Presentando ieri sera il decreto della fase 2, che autorizza la celebrazione in sicurezza dei funerali con un massimo di 15 presenti, ma nulla prevede per la ripresa delle celebrazioni, il premier Conte aveva ringraziato la Cei per la “collaborazione” nell’accettare le restrizioni alle attività di culto che venivano mantenute, ma subito è arrivata la protesta della Conferenza episcopale. La nota Cei, intitolata “Il disaccordo dei vescovi”, è stata diffusa alle 21.26, un’ora dopo la conferenza stampa di Conte. La riporto per intero nel primo commento e dico la mia nel secondo. Provo a interpretare l’incidente nel terzo.
Niente messe: Conte ringrazia la Cei che invece protesta
61 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Il disaccordo dei Vescovi. “Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.
Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.
Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.
Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.
I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.
Mia postilla. L’affermazione centrale della nota Cei è dove qualifica la decisione governativa come una violazione della libertà religiosa: “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”. Subito prima di queste parole la nota aveva richiamato il Governo al rispetto dell’autonoma competenza della Chiesa nelle decisioni sulla vita della comunità “nel rispetto delle misure disposte”. Ovvero voi decidete i limiti delle presenze e le esigenze di sicurezza, ma se si celebrano l’Eucarestia e gli altri sacramenti lo decidiamo noi. Questo era un richiamo al Concordato. E dunque la protesta ha due facce: è in nome della libertà religiosa quanto al fatto ed è in nome dei “patti” Chiesa-Stato quanto alla forma. Questa protesta viene a conclusione della nota, che invece parte dalla chiamata in causa del Ministro dell’Interno del quale si ricorda la promessa per la fase 2 di “nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”: promessa pubblica venuta il 23 aprile, cioè appena tre giorni prima del nuovo decreto. Su questa tempistica si appunta la mia interpretazione dell’incidente, per la quale vai al commento seguente.
Mia illazione. Probabilmente la trattativa con le autorità politiche – alla quale fanno riferimento i primi tre paragrafi della nota – era andata bene, dal punto di vista della Cei, che si aspettava di poter riprendere la celebrazione “in sicurezza” delle messe. Ma su quello accomodante dei politici dev’essere prevalso all’ultimo momento il parere più severo del Comitato tecnico-scientifico e Conte ha narrato alle 20.30 un qualcosa che alla Cei alle 21.30 è apparso “arbitrario” e “inaccettabile”. Tant’è che alle 22.30 il Premier è corso ai ripari: “Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”. Dunque da qui al 4 maggio si tratterà per un compromesso a sanatoria dell’incidente, che è serio. E sul quale condivido la posizione della Cei.
A mio avviso il richiamo alla competenza della Cei sull’esercizio del culto avrebbe dovuto essere fatto in occasione del lock down. Il fatto di non averlo richiamato allora, indebolisce il richiamo ora. Certo meglio tardi che mai.
Da Enrico Peyretti ricevo questo messaggio:
Nella questione tra vescovi e governo, tra diverse rispettabili ragioni, vorrei sottolineare un aspetto assai trascurato: la vita cristiana non consiste principalmente in riti e sacramenti, ma in prassi di carità, speranza, fede in tempi difficili, davanti al dolore e alla fragilità.
Le restrizioni imposte dalla pandemia possono purificare la vita cristiana, meno riti e luoghi sacri, meno sacramenti, e più vita santa di coraggio e servizio e preghiera. I vescovi dovrebbero anzitutto ricordare questo, pur auspicando la possibilità di assemblee eucaristiche, per le quali è essenziale la rappresentanza del popolo cristiano, e non basta il clero senza popolo.
Enrico Peyretti
Diceva Hollerich. Il richiamo alla violazione della liberta religiosa era prospettato dal cardinale Hollerich nell’intervista che avevo segnalato nel post di sabato 25, in risposta alla domanda “Prima o poi anche le messe torneranno ad essere officiate a porte aperte: quando pensa che accadrá?”:
“Data l’eterogeneità dei partecipanti, credo che le chiese non potranno essere tra i primi luoghi di aggregazione a riaprire del tutto. Non devono neanche essere gli ultimi, peró, altrimenti si tratterebbe di una palese violazione della libertá religiosa. Molte persone in queste ore sentono il bisogno del conforto dei sacramenti e della dimensione comunitaria della fede. Per questo i vescovi devono stare attenti, affinché non prevalgano decisioni, da parte delle autoritá civili, viziate da un materialismo liberale volto a privilegiare solo ció che persegua un qualche tornaconto economico”.
Essendo Hollerich presidente della Comece [Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea] possiamo ritenere che questa linea del fronte sia stata concordata sul piano europeo e con la consulenza della Segreteria di Stato vaticana.
https://www.quotidiano.net/cronaca/coronavirus-europa-1.5116931
Rif. ore 10.13 – Il politichese del “pur auspicando”
Niente da dire sui principi e sul loro valore, richiamati nell’intervento sopraddetto.
Tutto si gioca sul “pur auspicando”. E difatti i vescovi hanno auspicato in maniera efficace (se no sarebbe l’auspicio in lingua politichese, cioè da presa in giro) che ci siano, a debite condizioni, assemblee eucaristiche, che tali non sono se c’è solo il prete. E “la prassi di fede” (collegata ma distinta dalla prassi di carità) come si esprime? Solo recitando un credo “spontaneo” in privato? Magari stando lontani dalle persone alle prese drammatiche con il dolore e la fragilità?
Rif. 10.41- Serrata sul piangere e sul pregare
Al trentesimo minuto, quando ormai sono finiti anche i tg della sera, si apprende che c’è stata anche una “serrata interlocuzione sulla possibilità di partecipare alle cerimonie funebri”. Il presidente del Consiglio illustra che un massimo di 15 persone potranno piangere i loro cari. Le messe, invece, per loro natura cerimonie più speranzose, restano bloccate, anche a due metri di distanza pur “comprendendo la sofferenza dei credenti e della Cei”.
Metafore, di un paese che è ancora nel tunnel dell’angoscia e può piangere la morte e non pregare la vita…
(bel commento laico – da Huffigtonpost di oggi)
Nel mio piccolo non oso parlare di limitazione della libertà di culto, né di offesa alla Costituzione. Dico solo che personalmente sento il desiderio di partecipare al rito eucaristico “in praesentia” e con una comunità.
Certo, tanti hanno dovuto rinunciare a molto in questo periodo. Penso ai bambini, che hanno dovuto rinunciare ad un minimo di vita all’aria aperta (a parte in qualche famiglia che ha giardini o vive in campagna, ma non tutti si trovano in questa condizione). A noi è mancato qualcosa di più importante dell’aria per vivere, il poter godere pienamente del sacramento dell’Eucarestia. Non credo che sia un delitto dirlo. Diciamolo, altrimenti tutti pensano che “tanto si può ascoltare la messa in TV, magari quella di papa Francesco”. E questo lo pensano anche diversi cattolici. E pensare che eravamo stufi delle tante Messe ascoltate, delle Messe troppo lunghe, ecc.! Questo “digiuno”dalla Messa ci insegnerà forse qualcosa.
Ricordate i giapponesi convertiti dalla predicazione di Francesco Saverio che poi rimasero senza alcun sacerdote per due secoli (credo) e che mantennero la fede fino all’arrivo dei missionari francesi? Ricordate il fatto che qualche parrocchia dell’Amazzonia può godere, se va bene, di una Messa all’anno? Ricordate che molte piccole parrocchie italiane hanno la messa solo ogni quindici giorni, mentre un tempo ce l’avevano quotidianamente? Le celebrazioni a porte chiuse di questi giorni sono un dispiacere grande nel mezzo di una tragedia.
La voce di Giovanni Ferretti. Dal profilo Facebook di Giovanni Ferretti (filosofo, teologo, prete di Torino) riprendo questo post pubblicato stamane:
La nota CEI dal titolo “Il disaccordo dei vescovi” mi ha profondamente amareggiato, come cittadino, come cattolico e come prete. Vi si accusa il Governo di “compromettere l’esercizio della libertà di culto” con il Decreto sulla “Fase 2” e si “esige” di poter riprendere le Messe con il popolo. Sia per il tono che per il contenuto mi pare un errore politico e pastorale.
Il tono è perentorio, di chi è sicuro del suo diritto e della evidenza delle proprie ragioni. Proprio in tempi in cui veramente c’è poco di certo sul modo di affrontare la pandemia e le restrizioni riguardano non solo un aspetto della libertà di culto ( la Chiesa può continuare a diffondere per TV e nei media tutte le celebrazioni possibili…) ma la libertà di spostarsi, di riunirsi, di insegnare nelle scuole, di andare a teatro a a un concerto, di fare sport. ecc. Perché esigere eccezioni o privilegi e non accettare di dover contribuire con tutti a superare l’epidemia, condividendo la situazione comune della nostra gente?
Quanto al contenuto, mi chiedo: veramente abbiamo come Chiesa italiana un comitato tecnico-scientifico che ci dia valutazioni migliori di quello governativo? E’ nostra competenza una tale valutazione? D’altro lato, siamo veramente in grado oggi di assicurare nelle Messe con il popolo, che non vi sarà pericolo di contagio per i fedeli? Sapremo sanificare bene le chiese come richiesto alle fabbriche e ai negozi, con controlli delle ASL e relative sanzioni? Metteremo alle porte delle chiese il controllo della temperatura della gente, un puntuale conteggio del numero contingentato degli ingressi, lasciando fuori gli altri? Sapremo obbligare la gente a tenere in chiesa le distanze richieste, a portare le mascherine, con un servizio d’ordine che faccia uscire chi non si adegua? E il prete celebrerà con la mascherina e lascerà cadere l’ostia dall’alto sulle mani dei fedeli? Che Messe con il popolo sarebbero mai queste?
Una libertà senza responsabilità, lo abbiamo sempre predicato, non è vera libertà. Tanto più quando in gioco c’è la vita delle persone.
Il governo, qualunque governo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte: facilissimo, in questo caso in particolare, sparargli addosso. La scelta ottimale non esiste. Tutte sono perfettibili. Anche quello della Cei è un governo, esercitato in nome e sulla Chiesa Italiana dai suoi vescovi: fortunatamente. Anche sulle sue decisioni è facilissimo fare il tiro al bersaglio.
Mi sembra che ci si stato un deficit di comunicazione, o un eccesso di sicumera,
a seconda dei casi, da entrambi i governi. E sono convinto che di qui al 4, come già è stato iniziato a fare, i tessitori ri dovranno rimettere necessariamente all’opera per trovare un accordo che evidentemente si era dato per raggiunto prima del tempo.
Due cose, da un punto di vista comunicativo, mi sento di dire, in pieno rispetto di quanto affermato dai pastori della mia Chiesa, con cui mi schiero: a) che il richiamo alla libertà di culto rischia di essere ideologico più che concreto. Come osservato giustamente da don Gioba: se non faccio entrare in una chiesa pericolante, sto limitando la libertà di culto? Non credo proprio. Si contattino e si seguano gli esperti del comitato scientifico in tutto e per tutto, piuttosto. b) quel riferimento all’impegno per i poveri tirato in mezzo alla conclusione del comunicato che deve essere alimentato in via scaramentale srà anche ineccepibile teologicamente parlando, ma nei fatti e per il comunicato in cui è posto assume il tono obliquo e vagamente minaccioso di chi vuol far “pesare” quel che fa . Ragionamento da lobby, legittimo ma vagamente opportunistico e strumentale.
Infine, nota personalistica ma assai diffusa: con tutto il dispiacere di NON poter partecipare alla Messa , fosse anche stata liberalizata oggi stesso, io, in qualità di coniuge di persona fortemente a rischio, NON ci sarei andato e NON ci andrei e NON ci andrò finché non sarò più che sicuro e certissimo dell’assenza di ogni rischio. Me la prendo con il virus , per questo: non con una presunta violazione della libertà di culto.
Tutto qui.
Buon lavoro a governo e ai vescovi.
Un sentito ringraziamento a don Giovanni Ferretti e a chi ha commentato prima di me. E al padrone di casa, ovvio.
Rif 10.13 il mettere in contrasto qualcosa come “ principale “ a fronte di qualcosa altro, sottinteso secondario , porta a una distorsione. Carita’ e fede ( e quindi sacramenti ) sonostrttamente e indissolubilmente connessi.
Rif 12.38 la sfiducia nella capacità delle chiese di ottemperare alle prescrizioni sanitarie è personale dello scrivente e non può essere assunta come motivazione valida.
Rif 12.41 La libertà è il bene supremo che ci ha concesso il Creatore. Qualunque limitazione della libertà deve essere motivata. Se la Messa è aperta al popolo, nessuno è OBBLIGATO a parteciparvi. ( Che contributo alla questione può avere la dichiarazione IO NON CI ANDREI ?)
Mi spiace ma dissento dalla posizione espressa ieri sera dalla CEI: piuttosto mi ritrovo interamente nelle considerazioni svolte da Don Giovanni Ferretti e nelle (al solito) ottime riflessioni dell’amico Lorenzo.
Buona settimana a tutti.
Roberto Caligaris
Rif. 14,39 – Vedere alle 8.26 di stamattina: incidente serio
Il padrone di casa ha detto: “condivido la posizione della CEI”. Difficile ringraziare l’uno ed altri per atteggiamenti non proprio coincidenti.
Preghiera del vespro.
La sera tu vieni sileziosa
come una pace segreta
tra il vento e la rosa.
Un raggio di luce rossa
ferisce per un solo istante
la siepe odorosa di gelsomini.
Qui nella campagna
tu parli confidenzialmente
come il marito e la sposa.
Come la mamma e il bimbo
che rotola sull’erba
senza farsi male.
E la mamma ride contenta
di questo gioco che
non le dà pensiero
ma solo infonde fiducia
in questo tempo di prova.
Rif. 12.38 – Melloni dixit (il 25 aprile)
commentoCoronavirus Quel silenzio da riempire nelle chiese
25 APRILE 2020
Le chiese in quanto edifici in realtà non sono mai state chiuse. Il silenzio vuoto che avvolge le chiese non può però durare, perché fra dieci persone davanti a un negozio e dieci persone distanziate in una chiesa non c’è differenza
DI ALBERTO MELLONI
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/vangelo-28-febbraio-2020/
Infatti il contributo è nullo.
Per la precisione, peraltro, io non dico Non ci andrei, ma Non ci vado.Ma questo riguarda me.
Il fatto è che non vedo come delle norme di igiene e sicurezza pubbliche possano essere accusate di essere lesive della libertà di culto.Ci si adegui senza troppe storie a Tutte le richieste che possano essere fatte in tal senso, piuttosto. Sempre che bastino, ovviamente.
Caro Luigi,
se la CEI in quanto organo pastorale ed ecclesiale riconosciuto da norme concordatarie ha deciso di agire con le modalità adottate dal comunicato di ieri sera ne avrà avuto sicuramente le sue ragioni anche se un giudizio più ampio lo si potrebbe solo avere leggendo il “protocollo sanitario” già presentato al Ministero dell’Interno e poi respinto dal Comitato Tecnico Scientifico e infine dal Governo. Tale protocollo non è però pubblico.
Vederci un attacco alla libertà di culto è forse un po’ troppo tirato ed esagerato come concetto, ma ti ripeto, se in Circonvallazione Aurelia hanno deciso così, fiat.
Mi interessa però sottolineare un altro punto che è a tutti noi ben noto: la Celebrazione Eucaristica manca sicuramente a tutti noi, ma le Chiese sono in realtà apertissime, non sono state mai chiuse e Gesù è lì nel Tabernacolo.
Purtroppo come sempre però, anche in tempi normali di non Covid, al di fuori delle Celebrazioni le Chiese sono vuote che più vuote non si può…Ovviamente questo breve pensiero è basato solo sulla mia esperienza, non pretendo di avere carattere scientifico, ma non penso proprio di parlare a vanvera.
Gesù è lì, presente veramente, realmente e sostanzialmente senza nessuno, ma proprio nessuno che gli faccia compagnia.
Peccato…..
Protestano anche le Chiese evangeliche. Roma (NEV CS/12), 27 aprile 2020 – L’Ufficio di presidenza della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS*), composto dal presidente, pastore Luca Maria Negro e dai vicepresidenti, pastori Carmine Napolitano e Davide Romano, ha indirizzato negli scorsi giorni una lettera alla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese sull’esercizio del diritto alla libertà di culto, con particolare riferimento alle esigenze delle chiese evangeliche e più in generale delle minoranze religiose, “esigenze che sembrano totalmente assenti dal dibattito di questi giorni – dichiara il pastore Negro – . Vogliamo rispettare e garantire pienamente tutte le norme di sicurezza, distanziamento sociale e di contrasto alla pandemia. Nello stesso tempo abbiamo voluto porre alcune questioni rispetto alla libertà di culto sancita dalla Costituzione. In particolare, per quanto riguarda le chiese evangeliche, si pongono problemi concreti per i quali chiediamo una soluzione: la possibilità di spostarsi per i ministri di culto cui sono affidate più comunità pastorali sul territorio italiano; la necessità di consentire quanto prima la ripresa dei culti pubblici, sia pure in modo contingentato; di conseguenza la possibilità per i fedeli di raggiungere i luoghi di culto, talvolta distanti dalle abitazioni, con relativa autocertificazione”.
Leggi tutto: https://www.nev.it/nev/2020/04/27/fase-2-coronavirus-evangelici-tutelare-liberta-di-culto-anche-per-protestanti-e-credenti-di-tutte-le-confessioni/
Le argomentazioni di Lorenzo sono molto ragionevoli e largamente condivisibili
Aggiungerei che ,nella fattispecie, si tratta di contemperare l’esercizio di libertà riconosciute dalla ns. Costituzione e la salvaguardia di un interesse pubblico/sociale di garantire, nei limiti in cui ciò è possibile, la salute di tutti.
Se l’esercizio del culto entra in collisione con quest’ultima esigenza, non scorgo alcuna prevaricazione nel divieto di celebrare funzioni sacre, obbiettivamente in rotta di collisione , con il divieto, scientificamente sostenuto, di assembramenti così come stabilito dai vari DD.PP.CC.MM in materia . Diversamente opinando dovrebbe autorizzarsi( o non vietarsi) qualsiasi espressione cultuale che preveda atti contrari alla salute pubblica ( vedi circoncisione).
Aggiungo, poi, che la “sospensione” delle liturgie tradizionali ha radunato di fronte alla TV o ai PC un target di persone che , da tempo non erano “praticanti”, espressione che non amo ma che convenzionalmente è riferita a coloro che seguono regolarmente la Messa domenicale. Chi sa che l’ “effetto traino” riavvicini alla fede molti potenziali fedeli.
Amigoni p. Luigi scrive,
27 aprile 2020 @ 17:07
Il motivo per cui ringrazio Luigi Accattoli (e sempre lo farò) è proprio il suo atteggiamento: è capace di ospitare opinioni differenti e a volte perfino contrarie alle sue.
Nicoletta.
Naturalmente sono con i vescovi, ma ritengo che, più che fare dichiarazioni di principio, illustrino le modalità pratiche che intendono seguire per garantire il culto ai fedeli e nello stesso tempo tutelare la loro salute.
Il Corriere pubblica il rapporto sulla base del quale il governo ha operato la sua scelta. Per la parte che riguarda quello di cui qui si discute, così si legge testualmente
” No alle messe
«Il Comitato, nell’esprimere grande apprezzamento per il documento della Cei e pur essendo largamente riconosciuta e ampiamente sentita l’esigenza di culto, ritiene che la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta allo stato attuale alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’eucarestia. A partire dal 4 maggio 2020 e per le successive tre settimane, non essendo ancora prevedibile l’impatto che avranno le riaperture parziali e il graduale allentamento delle misure in vigore sulle dinamiche epidemiche, reputa prematuro prevedere la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose. A partire dal 25 maggio questo parere potrà essere rivisto nella direzione di una previsione verso la partecipazione dei fedeli alle funzioni rispettando rigorosamente le misure di distanziamento sociale sulla base degli andamenti epidemiologici».
https://www.corriere.it/cronache/20_aprile_27/coronavirusscuole-settembre-no-messe-spostamenti-relazione-riservata-comitato-scientifico-che-ha-frenato-governo-c9595558-88b5-11ea-96e3-c7b28bb4a705.shtml
Sempre il Corriere, a margine della visita di Conte in Lombardia, riporta questa sua dichiarazione :
“Il capo del governo ha commentato i malumori manifestati da più parti dopo le anticipazioni di domenica sera sulle nuove misure previste dal governo. E su tutte quella del mantenimento del divieto di svolgere funzioni religiose con i fedeli presenti. «Con la Cei ci siamo sentiti — ha puntualizzato Conte, che già nella conferenza stampa in diretta tv aveva parlato di una intensa «interlocuzione» con i vescovi italiani —. Non c’è alcun atteggiamento materialista i mancanza di sensibilità da parte del governo. C’è invece una rigidità da parte del Comitato scientifico perché, secondo le statistiche, la pratica religiosa è un’importante diffusione del contagio. Lavoreremo a un protocollo per garantire la massima sicurezza a tutti i fedeli nel partecipare alle funzioni in massima sicurezza». Al momento, tuttavia, sono stati sbloccati solo i funerali a cui comunque è stata prevista la partecipazione di non più di 15 persone.”
https://www.corriere.it/politica/20_aprile_27/conte-non-ci-sono-condizioni-tornare-normalita-c95191a2-88af-11ea-96e3-c7b28bb4a705.shtml
Da Enrico Peyretti ricevo un nuovo messaggio:
Una soluzione c’è, nell’emergenza. Sì, sì, Governo e Cei hanno le loro posizioni. Ma la messa non è una riunione orale. E’ un pasto, con pane, e anche vino, come Gesù ha detto di fare, per donarci, come ha fatto lui, gli uni agli altri, e al prossimo. E’ possibile questo pasto, in chiesa, distanziati? Con quali controlli? Chi ammettere e chi lasciar fuori? Mangiando il pane e bevendo il vino, in che modo? Adottando le regole che si prevedono per i ristoranti?…. Andiamo!…. Questo, sì, sarebbe poco degno.
Una soluzione c’è. L’emergenza è grande. Prima dell’invenzione del clero, “tutti i credenti … nelle case spezzavano il pane” ecc. Si riconosca ad una comunità familiare la possibilità, volendo, di compiere il “fate questo in memoria di me”, come Gesù ha chiesto che facciamo, nella viva memoria di lui. Che sia sacramento o no, non è decisivo: è certamente memoria reale di Gesù presente risorto con il suo Spirito, che ci ha promesso.
Non sarebbe rifiuto dei ministeri riconosciuti. Sarebbe una prassi di emergenza, ma tutt’altro che priva di significato buono e santo. Evita la quantità di problemi di sicurezza, molto imbarazzanti, che sarebbero da affrontare con la messa in chiesa. Si avrà il coraggio di andare alla sostanza della fede e della presenza, più che alle forme rituali e alle dottrine?
Temo che il sabato vinca ancora sulle persone. Ma bisogna dirlo. Enrico Peyretti
Il brano degli “Atti degli Apostoli” citato da Enrico Peyretti nel secondo capoverso del suo messaggio è questo:
44 Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
Atti 2, 44-47
Papa Francesco stamattina a Santa Marta…
In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni.
che differenza con gli isterismi clericali
cristina vicquery
“Nella Messa a Santa Marta, Francesco prega perché il popolo di Dio sia obbediente alle disposizioni per la fine della quarantena perché la pandemia non torni. Nell’omelia, invita a non cadere nel piccolo linciaggio quotidiano del chiacchiericcio che provoca falsi giudizi sulle persone”
https://www.vaticannews.va/it/papa-francesco/messa-santa-marta/2020-04/papa-francesco-messa-santa-marta-coronavirus18.html
Nel coro generale,di segno ” corporativista”, da Ruini a Riccardi,passando per la Cei, con qualche tono francamente sopra le righe ( ” la Chiesa esige ” ecc ecc ), questo intervento del Papa- sarà un caso – sembra fatto apposta a dare una sterzata decisa di orientamento. Tant’è che Avvenire con Tarquinio ammorbidisce immediatamente la voce ,parlando di ” errore serio, ma riparabile”.
Non è tempo ( non dovrebbe MAI esserlo, veramente, ma men che meno non lo è certo adesso) di fare le crociate ,con la pelle delle persone a rschio di andarci di mezzo, Ci si parli, si capisca, ci si attrezzi, ci si adatti. Si troverà un accordo. Ma c’è da lavorare a testa bassa e senza revanscismi.
Revanscismi de che, poi?
L’esigenza portata avanti dai vescovi a nome della Chiesa italiana – consentire un ritorno alla partica religiosa della gente – è naturalmente sacrosanta. Ma non è cambiato nulla di sostanziale nella realtà dei numeri e dei fatti, in particolare di due sopra tutti.Che la percentuale dei partecipanti alla Messa è assolutamente composta da anziani ( qua se ne ha una visione rappresentata graficamente https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_23_aprile.pdf ), che le Chiese, per quanto generalmente ampie, sono spazi chiusi, e che- mi si consenta la brutalità delle cifre – i preti sono “operatori fortemente a rischio contagio” ( Avvenire ricorda, nel suo dolente conteggio quotidiano, che sono 117 i preti morti a tutt’oggi per covid in Italia).
Se uno mescola “le tre carte”, ci si rende conto che la “questione Messe” continua a cascare in piena zona rossa, di nassima attenzione, come puo’ essere la regolamentazione degli accessi agli ospedali o alle sale da visita dei medici di base. Capisco che uesto possa risultare sgradevole e magari blasfemo ad udirsi, ma è la realtà dei fatti nuda e cruda è questa. Se la si perde di vista, sconfinando nelle dicussioni di principio teorico, e basta, si va a finire fuori strada.
Eccellente idea, caro Luigi, questa di Peyretti! Come abbiamo fatto a non pensarci prima? Ma non solo per adesso che c’è il virus: per sempre! Di quante cose possiamo fare a meno: preti, vescovi, papa, chiese e sacramenti …
Domenica (ma forse sabato, oppure lunedì, a seconda di come mi garba: tanto è lo stesso) lo faccio. Penso di adoperare le lasagne, che mia moglie le fa buone (tanto che cosa cambia?).
«Che bel paese! — disse Pinocchio, sentendo venirsi l’acquolina in bocca. — Che bel paese! Io non ci sono stato mai, ma me lo figuro!…».
Mi sembra di percepire che le reazioni dei fedeli e soprattutto l’omelia odierna del Papa non siano in linea con la presa di posizione della CEI che invoca una libertà di culto che nessuno ha messo in dubbio né, tanto meno ,minacciata.
Ottima la proposta di Peyretti di rivalutare le comunità familiari in linea con quanto ci viene raccontato negli atti degli apostoli.
Spero che l’intervento della CEI non venga raccolto dai presunti “Defensor fidei” sbandieratori di rosari e crocifissi .
Condivido il senso dell’intervento di Leonardo e confesso di essere scioccato dalla proposta del noto Dott. Peyetti.
Non voglio tuttavia polemizzare, perchè credo che sia importante, almeno in questa occasione, almeno di fronte ad una legittima richiesta della gerarchia cattolica riguardo alla libertà di culto, che i cattolici italiani riescano a trovarsi uniti.
Mi limito a sottolineare che i nostri vescovi finora hanno mostrato grande collaborazione con il Governo, accettando quello che sempre più appare come un vero e proprio abuso (Mons. D’Ercole dixit), una manifesta interferenza nella missione spirituale e nella vita stessa della Chiesa, forse nella speranza che si trattasse solo di una BREVE interruzione delle celebrazioni e delle attività pastorali. La CEI è stata molto criticata per questo atteggiamento collaborativo, accusata di essere “succube” di un governo secolare. Dopo due mesi, nel momento in cui l’Italia comincia a programmare una seconda fase di questa emergenza, è fondamentale che i nostri pastori tornino a battezzare i bambini , a confessare i penitenti e a celebrare il Santo Sacrificio Eucaristico…
Solo quei cattolici che non riconoscono il valore dei sacramenti e l’Eucarestia come fondamento della fede e della vita stessa della Chiesa possono ritenere “normale” e sopportabile questo prolungato e assurdo digiuno…
Mi hanno fatto sorridere le parole di un ministro che ha sostenuto che bisogna consentire le messe per aiutare i cristiani a trovare “consolazione”… No, non è questo il senso.
La messa non è fraternità, un pane benedetto (!), canti gioiosi, condivisione… non è nemmeno la lettura delle Scritture: è il mistero della transustanziazione, Dio che si rende presente attraverso le parole di un sacerdote (e solo sue, in quel momento specifico Alter Christus) durante la consacrazione: Questo è il mio Corpo.
Capisco la paura di tanti italiani, capisco la prudenza dei pastori (che hanno visto morire un centinaio di sacerdoti e hanno a cuore la salute di tutti i fedeli), ma la c.d. fase2 DEVE consentire anche le celebrazioni religiose, nella modalità più idonea e opportuna. Le proposte ci sono e sono circolate in questi giorni. Non dobbiamo pensare alle messe di qualche mese fa o alle chiese affollate di Natale e di Pasqua: riprenderemo in una modalità nuova, più semplice (anche perchè sarà importante ridurre la durata delle messe) e tenendo conto delle indicazioni per evitare il contagio. L’importante è che il centro sia Gesù Cristo e la sua presenza reale e viva in mezzo a noi.
Sui numerosi e gravi errori commessi dal professor Conte in questi mesi di “emergenza sanitaria”, forse dovuti ad una certa infatuazione per i metodi cinesi, ci confronteremo magari in un’altra occasione.
PEnso che il primo punto che sarebbe da chiarire è: secondo il diritto – le relazioni tra Stato e Chiesa sono regolate dal Concordato – ha DIRITTO il governo di stabilire se le MESSE possono o non possono essere celebrate? Può cioè IMPORRE di non celebrare o deve limitarsi a dare le norme che regolano il comportamento della gente?
In altri termini il NON SARANNO CELEBRATE MESSE CON IL POPOLO e’ cosa che deve essere detta dal GOVERNO odal VESCOVO? La cosa non è di poco conto.
Dai commenti che si leggono in giro la questione non è così scontata .
E penso che sia di vitale importanza derimerla. Su questo si gioca la “libertà di culto”.
A mio parere della “essenzialità” della partecipazione fisica alla Eucarestia o Messa domenicale che dir si voglia, lo Stato è INCOMPETENTE e non dovebbre intromettersi.
Per Federico: tutto ben detto. A maggior ragione, vorremo mica che la Transustanziazione diventi causa e complice del contagio irresponsabile di innocenti, e magari della loro morte successiva? Certo che no. Dunque la Chiesa DEVE capire, adottare , e poi seguire e far seguire rigidamente le norme e i protocolli che le saranno indicati ( sperando che ce ne siano di bastevoli, naturalmente).
Per Zezza: 26 mila morti circa nella sola Italia non ti bastano, per stabilire l’eccezionalità di una situazione che fa a botte con le quetioni da trattare in punta di diritto e di forchetta. Come vengono sospese le nostre libertà individuali più sacre in vista del bene comune , così vengono sospese anche alcune questioni giuridiche , pure essenziali.
E vivaddio. O no?
Per rispondere a Lorenzo, che saluto, condivido le parole di don Luigi Maria Epicoco:
Se esiste un modo per fare la spesa in sicurezza, lavorare in sicurezza, fare sport in sicurezza, allora significa che esiste un modo anche per celebrare l’Eucarestia in sicurezza! Non ci vuole fede per capirlo, basta la semplice logica!
Rf. 9. 27 e 7.57 – Puntualizzazioni senza deviazioni
– E’ difficile sostenere che l’editoriale di Tarquinio su Avvenire di oggi sia conseguenza delle parole a braccio del Papa, di stamattina.
Parole e toni, certamente più mordi rispetto all’intervento on line di domenica sera, si devono alle mezze promesse e attenuazioni fatte da Conte, già domenica sera e poi, più volte, ieri.
– Quanto ai tre sommari degli Atti degli Apostoli (sopra è richiamato il primo, di Atti 2, 42-47) tutti abbiamo imparato che esprimono l’ideale della Chiesa “semper reformanda”, e non sono una fotografia storica durata a lungo, per di più con qualche incoerenza e infortunio. E comunque la fase in cui i primi cristiani “frequentavano il tempio tutti insieme e ogni giorno, e poi spezzavano il pane a casa” è molto molto antica. Se fossimo ancora lì il cristianesimo sarebbe ancora una leggera variante dell’ebraismo e sarebbe ancora in Palestina, sia pure – magari – “quella di Arafat”.
Consiglio questa lettura
https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202004/200428mauri.pdf
Saluti a tutti
Alberto Farina
Il confronto sulla situazione creatasi dopo l’intervento della Cei rischia di degenerare in una polemica aspra ed improduttiva per cui è opportuno fermarsi e riflettere con serenità.
1) Nessuno mi pare abbia negato la libertà di culto dei cattolici. E ci mancherebbe altro! Nè tanto meno può pensarsi che un temporaneo divieto faccia parte di un disegno di marginalizzazione del mondo cattolico.
2) Non c’è dubbio che la celebrazione dell’eucaristia domenicale sia il centro dei culti cattolici.
Ciò premesso, occorre valutare ( e lo Stato ne ha il diritto/dovere) se il concreto svolgimento del culto non sia in contrasto con le esigenze di sicurezza e di salute della generalità dei cittadini (compresi gli stessi cattolici “praticanti”). Se la risposta è affermativa , il divieto temporaneo di celebrazione della Messa è non soltanto lecito ma anche necessario. Si badi, peraltro, che il divieto non è in sé diretto alla celebrazione ma alla concentrazione di persone che è una sua manifestazione inevitabile .
Può darsi che tali motivazioni non siano state chiaramente esplicitate né concordate con le autorità ecclesiastiche che ben avrebbero potuto organizzare misure idonee a contemperare le esigenze di manifestazione religiosa (aumentare il n° delle celebrazioni, utilizzare locali più idonei al distanziamento, etcc….) con l’altrettanto sacrosanto obiettivo di salvaguardare la salute pubblica.
Per quel che riguarda il significato e la validità della celebrazione in TV o via streaming, non voglio addentrarmi in un campo che non mi compete. Penso solo che lo Spirito Santo soffia dove vuole per cui in fasi emergenziali può avvalersi dei mezzi che la scienza e la tecnologia gli mettono a disposizione.
Ma davvero vogliamo una celebrazione eucaristica in cui i fedeli sono distanziati, devono avere la mascherina, l’eucarestia viene distribuita con pinzette d’argento? E chi controlla gli ingressi, la disposizione dei partecipanti, chi fa la sanificazione?
Che pena vedere un vescovo (D’Ercole) che in modo arrogante sostiene che non sarà la Messa causa di contagi. Ma a lui chi l’ha detto? Ne sa più del Comitato Tecnico Scientifico?
La mia impressione è che sia una questione di potere e che la CEI voglia saggiare la forza di Conte. Quanto alla libertà di Messa cavalcata da quasi tutti i partiti (PD compreso), no comment.
Alberto Farina
Premesso che non sono medico, ma mi par di capire che la Chiesa come edificio e la Comunione con le Sacre Specie Eucaristiche sono considerate ahìnoi “veicolo” di contagio.
Ne soffriamo tutti di questa privazione del Santo Corpo di Gesù, ma basta strepitare e lamentarsi.
Il card. Midszenty (primate di Ungheria) rimase durante la sua prigionia senza la possibilità di celebrare o di ricevere la Comunione per molti anni, solo per fare un esempio.
Mai sia dovessimo creare un minimo di focolaio, verremmo “massacrati” oltre ad assumerci una gravissima responsabilità verso gli altri.
.
La CEI ha reagito in quel modo perché gli era stato dato un segnale ben diverso nei giorni precedenti e si è trovata cassata il tutto forse senza esserne avvisata. (Io faccio anche una “dietrologia politica” tutta mia: il tema non poteva essere lasciato alla strumentalizzazione dei sovranisti di casa Italia o alle “truppe” del Nunzio Viganò).
Comunque un “protocollo” verrà trovato per le Messe (e per le altre funzioni religiose acattoliche). Probabilmente un primo passaggio in tal senso ci sarà già questa settimana (con un emendamento a firma PD-On. Ceccanti) mediante le leggi di conversione a uno dei decreti legge, NON DPCM dell’emergenza. Un passaggio che dovrebbe portare verso l’adozione concordata di seri protocolli sanitari.
Ciascuno poi deciderà in coscienza, quella coscienza di cui parla il Beato card. Newman nei suoi scritti, se partecipare o no alla Santa Messa stante il periodo di emergenza sanitaria seppur in fase2 (fase 1.3 a mio avviso, ma questo è un altro discorso).
Piuttosto, mi scuserete, ma mi permetto di consigliare di sfruttare questo tempo per prepararsi bene alla Seconda Prima Comunione che avremo. Si tratta solo di pazientare e prepararsi.
Fase 2, don Maffeis: la Chiesa vuole il dialogo con il governo
https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/don-maffeis-sulle-messe-la-chiesa-non-vuole-strappi-con-governo?utm_medium=Social&fbclid=IwAR1w69Wdz19ytAIxKAP7QI7zH2yJScj2ck_bY_1ERjuLWBAddQKCwEjaOkg
“”L’intenzione è quella di andare avanti col confronto costruttivo”, lo ribadisce il sottosegretario della Cei. Il richiamo di papa Francesco alla prudenza e alla saggezza “è importante””
Ottimo. Via i proclami burbanzosi, sotto con i pontieri e i tessitori.
Buon lavoro, e risultato assicurato.
“Il richiamo del Papa alla prudenza e alla saggezza – annota ancora il sottosegretario della Cei – è davvero la cifra che ci serve per contemperare due esigenze che non possono essere contrapposte, la salute di tutti non può essere sottovalutata. Sottovalutare le indicazioni dell’autorità sanitaria significherebbe di fatto irresponsabilità che nessun cittadino può permettersi, sarebbe come calpestare i tanti morti, medici, infermieri, gli stessi sacerdoti e quanti, in una forma o nell’altra, si sono esposti per curare i malati di coronavirus compromettendo la loro stessa salute. Una sottovalutazione che sarebbe una irresponsabilità non scusabile”.
Perfetto.
Ci si poteva arrivare anche prima, ma va bene così.
Rif. 14.33 – Stimolante
Grazie a alphiton per l’allegato sicuramente stimolante. La tensione si è allentata anche sul blog. Siamo in regime di papale prudenza, Dunque, non solo per le esternazioni: adelante con judicio.
Una voce da un’angolazione particolare, a chiusura e conforto.
https://www.cuneodice.it/attualita/cuneo-e-valli/monsignor-derio-olivero-sulle-proteste-della-cei-non-e-il-momento-di-mostrare-i-denti_35996.html
Mi permetto di suggerire a tutti questa articolata riflesione sulla questione di Luca Rolandi:
https://www.laportadivetro.org/laicita-liberta-religiosa-e-culto-nella-pandemia/?fbclid=IwAR2TBbJYJZWH-MyPTH8IsOL6tNU5WBiwYlwCU5H3rmF0mAD_49rCVsV-Udc
fare la spesa e andare a messa e ricevere l’eucarestia sono due cose diverse per quanto riguarda il contagio: quando si fa la spesa si entra a turno e si esce dopo il minor tempo passato tra gli scaffali, e soprattutto nei negozi non mettiamo in bocca nulla che riceviamo uno dopo l’altro dal negoziante…non è che ci voglia un genio per capirlo.
Il mio parroco è all’ospedale malato di covid 19,se tutti quelli che strepitano per l’eucarestia avessero ricevuto la telefonata di essere entrati in contatto stretto con un malato non so se penserebbero la stessa cosa ora..
cristina vicquery
Per quanto riguarda me, sarei disposto a partecipare a una messa anche SENZA FARE LA COMUNIONE: continuando cioè con la pia pratica della comunione spirituale.
Il punto non è fare comunità, avere sostegno spirituale o psicologico, ascoltare le omelie del parroco… ma, ripeto, il SANTO SACRIFICIO EUCARISTICO.
Mi basta assistere alla celebrazione della messa, unire le mie intenzioni all’offertorio, chiedere il perdono dei peccati veniali, adorare il Signore che si fa presente e vivo nella consacrazione, ricevere la benedizione…
NON è la stessa cosa assistere a una celebrazione in TV, magari “stravaccati” sul divano.
Concludo: le messe si possono celebrare in spazi idonei (all’aperto o in chiese ampie e sufficientemente arieggiate), con distanze adeguate e qualche adattamento liturgico per ridurre la durata delle celebrazioni (niente scambio della pace, niente canti, un solo lettore, omelie brevi, uscita ordinata… eventualmente comunione solo spirituale).
Aggiungo: cosa impedisce le confessioni (a debita distanza, come in Polonia o altrove)? E i battesimi?
Noto che i contrari alla ripresa delle celebrazioni sono i “soliti eroi” che in passato hanno sostenuto la protestantizzazione del cattolicesimo e che, naturalmente, propendono per una visione laicista e di sinistra della politica.
Sono scandalizzato da certe affermazioni che leggo qui e altrove: non usiamo la pandemia come scusa per tenere lontani i fedeli cattolici dai sacramenti e dalle messe o per modificare di nascosto la dottrina cattolica.
Ussignur, che mi si è scandalizzato Federico il Pio.
Datti pace, giglio innocente.
Le soluzioni si troveranno, e verranno messe in pratica.
Con i ritmi, i tempi, i modi e le indispensabili priorità che una macchina di morte in piena efficienza e ben piantata fra di noi rende OBBLIGATORIO porre al centro.
Senza voler ” esigere” o “pretendere” nulla, insomma.
Mi sembra che partecipare alla Messa senza fare la Comunione sia contraddittorio. L’Eucarestia ha senso se vi è il popolo che partecipa e se, chi può, fa la comunione. Altrimenti bastano le messe che i sacerdoti celebrano sine populo per celebrare il santo sacrificio eucaristico.
Quanto alle considerazioni finali di Benedetti si commentano da sé.
Alberto Farina
Rif. 15.08 – Segni sensibili ed efficaci della grazia
Forse a pandemia finita sarà utile riprendere in mano anche il catechismo del papa Pio X e approfondire il n. 518: i sacramenti sono segni sensibili ed efficaci della grazia. Sensibili ed efficaci. Efficaci perché sensibili. Sensibili per essere efficaci, Se in una messa si tolgono troppi momenti “sensibili” (canto, preghiere adeguate, simboli, letture ordinate e coordinate, richiami, gesti, legami veri espressi autenticamente, silenzi meditativi) e rimangono solo poche parti ridotte a “cose”, magari non le più dense di significato e sentite come obblighi formali, è difficile parlare di sacramento cristiano. Poi, purtroppo, so cosa vuol dire celebrare avendo una certa fretta o in situazioni di grande disagio.
Comunione spirituale: è un argomento a cui sono interessato da sempre. Ha un preciso senso come si è visto in questi giorni di emergenza anche liturgica, che ci auguriamo tutti di superare molto presto, Ma la formula abituale per manifestare il desiderio del sacramento pieno (forse usata anche a santa Marta alcuni giorni passati) è sgangherata quante altre mai e risente di una teologia e di una spiritualità contaminate.
con la scusa della pandemia si modifica di nascosto la dottrina cattolica ??? questa è la miglior barzelletta che ho sentito in questi giorni
Cristina vicquery
Non è una barzelletta, purtroppo.
Basta leggere quello che viene proposto qui e altrove.
La gentilissima Cristina, che mi deride, dovrebbe rileggere certe proposte e confrontarle non con le sue idee personali ma con il catechismo della Chiesa Cattolica.
La benedizione in famiglia dei pani da parte di un laico può sostituire l’eucarestia?
Lasciamo perdere poi le parole di Farina , che non distingue messa e comunione e non sa che fare la comunione quando non si è in grazia di Dio è un sacrilegio, che tanti fedeli sono invitati a partecipare alla messa senza fare la comunione perché vivono situazioni di peccato e di fatto svilisce il sacramento della confessione (del resto ci propone l’intervento bizzarro di un prete che non celebra messa senza popolo, perché forse ha dimenticato che la messa è un atto di culto a Dio, non un’esibizione teatrale davanti a un pubblico)…
Altrove leggo di far celebrare le messe ai diaconi laici e alle suore (protestantesimo, sacerdozio femminile), perché i sacerdoti sono troppo pochi per celebrare tante celebrazioni con piccoli gruppi di fedeli….
Non insisto oltre, ma queste proposte io le ho lette, sono in contrasto con la dottrina cattolica e a me personalmente scandalizzano.
Non mi scandalizza la proposta in sé, discutibile ma legittima se espressa apertamente, ma il tentativo di giustificarlo con l’emergenza attuale, con il “favore delle tenebre”.
Io non penso che durante la pandemia in atto qualcuno voglia cambiare la dottrina cattolica.
Converrete però con me che alcune proposte sulla Santa Comunione riportate dai quotidiani sono irrecevibili e sono certo verranno respinte al mittente dalla Chiesa Cattolica.
https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2020/04/30/news/coronavirus-ostie-consacrate-e-poi-imbustate-il-piano-per-sciogliere-il-nodo-della-comunione-1.38784328
P.S. Dell’articolo non vi è possibilità di leggere tutto se non il titolo.
Per forma mentis e per la volontà di non tediare gli altri con interventi troppo lunghi, tendo ad essere sintetico. Nel mio intervento precedente scrivevo
” L’Eucarestia ha senso se vi è il popolo che partecipa e se, chi può, fa la comunione”, distinguendo chiaramente fra partecipazione al rito e l’atto di prendere l’ostia, cosa che deve fare “chi può”. Quindi le parole di Benedetti nei miei confronto sono del tutto immotivate e travisano, non so se volutamente o meno, quanto ho detto.
Alberto Farina
Non credo di aver travisato niente.
Lei, Farina, sosteneva che è “contraddittorio partecipare alla messa senza fare la comunione”, per me no. A me hanno colpito queste parole e mi permetto di dire che non sono d’accordo. Aggiungo, per rimanere nel tema della discussione, che preferisco andare a messa e, per rispettare le restrizioni imposte per evitare il contagio, non fare la comunione, piuttosto che non assistere alla celebrazione del santo sacrificio eucaristico o limitarmi a guardarla in TV.
Caro Benedetti, la logica non è un optional. Nel post del 30 aprile dice di Farina “che non distingue messa e comunione e non sa che fare la comunione quando non si è in grazia di Dio è un sacrilegio”. Dopo che il sottoscritto ha dimostrato di avere ben presente ciò, lei si riposiziona sull’altro aspetto che è quello di un rito in cui il popolo non ha accesso alla comunione. A me, lo ripeto, sembra una contraddizione in termini: un banchetto a cui si vieni invitati, in cui però non si mangia ma di cui si vede soltanto la preparazione. In questo modo il rito non ha alcun senso e allora è meglio sostituirlo con altro (domenica ad es. abbiamo fatto in famiglia una celebrazione domestica centrata sulla parola che è piaciuta molto sia ai grandi che hai piccoli).
Alberto Farina
Hai piccoli: ovviamente ai piccoli
Alberto Farina
Nicoletta era da aprile che non ti si vedeva… grazie d’essere passata di qui…