Margherita di Città di Castello patrona dei ciechi e degli scartati
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Luigi Accattoli
Venerdì a Castello. All’appuntamento di venerdì abbiamo parlato in tre: lo storico della diocesi di Città di Castello don Andrea Czortek, Pierluigi Licciardello (ambedue tra gli autori del volume che si presentava: Santa Margherita della Metola o di Città di Castello nei secoli XIII-XIV a cura di Anna Falcioni) e io. L’incontro è avvenuto nell’AUDITORIUM “SAN GIOVANNI DECOLLATO”. Qui trovi la registrazione video dei tre interventi (il mio viene per ultimo): https://youtu.be/-GnFN5LSsyY
Che cosa può insegnarci oggi Santa Margherita di Città di Castello. Toccherò quattro punti di possibile attualità – quantomeno simbolica – della figura di Santa Margherita:
– derelitta che si fa apostola dei derelitti;
– una figura antica che viene proclamata oggi patrona dei non vedenti e degli emarginati;
– una “leggenda” coinvolgente che invita a paragonare il cristianesimo d’allora e quello di oggi;
– un’attualità di santa della città, senza famiglia e senza casa, che ha singolari punti di contatto con la figura di San Benedetto Giuseppe Labre (Amettes, Francia 1748 – Roma 1783).
Margherita è donna delle beatitudini e del rovesciamento. Le beatitudini sono rovesciamenti dell’umano: “beati i poveri, gli afflitti, i piangenti”. Come tribolata che soccorre i tribolati, questa piccola donna è una viva immagine dei rovesciamenti evangelici. La derelitta Margherita che si fa apostola dei derelitti ci richiama a Luca 14, 21: “Esci per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi”. Margherita, che era tutto questo – abbandonata dai genitori, rachitica, cieca e zoppa – una volta entrata nel banchetto si è adoperata a tirare in esso ogni altro derelitto.
22 Novembre, 2021 - 22:32
Luigi Accattoli
Viene spontaneo un paragone d’immagine con Benedetto Giuseppe Labre: altro santo dei tempi andati, girovago e senza fissa dimora, anche lui santo di città, che questua per aiutare chi è più povero di lui e che ai poveri insegna il poco che sa; portatore di straordinari segni d’attualità in un’epoca che vede un ritorno tumultuoso di poveri per le vie d’ogni città. Ora che tanta umanità torna randagia, ogni santo derelitto, ramingo e quasi dimenticato torna a noi attuale e fraterno.
In questa prospettiva, dell’invocazione della misericordia del Signore sugli invisibili delle città, i due santi a me più cari sono proprio Margherita e Benedetto Giuseppe.
Ho conosciuto la “leggenda” di Santa Margherita seguendo la divulgazione che ne ha fatto lo storico dell’Ordine domenicano William R. Bonniwell nel volumetto Margherita di Città di Castello. Vivere nella luce (Città nuova 2002, edizione inglese del 1983). Trovo geniale il sottotitolo “vivere nella luce” posto a logo della vicenda di una “cieca negli occhi corporali”, come si esprime la Leggenda breve” della santa. Il mio interesse per la beata era nato da quella lettura e dall’immagine di Margherita che è sulla copertina di quel libro, che la raffigura veggente e che irradia luce dai vivissimi occhi. L’immagine – nel volumetto – è accompagnata da questa didascalia: “Maestro delle Effigi Domenicane, Margherita di Città di Castello (Secolo XIV). Venezia – Museo civico vetrario (Murano)”. Da quando ho imparato ad amare quell’immagine essa mi soccorre quando prego il Salmo 35: “Nella tua luce vedremo la luce”.
In occasione di una mia precedente venuta a Castello lessi in aggiunta il volume di Ubaldo Valentini: Beata Margherita de La Metola: una sfida alla emarginazione (Petruzzi 1988). In vista dell’appuntamento di oggi ho scorso questo volume che stiamo presentando [AAVV, Santa Margherita della Metola o di Città di Castello nei secoli XIII-XIV a cura di Anna Falcioni, Ancona 2021, pp. 5015], straordinariamente ricco nella ricostruzione della figura della nostra santa tra storia e leggenda, e ne sono grato agli autori. In questa conversazione io non pretendo di fare considerazioni da storico, che non sono, ma da giornalista amico dei santi: mirate cioè alla comprensione del nostro tempo più che di quello antico. Ho indicato le poche letture solo per segnalare le fonti dei dati di fatto che richiamerò.
22 Novembre, 2021 - 22:33
Luigi Accattoli
Margherita abbandonata dai genitori viene adottata dai mendicanti, che le insegnano a mendicare. Passa per un monastero dal quale presto viene cacciata per disaccordo con la sua severità di vita e di penitenza, viene ospitata da persone “credenti e devote” e dimora a lungo “nella casa di Venturino e di sua moglie Grigia”. Trascorre giorni e notti in preghiera nella chiesa della Carità. Visita carcerati, malati, moribondi, poveri d’ogni povertà. In città la vedono ogni giorno correre come può dai bisognosi, cieca e zoppa, appoggiandosi a un bastone e camminando lungo i muri. Qui l’insegnamento c’è tutto: noi oggi abbiamo esperienza frequente di disabili che dalla sedia a rotelle o dalla tastiera del computer sono di aiuto al prossimo e spesso si fanno animatori della lotta alla disabilità.
Margherita, ormai amata da tutti, muore – consumata dalle penitenze e più ancora dall’amore di Dio e dei fratelli – a 33 anni: leggendo in questo volume del probabile aggiustamento di quell’età, da parte dell’agiografo, a richiamo degli anni di Cristo, non ho potuto non pensare alle malposte fatiche degli autori delle leggende dei santi per raccordarle ai vangeli, stante il fatto che oggi stimiamo gli anni di Cristo piuttosto sui 39 o 40 invece che sui 33: nulla al mondo riesce a restare stabile, neanche le età dei santi.
L’ammirazione per la pietà e per la carità della piccola santa della Metola e di Città di Castello è durata fino a oggi e anzi oggi ha ripreso a crescere in vari paesi, a riprova della sua attualità. Nel 1988 su istanza dei vescovi di Urbino e Città di Castello la Congregazione vaticana per il culto divino la proclama “Patrona presso Dio di quanti sono chiamati comunemente non vedenti ed emarginati”. Questa proclamazione basta da sola a segnalare l’attualità della sua figura. Rimarcata ancora di più dalla decisione di Papa Francesco di proclamarla santa con un atto di canonizzazione equipollente (24 aprile 2021).
22 Novembre, 2021 - 22:35
Luigi Accattoli
Gli anni dell’avventura cristiana di Margherita sono quelli in cui Dante compone la Divina Commedia. Quell’umanità credente e peccatrice che ci esalta e ci atterrisce nelle terzine dantesche è la stessa che incontriamo nelle stagioni drammatiche e in quelle serene della vita di Margherita.
Un’umanità grande, la cui vocazione cristiana è stata mirabilmente espressa – oltre che da Dante – da altre genialità comunicative dell’epoca come Giotto e come Giovanni Pisano. E pare che i tre, Dante, Giotto, Giovanni, si siano trovati in contemporanea a scrivere, dipingere, scolpire in uno degli anni d’inizio Trecento in Padova, quando più o meno Margherita doveva essere sulla prima giovinezza: cioè al primo configurarsi della sua creativa dedizione ai poveri e a Cristo “il vero povero”.
Eppure anche quell’umanità grande – di una lampante grandezza cristiana – aveva i suoi limiti quanto alle esigenze di un pieno umanesimo e della stessa vocazione evangelica. La vicenda personale di Margherita ci dice che ogni epoca quanto alla sequela di Cristo ha la sua grazia e la sua disgrazia: allora, per esempio, avevano facile la fede nel miracolo ma difficile l’accettazione del menomato e del diverso. Noi siamo pronti a soccorrere il prossimo ma renitenti all’accoglienza del mistero.
I genitori di Margherita non hanno nessuna difficoltà a credere nel miracolo che vanno a invocare per la figlia al “sepolcro di un sant’uomo dell’Ordine dei Minori” appena tumulato qui a Città di Castello. Una fede per noi ardua. Ma hanno remore per noi incredibili ad amare la figlia tribolata, che abbandonano – o allontanano – una volta constatato che il miracolo non arriva.
22 Novembre, 2021 - 22:40
Luigi Accattoli
Non solo nelle famiglie ma anche nella Chiesa a quel tempo – e poi ancora, per secoli – i menomati venivano nascosti. Per essere ammessi agli ordini sacri o alla professione religiosa occorreva dimostrare di essere figli legittimi e di non avere gravi difetti fisici. Chi non era in regola, restava “terziario”. Il cambiamento della disciplina è arrivato in questi ultimi decenni: il primo fu il cardinale Martini ad approvare a Milano, alla fine del secolo scorso, una famiglia religiosa riservata a donne disabili.
Santa Margherita è precorritrice del protagonismo dei disabili, sia nell’aiuto al prossimo sia nel ruolo di apostola. Ci vogliono molti santi e molti secoli per cogliere in pienezza, comunitariamente, i precetti evangelici. Anche quando sono così espliciti come nel caso della precedenza da accordare ai derelitti.
Io credo che sulla questione fede-carità ci troviamo oggi di fronte all’esigenza di un rovesciamento dell’itinerario pedagogico tradizionale: si partiva dalla fede e in nome della fede in Dio si richiamava il credente al compito della carità; oggi dovremmo partire dalla carità, che è comprensibile all’umanità contemporanea, e da essa risalire alla fede in colui che è carità: “Deus caritas est”.
L’esercizio della carità come iniziazione cristiana. Santa Margherita apostola degli emarginati può soccorrerci su questa via.
Questo è il mio resoconto della presentazione del libro su Santa Margherita alla quale ha partecipato Luigi Accattoli:
Presentazione libro Santa Margherita.
E’ noto a tutti che Margherita della Metola o di Città di Castello, morta da ormai più di 700 anni, è stata dichiarata Santa per equipollenza da Papa Francesco il 24 aprile 2021. Tanti sono stati gli eventi attivati in questa occasione. L’ultima iniziativa al riguardo è stata la presentazione dell’importante ed ampio testo patrocinato dalla Deputazione di Storia Patria per le Marche Santa Margherita della Metola o di Città di Castello nel secoli XIII e XIV, a cura di Anna Falcioni.
Un incontro si è svolto a Città di Castello nella ex chiesa di San Giovanni decollato. Ha coordinato i lavori don Andrea Czortek, che ha innanzi tutto introdotto il saluto del vescovo Mons. Domenico Cancian, il quale ha fatto notare che questo testo era stato iniziato prima della canonizzazione, ma che il diffondersi della pandemia aveva bloccato i lavori. L’iniziativa è stata ripresa e portata a termine dopo il miglioramento della situazione sanitaria. Si è deciso poi di organizzare presentazioni in varie sedi, per diffondere meglio l’opera.
I relatori chiamati per la presentazione del testo a Città di Castello sono stati il dott. don Andrea Czortek, direttore della Biblioteca e dell’archivio diocesano, il prof. Pierluigi Licciardello dell’Università di Bologna, e il giornalista vaticanista Luigi Accattoli.
Andrea Czortek ha delineato i vari filoni di ricerca nei quali si può suddividere il libro. I primi contributi riguardano l’ambiente storico nel quale si è svolta la vita di Santa Margherita. Anna Falcioni ha parlato della condizione femminile nell’epoca, Furio Cappelli dei temi “casa e famiglia” e “povertà e assistenza”, Fabio Bricca del castello della Metola. Agli aspetti della vita degli ordini religiosi e delle confraternite si sono dedicati Andrea Czortek, Annalisa Bini e Fabio Bricca. Delle notizie biografiche su Santa Margherita e su aspetti dell’Ordine domenicano hanno parlato Alessandra Bartolomei Romagnoli (che sta trascrivendo una sconosciuta vita in volgare della Santa), Davide Tonti, Gianni Festa O.P., Pierluigi Licciardello. Al tema dell’iconografia si è dedicata Anna Fucili.
Ha quindi preso la parola Pierluigi Licciardello, studioso esperto della Legenda maior e della Legenda minor relative alla vita di Santa Margherita. Lo studioso ha fatto notare che l’autore della Legenda maior era un canonico della cattedrale che aveva nutrito all’inizio molti dubbi sulla santità di Margherita, ma che poi gradualmente si era dovuto ricredere. Il Prof. Licciardello ha anche parlato della testimonianza di Ubertino da Casale, resa quando ancora Margherita era viva. Ha inoltre sottolineato l’importanza dei miracoli alla fine del Medioevo; 34 sono quelli attribuiti a Santa Margherita.
Il giornalista Luigi Accattoli ha parlato delle caratteristiche della santità di Margherita. Ha citato alcuni passi del Vangelo utili a delineare questo aspetto: in primo luogo le Beatitudini, ed inoltre il passo del Vangelo di Luca nel quale si narra la “parabola del banchetto”, al quale vengono invitati “poveri, ciechi e zoppi”, caratteristiche che la Santa aveva. La Chiesa però, fino al pontificato di Paolo VI, non ha dato spazio ai disabili nella vita religiosa. Margherita infatti era solo una terziaria domenicana. Era cieca e deforme, ma la necessità di essere aiutata non le impedì poi di aiutare e di ammaestrare gli altri. Ella rappresenta inoltre un modo diverso di incarnare la santità rispetto ai secoli precedenti. Dal Monachesimo e dalla solitudine di coloro che aspiravano alla perfezione si è passati alla santità vissuta insieme agli altri, per soccorrere, ammaestrare ed evangelizzare. Esempi sono San Francesco e Margherita; qualche secolo dopo questo ha costituito la caratteristica della vita di Benedetto Giuseppe Labre.
Tali in sintesi sono i temi trattati nell’incontro, al quale era presente la prof. Daniela Bambini, che tanto si è prodigata per avviare allo sport ragazzi svantaggiati e non vedenti, appoggiandosi appunto all’Istituto Beata Margherita, che importanza rilevante ha avuto nella vita della nostra città.
Il video dell’intero evento, realizzato da Gregorio Chiarioni, può essere visionato in Youtube.
” Il mio interesse per la beata era nato da quella lettura e dall’immagine di Margherita che è sulla copertina di quel libro, che la raffigura veggente e che irradia luce dai vivissimi occhi. L’immagine – nel volumetto – è accompagnata da questa didascalia: “Maestro delle Effigi Domenicane, Margherita di Città di Castello (Secolo XIV). Venezia – Museo civico vetrario (Murano)”. Da quando ho imparato ad amare quell’immagine essa mi soccorre quando prego il Salmo 35: “Nella tua luce vedremo la luce” (parole di Luigi qui sopra).
Una donna che per una grande grazia ricevuta si è lasciata portare con fiducia da Dio. https://gpcentofanti.altervista.org/ascolto/
Carissimo Luigi.
Ho letto con grande interesse e ti ringrazio di cuore per la straordinaria capacità che sempre ti contraddistingue di far percepire visivamente tutto quanto vai scrivendo . Ti confesso, di essere rimasta profondamente colpita dalla vicenda umana di questa Santa che, per quanto da sempre interessata all’agiografia, non ebbi mai modo di approfondire!
Perché, mi chiedo, questa fulgida testimone della vera Carità , per come la intende la Parola di Dio, che è altro della semplice bontà o dal bisogno di “fare il bene” , è stata accolta in paesi stranieri, dall’America alle Filippine e fin da 1800 si hanno testimonianze di miracoli e ,assai meno , se non dimenticata del tutto, in Patria? E’ domanda che mi pongo. Certo, una vita punteggiata da un dolore indicibile , vissuta nel silenzio, lascia sgomenti.
Tuttavia, proprio su questa traccia ,non paragonerei la realtà sociale in cui Ella visse, caratterizzata da vera miseria, la più atroce, cupa, nera miseria , schifosissima miseria, inimmaginabile per noi , foss’anche per un profugo, un qualsiasi derelitto, che oggi viene in qualche modo sottratto. Nulla potrebbe mai essere paragonabile: nessuna disabilità, potrà mai toccare il fondo, come in quel tempo infausto per cui bastava rompersi un osso, un qualsiasi incidente all’ordine del giorno per rendere inabili al lavoro e quindi destinati all’inedia. Ed epidemie, freddo, malattia inguaribili facevano il resto…nulla potrà mai essere paragonato; eccetto l’uso politico del potere ed oggi come ieri e come sempre sotto il cielo chi era al governo con i soldi pubblici faceva quello che voleva, e lotte tra fazioni e rivalità. Per cui, nessuna classe politica, dal secolo di Dante ad oggi, fu mai in grado di fare l’interesse comune e di mettere fine alle ruberie. Povertà- si diceva- Oggi, per quanto di povertà ce ne sia, e moltissima, non potrà mai avere quel volto oscuro e tenebroso . Invece assai diverso, a molto più cogente il tema della fede, del male, della paura dell’inferno e l’impegno per il raggiungimento della vita eterna in Cristo caratterizzavano quel vissuto cosi’ lontano da noi e perciò la “presenza del patimenti partiva dalla fede e in nome della fede in Dio si richiamava il credente al compito della carità”. Questo è ciò che va necessariamente recuperato in virtù di questa Santa, Grande, immensa nella fede, perfetta nella sua umiltà e umana fragilità
Un sentito ringraziamento alla Prof. Antonella Lignani,, per la sua relazione attenta e precisa .
24 Novembre, 2021 - 9:46
Lorenzo Cuffini
Era bella anche l’intervsita a AGENSIR del postulatore generale dei Domenicani , il sopra citato padre Gianni Festa : https://www.agensir.it/chiesa/2021/09/12/santa-margherita-da-citta-di-castello-fra-festa-postulatore-sara-la-patrona-delle-persone-disabili/
Come si fa notare, quello che colpisce ed è di forte insegnamento a noi oggi, è questo:
“La Chiesa si è occupata per secoli del soccorso della persona disabile, la pratica istituzionalizzata dell’assistenza ha messo in secondo piano il volto delle persone e le loro risorse. Margherita era una donna attiva, che ha fatto della sua disabilità una epifania della carità. Abbandonata ha accolto, umiliata ha esaltato.
Dobbiamo finalmente riconoscere che le persone disabili non sono uomini e donne da soccorrere e includere, ma da considerare nella loro pienezza di vita. È necessario un cambio di prospettiva.”
Il primo gradino è stato il soccorso, il secondo, che ha necessitato secoli per maturare, quello della inclusione. Il terzo , tutto ancora da costruire, quello della “pienezza di vita”. Solo recentemente, e con un qualche fatica, la Chiesa si muove su questa linea nitidamente evangelica, scrollandosi di dosso i retaggi di un dolorismo esasperato e di un pietismo sprecatore che per moltissimo tempo hanno “inquinato” le relazioni con le persone che oggi chiamiamo disabili. Che hanno valore in quanto persone, prima che in quanto disabili ; che possono essere libere di seguire la specifica e preziosa strada alla offerta di se e dei propri limiti, ma se e solo se ne avvertono una chiara e autentica vocazione; che non possono e non devono essere ingabbiate a forza in quel ruolo, men che meno trarre da quel ruolo la loro giustificazione comunitaria. Margherita ci insegna che la prima e vera strada è quella dell’accompagnamento e della condivisione di vita., e su questo, con fatica, piano piano ci si sta spostando. Noi cristiani dovremmo essere consapevoli che la disabilità per noi è condizione esistenziale, dal momento che ci è stato detto: senza di Me, voi non potete nulla.
Bene Clodine. Quanto a me sono diventata una vera agit – prop di Santa Margherita. Molti umbri non sapevano che esistesse, non parliamo poi dei toscani!. I marchigiani invece sì, basta pensare a Luigi Accattoli.
Venerdì a Castello. All’appuntamento di venerdì abbiamo parlato in tre: lo storico della diocesi di Città di Castello don Andrea Czortek, Pierluigi Licciardello (ambedue tra gli autori del volume che si presentava: Santa Margherita della Metola o di Città di Castello nei secoli XIII-XIV a cura di Anna Falcioni) e io. L’incontro è avvenuto nell’AUDITORIUM “SAN GIOVANNI DECOLLATO”. Qui trovi la registrazione video dei tre interventi (il mio viene per ultimo): https://youtu.be/-GnFN5LSsyY
Che cosa può insegnarci oggi Santa Margherita di Città di Castello. Toccherò quattro punti di possibile attualità – quantomeno simbolica – della figura di Santa Margherita:
– derelitta che si fa apostola dei derelitti;
– una figura antica che viene proclamata oggi patrona dei non vedenti e degli emarginati;
– una “leggenda” coinvolgente che invita a paragonare il cristianesimo d’allora e quello di oggi;
– un’attualità di santa della città, senza famiglia e senza casa, che ha singolari punti di contatto con la figura di San Benedetto Giuseppe Labre (Amettes, Francia 1748 – Roma 1783).
Margherita è donna delle beatitudini e del rovesciamento. Le beatitudini sono rovesciamenti dell’umano: “beati i poveri, gli afflitti, i piangenti”. Come tribolata che soccorre i tribolati, questa piccola donna è una viva immagine dei rovesciamenti evangelici. La derelitta Margherita che si fa apostola dei derelitti ci richiama a Luca 14, 21: “Esci per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi”. Margherita, che era tutto questo – abbandonata dai genitori, rachitica, cieca e zoppa – una volta entrata nel banchetto si è adoperata a tirare in esso ogni altro derelitto.
Viene spontaneo un paragone d’immagine con Benedetto Giuseppe Labre: altro santo dei tempi andati, girovago e senza fissa dimora, anche lui santo di città, che questua per aiutare chi è più povero di lui e che ai poveri insegna il poco che sa; portatore di straordinari segni d’attualità in un’epoca che vede un ritorno tumultuoso di poveri per le vie d’ogni città. Ora che tanta umanità torna randagia, ogni santo derelitto, ramingo e quasi dimenticato torna a noi attuale e fraterno.
In questa prospettiva, dell’invocazione della misericordia del Signore sugli invisibili delle città, i due santi a me più cari sono proprio Margherita e Benedetto Giuseppe.
Ho conosciuto la “leggenda” di Santa Margherita seguendo la divulgazione che ne ha fatto lo storico dell’Ordine domenicano William R. Bonniwell nel volumetto Margherita di Città di Castello. Vivere nella luce (Città nuova 2002, edizione inglese del 1983). Trovo geniale il sottotitolo “vivere nella luce” posto a logo della vicenda di una “cieca negli occhi corporali”, come si esprime la Leggenda breve” della santa. Il mio interesse per la beata era nato da quella lettura e dall’immagine di Margherita che è sulla copertina di quel libro, che la raffigura veggente e che irradia luce dai vivissimi occhi. L’immagine – nel volumetto – è accompagnata da questa didascalia: “Maestro delle Effigi Domenicane, Margherita di Città di Castello (Secolo XIV). Venezia – Museo civico vetrario (Murano)”. Da quando ho imparato ad amare quell’immagine essa mi soccorre quando prego il Salmo 35: “Nella tua luce vedremo la luce”.
In occasione di una mia precedente venuta a Castello lessi in aggiunta il volume di Ubaldo Valentini: Beata Margherita de La Metola: una sfida alla emarginazione (Petruzzi 1988). In vista dell’appuntamento di oggi ho scorso questo volume che stiamo presentando [AAVV, Santa Margherita della Metola o di Città di Castello nei secoli XIII-XIV a cura di Anna Falcioni, Ancona 2021, pp. 5015], straordinariamente ricco nella ricostruzione della figura della nostra santa tra storia e leggenda, e ne sono grato agli autori. In questa conversazione io non pretendo di fare considerazioni da storico, che non sono, ma da giornalista amico dei santi: mirate cioè alla comprensione del nostro tempo più che di quello antico. Ho indicato le poche letture solo per segnalare le fonti dei dati di fatto che richiamerò.
Margherita abbandonata dai genitori viene adottata dai mendicanti, che le insegnano a mendicare. Passa per un monastero dal quale presto viene cacciata per disaccordo con la sua severità di vita e di penitenza, viene ospitata da persone “credenti e devote” e dimora a lungo “nella casa di Venturino e di sua moglie Grigia”. Trascorre giorni e notti in preghiera nella chiesa della Carità. Visita carcerati, malati, moribondi, poveri d’ogni povertà. In città la vedono ogni giorno correre come può dai bisognosi, cieca e zoppa, appoggiandosi a un bastone e camminando lungo i muri. Qui l’insegnamento c’è tutto: noi oggi abbiamo esperienza frequente di disabili che dalla sedia a rotelle o dalla tastiera del computer sono di aiuto al prossimo e spesso si fanno animatori della lotta alla disabilità.
Margherita, ormai amata da tutti, muore – consumata dalle penitenze e più ancora dall’amore di Dio e dei fratelli – a 33 anni: leggendo in questo volume del probabile aggiustamento di quell’età, da parte dell’agiografo, a richiamo degli anni di Cristo, non ho potuto non pensare alle malposte fatiche degli autori delle leggende dei santi per raccordarle ai vangeli, stante il fatto che oggi stimiamo gli anni di Cristo piuttosto sui 39 o 40 invece che sui 33: nulla al mondo riesce a restare stabile, neanche le età dei santi.
L’ammirazione per la pietà e per la carità della piccola santa della Metola e di Città di Castello è durata fino a oggi e anzi oggi ha ripreso a crescere in vari paesi, a riprova della sua attualità. Nel 1988 su istanza dei vescovi di Urbino e Città di Castello la Congregazione vaticana per il culto divino la proclama “Patrona presso Dio di quanti sono chiamati comunemente non vedenti ed emarginati”. Questa proclamazione basta da sola a segnalare l’attualità della sua figura. Rimarcata ancora di più dalla decisione di Papa Francesco di proclamarla santa con un atto di canonizzazione equipollente (24 aprile 2021).
Gli anni dell’avventura cristiana di Margherita sono quelli in cui Dante compone la Divina Commedia. Quell’umanità credente e peccatrice che ci esalta e ci atterrisce nelle terzine dantesche è la stessa che incontriamo nelle stagioni drammatiche e in quelle serene della vita di Margherita.
Un’umanità grande, la cui vocazione cristiana è stata mirabilmente espressa – oltre che da Dante – da altre genialità comunicative dell’epoca come Giotto e come Giovanni Pisano. E pare che i tre, Dante, Giotto, Giovanni, si siano trovati in contemporanea a scrivere, dipingere, scolpire in uno degli anni d’inizio Trecento in Padova, quando più o meno Margherita doveva essere sulla prima giovinezza: cioè al primo configurarsi della sua creativa dedizione ai poveri e a Cristo “il vero povero”.
Eppure anche quell’umanità grande – di una lampante grandezza cristiana – aveva i suoi limiti quanto alle esigenze di un pieno umanesimo e della stessa vocazione evangelica. La vicenda personale di Margherita ci dice che ogni epoca quanto alla sequela di Cristo ha la sua grazia e la sua disgrazia: allora, per esempio, avevano facile la fede nel miracolo ma difficile l’accettazione del menomato e del diverso. Noi siamo pronti a soccorrere il prossimo ma renitenti all’accoglienza del mistero.
I genitori di Margherita non hanno nessuna difficoltà a credere nel miracolo che vanno a invocare per la figlia al “sepolcro di un sant’uomo dell’Ordine dei Minori” appena tumulato qui a Città di Castello. Una fede per noi ardua. Ma hanno remore per noi incredibili ad amare la figlia tribolata, che abbandonano – o allontanano – una volta constatato che il miracolo non arriva.
Non solo nelle famiglie ma anche nella Chiesa a quel tempo – e poi ancora, per secoli – i menomati venivano nascosti. Per essere ammessi agli ordini sacri o alla professione religiosa occorreva dimostrare di essere figli legittimi e di non avere gravi difetti fisici. Chi non era in regola, restava “terziario”. Il cambiamento della disciplina è arrivato in questi ultimi decenni: il primo fu il cardinale Martini ad approvare a Milano, alla fine del secolo scorso, una famiglia religiosa riservata a donne disabili.
Santa Margherita è precorritrice del protagonismo dei disabili, sia nell’aiuto al prossimo sia nel ruolo di apostola. Ci vogliono molti santi e molti secoli per cogliere in pienezza, comunitariamente, i precetti evangelici. Anche quando sono così espliciti come nel caso della precedenza da accordare ai derelitti.
Io credo che sulla questione fede-carità ci troviamo oggi di fronte all’esigenza di un rovesciamento dell’itinerario pedagogico tradizionale: si partiva dalla fede e in nome della fede in Dio si richiamava il credente al compito della carità; oggi dovremmo partire dalla carità, che è comprensibile all’umanità contemporanea, e da essa risalire alla fede in colui che è carità: “Deus caritas est”.
L’esercizio della carità come iniziazione cristiana. Santa Margherita apostola degli emarginati può soccorrerci su questa via.
Graie per quello che hai sempre fatto per la piccola/grande Margheita della quale sei stato sempre tanto devoto!
Questo è il mio resoconto della presentazione del libro su Santa Margherita alla quale ha partecipato Luigi Accattoli:
Presentazione libro Santa Margherita.
E’ noto a tutti che Margherita della Metola o di Città di Castello, morta da ormai più di 700 anni, è stata dichiarata Santa per equipollenza da Papa Francesco il 24 aprile 2021. Tanti sono stati gli eventi attivati in questa occasione. L’ultima iniziativa al riguardo è stata la presentazione dell’importante ed ampio testo patrocinato dalla Deputazione di Storia Patria per le Marche Santa Margherita della Metola o di Città di Castello nel secoli XIII e XIV, a cura di Anna Falcioni.
Un incontro si è svolto a Città di Castello nella ex chiesa di San Giovanni decollato. Ha coordinato i lavori don Andrea Czortek, che ha innanzi tutto introdotto il saluto del vescovo Mons. Domenico Cancian, il quale ha fatto notare che questo testo era stato iniziato prima della canonizzazione, ma che il diffondersi della pandemia aveva bloccato i lavori. L’iniziativa è stata ripresa e portata a termine dopo il miglioramento della situazione sanitaria. Si è deciso poi di organizzare presentazioni in varie sedi, per diffondere meglio l’opera.
I relatori chiamati per la presentazione del testo a Città di Castello sono stati il dott. don Andrea Czortek, direttore della Biblioteca e dell’archivio diocesano, il prof. Pierluigi Licciardello dell’Università di Bologna, e il giornalista vaticanista Luigi Accattoli.
Andrea Czortek ha delineato i vari filoni di ricerca nei quali si può suddividere il libro. I primi contributi riguardano l’ambiente storico nel quale si è svolta la vita di Santa Margherita. Anna Falcioni ha parlato della condizione femminile nell’epoca, Furio Cappelli dei temi “casa e famiglia” e “povertà e assistenza”, Fabio Bricca del castello della Metola. Agli aspetti della vita degli ordini religiosi e delle confraternite si sono dedicati Andrea Czortek, Annalisa Bini e Fabio Bricca. Delle notizie biografiche su Santa Margherita e su aspetti dell’Ordine domenicano hanno parlato Alessandra Bartolomei Romagnoli (che sta trascrivendo una sconosciuta vita in volgare della Santa), Davide Tonti, Gianni Festa O.P., Pierluigi Licciardello. Al tema dell’iconografia si è dedicata Anna Fucili.
Ha quindi preso la parola Pierluigi Licciardello, studioso esperto della Legenda maior e della Legenda minor relative alla vita di Santa Margherita. Lo studioso ha fatto notare che l’autore della Legenda maior era un canonico della cattedrale che aveva nutrito all’inizio molti dubbi sulla santità di Margherita, ma che poi gradualmente si era dovuto ricredere. Il Prof. Licciardello ha anche parlato della testimonianza di Ubertino da Casale, resa quando ancora Margherita era viva. Ha inoltre sottolineato l’importanza dei miracoli alla fine del Medioevo; 34 sono quelli attribuiti a Santa Margherita.
Il giornalista Luigi Accattoli ha parlato delle caratteristiche della santità di Margherita. Ha citato alcuni passi del Vangelo utili a delineare questo aspetto: in primo luogo le Beatitudini, ed inoltre il passo del Vangelo di Luca nel quale si narra la “parabola del banchetto”, al quale vengono invitati “poveri, ciechi e zoppi”, caratteristiche che la Santa aveva. La Chiesa però, fino al pontificato di Paolo VI, non ha dato spazio ai disabili nella vita religiosa. Margherita infatti era solo una terziaria domenicana. Era cieca e deforme, ma la necessità di essere aiutata non le impedì poi di aiutare e di ammaestrare gli altri. Ella rappresenta inoltre un modo diverso di incarnare la santità rispetto ai secoli precedenti. Dal Monachesimo e dalla solitudine di coloro che aspiravano alla perfezione si è passati alla santità vissuta insieme agli altri, per soccorrere, ammaestrare ed evangelizzare. Esempi sono San Francesco e Margherita; qualche secolo dopo questo ha costituito la caratteristica della vita di Benedetto Giuseppe Labre.
Tali in sintesi sono i temi trattati nell’incontro, al quale era presente la prof. Daniela Bambini, che tanto si è prodigata per avviare allo sport ragazzi svantaggiati e non vedenti, appoggiandosi appunto all’Istituto Beata Margherita, che importanza rilevante ha avuto nella vita della nostra città.
Il video dell’intero evento, realizzato da Gregorio Chiarioni, può essere visionato in Youtube.
” Il mio interesse per la beata era nato da quella lettura e dall’immagine di Margherita che è sulla copertina di quel libro, che la raffigura veggente e che irradia luce dai vivissimi occhi. L’immagine – nel volumetto – è accompagnata da questa didascalia: “Maestro delle Effigi Domenicane, Margherita di Città di Castello (Secolo XIV). Venezia – Museo civico vetrario (Murano)”. Da quando ho imparato ad amare quell’immagine essa mi soccorre quando prego il Salmo 35: “Nella tua luce vedremo la luce” (parole di Luigi qui sopra).
Una donna che per una grande grazia ricevuta si è lasciata portare con fiducia da Dio.
https://gpcentofanti.altervista.org/ascolto/
Non riesco ad inserire nessuna immagine.
Carissimo Luigi.
Ho letto con grande interesse e ti ringrazio di cuore per la straordinaria capacità che sempre ti contraddistingue di far percepire visivamente tutto quanto vai scrivendo . Ti confesso, di essere rimasta profondamente colpita dalla vicenda umana di questa Santa che, per quanto da sempre interessata all’agiografia, non ebbi mai modo di approfondire!
Perché, mi chiedo, questa fulgida testimone della vera Carità , per come la intende la Parola di Dio, che è altro della semplice bontà o dal bisogno di “fare il bene” , è stata accolta in paesi stranieri, dall’America alle Filippine e fin da 1800 si hanno testimonianze di miracoli e ,assai meno , se non dimenticata del tutto, in Patria? E’ domanda che mi pongo. Certo, una vita punteggiata da un dolore indicibile , vissuta nel silenzio, lascia sgomenti.
Tuttavia, proprio su questa traccia ,non paragonerei la realtà sociale in cui Ella visse, caratterizzata da vera miseria, la più atroce, cupa, nera miseria , schifosissima miseria, inimmaginabile per noi , foss’anche per un profugo, un qualsiasi derelitto, che oggi viene in qualche modo sottratto. Nulla potrebbe mai essere paragonabile: nessuna disabilità, potrà mai toccare il fondo, come in quel tempo infausto per cui bastava rompersi un osso, un qualsiasi incidente all’ordine del giorno per rendere inabili al lavoro e quindi destinati all’inedia. Ed epidemie, freddo, malattia inguaribili facevano il resto…nulla potrà mai essere paragonato; eccetto l’uso politico del potere ed oggi come ieri e come sempre sotto il cielo chi era al governo con i soldi pubblici faceva quello che voleva, e lotte tra fazioni e rivalità. Per cui, nessuna classe politica, dal secolo di Dante ad oggi, fu mai in grado di fare l’interesse comune e di mettere fine alle ruberie. Povertà- si diceva- Oggi, per quanto di povertà ce ne sia, e moltissima, non potrà mai avere quel volto oscuro e tenebroso . Invece assai diverso, a molto più cogente il tema della fede, del male, della paura dell’inferno e l’impegno per il raggiungimento della vita eterna in Cristo caratterizzavano quel vissuto cosi’ lontano da noi e perciò la “presenza del patimenti partiva dalla fede e in nome della fede in Dio si richiamava il credente al compito della carità”. Questo è ciò che va necessariamente recuperato in virtù di questa Santa, Grande, immensa nella fede, perfetta nella sua umiltà e umana fragilità
Un sentito ringraziamento alla Prof. Antonella Lignani,, per la sua relazione attenta e precisa .
Era bella anche l’intervsita a AGENSIR del postulatore generale dei Domenicani , il sopra citato padre Gianni Festa : https://www.agensir.it/chiesa/2021/09/12/santa-margherita-da-citta-di-castello-fra-festa-postulatore-sara-la-patrona-delle-persone-disabili/
Come si fa notare, quello che colpisce ed è di forte insegnamento a noi oggi, è questo:
“La Chiesa si è occupata per secoli del soccorso della persona disabile, la pratica istituzionalizzata dell’assistenza ha messo in secondo piano il volto delle persone e le loro risorse. Margherita era una donna attiva, che ha fatto della sua disabilità una epifania della carità. Abbandonata ha accolto, umiliata ha esaltato.
Dobbiamo finalmente riconoscere che le persone disabili non sono uomini e donne da soccorrere e includere, ma da considerare nella loro pienezza di vita. È necessario un cambio di prospettiva.”
Il primo gradino è stato il soccorso, il secondo, che ha necessitato secoli per maturare, quello della inclusione. Il terzo , tutto ancora da costruire, quello della “pienezza di vita”. Solo recentemente, e con un qualche fatica, la Chiesa si muove su questa linea nitidamente evangelica, scrollandosi di dosso i retaggi di un dolorismo esasperato e di un pietismo sprecatore che per moltissimo tempo hanno “inquinato” le relazioni con le persone che oggi chiamiamo disabili. Che hanno valore in quanto persone, prima che in quanto disabili ; che possono essere libere di seguire la specifica e preziosa strada alla offerta di se e dei propri limiti, ma se e solo se ne avvertono una chiara e autentica vocazione; che non possono e non devono essere ingabbiate a forza in quel ruolo, men che meno trarre da quel ruolo la loro giustificazione comunitaria. Margherita ci insegna che la prima e vera strada è quella dell’accompagnamento e della condivisione di vita., e su questo, con fatica, piano piano ci si sta spostando. Noi cristiani dovremmo essere consapevoli che la disabilità per noi è condizione esistenziale, dal momento che ci è stato detto: senza di Me, voi non potete nulla.
Da leggere attentamente e per intero.
“MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DEALLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ”
https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2021/documents/papa-francesco_20211120_messaggio-disabilita.html
Bene Clodine. Quanto a me sono diventata una vera agit – prop di Santa Margherita. Molti umbri non sapevano che esistesse, non parliamo poi dei toscani!. I marchigiani invece sì, basta pensare a Luigi Accattoli.