Nel giorno dei vaccini, che è di festa, io invece racconto due storie di morte apprese sul campo, senza – al momento – poter indicare il chi, il come e il dove. Ve le dico come mi sono state raccontate da chi le ha sofferte nella carne. Riguardano ambedue la disumana maniera di morire e di dare notizia di morte che è divenuta realtà quotidiana in questa stagione della bestia che è uscita dal mare. Le narro con il minimo di parole nei primi due commenti e nel terzo torno a nominare la bestia.
Dico due storie di morte in questo giorno di festa
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Assistere un morente. La prima delle due storie l’ho ascoltata da un prete che ha avuto la possibilità – che egli dice donata dal cielo – di assistere un morente in terapia intensiva. “Gli ho tenuto le mani, gli ho fatto una carezza con le due mani, gli ho mormorato le preghiere, gli ho ripetuto più e più volte – come fosse una preghiera – i nomi della moglie e dei figli che a me l’avevano affidato. Un momento ha aperto gli occhi all’udire i nomi e quell’ultimo sguardo l’ho potuto riferire ai familiari”.
Anche questo è il tempo che ci è dato di vivere. La seconda storia è tutta esterna all’ospedale, se posso dire così. Un’anziana ricoverata per Covid peggiora e una mattina arriva alla famiglia la dolente telefonata: la loro madre e nonna è morta. Ma dopo due ore il telefono torna a squillare e dall’ospedale dicono che no, non è morta, era andata in coma ma poi si è ripresa. E tu sei di qua e vedi il cielo aprirsi e chiudersi e la bestia uscire dal mare e rientrarvi. Anche questo è il tempo che ci è dato di vivere. Casi simili erano già comparsi nelle cronache, uno nel Lazio e un altro in Puglia. Ma questo terzo mi tocca di più perché non lo leggo, come gli altri, ma l’ascolto da chi l’ha vissuto.
Chi sia la bestia che vado nominando. “Vidi salire dal mare una bestia” (Apocalisse 13, 1). “Dalla bocca della bestia vidi uscire tre spiriti impuri” (Apocalisse 16, 13). “Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti per muovere guerra” (Apocalisse 19, 19).
Chi ha detto che la maniera di questo morire sia disumana. L’ha detto il vescovo di Cremona Antonio Napolioni, egli stesso malato e poi guarito ha parlato così in una lettera per la morte di un suo prete, che scrive avendo avuto notizia che quel sacerdote era morto: “L’ho fatto per parlarti ancora, per dirti quello che l’isolamento ci impedisce di dire ai nostri cari, in questa disumana maniera di morire”. Parole presenti in una delle sessanta storie che ho già narrato qui nel blog: http://www.luigiaccattoli.it/blog/ad-alberto-franzini-in-questa-disumana-maniera-di-morire/
Il giorno dei vaccini e’di festa, ma rimane un ‘ombra che si cerca di dimenticare.
I vaccini sono frutto di una tecnica che usa linee cellulari di
feti abortiti.Cellule di creature morte ,cellule tenute in vita per scopi
farmaceutici. Sappiamo che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato parere positivo al loro utilizzo come “male minore” anche se auspica che laddove si puo’non si usino per i vaccini cellule di feti abortiti.
Per la popolazione comunque chi lo fa non si fa complice dell’aborto di quei feti. Tuttavia l’ombra rimane anche per il futuro:la tecnica dove arrivera’ nella sua cavalcata futura senza limiti etici ? Dalle cellule di feti abortiti si passera’facilmente a coltivare in laboratorio proprio “materiale umano” prodotto per questo scopo?La tecnica in se’non e’ne’buona ne’ cattiva, e’neutra. Ma l’uso che se ne fa e il fine possono essere contaminati da quegli “spiriti impuri”che escono dalla bocca della Bestia.
Contro questa bestiaccia, ho paura che nulla possano le palle colorate e i peli della barba, gli abeti veri o finti e le slitte di Papà Gelo…
L’unica speranza di vittoria è nel grido della Donna vestita di Sole.
(Apocalisse 20, 1-18)
Speranza
Responsabilità
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https://www.facebook.com/pastoralecultura.to/posts/3538355312951378
«Ora Accattoli ha incontrato il Covid. E racconta la sua esperienza di “affamato d’aria” in un diario pubblico molto letto. Non ha smesso di cercarli, quei “fatti di Vangelo” che oggi riguardano soprattutto vicende di persone (malati, guariti, morti, medici, infermieri, scienziati, parenti, volontari, suore, preti…) che il Covid lo hanno incontrato. Quei fatti (“storie di pandemia”) li raccoglie nel suo, assai frequentato, blog d’autore. Mi ha appena scritto, come ha fatto con tanti altri colleghi, per chiedere un aiuto: chi ritiene di avere una storia di pandemia, ne segnali ad Accattoli, sul suo blog, gli elementi fondamentali. Poi penserà lui a raccontarli. “L’incoraggiamento che queste storie trasmettono – scrive Accattoli – è il dono di questa stagione tribolata”». Così conclude un suo post su Facebook Mauro Banchini, “in pensione ma sempre giornalista”, firma notissima di “Toscana Oggi” e molto presente in varie realtà comunicative ecclesiali e regionali toscane. Il post si può leggere per intero qui
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10215311905751473&id=1850197016
Poveretti i familiari della seconda storia sottoposti alla doccia scozzese .
La prima storia mi lascia invece perplesso. Trovandomi nelle condizioni del morente preferirei che mi si parlasse del bene che vado a incontrare piuttosto che del dispiacere di quel che sono costretto a lasciare.
rif.12.16
Non esisterebbe alcun bene da incontrare se tu non avessi “”il dispiacere” (?!) di quel che sei costretto a lasciare”.
Angelicare a forza la morte è uno dei modi peggiori di disumanizzarla.