Bloccato dalla pandemia mentre si preparava a partire missionario nello Zambia, don Giuseppe Morstabilini – prete ambrosiano da 16 anni – torna a fare l’infermiere che era prima di farsi prete. E lo fa nell’Ospedale di Busto Arsizio a partire dal 28 marzo. Nei commenti riporto alcuni paragrafi dell’intervista che ha dato al sito internet della Comunità parrocchiale Maria Madre della Chiesa di Bareggio [Milano] il 9 giugno 2020. E segnalo la storia di un altro prete infermiere tornato ora in ospedale: don Alessio Strapazzon di Belluno.
Io prete ero stato infermiere e infermiere sono tornato
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Ero in partenza per lo Zambia. Don Giuseppe Morstabilini 1. Mi trovavo in Irlanda – a migliorare il mio inglese – quando in Italia c’è stato il primo caso ufficiale di Covid-19, a Codogno. Io ho alcuni amici che lavorano nell’ospedale di Codogno e uno in particolare faceva parte di quel gruppo di personale che è rimasto blindato dentro la struttura, perché poteva essere potenzialmente infettivo. All’inizio di Marzo la situazione è talmente degenerata che dall’Irlanda son dovuto tornare, anche perchè si andava verso la chiusura degli aeroporti. Nelle due settimane di quarantena previste per chi rientra dall’estero, guardavo i telegiornali e seguivo l’impennata che i contagi stavano avendo.
In questo contesto mi sono chiesto cosa potessi fare per rendermi utile. Sentendo vari amici e conoscenti, qualcuno mi ha chiesto: “Perché non torni a darci una mano?” Prima di entrare in Seminario, io ero un infermiere. Tutt’ora ho una qualifica valida e riconosciuta dallo Stato. Così, in accordo con i miei superiori, ho contattato l’ospedale di Busto Arsizio, che confina con Samarate dove ora risiedo. Nel mio immaginario, pensavo che sarei finito come volontario all’ingresso, con in mano il termo-scanner. Ma c’era necessità di personale nel reparto di infettivologia, quello con i malati di Covid. Nel giro di 48 ore mi sono riscritto all’albo professionale, ho fatto un colloquio ed ero in corsia. Mi hanno affiancato un’infermiera esperta, quella che di solito si occupa di istruire gli infermieri universitari, e dopo alcuni giorni di servizio e di studio, avevo rispolverato le tecniche apprese prima del Seminario e recuperato le conoscenze che mi mancavano.
Prete e infermiere non sono in contrasto. Don Giuseppe Morstabilini 2. Io sono un prete e continuo la mia vita da prete – prego, recito il breviario, celebro messa – e se anche da qualche punto di vista il mio ministero potrebbe sembrare altro, in realtà prete e infermiere non sono in contrasto. Così come quando ero impegnato in parrocchia portavo nelle mie preghiere la vita dell’oratorio, oggi porto il dolore dei malati, le fatiche dei colleghi, le difficoltà delle famiglie, il dramma di chi non ce l’ha fatta. Nel reparto io non entro in veste, però i colleghi sanno che sono un sacerdote; i pazienti ogni tanto mi chiedono una benedizione e qualche volta mi è anche capitato di essere chiamato per dare un’estrema unzione.
Ho fatto questa riflessione: se dovessi tornare indietro nel tempo, alla ricerca delle radici della mia vocazione, direi che il Signore mi ha chiamato più dai letti dell’ospedale, che dal campo da calcio dell’Oratorio. Perché nel rapporto coi malati capivo che queste persone si ponevano delle domande che andavano “oltre”. La loro vita chiedeva risposte che andavano aldilà del bisogno di salute. I loro interrogativi si potevano sempre ricondurre al grande Senso della vita.
Per adesso c’è bisogno di me qui e qui rimango, ma appena ci sarà la possibilità di partire per lo Zambia, partirò. È come se Dio, in un momento di svolta nella mia vita – il lavoro pastorale in Africa sicuramente non sarà come quello in Italia -, con questa rinnovata esperienza dell’ospedale voglia riportarmi alle origini della mia vocazione e in qualche modo volesse rafforzare la mia chiamata
https://www.comunitapastoralebareggio.it/blog/broadcast/da-fidei-donum-a-infermiere-la-testimonianza-di-don-giuseppe/
Quaranta storie. Questa di don Giuseppe Morstabilini è la quarantesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
Nell’ospedare di Busto Arsizio, dove don Giuseppe è tornato a fare l’infermiere, era già corso a dare una mano un altro prete che era stato medico: don Fabio Stevanazzi, la cui storia è tra quelle che qui ho narrato:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/don-fabio-stevanazzi-che-e-tornato-medico-in-pandemia/
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-8-ottobre-2020/
Altro prete infermiere. Don Alessio Strapazzon, 37 anni, resta parroco di Castellavazzo, Codissago e Podenzoi, ai piedi della diga del Vajont, ma dal 23 marzo presta servizio come infermiere nel reparto di Pneumologia, dedicato alla cura del Covid presso l’Ospedale “San Martino” di Belluno. «Ho sentito il bisogno di aiutare – spiega don Alessio – ho sempre percepito la professione come una famiglia. E come in tutte le famiglie, al bisogno ci si aiuta. La mia scelta è sostenuta dalla fede. Il Signore ci ha insegnato ad amare il prossimo. In questo momento, per me, amare il prossimo significare rientrare in corsia». La scelta di don Alessio è sostenuta dall’incoraggiamento del vescovo, Renato Marangoni, del presbiterio e dei diaconi che, insieme a tutti i suoi parrocchiani, gli promettono sostegno, con la fraternità e soprattutto con la preghiera. Prima di intraprendere gli studi per diventare sacerdote (nel 2012) don Alessio, classe 1983, originario della parrocchia di San Tomaso Agordino, si è laureato in scienze infermieristiche nella sede di Feltre dell’Università degli studi di Padova.
«L’idea di essere infermiere, di poter aiutare in qualche modo, e pensare a tutti i colleghi che in questo momento stanno lavorando tanto e stanno dando tutto quello che hanno, in un certo modo non mi concedeva di stare a casa perché nel cuore io avevo bisogno di dare la mia disponibilità, di aiutarli, perché si è tutti una grande famiglia» confida don Alessio.
Ha paura? «Sa, un po’ di timore c’è sempre – ha risposto ai giornalisti –, però io credo che l’essere insieme come infermieri, l’aiutarsi, il sostenersi a vicenda e il camminare insieme, credo sia la cosa che dà più coraggio nell’affrontare questo momento di difficoltà».
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/cos-don-alessio-torna-in-corsia-come-volontario