Muore un amico tradizionalista del quale conservo nel cuore motti e sfoghi che ora mi propongo di mettere in ordine, convinto che per qualche verso mi appartengano. Ecco uno di quei motti, il più dolorante: «Quando mi confesso io mi sento perdonato ma non mi sento amato: perché mi succede questo?». Sono parole che ho fatto mie – dicevo – e non perché io mi trovi a vivere lo stesso sentimento, ma perché a esse non ho saputo rispondere. E’ l’attacco di un testo che ho pubblicato sulla rivista Il Regno. Nei commenti alcuni passaggi, compreso quello delle sue parole sulla Chiesa povera, che ebbe a dire in polemica con Papa Francesco.
Muore un amico tradizionalista che diceva: “La Chiesa non può essere povera”
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Badanti uomini. Mio testo 1. Si chiama Dino Argenti, questo amico che è morto poco fa a 87 anni. Il più tradizionalista tra i miei conoscenti, tanto da avere scelto a confessori dei sacerdoti della Fraternità di San Pio X.
Vicino del piano di sopra, amico di famiglia. Interlocutore delle più varie occasioni in quattro decenni e mezzo di coabitazione nello stesso palazzo del Rione Monti, a Roma. Da cinque anni era malato e non usciva di casa. Un appartamento grande, nel quale abitava da solo, assistito – da quando non usciva – da badanti uomini di varie nazionalità. Per lo più immigrati dall’Egitto e dall’India.
Venivano medici a curarlo e un fisioterapista. Un pianista a suonargli le musiche che più amava, Bach sopra tutti. Andavo io a conversare.
Si parlava di tutto, era un uomo colto. Già dirigente di banca aveva avuto il tempo per letture vagabonde. Amava raccontare e spesso c’era conflitto nella conversazione. L’argomento acuminato era Bergoglio: a Dino non andavano i papi recenti.
L’errore del Papa gesuita. Mio testo 2. Quando pubblicavo i miei libretti glieli portavo. Dandogli l’ultimo, Centodieci parabole di Papa Francesco (Paoline 2019), gli dicevo: riporta i racconti di vita vissuta che il papa svolge nella sua predicazione e se lo leggi, magari impari ad amarlo. “Amare Francesco? Mai!”.
“E’ stato un errore del Conclave fare papa un gesuita. I gesuiti io li conosco meglio di te: sono capaci di tutto per attuare i loro piani. Sono politici. Arrivano a giustificare qualsiasi licenza se gli fa gioco”.
Naturalmente duellavo. “Tu sei una persona intelligente e io non riesco a capire come fai a restare bergogliano. Dimmi un’idea di questo papa che ti convince davvero”. La Chiesa povera azzardai una volta e fu come aprire le cateratte del diluvio: “La Chiesa non può essere povera. La Chiesa di Roma è grande e deve restare grande. Per essere grandi è necessario il denaro”.
Sensibile ai simboli. Mio testo 3. Attento alle formule del catechismo, il mio amico era meno interessato alle parole della Scrittura. O meglio: interessato sì, ma meno docile. Il Catechismo lo proclamava, la Scrittura invece l’ascoltava ma anche la discuteva e facilmente concludeva “non mi convince”.
Me lo disse anche quando replicai alla ritornante domanda sul non sentirsi amato con le parole di Gesù che sono nell’ultima cena di Giovanni (15, 9): Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
“Ma se ti dico che non lo sento quell’amore! Se non lo sento, come faccio a rimanere in esso? Anzi, come faccio a sapere che Dio mi ama?”. Il mio amico aveva un vivo bisogno di accompagnare l’intelligenza della fede con la riprova del sentimento.
Curioso di tutto il mio Dino, cercatore in libri d’epoca e in internet. Sensibile ai simboli. Al badante indiano Binu Vattaparambil Jacob, che gli era carissimo, indicò la chiesa dove avrebbe dovuto fargli dire una messa e i colori dei fiori che voleva sull’altare: la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, perché lì si era fatta la messa di addio per una sua sorella; e fiori gialli, verdi, bianchi, blu: i colori che sempre cercava.
A me pare molto interessante la domanda a proposito dell’amore. Penso che alla base ci sia un grande quesito sulla “natura” dell’amore. È l’amore un “ sentimento “ o qualcosa di diverso?
L’amore si “ sente “ ( con il “ cuore “ ) o si “ conosce “ ( con l’intelletto ) ?
Amare è “ volere bene” o “ volere IL bene “ ? Si può “comandare” di avere un sentimento?
Testimomianza avvincente.
Trovo molto interessante e istruttiva la testimonianza sull’amico tradizionalista, lungo-sofferente, vicino di casa di Luigi (il quale sa farsi volere bene e stimare anche da un tradizionalista). Ci sono molti spunti inattesi: nel perdono, per esempio, lui vuole sentire l’amore di Dio (che sarebbe la tenerezza del Padre, di cui parla “l’innominabile” , secondo lui). E poi’ è bello sapere da lui che la scrittura si può criticare ma non le formule catechiste. E che nessun papa e antipapa gli va bene. Forse ci vorrebbe anche una giornata annuale, al pari di analoghe previste nei DDL, per non consentire ad alcuni di insolentire chi ha architetture di fede e di sentimenti così originali che forse sfuggono a Dio stesso ; che, nella sua immensa fantasia, non può avere previsto tutto.
Dal padre Pietro Messa, francescano, ricevo questo messaggio:
Caro Luigi, grazie per la testimonianza dell’amico tradizionalista. Questo confronto, come quelli avuti con Giuseppe Rusconi, è la vera sinodalità in cui – come ha ricordato papa Francesco – si cerca di parlare con parresia e ascoltare con umiltà vivendo la tensione delle differenze.
A mio parere sinodalità è un cammino da compiere: ad esempio nei convegni, pubblicazioni, trasmissioni saper coinvolgere prospettive differenti. La presenza solo di chi è nella stessa prospettiva è un impoverimento per tutti oltre che un approccio apologetico difensivo che non giova a nessuno se non a legittimare le proprie convinzioni.
Buona Domenica, p. Pietro Messa, ofm