“C’è tanta bontà in prigione. Talvolta, ne sono certo, le carceri possono essere l’inferno sulla terra. Sono stato fortunato, tenuto al sicuro e trattato bene. Sono rimasto impressionato dalla professionalità delle guardie, dalla fede dei carcerati e dalla presenza di una moralità perfino nei luoghi più oscuri”: parole del cardinale Pell che ha fatto 400 giorni di carcere in Australia, condannato ingiustamente e poi scagionato per il reato di pedofilia. Nei commenti alcuni passaggi del racconto che ha affidato alla rivista americana “First Things” e che riprendo dalla traduzione del settimanale “Tempi. In coda una mia nota.
“C’è tanta bontà in prigione” dice l’ex detenuto Pell
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Qualcuno mi ha sputato. Pell 1. Sono rimasto in cella d’isolamento per tredici mesi, dieci alla Melbourne Assessment Prison e tre alla Barwon Prison […]. A Melbourne, stavo nella cella 11, unità 8, al quinto piano. La mia cella era lunga sette o otto metri e larga circa due, appena sufficiente per il mio letto, che aveva una base solida, un materasso non troppo spesso e due coperte. Entrando, alla vostra sinistra, c’erano due scaffali con un bollitore, una tv e lo spazio per mangiare. Dall’altra parte dello stretto corridoio c’era un lavabo con acqua calda e fredda e una nicchia per la doccia con acqua ben calda […]. Ero tenuto in isolamento per la mia incolumità, poiché i condannati per violenze sessuali su minori, tanto più se preti, in prigione sono fatti bersaglio di aggressioni fisiche e ingiurie. Mi hanno minacciato in questo senso una volta sola. Ero in una delle due aree per l’allenamento, adiacenti ma separate da un’alta parete, con un’apertura all’altezza della testa. Camminavo lungo il perimetro, quando qualcuno mi ha sputato attraverso la rete metallica dell’apertura e ha iniziato a insultarmi.
Discutevano della mia colpevolezza. Pell 2. In poche altre occasioni sono stato oggetto di stigmatizzazione e ingiuria da parte degli altri detenuti nell’unità 8. Una sera, ho origliato una violenta discussione riguardo alla mia colpevolezza. Uno, dalla mia parte, si è dichiarato pronto a sostenere l’uomo che era stato pubblicamente difeso da due primi ministri. Tra i prigionieri, i pareri sulla mia innocenza o colpevolezza si dividevano, come in molti settori della società australiana, sebbene i media, tranne alcune splendide eccezioni, mi fossero violentemente ostili. Un corrispondente che aveva passato decenni in prigione ha scritto che di tutti i preti condannati di cui avesse mai saputo, ero il primo che godesse di qualche sostegno tra i carcerati. E dai miei compagni detenuti nell’unità 3 del carcere di Barwon ho ricevuto soltanto gentilezza e amicizia […]. Nel mondo anglosassone l’avversione nei confronti degli stupratori di bambini è universale tra i carcerati, interessante esempio della legge naturale che si fa largo attraverso il buio. Tutti noi siamo tentati di disprezzare coloro che riteniamo peggiori di noi. Perfino gli assassini condividono lo sdegno verso chi abusa dei minori. Ancorché ipocrita, questo sdegno non è tutto negativo, poiché rivela una fede nell’esistenza del bene e del male, del giusto e dell’errore, che spesso in galera emerge in modi sorprendenti.
La fede mi ha sostenuto. Pell 3. Per molti il tempo passato in carcere è un’opportunità per meditare e affontare verità fondamentali. La vita in prigione ha spazzato via la scusa che fossi troppo indaffarato per pregare, e il mio programma di preghiera mi ha sostenuto. Dalla prima sera ho sempre letto il breviario (anche se fuori tempo liturgico) e ho ricevuto la Comunione ogni settimana. In cinque occasioni ho partecipato alla Messa, anche se non potevo celebrarla, fatto che mi è spiaciuto particolarmente a Natale e a Pasqua. La mia fede cattolica mi ha sostenuto, soprattutto la consapevolezza che la mia sofferenza non doveva per forza essere senza senso, ma poteva essere unita a quella di Cristo Nostro Signore. Non mi sono mai sentito abbandonato, nella coscienza che il Signore era con me, sebbene per la maggior parte dei tredici mesi io non capissi che cosa stesse facendo. Per tanti anni avevo detto ai sofferenti e agli afflitti che anche il Figlio di Dio aveva subìto prove su questa terra, e ora io stesso traevo conforto da questo fatto. Dunque ho pregato per gli amici e per i nemici, per i miei sostenitori e per la mia famiglia, per le vittime di abusi sessuali, per i miei compagni detenuti e per le guardie.
Mia nota. Riporto con gratitudine il racconto del cardinale George Pell perchè non vi è risentimento nelle sue parole nonostante l’ingiustizia sofferta e perchè mostra d’intendere la difficile umanità delle carceri. I visitatori sanno che un poco mi occupo delle carceri e dunque mi è noto quanto sia arduo parlare con simpatia umana dell’universo carcerario. Pell ci è riuscito. Gli mando un abbraccio di fratello.
In effetti le parole del cardinale sono molto belle.