“Sono un incosciente? Difetto di un po’ di prudenza? Non saprei cosa dire, mi guida l’istinto e lo Spirito Santo, mi guida l’amore del mio meraviglioso popolo che segue Gesù Cristo”: è un frammento dell’intervista al Papa pubblicata oggi dall’agenzia AdnKronos. Mi pare dica in breve la rivendicazione dell’opera riformatrice che viene compiendo, rivendicazione che è in tutta la conversazione. Ne riporto alcuni brani che meglio dicono questo spirito, a partire da quello che ho messo a titolo. In coda una mia nota.
Bergoglio: “Mi guida l’istinto e lo Spirito Santo”
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Non temo nulla. Sulla corruzione nella Chiesa e sulle indagini della magistratura vaticana così Francesco risponde alla domanda se il Papa ha paura: “E perché dovrei averne? Non temo conseguenze contro di me, non temo nulla, agisco in nome e per conto di nostro Signore. Sono un incosciente? Difetto di un po’ di prudenza? Non saprei cosa dire, mi guida l’istinto e lo Spirito Santo, mi guida l’amore del mio meraviglioso popolo che segue Gesù Cristo. E poi prego, prego tanto, tutti noi in questo momento difficile dobbiamo pregare tanto per quanto sta accadendo nel mondo”.
Benedetto e la corruzione nella Chiesa. “La Chiesa è e resta forte ma il tema della corruzione è un problema profondo, che si perde nei secoli. All’inizio del mio pontificato andai a trovare Benedetto. Nel passare le consegne mi diede una scatola grande: “Qui dentro c’è tutto – disse -, ci sono gli atti con le situazioni più difficili, io sono arrivato fino a qua, sono intervenuto in questa situazione, ho allontanato queste persone e adesso…tocca a te”. Ecco, io non ho fatto altro che raccogliere il testimone di Papa Benedetto, ho continuato la sua opera […]. Benedetto per me è un padre e un fratello, per lettera gli scrivo “filialmente e fraternamente”. Lo vado a trovare spesso […] e se recentemente lo vedo un po’ meno è solo perché non voglio affaticarlo. Il rapporto è davvero buono, molto buono, concordiamo sulle cose da fare. Benedetto è un uomo buono, è la santità fatta persona. Non ci sono problemi fra noi, poi ognuno può dire e pensare ciò che vuole. Pensi che sono riusciti perfino a raccontare che avevamo litigato, io e Benedetto, su quale tomba spettava a me e quale a lui“.
Si compri un cagnolino. “E’ innegabile che personaggi di vario tipo e spessore, ecclesiastici e tanti finti amici laici della Chiesa, hanno contribuito a dissipare il patrimonio mobile e immobile non del Vaticano ma dei fedeli. A me colpisce il Vangelo quando il Signore chiede di scegliere: o segui Dio o segui il denaro. Lo ha detto Gesù, non è possibile andare dietro a entrambi […]. Il giorno in cui morì Giovanni Paolo II, finita la celebrazione in una favela di Buenos Aires mi si avvicinò una donna poverissima, chiese informazioni su come si eleggeva il papa, le raccontai della fumata bianca, dei cardinali, del conclave. Al che lei mi interruppe e disse: senta Bergoglio, quando diventerà papa per prima cosa si ricordi di comprare un cagnolino. Le risposi che difficilmente lo sarei diventato, e se nel caso perché avrei dovuto prendere il cane. “Perché ogni volta che si troverà a mangiare – fu la sua risposta – ne dia un pezzettino prima a lui, se lui sta bene allora continui pure a mangiare” […]. Con le sue parole quella donna dava conto dell’idea che il popolo di Dio, i poveri fra i più poveri al mondo, aveva della Casa del Signore attraversata da ferite profonde, lotte intestine e malversazioni”.
Non provo solitudine. “Se sono solo? Ci ho pensato. E sono arrivato alla conclusione che esistono due livelli di solitudine: uno può dire, mi sento solo perché chi dovrebbe collaborare non collabora, perché chi si dovrebbe sporcare le mani per il prossimo non lo fa, perché non seguono la mia linea o cose così, e questa è una solitudine diciamo… funzionale. Poi c’è una solitudine sostanziale, che non provo, perché ho trovato tantissima gente che rischia per me, mette la sua vita in gioco, che si batte con convinzione perché sa che siamo nel giusto e che la strada intrapresa, pur fra mille ostacoli e naturali resistenze, è quella giusta”. Sua Santità ammette di non sapere se vincerà o meno la battaglia. Ma con amorevole risolutezza si dice certo di una cosa: “So che devo farla, sono stato chiamato a farla, poi sarà il Signore a dire se ho fatto bene o se ho fatto male. Sinceramente non sono molto ottimista (sorride, ndr) però confido in Dio e negli uomini fedeli a Dio”.
Tante cose presto cambieranno. “Non credo possa esserci una sola persona, dentro e fuori di qui, contraria ad estirpare la malapianta della corruzione. Non ci sono strategie particolari, lo schema è banale, semplice, andare avanti e non fermarsi, bisogna fare passi piccoli ma concreti. Per arrivare ai risultati di oggi siamo partiti da una riunione di cinque anni fa su come aggiornare il sistema giudiziario, poi con le prime indagini ho dovuto rimuovere posizioni e resistenze, si è andati a scavare nelle finanze, abbiamo nuovi vertici allo Ior, insomma ho dovuto cambiare tante cose e tante molto presto cambieranno“.
https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2020/10/30/papa-francesco-all-adnkronos-covid-corruzione-benedetto_chrA2saxr5INZHQvsZT44N.html?refresh_ce
Mia nota. Mi fermo su due parole che il Papa dice in questa intervista: “Non temo nulla” e “mi guida l’istinto e lo Spirito Santo”. Credo sia vero che non teme. L’ha detto altre volte ma anche l’ha dimostrato. Se avesse timore delle opposizioni che incontra – la domanda aveva questo fuoco – aggiusterebbe il tiro, peserebbe le parole. Lo vedo invece impegnato con se stesso a tenere fede alla scommessa che deve aver compiuto accettando l’elezione: sono stato chiamato, devo svolgere il mio servizio.
Il non timore l’aveva detto, l’abbinamento dello Spirito Santo e dell’istinto invece non mi pare di ricordarlo. Lo leggo sullo sfondo delle parole con le quali il Libro degli Atti degli Apostoli introduce la lettera del Concilio di Gerusalemme alle comunità della diaspora: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi…” (Atti 15,28). La parola istinto suona forte in bocca a un Papa ma credo se ne possa cogliere una valenza positiva. Più volte nel presentare decisioni o testi di Francesco mi sono trovato a usare l’espressione: “Credo lo faccia più per intuizione che per programma”. Usai quelle parole, per esempio, in una discussione da remoto con la redazione della rivista il Regno, commentando la sua decisione – all’inizio della clausura pandemica di marzo – di far riaprire le chiese di Roma il giorno dopo che erano state chiuse. Una decisione venuta – io credo – dallo Spirito Santo e dall’istinto.
Il nuovo volto della rivoluzione
Ottobre 30, 2020 / gpcentofanti
La società della ragione astratta tende a svuotare le persone e a irreggimentarle nei ruoli di un apparato che può venire facilmente telecomandato da pochi veri potenti. Questi infatti si servono di gente che ha bisogno di lavorare o ha smania di denaro e di successo per manipolare attraverso i media, la cultura, il popolo. Nella scuola possono esservi molti insegnanti che vorrebbero aiutare davvero i giovani a sviluppare una ricerca personale autentica ma un falso neutralismo voluto dell’istituzione incatena la loro opera.
Siamo nell’epoca della dittatura della tecnica e dei suoi meccanicismi, di una scienza che non matura col maturare delle persone ma riduce ogni cosa a conoscenza astratta o a mero fatto. Sparisce dunque il mistero della vita, dell’uomo, la ricerca del senso delle cose. Un falso scientismo che svuota l’autentica crescita delle persone e tende a formare un apparato di esclusivi pseudocompetenti guarda caso sempre a favore dei veri potenti, come la finanza e i padroni del web. La spoliazione della gente di ogni cosa parla da sola di questa autoreferenziale perizia.
Il dominio attuale dunque consiste nello spegnere le persone col pensiero unico, una solo proclamata solidarietà che non stimola la libera maturazione delle persone ma le omologa in un falso bene senza facoltà di scegliere la propria formazione scolastica nella identità liberamente cercata e dunque nell’autentico scambio con le altre.
Senza ricerca identitaria e scambio, dunque senza una crescita e un confronto che si stimolano reciprocamente il falso tecnicismo può continuare ad imperare al punto da venire considerato la vera conoscenza. Persino per esempio nella chiesa si possono trovare nelle gerarchie accaniti difensori di questa astratta e riduttiva razionalità. Benché Gesù abbia nei vangeli tracciato la via di una maturazione integrale dell’uomo nella Luce che scende serena, a misura, come una colomba. Una crescita libera e liberamente condivisa.
Se questo è il sistema di potere attuale, la sua cultura, il suo superamento può dunque avvenire nello stimolare, nei modi e nei tempi adeguati, l’orientamento verso la libera formazione anche scolastica, lo scambio, la libera circolazione dei contributi, delle esperienze, la condivisione. Non un falso scambio senza spazio allo sviluppo delle identità, non identità chiuse al confronto. Schematismi, scientismi, pragmatismi. In tali casi si resterebbe così nelle scissioni figlie appunto del razionalismo: vere e proprie vivisezioni che spengono la vita, la persona integrale, autentica, la vera partecipazione.
Famiglie che seguono la formazione scolastica dei propri figli ponendola nella luce di una libera ricerca identitaria e nell’incontro con le altre identità, media che alimentano un’autentico dialogo, sono esempi di talora eroiche realtà di rinnovamento e di protezione da un crollo generale che può apparire sempre più imminente. Non per nulla vengono spesso messe a durissima prova.
Ci si chiede allora per esempio come possano un periodico, un sito web, sopravvivere in un mondo fagocitato dai grandi poteri. Forse, ma è solo una possibile pista di ricerca, la strada è proprio quella di mantenersi piccolo. Quando l’impresa si fa grande può diventare fragile e soggetta al bisogno di aiuti che solo quei poteri possono fornire. Per mantenersi piccolo e svolgere un’opera proficua una strada potrebbe rivelarsi quella del volontariato. Vi sono per esempio tante persone preparatissime che non hanno possibilità di intervenire nel dibattito pubblico perché non allineate, anche se non in guerra. Inoltre la gente ha molto da far comprendere se si ascolta la sua vita, le sue speranze, le sue difficoltà, le sue perplessità. Si cresce insieme, l’esperto avulso da ciò esprime una perizia libresca. Ancora una volta la chiave è l’uscita dal razionalismo, dal meccanicismo degli apparati con i loro ruoli formalmente prefabbricati e teleguidati. Ormai si giunge alla radice del problema: la ragione astratta o l’uomo? Come in altre epoche il vero “capitale” è in mano al suo unico legittimo detentore: la specifica persona, il popolo. È sempre più tempo che ne prenda consapevolezza. Tanti piccoli centri di accoglienza e di irradiazione, reti rese meno esposte alla soggezione al sistema. Un popolo di lillipuziani.