Don Roberto Donadoni, bergamasco, parroco a Venezia, convive per un mese, tra ottobre e novembre, con la possibilità della morte per Covid e poi narra la sua “sconvolgente esperienza” in più di un’occasione, con parole sempre ponderate. Riporto due testi: una testimonianza resa in chiesa, in presenza del patriarca Moraglia, domenica 8 novembre e un’intervista al Tg3 trasmessa quello stesso giorno. Parole al Popolo di Dio e parole ai media, di diversa intonazione ma ugualmente appassionate, che si completano a vicenda.
Don Roberto narra la sua “esperienza sconvolgente”
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Pensavo di non farcela. Don Roberto Donadoni alla sua comunità: testimonianza sull’esperienza del Covid data in chiesa l’8 novembre 2020. L’esperienza di questi 30 giorni. vissuti dentro la malattia per Covid, credetemi, devo riconoscerlo, è stata devastante, soprattutto se accade di esserne provato non lievemente. Sinceramente la notte del 19 ottobre pensavo di non farcela, quando il respiro veniva meno, avevo fame d’aria e mi sembrava di soffocare. Il medico del primo soccorso mi disse: “Caro padre sono importanti le prime 72 ore, per non passare poi alla terapia intensiva. Resista e si faccia forte”. Settantadue ore sono tre giorni interminabili, di passione e morte, anche se non si conclude necessariamente con la morte.
Solitudine radicale. Sei solo con te stesso. Il 20 ottobre alle 3 del mattino, nel sistemarmi l’ossigeno, l’infermiera mi disse: “Reagisca e lotti con tutto se stesso, c’è tanta gente che prega per lei”. Subito ho preso tra le mani la Corona del Rosario dal comodino e stringendola ho detto “mi abbandono a te”. E a San Giovanni XXIII: “Conducimi tu”.
Esperienza di solitudine e di morte perchè non sai mai quando il virus interrompe la sua corsa, sempre lì pronto a prendere tutto di te. Ed è proprio qui, quando ti sembra di non farcela più, è qui che non devi temere perché sarà Lui a varcare l’abisso.
Poi attorno a te capisci e ti accorgi che gli altri muoiono, e lì la morte è come in agguato, e ti domandi se toccherà a te, oppure ti chiedi: perché lui e non io? Qui emerge il sentimento di gratitudine, soprattutto per chi si prende cura di te, i medici e il personale, a cui va il mio grazie più sentito per ciò che fanno per tutti gli ammalati di covid in condizioni a volte quasi disumane, rischiando a loro volta di essere infettati.
Puoi solo attendere. Don Roberto Donadoni alla sua comunità 2. Il virus tocca l’atto del respirare: l’atto supremo del vivere, il respiro, il soffio vitale, ed è qui che ti senti immedesimato dentro la Passione di Gesù. Certo la sua croce è la morte del Figlio di Dio offerta per amore, ma nella sua umanità ritroviamo noi stessi, la nostra esistenza. E poi nelle 72 ore, tre giorni, arriva il Sabato Santo, che è l’ attesa di guarire, che vuoi con tutto te stesso ma che non dipende da te: puoi solo attendere, sperarla, senza sapere che sarà così, e quando lo sarà. E qui i sentimenti sono di attesa, di trepidazione e di pazienza, e capire che ciò che ti accade tu non lo comprendi e non lo accetti, e di nuovo ti lasci fare da Lui, ti abbandoni in Lui. Ti lasci istruire da Lui per non precipitare, per non scoraggiarti e per resistere.
Ti fidi e sai che sei nella mani di Qualcun’altro, in cui hai posto la fiducia e la vita. E infine la Resurrezione quando senti che il corpo riprende forza e si risveglia. Aspetti che te lo certifichino ma hai quasi paura a dirlo, il tuo corpo guarisce ma questa guarigione è un dono, altri hanno lottato con te e per te, e qui senti l’affetto, la vicinanza, e la preghiera della tua comunità cristiana, del popolo di Dio a te affidato che siete voi miei parrocchiani, della sua vicinanza caro Patriarca Francesco che in questo mese mai mi hai lasciato mancare, e non è per nulla scontato questo. La vostra vicinanza cari confratelli e religiose, di voi miei parrocchiani e amici, di voi cari genitori con un figlio in cielo.
Sia la sua Pasqua a condurci. Don Roberto Donadoni alla sua comunità 3. La guarigione è esperienza di grazia. Niente sarà più come prima. Ora ne sono certo: gusterò e vivrò in maniera nuova la realtà e le relazioni che un tempo davo per scontate e dovute.
Cari amici il cammino che ci attende è ancora impegnativo e lungo, perché segnato da un sentimento di sospensione, di prova, di paura, ma la Resurrezione di Gesù ci annuncia che le cose possono cambiare. Sia la sua Pasqua a condurci dove la Speranza e la vita stanno combattendo.
Signore nella tua grazia vogliamo restare. Sei la nostra
forza, confidiamo in te, la nostra salvezza, la nostra pace, il nostro sicuro rifugio. Maria, madre della speranza, sostieni la nostra preghiera e proteggi noi tuoi figli e guidaci sempre dal tuo figlio che è il nostro Salvatore. Amen
[Il testo di questa testimonianza – trascritto dal nastro – mi è stato fornito da don Roberto Donadoni, parroco di San Moisè, San Zaccaria e San Salvador. L’ho ridotto di alcuni paragrafi]
Solitudine radicale. Don Roberto Donadoni al Tg3 (8 novembre 2020).
Don Roberto. In ospedale ho visto pochissimo, perché una delle esperienze del covid è la solitudine radicale. Tu sei solo con te stesso, il momento difficile che è il momento di respirare, il soffio vitale che ti viene a mancare, hai fame d’aria, non resisti, non riesci, non ce la fai.
Domanda. Tredici giorni in ospedale a lottare contro covid, l’ospite sgradito che si è impadronito dei suoi polmoni, poi Don Roberto, ancora positivo, è tornato a casa
Risposta. Ho dovuto lasciare il posto a chi indubbiamente ne aveva più bisogno e stava peggio di me, l’ho fatto volentieri.
Domanda. Don Roberto Donadoni ha vissuto un mese di sofferenze lontano dalla sua famiglia a Bergamo, già ferita nei mesi scorsi, lontano dai suoi fedeli, dai suoi amici che non lo hanno mai abbandonato. Un’esperienza umana, dice, sconvolgente.
Risposta. Sconfiggere il male lo lasciamo ai medici, perché saranno loro indubbiamente ad aiutarci su questo. Sconfiggere la paura del male significa sconfiggere tutto quello che il virus provoca dentro l’animo dell’uomo.
Domanda. Don Roberto, dopo un’esperienza come questa si è più incattiviti con la vita o si è più buoni?
Risposta. L’esperienza del covid non porta certamente alla cattiveria, porta a vivere in maniera diversa il mondo che abbiamo di fronte, le relazioni, la vita. Questo porta a vivere tutto in modo diverso nel momento in cui tu esci da questa situazione. Niente sarà più come prima.
https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2020/11/ven-Coronavirus-Venezia-Don-Roberto-Donadoni-2984043b-525f-4827-b168-8d9acacb30f4.html
Sessantasei storie. Questa di don Roberto Donadoni è la sessantaseiesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
Che dono è la fede. Don Donadoni: ho fatto un’esperienza di grazia.
https://gpcentofanti.altervista.org/gesu-compiva-piu-miracoli-allora-che-oggi/
Il titolo del link sopra è: Gesù compiva più miracoli allora che oggi?
Da Antonella Lignani – che ha cambiato computer e al momento non riesce a entrare nel blog – ricevo questi due messaggi:
Mi volevo complimentare per la bella esperienza di don Roberto.
Ed inoltre pensate come ci troviamo noi, che non ci siamo ancora infettati, ma che potremmo infettarci da un momento all’altro!