Dopo l’Angelus Francesco ha mandato un affettuoso saluto e un “grazie per la tua testimonianza credibile” a Papa Benedetto, “il contemplativo del Vaticano” – così l’ha chiamato – che oggi festeggia il 70mo dell’ordinazione a prete: “Grazie, Benedetto, caro padre e fratello”. Nel primo commenti l’intero saluto di Francesco.
Nel 70° di messa auguri di Francesco a Benedetto “il contemplativo del Vaticano”
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Caro padre e fratello. “Oggi, per noi, ricorre un anniversario che tocca il cuore di tutti noi: 70 anni fa, Papa Benedetto veniva ordinato sacerdote. [applausi] A te, Benedetto, caro padre e fratello, va il nostro affetto, la nostra gratitudine e la nostra vicinanza. Lui vive nel monastero, un luogo voluto per ospitare
le comunità contemplative qui in Vaticano, perché pregassero per la Chiesa. Attualmente, è lui il contemplativo del Vaticano, che spende la sua vita pregando per la Chiesa e per la diocesi di Roma, della quale è vescovo emerito. Grazie, Benedetto, caro padre e fratello. Grazie per la tua testimonianza credibile. Grazie pe il tuo sguardo continuamente rivolto verso l’orizzonte di Dio: grazie“.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/06/29/0423/00928.html
https://gpcentofanti.altervista.org/una-chiesa-famiglia/
“Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura.
Una concezione del “vangelo” dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con il vangelo biblico.
Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole “lasciar correre”.
Il perdono è esigente e chiede ad entrambi – a chi lo riceve ed a chi lo dona – una presa di posizione che concerne l’intero loro essere. Un Gesù che approva tutto è un Gesù senza la croce, perché allora non c’è bisogno del dolore della croce per guarire l’uomo.
Ed effettivamente la croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico.
La croce come espiazione, la croce come come “forma” del perdono e della salvezza non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno.
Solo quando si vede bene il nesso fra verità ed amore, la croce diviene comprensibile nella sua vera profondità teologica. Il perdono ha a che fare con la verità e perciò esige la croce del Figlio ed esige la nostra conversione. Perdono è appunto restaurazione della verità, rinnovamento dell’essere e superamento della menzogna nascosta in ogni peccato.
Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio.
Da Joseph Ratzinger, “Guardare a Cristo”, pag. 76, Jaca Book 1986
Sempre Ratzinger:
“Il Signore ci rivolge queste meravigliose parole: »Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici». Tante volte sentiamo di essere – come è vero – soltanto servi inutili. E, ciò nonostante, il Signore ci chiama amici, ci fa suoi amici, ci dona la sua amicizia. Il Signore definisce l’amicizia in un duplice modo. Non ci sono segreti tra amici: Cristo ci dice tutto quanto ascolta dal Padre; ci dona la sua piena fiducia e, con la fiducia, anche la conoscenza. Ci rivela il suo volto, il suo cuore. Ci mostra la sua tenerezza per noi, il suo amore appassionato che va fino alla follia della croce. Si affida a noi, ci dà il potere di parlare con il suo io: »questo è il mio corpo…», »io ti assolvo…». Affida il suo corpo, la Chiesa, a noi. Affida alle nostre deboli menti, alle nostre deboli mani la sua verità – il mistero del Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; il mistero del Dio che »ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Ci ha reso suoi amici – e noi come rispondiamo?».
Il Messia, parlando di sè, dice di essere mandato «a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio» Ma cosa vuol dire Isaia quando annuncia il “giorno della vendetta per il nostro Dio”? Gesù, a Nazareth, nella sua lettura del testo profetico, non ha pronunciato queste parole – ha concluso annunciando l’anno della misericordia. È stato forse questo il motivo dello scandalo realizzatosi dopo la sua predica? Non lo sappiamo. In ogni caso il Signore ha offerto il suo commento autentico a queste parole con la morte di croce. “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce», dice San Pietro. E San Paolo scrive ai Galati: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno, perchè in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede”. La misericordia di Cristo non è una grazia a buon mercato, non suppone la banalizzazione del male. Cristo porta nel suo corpo e sulla sua anima tutto il peso del male, tutta la sua forza distruttiva. Egli brucia e trasforma il male nella sofferenza, nel fuoco del suo amore sofferente. Il giorno della vendetta e l’anno della misericordia coincidono nel mistero pasquale, nel Cristo morto e risorto. QUESTA E’ LA VENDETTA DI DIO: EGLI STESSO, NELLA PERSONA DEL FIGLIO, SOFFRE PER NOI.».
https://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/04_Aprile/18/pop_omelia.shtml
Rif. 8.58 – Concordismi rabbinici
Mi pare che ogni buon rabbino si dimostrasse tale se riusciva a mettere d’accordo passi contraddittori degli interventi, attestati tutti come autorevoli e di pari grado, del Libro santo. Qui il lavoro sembre più facile e si può anche non essere bravi rabbini, per riuscire nell’intento. Oltre tutto si tratterebbe di mettere a raffronto un gelido testo teologico degli anni ’80 con una calda omelia – siamo in un ambito sacramentale – che risente già e anticipa in qualche misura la grazia del papato (mancano pochi giorni all’elezione). Questa bella interpretazione di Luca 4 (in cui l’ispirato evangelista cassa senza patemi “il giorno della vendetta”), cui si aggiunge nel testo anche l’uso – anticipatorio – del blasfemo termine “tenerezza”, è passato in secondo piano perchè la cultura ecclesiastica dominante dell’epoca ha privilegiato, sull’afflato evangelico, la ideologica “dittatura del relativismo”. Ogni onore comunque al cardinal decano di allora, poi amatissimo papa Benedetto, ora “padre e fratello” nella fede.
Sempre Ratzinger ,il caro padre e fratello:
LA TRADIZIONE DELLA CHIESA HA ANNOVERATO TRA LE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE QUELLA DI “AMMONIRE I PECCATORI”. È IMPORTANTE RECUPERARE QUESTA DIMENSIONE DELLA CARITÀ CRISTIANA. NON BISOGNA TACERE DI FRONTE AL MALE!»
“Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr. Mt 18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna – elenchein – è il medesimo che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una generazione che indulge al male (cfr. Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». È importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene.
Sempre Ratzinger :
anche il papa non può fare quello che vuole. Non è un monarca assoluto, come un tempo lo furono alcuni re. È tutto il contrario, Egli è il garante dell’ubbidienza. Egli è il garante che noi non siamo dell’opinione sua o di chicchessia, ma che professiamo la fede di sempre che egli, “opportune importune”, difende contro le opinioni del momento.
Le due citazioni riportate negli ultimi due commenti, sono tratte dal
“MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA QUARESIMA 2012
«Prestiamo attenzione gli uni agli altri,
per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (Eb10,24)”.
Questo testo VALE LA PENA essere letto per intero: riserva, come sempre succede con Ratzinger, soprese interessanti.
In questo caso , per esempio, prima di arrivare alle frasi riportate nei commenti precedenti, c’è una articolata ( come solo Benedetto sa articolare, con scorno perenne di quanti lo han sempre vivisezionato alla ricerca di slogan crociatari) premessa che inquadra il tutto e che funge da chiave per il resto:
“Il verbo che apre la nostra esortazione invita a fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera privata». Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell’altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene. Il grande comandamento dell’amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell’altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore.”
Siamo solo all’inizio. Benedetto così procede:
” L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è «buono e fa il bene» (Sal 119,68). Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell’altro, desiderando che anch’egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di «anestesia spirituale» che rende ciechi alle sofferenze altrui.
…
Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di «avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. Invece proprio l’umiltà di cuore e l’esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all’empatia: «Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione» (Pr 29,7). Si comprende così la beatitudine di «coloro che sono nel pianto» (Mt 5,4), cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui. L’incontro con l’altro e l’aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine.”
Solo a questo punto, viene la pare ricordata in precedenza.
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/lent/documents/hf_ben-xvi_mes_20111103_lent-2012.html
Una curiosità sulla terza citazione attribuita a Ratzinger, invece, nel commento delle 22,41.
Da dove proviene, per la precisione?
La rete , interrogata come oracolo, risponde che è inserita in alcuni compendi di citazioni (senza darne la fonte), e rimbalza qua e là in quanto contenuta in un lungo articolo di Antonio Socci su Libero, a data 21 febbraio 2016 , dove, senza alcuna citazione di fonte, viene genericamente riportata con la vaga spiegzione ” così diceva Joseph Ratzinger “.
Da dove arriva, se qualcuno lo sa?
Rif. 22.33 di ieri – ammonire i peccatori
E’ piacevole questo articolo che segnala il “fumo di satana” divisorio, entrato anche nella schiera tradizionalista dove imperano – molto più “importune ” che opportune – ex cattolici che si adeguano alla mentalità comune di piacere ai potenti (o ex potentissimi) di turno. La fede di sempre non deve tacere di fronte a questo male.
http://www.settimananews.it/chiesa/satana-la-doppiezza-vigano/
Caro Luigi, cari tutti.
Mi rendo conto che poco può interessarvi, ma me lo sono comprato, eccome se me lo sono comprato.
https://www.vaticanum.com/it/opera-omnia-joseph-ratzinger-volume-61-gesu-di-nazaret-la-figura-e-il-messaggio
Un abbraccio a tutti.
Grazie Fabrizio. Io non mi stanco di proporre il Gesù di Nazaret a chiunque mi chieda che cosa leggere di Benedetto. Lo propongo anche, di mia iniziativa, a quanti vedo che hanno difficoltà ad amare il Papa emerito. Da quando apparvero quei tre volumi dico a tutti: leggendo quello che scrive di Gesù, imparerai ad apprezzarlo. Analogamente dico di Francesco che la via per imparare ad amarlo sono le omelie feriali. Al momento sono sospese, ma in sette anni ne ha prodotte quasi un migliaio, raccolte in una dozzina di volumetti dalla Libreria editrice vaticana, tutti disponibili in libreria.
Grazie a Te Luigi.
Riguardo a papa Francesco mi permetto di segnalare anche le catechesi del Mercoledì con particolare riferimento a quelle sulle Beatitudini e sulla Preghiera.
Un caro saluto.
Del teologo Ratzinger apprezzo soprattutto “Introduzione al Cristianesimo”. In quanto a papa Francesco, ho cominciato ad apprezzarlo quando, durante il lockdown del 2020, non potendo andare a Messa, seguivo la sua Messa mattutina a Santa Marta. Mi piacevano molto le sue parole semplici, ed ho molto gradito la sua decisione di concludere la celebrazione con una breve adorazione eucaristica. Non potevamo fare la Comunione, ed egli ci presentava l’Ostia da vedere e da adorare.