Un giovane teologo laico che si è formato nello Studio teologico di Catania ed è ora dottore di ricerca a Lugano e al San Raffaele di Milano, ha pubblicato da EDB uno studio specialistico sulla “Sacramentalità dell’episcopato tra storia, teologia e liturgia” a cui ha posto il titolo provocatorio “Una Chiesa senza vescovi?”. Il libro – che ha la presentazione di Marcello Semeraro vescovo di Albano e segretario del Consiglio dei cardinali – è stato presentato ieri pomeriggio al Festival di mezza e state di Tagliacozzo: e io ero tra i presentatori. Ovvero facevo domande ai presentatori, che erano l’autore e il dottorando in teologia alla Gregoriana Antonio Allegritti, appartenente alla diocesi dei Marsi nella quale si trova Tagliacozzo. Nei commenti un brano del volume, l’indice, le mie domande ai relatori, ispirate all’intenzione di rendere la materia accessibile al pubblico di una festa di mezza estate.
Cristiano Calì: “Una Chiesa senza vescovi?”
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Fondamento biblico dell’episcopato. Se dopo il concilio di Trento, infatti, poteva trovare spazio la domanda: «Vi sarà domani una Chiesa senza vescovi?», e a questa domanda poteva seguire una certa e appassionata discussione teologica, dopo il Vaticano II sicuramente a quella medesima domanda risponderemmo negativamente. Si è voluto allora tornare alle radici della questione: ricercando il fondamento biblico dell’episcopato (inquadrandolo logicamente nel contesto più ampio dell’ordine sacro); delineando il complesso iter storico che la formulazione sulla sua sacramentalità ha dovuto percorrere (attraversando l’epoca patristica, il Medioevo e l’epoca moderna); analizzando i testi di “Lumen gentium” cercando di coglierne le implicanze teologiche e pratiche che essi possono avere per la Chiesa; dischiudendo, infine, alcune prospettive in grado di stimolare – perché no – ulteriori studi in futuro. [p. 20]
Indice
Presentazione di Marcello Semeraro
Introduzione
Capitolo 1
Il ministero episcopale: dall’età apostolica al periodo medievale
1. I ministeri nell’età apostolica
2. Il ministero episcopale all’epoca dei Padri
3. La crisi della comprensione sacramentale del vescovo nel Medioevo (VIII-XV secolo)
4. La continuità della lex orandi nel mutarsi della dottrina
Capitolo 2
La sacramentalità dell’episcopato: una definizione insoluta da Trento al Vaticano I
1. La dottrina di Trento sul sacramento dell’Ordine
2. Un fruttuoso periodo di maturazione (1800-1900)
Capitolo 3
La dottrina del concilio Vaticano II sull’episcopato
1. La preparazione del concilio
2. Lo svolgimento del concilio: una complessa definizione
3. L’insegnamento conciliare della Lumen gentium
4. Il Pontificale Romano rinnovato
Capitolo 4. I vescovi: segni e strumenti di relazione
1. Una relazione interna
2. Una doppia relazione
3. Una relazione allargata
Congedo
Bibliografia
1. Fonti
2. Studi
Indice dei nomi
Mio schema introduttivo al dibattito. Una Chiesa senza vescovi? Presentazione del volume di Cristiano Calì – EDB 2019 – Tagliacozzo – Cortile Nobile di Palazzo Ducale
Domenica 9 agosto 2020 – ore 17.30
A noi, qui in Italia, sembra molto chiaro chi sia un vescovo. Ma la faccenda non è più tanto chiara se andiamo nella storia lontana o se andiamo lontano sul pianeta.
Nelle Catacombe di Chiusi c’è una lapide sulla tomba del vescovo Petronio Dextro (vissuto a cavallo del terzo e quarto secolo) che dice: “Al vescovo Petronio, carissimo Padre, i cinque figli”.
Nella “Prima Lettera a Timoteo” l’apostolo Paolo scrive: “Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino”.
Dunque quando si dice “vescovo” non si dice sempre la stessa cosa. Oggi non farebbero vescovo – qui da noi – chi sia “marito di una sola donna” e d’altra parte fuori della Chiesa Cattolica oggi – nelle Comunità luterane e anglicane – ci sono anche donne vescovo che mai si erano viste nei secoli.
Ma io sono un giornalista e non mi azzardo ad andare oltre in questo campo coltivatissimo della disputa sulla figura e sul ruolo dei vescovi oggi e nella storia.
Passo dunque il microfono all’autore del volume che ha un titolo provocatorio: “Una Chiesa senza vescovi?” Sentiremo da lui una prima esposizione dell’intenzione che l’ha guidato nello scrivere e poi farò altre domande, a lui e a don Antonio Allegritti, anche lui teologo.
Le mie domande. Come avrete capito subito i teologi volano alto – ma sarà mio compito tirarli giù dal pero – come si dice nel Nord Italia e invitarli a parlare la lingua comune.
Ed ecco la prima domanda, che rivolgo in partenza a don Allegritti: ma a tutte le mie domande potranno rispondere, volendo, sia l’uno sia l’altro del nostro parco teologi. Parto da quello che diceva Cristiano Calì sul vescovo come lo descrive il Concilio Vaticano II: Wojtyla, Ratzinger, Bergoglio sono stati e sono vescovi secondo il Concilio? L’ideale che proponeva il Vaticano II è realizzato o ne siamo ancora lontani?
La seconda domanda esce dai confini della Chiesa Cattolica: come già accennavo, oggi nella cristianità ci sono delle donne vescovo – e mentre in Occidente si va verso novità che Roma considera inaccettabili, in Oriente il rifiuto di quelle novità sui “ministeri ordinati” è ancora più forte che da noi – si direbbe insomma che la figura del vescovo sia un elemento forte di contraddizione: lo si potrà superare – e come, se le differenze paiono aumentare invece che diminuire?
Terza domanda. Il vescovo è così diverso dal prete, come pare di capire dalle vostre argomentazioni? E a sua volta il prete è così diverso dal cristiano comune? Le parole di Gesù “uno solo è il Maestro e voi siete tutti fratelli” [Matteo 23, 8] non dovrebbero aiutarci a semplificare e avvicinare questi fratelli, che siamo tutti noi, invece di continuare a marcare differenze di status e di ruolo? Avremo domani il prete sposato anche nella Chiesa Latina? Avremo le diaconesse? Avremo la donna prete?
Quarta e ultima domanda. Immaginiamo un gruppo di cristiani che approdano – naufraghi – in un’isola deserta e non hanno preti con loro e tampoco vescovi – ma hanno del pane. Viene la domenica, lo spezzano in memoria di Gesù: “Fate questo in memoria di me”. Possiamo davvero immaginare che questo memoriale valga di meno presso il Padre di quanto varrebbe se tra loro ci fosse un prete? E se fossero tutte donne il loro memoriale varrebbe di meno rispetto a quello pronunciato, in un’altra isola, da un uomo?
Questa è una finestra del Cortile d’onore del Palazzo Ducale di Tagliacozzo che avevo di fronte durante la presentazione.
Questa finestra invece l’avevo alle spalle. Le ho chiesto di non andare via prima della fine in modo di poterla fotografare al termine dell’incontro.
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-12-agosto-2020/
Tradizionalisti e modernisti: il rischio di un dialogo tra sordi
http://gpcentofanti.altervista.org/tradizionalisti-e-modernisti-il-rischio-di-un-dialogo-tra-sordi/
Bellissime le finestre del palazzo ducale, così antico per storia e vicende che passando di mano in mano ora agli Orsini poi ai Colonna, quindi ai Barberini poi ai Corsini, perfino in epoca fascista ci fu chi azzardò rimaneggiamenti strutturali insomma, tanti e tali furono nel corso dei secoli da modificarne gli interni e gli esterni che ben poco resta del maniero originale. E già che le belle finestre ne testimoniano l’antico manufatto tardo gotico che fanno a pugni con quelle rinascimentali del secondo ordine. E’ così che va la storia.
Nella Chiesa, giusto per restare in tema, le cose non credo siano andate poi tanto diversamente. Per parallelismo,mi sovviene la Comunità di Corinto che è la chiesa più conosciuta del N.Testamento in cui Paolo ci illustra quel che vi era in fatto di ministeri: l’ordinamento circa la disciplina ecclesiastica e dell’ordine della Chiesa, ad esempio. Sappiamo di Apostoli,profeti, dottori , dopo di che sembrerebbe, alla fine, che si rivolga a tutti e a ciascuno. In effetti non vi è prova che attesti l’esistenza di un episcopato di stampo monarchico, di fatto non vi è prova in alcun passo negli Atti a dire il vero.Del resto, sarebbe azzardato anche pensare che in Gerusalemme le cose andassero diversamente o Paolo si ponesse in opposizione, anche perché adottò un’organizzazione già in uso in Antiochia e Corinto tanto che nell’epistola ai Romani vige il silenzio in proposito. L’enigma di fatto resta e credo che solo uno sguardo attento sul rapporto esistente tra l’organizzazione, da una parte, delle chiese paoline -e, più largamente dalle chiese pagano cristiane in generale- e dall’organizzazione di quelle di Palestina e Gerusalemme dall’altra che si potrà fare un po’ di chiarezza e svelare l’arcano. La vexata quaestio mi intriga, vado ad approfondire..
D’altro canto sarebbe anche un errore credere che l’organizzazione paolina delle chiese fosse, in origine, un’organizzazione universale nel senso che il presbiterato non fosse introdotto che più tardi. Invece, ciò che inquieta in un certo senso è che nessuna delle due forme d’organizzazione cristiano primitiva può essere definita la forma originale, ma che probabilmente hanno coesistito entrambi fin dall’inizio, magari ad intermittenza. Sicché mentre gli Episcopi e i diaconi , per come li intendiamo noi, agirono nelle comunità pagano-cristiane, l’organizzazione presbiterale di stampo giudeo cristiana o ebraica agiva ugualmente a suo modo.
La cosa continua ad essere sempre più interessante. Assai assai…Mi piace!
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-13-agosto-2020/
Nonostante le dotte disquisizioni di Clodine, seguo Paolo di Tarso e sono per i vescovi. D’altra parte, i protettori di molte località umbre sono vescovi. Noi abbiamo San Florido. Mi piace molto il nostro vescovo e sono terrorizzata dalla eventualità che sia l’ultimo! E poi anche Bartolo da Sassoferrato diceva: “Ubi episcopus, ibi Civitas!”
Esattamente Antonella, mi hai preceduto, nel senso che, se è vero che di episcopi si parla abbondantemente in Atti o nelle epistole è vero anche che questa funzione allo stato germinale non ricoprì l’importanza che ebbe a seguito di una sua evoluzione interna la costruzione della Chiesa la quale -proprio come per il palazzo ducale di Tagliacozzo- fu complessa , lunga, si svolse in luoghi e momenti storici differenti alla “sommità” della quale si staglia la figura del Vescovo nel senso attuale della parola. Questa evoluzione, per quel che comprendo, avvenne per tappe tanto che , rispetto ai profeti e ai dottori considerati come i grandi sacerdoti assieme agli anziani aventi funzioni amministrative, di comando,carismatiche di primissimo piano, le figure imponenti di Vescovi-Presbiteri s’imporranno, via via , come i soli pastori, o capi,preposti a condurre la comunità, forti del fatto che la generazione degli Apostoli era scomparsa e quegli evangelisti ,penso a Tito o Timoteo li avevano in parte sostituiti. Pertanto, credo sia fuorviante pensare che si possa tracciare un percorso eludendo la traditum, o Tradizione, sarebbe un Tradimento della stessa che è uno dei pilastri della Rivelazione .
Già nella prima epistola di Clemente (fine del primo secolo) i profeti e i dottori sono passati sotto silenzio, tutto è in mano agli episcopi, ai presbiteri e ai diaconi. Non si parla di diaconesse men che meno vi è traccia di un episcopato o sacerdozio femminile. Trova conferma di ciò, la prima lettere di Pietro tutta indirizzata ai Vescovi che inglobano anche la dimensione profetica. Lo attesta – a mio parere ma posso anche sbagliare- la pericope che al cap.1-10 afferma: “su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata”-A questo punto mi sembra evidente che in seno alla Chiesa, tutta edificata sugli Apostoli e i profeti, nel frattempo i dottori scompaiono definitivamente, la successione passa ai Vescovi-presbiteri. L’evoluzione in seguito sarà tale che si arriverà alla separazione tra il clero e i laici. Suppongo le cose siano andate pressapoco così.
Grazie di tanti approfondimenti, Clo!
Circa le donne menzionate sia nelle Epistole che negli Atti, e molte ce ne furono, e di rilievo anche tanto da essere riconosciute dalla Chiesa Bizantina e onorate nella Chiesa Cattolica, non si trattò di donne ordinate al sacerdozio. Senz’altro le epistole e gli Atti testimoniano del servizio e della sollecitudine con la quale edificarono i fratelli nella fede.Tuttavia, forse sembrerà inclemente, ma da documento risalente al 380 ritrovato in Siria che ne descrive le loro funzioni attesta quanto segue: «La diaconessa non benedice e non compie nulla di ciò che fanno i presbiteri e i diaconi, ma vigila le porte e assiste i presbiteri in occasione del battesimo delle donne, per ragioni di decenza».