
Una piccola curiosità: una mia zia, lontana dalle devozioni cristiane, soleva dire che quando si fosse trovata di fronte a Dio, avrebbe spiegato a Lui tanti suoi comportamenti e Lui avrebbe capito. Risate generali, naturalmente.
Un’altra cosa mi piace rilevare: non è affatto vero che Dio sta lassù in cielo, isolato, o quasi, in un Regno tutto suo da dove guarda e giudica severamente il mondo terreno, aspettando le nostre preghiere. Questo assunto è assurdo. Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo: questo si imparava da bambini. Il che vuol dire che la nostra vita, nel bene e nel male, procede insieme a Dio, che è il Vivente per eccellenza; nell’intimo di ognuno di noi è presente una scintilla divina, lo Spirito, che agisce anche quando le tenebre ci opprimono e ci fanno perdere ogni speranza. Le preghiere? Lui sa già di che cosa abbiamo bisogno e lascia a noi la responsabilità delle azioni. Si prega anche stando in silenzio di fronte a Lui, cercandolo nel cuore.
Diceva Bernanos: tutto è Grazia.
E il cardinal Martini: cercare di vedere in tutto quel che avviene l’azione dello Spirito.
Rif. 1 marzo ore 22.11 – Veli di irresponsabilità
Del libro conosco solo quanto scritto nel blog, ma ho esperienza della problematica sottesa.
Di ogni testimonianza femminile data bisognerebbe sapere contesto, tempi, ambiente; e anche storia e regole dell’istituto interessato, e altre cose. Escludo tutto ciò che si possa riferire ad abusi e molestie sessuali, che credo abbiano riguardato, ieri come oggi, il mondo religioso femminile esattamente come quello maschile che è documentato nelle varie inchieste in più paesi. Mi riferisco allo “stile di potere” , agli abusi di potere e alle frustrazioni presenti nel mondo religioso femminile (e anche maschile).
1) Appartengo a una generazione (una delle ultime) a cui era possibile far emettere i primi voti a 17 anni. Io li ho emessi tre mesi prima dei 17 anni. Quattro anni dopo , grazie al Concilio, si cominciava ad emetterli solo a 20/21 anni e dopo.
A 18-19 anni noi (o alcuni noi) giovani studente religiosi ascoltavamo clandestinamente “Tutto il calcio minuto per minuto” della domenica e compravamo di nascosto ” La Gazzetta dello sport” sicuramente ogni lunedì. Due anni dopo, nel 1969, radio-sport della domenica e quotidiano sportivo del lunedì (e oltre) erano leciti e ufficialmente raccomandati.
Molta parte del mondo religioso femminile a “conquiste” simili e altre (vedi lettura della posta in arrivo e in partenza) è arrivata molti anni dopo e forse una certa parte non ancora.
2) Il documento Perfectae caritatis , il documento sulla vita religiosa, non il più coraggioso del concilio, in vari passi (n. 3, 8, 12, 14, 15, 18, 19, 20, 24) segnala e incoraggia a che regole, abitudini e superiori “reggano i sudditi come figli di Dio e con rispetto della persona umana”.
3) Il proliferare raffazzonato e sconsiderato di istituti femminili, soprattutto diocesani, in terra di missione e no, contro la raccomandazione del Concilio (documento citato n. 19) e contro altre normative vaticane, ha contribuito al resto.
La “tiritera” del carisma (per cui bastava una cordicella sopra la tonaca a far denominare, per esempio, come francescano/a ogni gruppo raccogliticcio di ragazzi e ragazze magari importate in Europa dal terzo mondo) ha generato non meno gravi irresponsabilità.
Sotto il velo delle religiose sono evidenti , e non nascosti, vari tipi di prepotenze psicologiche e pseudo cristiane, non imputabili solo a qualche superiora sconsiderata.