Il 4 agosto una misteriosa esplosione nel porto di Beirut provocava 220 morti, seimila feriti e 300 mila sfollati. Ad oggi nulla si sa di che l’abbia provocata: attentato o incidente. Oggi, 4 settembre, a un mese dalla carneficina si tiene un “giorno di digiuno e di preghiera per il Libano”: in soccorso ai libanesi smarriti, per il futuro – che pare anch’esso smarrito – di questo straordinario paese. Da ieri è a Beirut, inviato dal Papa, il cardinale Pietro Parolin: ha incontrato i leader religiosi nella cattedrale maronita di San Giorgio e ha presieduto l’Eucarestia nel Santuario mariano di Harissa. Nel primo commento l’appello formulato mercoledì da Francesco. Nel secondo la cronaca dei primi atti della visita di Parolin fornita da Vatican.va.
Oggi digiuno e preghiera per il Libano dilaniato
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L’appello del Papa all’udienza di mercoledì. Cari fratelli e sorelle, a un mese dalla tragedia che ha colpito la città di Beirut, il mio pensiero va ancora al caro Libano e alla sua popolazione particolarmente provata. E questo sacerdote che è qui, ha portato la bandiera del Libano a questa udienza.
Come San Giovanni Paolo II disse trent’anni fa in un momento cruciale della storia del Paese, anche io quest’oggi ripeto: «Di fronte ai ripetuti drammi, che ciascuno degli abitanti di questa terra conosce, noi prendiamo coscienza dell’estremo pericolo che minaccia l’esistenza stessa del Paese. Il Libano non può essere abbandonato nella sua solitudine» (Lettera apostolica a tutti i Vescovi della Chiesa cattolica sulla situazione nel Libano, 7 settembre 1989).
Per oltre cento anni, il Libano è stato un Paese di speranza. Anche durante i periodi più bui della sua storia, i libanesi hanno conservato la loro fede in Dio e dimostrato la capacità di fare della loro terra un luogo di tolleranza, di rispetto, di convivenza unico nella regione. È profondamente vera l’affermazione che il Libano rappresenta qualcosa di più di uno Stato: il Libano «è un messaggio di libertà, è un esempio di pluralismo tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente» (ibid.). Per il bene stesso del Paese, ma anche del mondo, non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso.
Incoraggio tutti i libanesi a continuare a sperare e a ritrovare le forze e le energie necessarie per ripartire. Domando ai politici e ai leader religiosi di impegnarsi con sincerità e trasparenza nell’opera di ricostruzione, lasciando cadere gli interessi di parte e guardando al bene comune e al futuro della nazione. Rinnovo altresì l’invito alla Comunità internazionale a sostenere il Paese per aiutarlo ad uscire dalla grave crisi, senza essere coinvolto nelle tensioni regionali.
In modo particolare mi rivolgo agli abitanti di Beirut, duramente provati dall’esplosione: riprendete coraggio, fratelli! La fede e la preghiera siano la vostra forza. Non abbandonate le vostre case e la vostra eredità, non fate cadere il sogno di quelli che hanno creduto nell’avvenire di un Paese bello e prospero.
Cari pastori, vescovi, sacerdoti, consacrati, consacrate, laici, continuate ad accompagnare i vostri fedeli. E a voi, vescovi e sacerdoti, chiedo zelo apostolico; vi chiedo povertà, niente lusso, povertà con il vostro povero popolo che sta soffrendo. Date voi l’esempio di povertà e di umiltà. Aiutate i vostri fedeli e il vostro popolo a rialzarsi ed essere protagonisti di una nuova rinascita. Siate tutti operatori di concordia e rinnovamento nel nome dell’interesse comune, di una vera cultura dell’incontro, del vivere insieme nella pace, di fratellanza. Una parola tanto cara a San Francesco: fratellanza. Che questa concordia sia un rinnovamento nell’interesse comune. Su questo fondamento si potrà assicurare la continuità della presenza cristiana e il vostro inestimabile contributo al Paese, al mondo arabo e a tutta la regione, in uno spirito di fratellanza fra tutte le tradizioni religiose che ci sono nel Libano.
È per questa ragione che desidero invitare tutti a vivere una giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano, venerdì prossimo, 4 settembre. Io ho l’intenzione di inviare un mio rappresentante quel giorno in Libano per accompagnare la popolazione: andrà il Segretario di Stato a nome mio, per esprimere la mia vicinanza e solidarietà. Offriamo la nostra preghiera per tutto il Libano e per Beirut. Siamo vicini anche con l’impegno concreto della carità, come in altre occasioni simili. Invito anche i fratelli e le sorelle di altre confessioni e tradizioni religiose ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune, ma tutti insieme.
E adesso vi chiedo di affidare a Maria, Nostra Signora di Harissa, le nostre angosce e speranze. Sia Lei a sostenere quanti piangono i loro cari e infondere coraggio a tutti quelli che hanno perso le loro case e con esse parte della loro vita. Che interceda presso il Signore Gesù, affinché la Terra dei Cedri rifiorisca ed effonda il profumo del vivere insieme in tutta la Regione del Medio Oriente.
E adesso invito tutti, per quanto possibile, a metterci in piedi in silenzio e pregare in silenzio per il Libano.
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/09/02/0434/00994.html
Parolin a Beirut. Cronaca di Vatican.va. “Non lasciate il Libano da solo! Il Libano ha bisogno del mondo, ma il mondo ha anche bisogno di quell’unico esperimento di pluralismo che è il Libano”. Il cardinale Pietro Parolin, richiama le parole pronunciate da Francesco all’ultima udienza generale al cospetto dei leader religiosi riuniti nella cattedrale maronita di San Giorgio a Beirut. Il segretario di Stato è stato inviato dal Papa per vivere insieme al popolo libanese la Giornata universale di preghiera e digiuno. Una visita che cade ad un mese dall’esplosione nel porto che ha provocato 220 morti, seimila feriti e 300 mila sfollati. Il cardinale Parolin ricorda che l’iniziativa del Papa ha raccolto consenso in “tanti paesi diversi, da tutti i continenti”.
“La nostra sofferenza può aiutarci a purificare le nostre intenzioni e a rafforzare la nostra determinazione a vivere insieme in pace e dignità, a lottare per un migliore governo che favorisca la responsabilità, la trasparenza e la responsabilità. Insieme possiamo sconfiggere la violenza e ogni forma di autoritarismo, promuovendo una cittadinanza inclusiva basata sul rispetto dei diritti e dei doveri fondamentali”. Da qui l’invito a sconfiggere la violenza e ogni forma di autoritarismo, “promuovendo una cittadinanza inclusiva basata sul rispetto dei diritti e dei doveri fondamentali”. Parolin ha poi chiesto di “insistere con tutti i leader politici libanesi, quelli dei partiti tradizionali come anche dei movimenti di nuova formazione, per promuovere con sincerità e concretezza i talenti dei giovani e le loro aspirazioni di pace e di un futuro migliore”. Infine il porporato ha sottolineato “i bellissimi esempi di solidarietà” in tutta Beirut: gesti che rafforzano la speranza ne futuro.
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-09/giornata-universale-di-preghiera-digiuno-per-il-libano-parolin.html
Sono stato in Libano con Papa Wojtyla nel maggio del 1997 e un poco mi sento libanese. Quando tocchiamo una terra, se lo facciamo con affetto, quella un poco diventa nostra patria. La prima cosa che imparai fu l’anima molteplice del Libano che si riflette nella sua difficile geografia: seguendo il tragitto del Papa dall’aeroporto al palazzo presidenziale di Baabda, tagliando cioè la periferia della città da Sud a Est, noi giornalisti ci trovammo ad attraversare in successione i quartieri sciita, sunnita e maronita. Solo a Gerusalemme e a Sarajevo ho trovato così tante patrie in una città. Ma so che ce ne sono altri di luoghi con tante anime. Le patrie sulla terra sono senza numero e spesso tra loro mescolate.
Nel Libano sovrano. “Vado in Libano, nel Libano sovrano” aveva detto Wojtyla in aereo a noi giornalisti che volevamo sapere se la sua visita non rischiasse di legittimare il protettorato di fatto della Siria che era allora vigente. La situazione attuale è anche peggiore e nell’appello dell’altro ieri Francesco ha affermato che oggi è in gioco non solo l’indipendenza del Libano ma il suo stesso “futuro”. Mi colpì poi – in quella visita di due giorni di 23 anni fa – la compresenza di musulmani e cristiani in ogni momento della presenza papale: sia nella folla che faceva ala al corteo, sia all’incontro del Papa con i giovani al Santuario di Harissa la sera del 9, sia alla messa nella zona del porto [la stessa dell’esplosione del 4 agosto scorso] la mattina del 10. La vocazione ultramillenaria del Libano è nella convivenza tra musulmani e cristiani. I secoli l’hanno preservata. Incredibile che oggi rischi di perdersi.
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-5-settembre-2020/
Preghiera del Papa letta da Parolin. “Signore, crediamo che vigili sulla tua parola per realizzarla e vi speriamo contro ogni speranza o disgrazia. Ti ringraziamo per il tuo amore che si è espresso tramite la solidarietà di molti. Ti affidiamo il Libano, con il suo popolo, le sue guide religiose e politiche ed i suoi giovani, affinché realizzi la sua vocazione di ‘Messaggio di pace e fraternità’ alla quale l’hai chiamato”. È questa la preghiera di Papa Francesco letta dal Segretario di Stato Vaticano, card. Pietro Parolin, il pomeriggio di ieri al porto di Beirut, sul luogo dell’esplosione del 4 agosto.
https://www.agensir.it/quotidiano/2020/9/4/libano-card-parolin-la-preghiera-di-papa-francesco-sul-luogo-dellesplosione-del-4-agosto/