“Se le assicurazioni strumentali che abbiamo oggi – in particolare quella dell’emogas – troveranno conferma domani e dopodomani, lei per noi sarà in grado di muoversi senza il supporto costante dell’ossigeno e potrà tornare alla cura a domicilio che già faceva prima del ricovero”: così i dottori del mattino. Mi hanno suggerito un’alternanza giudiziosa: per un’ora uso la maschera dell’ossigeno, alla seguente la tolgo. Ne sono poco convinto, mi avverto ancora soffiante, ma eseguo con il solito garbo questo esercizio. – Approfitto per dire che la gentilezza, l’attenzione, la premura, la competenza del personale sono straordinarie. Medici, infermieri, operatori sanitari sono impagabili. Generalmente giovani e giovanissimi, elemento di fiducia per il domani. In questo Reparto Covid ci sono stati quattro morti tra i dipendenti: hanno dato la vita per le persone di cui si prendevano cura, come il pastore per le pecore. Quando ero venuto qui al San Giovanni per una conferenza sull’accompagnamento del malato, l’11 febbraio scorso, Giornata del malato, avevo sostenuto che il popolo degli ospedali è il portatore oggi in Italia del nostro migliore umanesimo. Allora la pandemia pareva lontana. Amo ripetere quelle parole da un letto dell’ospedale che me le aveva suggerite.
Forse è prossimo il mio ritorno alla “cura a domicilio”
11 Comments
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http://www.vinonuovo.it. Partecipo con contentezza a questo messaggio che arriva dal San Giovanni, e che lascia ben sperare, e segnalo altre due testimonianze di vicinanza a Luigi.
La prima, “Quei “fatti di Vangelo” in pandemia” è firmata da Giorgio Bernardelli su Vino Nuovo
https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/quei-fatti-di-vangelo-in-pandemia/
http://www.vita.it. La seconda, “Ciao, sono Luigi e cerco fatti di Vangelo nella pandemia” è pubblicata da Riccardo Bonacina su Vita, nel suo blog “La Puntina”
http://www.vita.it/it/blog/la-puntina/2020/12/11/ciao-sono-luigi-e-cerco-fatti-di-vangelo-nella-pandemia/4974/
“Il popolo degli ospedali è il portatore oggi in Italia del nostro migliore umanesimo”.
Concordo Luigi.
E sono davvero contenta dei tuoi progressi.
Un caro saluto a te e ai tuoi compagni di stanza.
Coraggio, Luigi, ci siamo quasi. Per non rischiare di trovarmi impreparato, mi sto portando avanti con lo studio a memoria del Te Deum. Tu dacci il via, e sentirai che coro! Altro che il finale del primo atto della Tosca!
Un abbraccio affettuoso a tutti i compagni di pianerottolo che si sono ricordati di Sumpontcura. Grazie.
Giuseppe Vettori
http://www.sololibri.net. “In questa domenica della Terza settimana di Avvento e con il pensiero rivolto al bollettino quotidiano dei decessi e con la speranza che la conta dei defunti scenda al ribasso, leggiamo alcune “storie di pandemia” raccolte da Accattoli, attualmente ricoverato anch’egli per COVID-19”. Così Alessandra Stoppini su http://www.sololibri.net
“Sono storie che toccano l’anima di ciascun essere umano – prosegue l’autrice – ma sono anche storie di speranza che illuminano il giorno di Santa Lucia. In questa straordinaria stagione di male e di bene, Accattoli chiama queste storie “fatti di Vangelo” sapendo bene che spesso chi li pone non lo fa in risposta alla vocazione cristiana ma alla vocazione d’uomo”.
https://www.sololibri.net/NATALE-UCSI-2020-premio-Luigi-Accattoli.html
Sono molto contenta delle notizie e mando un abbraccio a Luigi, vero Giovanni Battista del reparto Covid. Ad maiora!
teleradiopadrepio.it. “La malattia e le limitazioni della degenza non gli stanno impedendo di continuare a lavorare: raccontando ogni sera il suo percorso quotidiano di paziente nella home page del suo blog, intervistando medici e infermieri, prendendo appunti di tutto ciò che di interessante legge sulla carta stampata e sui social o ascolta nei tg e nei gr”. A scriverlo è il direttore di Tele Radio Padre Pio, Stefano Campanella, in una news pubblicata oggi
https://www.teleradiopadrepio.it/cercansi-storie-di-pandemia-illuminate-dal-vangelo/
Intervista di Avvenire del 13 dicembre. “Mi racconti un segno cristiano di questi giorni che ci appaiono “cattivi”?
Nella mia stanza siamo in quattro: una domenica, con il mio computer stavamo seguendo l’Angelus del Papa. A un certo punto entrano i medici per la visita e allora mettiamo il video in pausa. Quando, poco dopo, se ne vanno, il capo del gruppo dice: «Abbiamo visto che qui pregate. Pregate anche per noi»”.
È un passo dell’intervista a Luigi apparsa oggi, domenica 13 dicembre. A seguire, la trascrizione integrale del colloquio pubblicato su Avvenire.
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«La fede, luce nel buio del Covid»
L’ex vaticanista Accattoli in questi mesi sta raccogliendo sul suo blog storie di malati, medici e testimoni. Un “racconto” che ha vinto il premio Ucsi. E ora sta vivendo in prima persona la positività al virus
Intervista di Vincenzo Varagona
Luigi Accattoli, l’ex vaticanista che ha lavorato prima a La Repubblica e poi al Corriere della Sera, storico collaboratore de Il Regno, è da due settimane in ospedale a Roma per polmonite da Covid-19. Il contagio gli è stato diagnosticato il 19 novembre, esattamente a un mese di distanza dal premio Ucsi “Giornalismo e società” incentrato sulla pandemia che gli verrà assegnato a Verona. La premiazione avverrà da remoto: Accattoli spera di riuscire a partecipare dall’ospedale. In questa intervista realizzata a distanza ripercorriamo il lavoro di inchiesta che ha realizzato in questi mesi sulle storie di pandemia che gli sono valse il riconoscimento.
Accattoli, che cosa ti colpisce nella motivazione di questo premio?
La motivazione fa riferimento all’attività svolta negli ultimi decenni di narrazione di «fatti di Vangelo», cioè delle tante esperienze di italiani dei nostri giorni che io vedo ispirate alle beatitudini e all’esempio di Gesù. Ho raccolto queste storie in alcuni libri e negli ultimi mesi sul blog e ho indagato nella stessa ottica le «storie di pandemia».
Quale segnale esce da queste storie?
Esse testimoniano come dal male possa sempre rifiorire il bene. In esse è segnalato il coraggio di donne e uomini che rischiano la vita per aiutare il prossimo e la generosità che trasforma il dolore in amore. Ma anche la fede ai tempi del Covid.
Negli ultimi giorni queste storie di pandemia sono diventate un diario in prima persona, prima da casa e poi dall’ospedale.
La polmonite mi ha portato a uno stato di debilitazione e dipendenza dalla respirazione assistita che mi ha messo nelle condizioni di capire meglio ciò che si prova con il coronavirus.
Quante storie hai raccolto finora nel tuo blog?
Sessanta, che si possono leggere nel capitolo 22 della pagina «Cerco fatti di Vangelo»
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
Poi a sera nel blog, ogni giorno, do aggiornamenti sulla mia esperienza ospedaliera.
Nelle tue righe si sente forte il timbro della sofferenza. C’è qualcosa che è riuscito a sorprenderti positivamente?
Una sorpresa grande, rispetto a quanto avevo letto di altri, è stata l’opportunità di avere la Comunione quasi tutti i giorni nel reparto pneumo-Covid 2 dell’ospedale San Giovanni di Roma.
Mi racconti un segno cristiano di questi giorni che ci appaiono “cattivi”?
Nella mia stanza siamo in quattro: una domenica, con il mio computer stavamo seguendo l’Angelus del Papa. A un certo punto entrano i medici per la visita e allora mettiamo il video in pausa. Quando, poco dopo, se ne vanno, il capo del gruppo dice: «Abbiamo visto che qui pregate. Pregate anche per noi».
Torniamo alle storie: che cosa ti spinge a raccoglierle?
Trasmettono coraggio e sono il dono di questa stagione tribolata.
Quale storia ti ha colpito di più?
Le tante persone che prima di morire hanno lasciato un’ultima parola affidata a una chat o a un’infermiera. Vengono poi i tanti guariti che hanno conosciuto il morso del Covid e ne hanno dato un racconto coinvolgente. Infine le scelte di volontariato compiute da uomini e donne impegnate nel lavoro ospedaliero, nel soccorso a domicilio, in tante pieghe dell’emergenza.
Queste tracce di umanità, come le definisci, che cosa ti fanno pensare?
Innanzitutto al modo di vivere la morte. I nostri morti sono tanti: sono arrivati a oltre 60mila.Quasi tutti sono scomparsi in solitudine. Senza neanche poter lasciare una parola alle famiglie. Qualche volta solo ai medici e agli assistenti. C’è poi chi è guarito e poi è ricaduto ed è morto ma nella fase di guarigione ha raccontato quello che stava passando.
Hai qualche esempio?
Don Corrado Forest di Vittorio Veneto, 80 anni, confida al vescovo che gli telefona: «Non è male che anche qualche prete prenda questo tipo di malattia per condividere quello che vivono molte altre persone». Un altro prete, Orlando Bartolucci di Pesaro, poi deceduto, da me interpellato in un momento che era parso di guarigione, aveva avuto parole simili di accettazione della malattia: «Anche se tutto è pesante, doloroso, non so per quale motivo, spiritualmente mi sento “contento” di aver fatto questa esperienza. E’ l’aver in certo qual modo condiviso una storia con la tua gente».
Le storie dei medici morti per Covid credo meritino un capitolo a parte.
Si e le metterei insieme a quelle degli infermieri, degli operatori ospedalieri, dei volontari e infine dei sacerdoti che hanno dato la vita per accompagnare malati e morenti. A fine ottobre i soli preti diocesani scomparsi – secondo Avvenire – erano 130, aggiungendo i religiosi ci si avvicina o forse si supera il numero dei medici. Con una delle più belle intenzioni proposte nelle Messe a Santa Marta, quella del 3 maggio, domenica del Buon Pastore, Francesco ci invitò a contemplare congiuntamente «l’esempio di questi pastori preti e pastori medici».
Tra i guariti che cosa hai trovato?
Ho raccolto narrazioni vivissime di cinque sacerdoti, di una decina di laici, di tre vescovi: Antonio Napolioni (Cremona), Derio Olivero (Pinerolo), Calogero Peri (Caltagirone). Il vescovo Napolioni così parla in una lettera post mortem a un suo prete che se ne era andato poco dopo che lui, vescovo, era uscito dall’ospedale: «Scrivo per dirti quello che l’isolamento ci impedisce di dire ai nostri cari, in questa disumana maniera di morire». «Disumana»: detto da un vescovo.
Ci sono casi singolari di volontariato?
Tanti per impulso di solidarietà tornano a fare il medico o l’infermiere, pur essendo ormai in pensione, o avendo lasciato da tempo quel lavoro: chi era diventato scrittore, chi vignaiolo, chi si era fatto prete, o frate o suora.
Le chiami tutte «fatti di Vangelo»?
So bene che non tutti agiscono in risposta alla vocazione cristiana, ma più ampiamente alla vocazione d’uomo. C’è un insegnamento nel fatto che in profondo le due vocazioni s’incontrino. E’ anche cercando quell’insegnamento che accanto ai semi seminati dall’una conviene onorare quelli dell’altra.
http://www.vaticannews.va. “E saluto anche Luigi Accattoli, nostro collega giornalista vaticanista, che ci segue dall’ospedale San Giovanni dove è ricoverato per Covid. E saluto anche i suoi compagni di stanza, perché Luigi sta raccontando questo suo ricovero attraverso il suo sito. Diamo un abbraccio a lui e a tutti i suoi compagni di malattia con l’augurio di una pronta guarigione”.
Così in voce questa mattina il collega Fabio Colagrande su www,vaticannews.va, prima del collegamento con l’Angelus di papa Francesco. Insieme a lui, nel ricordo e nella preghiera, anche don Pino Lorizio, docente di teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense
Carissimo Luigi,
sto seguendo con attenzione la tua vicenda attraverso questo blog, sono felice di leggere che stai guarendo. Le mie preghiere sono per te, sono certo che ti riprenderai presto. Forza e coraggio! Ti aspettiamo per la prossima edizione del Premio Castelli.
Con affetto e stima
Antonio Gianfico
Grazie grazie ad Antonio Gianfico presidente nazionale della San Vincenzo, per la quale mi occupo del Premio Castelli… Antonio saluta il tuo vasto giro…