Il dramma della pandemia spinge a passi che fino a ieri parevano impossibili: vale per la sanità e per la finanza, per il digitale, per la solidarietà tra i popoli. Vale anche per la figura del Papa nel ruolo di portavoce della cristianità. Il Pater noster di ieri segna un passo su quella via: mai fino a oggi il Vescovo di Roma aveva parlato a nome di tutti i cristiani per sua sola decisione, senza consultazioni e con altrettanta vasta accettazione. Nei commenti analizzo queste facce, richiamo i precedenti, cito una parola di Papa Benedetto.
Quando il Papa parla a nome di tutti i cristiani
7 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Il fatto. A memoria d’uomo non si ricorda una preghiera papale così solitaria e insieme così partecipata come il “Pater noster” di ieri a mezzogiorno con cui Francesco di nuovo ha implorato la fine della pandemia: “Misericordia per l’umanità”. L’ha fatto in ideale unione con i cristiani di tutto il mondo, come aveva detto nell’invito a unirsi a questo appuntamento che aveva rivolto domenica all’Angelus.
E’ stata una preghiera disadorna: senza canti, senza paramenti, senza campane. Il Papa da solo, in piedi, in veste bianca, nella Biblioteca del Palazzo Apostolico. Con lui c’era la sola telecamera a inquadramento fisso.
Il collegamento televisivo l’ha portato in tutto il mondo, ma non c’è stata nessuna segnalazione di tali collegamenti. Lo dava in diretta Vatican Media ripreso da tanti. In Italia, tra gli altri, da Rai 1 e Tv2000.
Motu proprio. Questo Pater noster ecumenico e solitario di Francesco non ha precedenti come gesto papale compiuto a nome dell’ecumene cristiana. Tante volte, di fatto, e non solo in tempi recenti, i Papi hanno parlato a nome della cristianità: in appelli di pace, a soccorso di perseguitati, su materie morali. Ma stavolta Francesco l’ha fatto non solo fattualmente, ma anche dichiaratamente e sulla base della sua sola decisione. Parlando appunto in nome di tutti, ha detto: “Oggi ci siamo dati appuntamento, tutti i cristiani del mondo, per pregare insieme il Padre Nostro”. L’appuntamento in verità l’ha dato lui e tanti l’hanno accolto. Questo è un fatto. E appunto lo possiamo chiamare un atto ecumenico, ma dove a indire e a parlare è stato il solo Vescovo di Roma.
Senza consultazioni. Altre volte i Papi hanno radunato le Chiese e parlato a loro nome: nelle giornate di Assisi, all’apertura della Porta Santa ecumenica del Grande Giubileo, in occasione di incontri di pace in Vaticano: giornata di preghiera con israeliani e palestinesi, ritiro dei leaders politici del Sud Sudan. Ma si era trattato di appuntamenti proposti, negoziati, concordati, con presenza di rappresentanti delle Chiese coinvolte. Le circostanze della pandemia non hanno permesso consultazioni e compresenze. Il Papa ha deciso e parlato per tutti.
Da tanti accettato. Fonti giornalistiche, vaticane ed esterne al Vaticano, riferiscono di messaggi d’adesione del Patriarca di Costantinopoli, del Consiglio Ecumenico di Ginevra, della Conferenza delle Chiese europee (Kek), dell’arcivescovo anglicano di Canterbury. Tra i non cattolici d’Italia si sono uniti al Papa i valdesi, i metodisti, i luterani, i battisti. Dunque un’accettazione per adesione c’è stata, ma si è trattato di un’accettazione del fatto, senza concertazione su di esso. Su questo ruolo – crescente negli ultimi decenni – del Papa come portavoce di tutti i cristiani riporto al commento seguente una riflessione di Banedetto XVI.
Benedictus dixit. In “Luce del mondo”, il volume di conversazioni con Peter Seewald (2010), trattando dell’ecumenismo l’interlocutore segnala i passi di accettazione del “primato di onore del Papa per tutti i cristiani” venuti recentemente dalle Chiese orientali, nonchè del riconoscimento venuto da ambienti luterani del Papa come “portavoce ecumenicamente riconosciuto della cristianità mondiale” e chiede: “E’ questo che lei intende quando afferma che oggi le Chiese dovrebbero trarre ispirazione dall’esempio del primo millennio?” – Benedetto così risponde: “Anche gli anglicani hanno affermato che potrebbero ipotizzare un Primato onorario del Papa di Roma,fra l’altro nel ruolo di portavoce della cristianità. Naturalmente si tratta di un passo rilevante. E nei fatti il mondo già considera le prese di posizione del Papa sui grandi temi etici come la voce della cristianità. Il Papa stesso è attento, quando affronta certi argomenti, a parlare per i cristiani e a non mettere in risalto in maniera specifica la dimensione cattolica; per quest’ultima vi è un altro posto. Già oggi il vescovo di Roma fino a un certo punto parla a nome di tutti i cristiani, semplicemente per la posizione che la storia gli ha attribuito. Anche questo è un fattore ecumenico importante che mostra un’unità visibile dell’intera cristianità mai andata completamente perduta. Ma è un elemento che non si può sopravvalutare. Restano contrasti a sufficienza. D’altronde bisogna essere grati per il fatto che qualcosa del genere esista“. Vedi alle pagine 134s dell’edizione italiana LEV.
Rif. ieri 22.33 – Ecumenismo della continuità di fatica
Vale ciò che dice Giovanni 4, 37-38: “…si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandato a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica”.
Molti han seminato – magari accentuando e irrigidendo i contrasti – altri mietono qualcosa, “grati per il fatto che una unità visibile dell’intera cristianità mai è andata completamente perduta”. E’ una fatica il seminare, è un fatica il mietere. Basta che nessuno bestemmi come populismo e decadimento della Chiesa il mietere attuale. E non solo in fatto di ecumenismo.
Vangelo 28 marzo 2020
Gv 7, 40-53
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
Una ricerca superficiale, troppo influenzata dai poteri, dai si dice. Uno studio a tavolino, non immerso nella vita. Questo brano evidenzia la banalità dei discorsi ma purtroppo anche della vita quando lo Spirito si è ben poco manifestato, e può farlo profondamente anche ad un ateo, o quando viene poco accolto. La pur flebile voce di una coscienza sincera, quella di Nicodemo, viene messa a tacere con supponenza. Lo Spirito ci orienta a prendere il buono da tutti ma a non farci condizionare da ambienti variamente fasulli. Una vera liberazione. Questo nostro tempo di tanti problemi è anche un tempo di grazia perché si diffonde e si approfondisce per grazia l’intuizione che la spiritualità di Gesù è divina e umana. Non una vita disincarnata ma uno Spirito che entra con delicatezza in tutta l’umanità della persona. E allora può venire dal cielo un nuovo aiuto a non lasciarsi confondere dai messaggi onnipervasivi del pensiero unico. Proprio come per il fragile Nicodemo.
Il deserto nella città
Un giorno d’agosto, ora ricordo,
fu un dono nascosto, ora lo so,
trovai poesia a forza strappandola
al brullo campo assolato di periferia,
all’ostinato silenzio del cielo,
al meschino agire, così facile all’uomo:
“ci deve essere un canto”, mi dissi…
e nulla potè fermarmi, passai il muro
invalicabile, d’aria e di pietra, ed entrai…
Poesiola tratta da Piccolo magnificat, un canto di tanti canti (poesie che un prete ha sentito cantare, inavvertitamente, dalla vita, dalla sua gente):
http://gpcentofanti.altervista.org/piccolo-magnificat-un-canto-di-tanti-canti/