Ecco la registrazione audio della serata:
Quel giorno che Salomè danzò e fece perdere la testa al tetrarca Erode
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De pictura sacra. Nella lectio citai il trattatello del cardinale Federico Borromeo intitolato “De pictura sacra” (1599), attribuendolo per lapsus a Carlo Borromeo. Oltre a riconoscere l’errore – subito segnalato da una partecipante al collegamento Zoom – richiamo quella citazione per darla nella sua precisione verbale: essa riguardava la raccomandazione del Borromeo ai pittori di non dimenticare – narrando il martirio di Giovanni il Battista – di “ritrarre il tetro e orrendo carcere”. Come per esempio fa il Caravaggio nella “decollazione” (1608) che dipinse nella concattedrale della Valletta, a Malta.
Lo stiacciato del Donatello. Preciso anche che il “Banchetto di Erode” del Donatello, del quale pure si parlò nella serata fu realizzato tra il 1423 e il 1427 per il Battistero della Cattedrale di Siena, dove ancora si trova.
Messaggero che spiana la via. Riporto infine un brano del teologo Hans Urs von Balthasar sulla figura del Battista, utile a intendere l’eccezionalità del precursore, brano che avevo intenzione di evocare nella lectio, ma che poi mi è sfuggito: “Nessuna figura si staglia nella Bibbia più solitaria del Battista, che non appartiene del tutto nè all’Antico nè al Nuovo Testamento […]. Egli sa di rappresentare uno spartiacque e come tale lo caratterizza pure Gesù: da una parte egli è il più grande dei nati da donna, dall’altra il più piccolo nel Regno di Dio è più grande di lui (Matteo 11, 11). “Più che un profeta” (ivi 9). E chi ci può essere nel Patto antico di più grande di un profeta? Il messaggero che spiana la via, l’Elia dei tempi ultimi, come Gesù lo identifica, colui che dovrebbe annunciare uno più grande di lui e che tuttavia non può neanche individuarlo con certezza sopra l’abisso divisorio delle due economie: ‘Sei tu colui che deve venire, o ne dobbiamo aspettare un altro?’ (Matteo 11, 3)”.
Hans Urs Von Balthasar, Il Battista, nel volume Tu hai parole di vita eterna, Jaka Book 1992, pp. 27-29
“Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto” (Lc 1, 17).
Il Battista orienta ad aprire varchi nuovi nelle mentalità.
Dai tempi di Giovanni Battista fino ad ora il regno dei cieli subisce violenza ed i violenti se ne impadroniscono. Brano interpretato non di rado come violenza su sé stessi invece che sugli altri. Ma il contesto può forse più facilmente indurre a leggere un aiuto a non lasciarsi confondere dalla fine drammatica di Giovanni e poi di Gesù ne’ dai poteri che le hanno decretate.
https://gpcentofanti.altervista.org/come-ha-guidato-gesu-la-chiesa-nascente/ il Battista è anche un piccolo del regno dei cieli. Lo so vede per esempio quando chiede a Gesù se è colui che deve venire. È una domanda non concettuale ma nella fede, con la fiducia che arriverà una risposta nella grazia. E infatti Gesù risponderà a misura per Giovanni, aggiungendo a manifestazioni di sé già espresse: i morti risuscitano e beato chi non si scandalizza di me.
Il Battista ci rimette la testa, ma che diremo di Erode? Praticamente obbligato a fare quello che non vuole, prigioniero del suo stesso potere, della paura di perderlo, della paura di perdere la faccia di fronte ai notabili che siedono alla sua mensa.
Anche in questo aspetto, quello che accadrà tra Gesù e Pilato è in sorprendente analogia.