Oggi all’Angelus, dopo la catechesi sul cieco nato [nella foto immagine di Marko Rupnik dalla Cappella Redemptoris Mater], Francesco ha invitato a due suppliche per la fine della pandemia: una preghiera dei cristiani di tutto il mondo per mercoledì 25 a mezzogiorno e una veglia che presiederà venerdì sera sul sagrato di San Pietro davanti alla piazza vuota. Sempre nel dopo-Angelus ha invitando a seguire le regole dettate dal governo “per il bene di tutti”. Nei commenti le parole del Papa con mie brevi annotazioni.
Francesco: invito tutti capi delle Chiese e tutti i cristiani
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Mentre l’umanità trema. “In questi giorni di prova – ha detto Francesco all’Angelus, dal chiuso della Biblioteca del Palazzo Apostolico – mentre l’umanità trema per la minaccia della pandemia, vorrei proporre a tutti i cristiani di unire le loro voci verso il Cielo. Invito tutti i Capi delle Chiese e i leader di tutte le Comunità cristiane, insieme a tutti i cristiani delle varie confessioni, a invocare l’Altissimo, Dio onnipotente, recitando contemporaneamente la preghiera che Gesù Nostro Signore ci ha insegnato: il Padre Nostro”.
Bergoglio, che ha il genio dei gesti a impatto simbolico, viene così a porsi come portavoce dell’intera cristianità. Un ruolo che in varie occasioni avevano già svolto i predecessori, per esempio con le visite all’Onu e con le Giornate di Assisi per la pace, ma che la pandemia favorisce e quasi impone.
Con la piazza vuota. “Invito – ha detto ancora – a recitarlo mercoledì prossimo 25 marzo a mezzogiorno, tutti insieme”. La data non è scelta a caso, cadendo nella festa dell’Annunciazione, in prossimità della Pasqua: “Nel giorno in cui molti cristiani ricordano l’annuncio alla Vergine, possa il Signore ascoltare la preghiera unanime di tutti i suoi discepoli che si preparano a celebrare la vittoria di Cristo Risorto”.
Con la stessa intenzione, ha proseguito Francesco, “venerdì prossimo 27 marzo, alle ore 18, presiederò un momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro, con la piazza vuota: fin d’ora invito tutti a partecipare attraverso i mezzi di comunicazione”.
Questi saranno i momenti della veglia: “Ascolteremo la Parola di Dio, eleveremo la nostra supplica, adoreremo il Santissimo Sacramento, con il quale al termine darò la Benedizione Urbi et Orbi, a cui sarà annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria”. La diretta televisiva permetterà di rispondere a un male globale con un’invocazione globale: “Alla pandemia del virus vogliamo rispondere con la universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza”.
Vicinanza a tutti. Così Bergoglio ha detto la sua solidarietà ai sofferenti: “Rimaniamo uniti. Facciamo sentire la nostra vicinanza alle persone più sole e più provate, ai medici, agli operatori sanitari, infermieri e infermiere, volontari”.
Infine la chiamata a seguire le indicazioni delle autorità: “La nostra vicinanza alle autorità che devono prendere misure dure, ma per il bene nostro. La nostra vicinanza ai poliziotti, ai soldati che sulla strada cercano di mantenere sempre l’ordine, perché si compiano le cose che il governo chiede di fare per il bene di tutti noi”.
Non volendo dimenticare nessuno, Francesco ha concluso con una formula che più inclusiva non si può: “Vicinanza a tutti”.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/03/22/0172/00383.html
Muoiono soli. Questa l’intenzione annunciata da Francesco alle 07.00 di stamane, ad avvio della celebrazione della messa nella Cappella della Casa Santa Marta: In questi giorni, ascoltiamo le notizie di tanti defunti: uomini, donne che muoiono soli, senza potersi congedare dai loro cari. Pensiamo a loro e preghiamo per loro. Ma anche per le famiglie, che non possono accompagnare i loro cari nel trapasso. La nostra preghiera speciale è per i defunti e i loro familiari.
Quattro gesti. Le due suppliche annunciate per mercoledì 25 e venerdì 27 costituiscono il terzo e il quarto tra i gesti simbolici di Papa Francesco da quando è esplosa la pandemia, mettendo come primo la benedizione della piazza dalla finestra dell’Angelus (che oggi ha ripetuto nelle modalità della scorsa domenica) e come secondo il pellegrinaggio solitario ai due santuari romani il pomeriggio del 15 marzo.
Belle le iniziative di papa Francesco. Siamo divisi, ma preghiamo insieme.
Vangelo 23 marzo 2020
Gv 4, 43-54
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
La fede di una persona può crescere o meno per la fede o meno dell’ambiente in cui vive. I galilei hanno incontrato tanta gente a Gerusalemme. La diversa accoglienza verso Gesù di molti ha aiutato la poca fede dei galilei. Ha aiutato anche vedere questo Gesù che non imbonisce i notabili della città santa, altezzosa nei confronti dei periferici. Anzi scaccia i mercanti dal tempio. Ma una nuova apertura matura gradualmente. Gesù torna su quanto aveva detto nella sinagoga a Nazareth: se non vedete segni e prodigi, voi non credete. Ma ora può aiutare una maturazione. Al funzionario che gli chiede di scendere a guarire il figlio moribondo dice di andare, perché suo figlio vive. Gli propone dunque un certo salto nella fede. Ossia di credere che Gesù può compiere miracoli anche a distanza. Senza il bisogno di andare, compiere qualche gesto magico da vicino. Chiede la fiducia nella sua Parola. Evidentemente in questo caso specifico questa fiducia avrebbe ridato vita nel profondo a quella famiglia, prima attaccata ad un relazionarsi troppo fermo alla esteriorità dei fatti. Fiducia in Dio, fiducia anche nel familiare, comprensione al di là delle apparenze. Questa rinascita si vede anche dai servi, che gli vanno incontro con gioia per dargli la buona notizia. Prima considerati poco, ora ascoltati con grande attenzione. Un piccolo gesto di fede, uno spiraglio aperto allo Spirito, fa rinascere un’intera comunità familiare.
Luci nella via
In quell’anonima strada di periferia
chi avrebbe pensato di incontrare
la vita. Questo diceva confusa, nuova,
l’anziana signora.
Le avessi potuto parlare,
le avrei detto del potersi fidare, del non credere
all’inganno solo viscerale.
Le avrei detto:
se viene una luce lasciati portare,
non temere il deserto se lo vuole il cielo,
ma temi le verdi praterie senza notte,
né luna, né stelle, né pioggia, il lume artificiale.
Poesiola tratta da “Piccolo magnificat, un canto di tanti canti” (poesie che un prete ha sentito cantare, inavvertitamente, dalla vita, dalla sua gente): https://gpcentofanti.wordpress.com/2015/07/02/piccolo-magnificat-5/
Le occasioni di preghiera universale lanciate dal papa sono belle e cariche di significato: teologico e simbolico, con la scelta della data dell’Annunciazione nel primo caso e quella dello spazio della piazza San pietro vuota – e assai più universale e significante della stessa vista gremita mille volte – per la seconda.
Forte e vincolante il tema della universalità, con una precisazione didascalica che diventa NORMA E BUSSOLA per tutti noi :
“universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza”. e ” vicinanza a tutti”.
Difficile, oggettivamente, essere più sintetici e più chiari.
A proposito di pregheiere, vale la pena ricordare quella bella (e a me finora sconosciuta) riportata da Antonella l’altro ieri con le precisazioni linguistiche – e non solo – segnalate da Amigoni.
Rif. 18.32 – Preghiera di Daniele Mencarelli
Da non perdere questa preghiera di Mencarelli, proposta da Marco Tarquinio direttore di Avvenire
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/poesia-guardaci-daniele-mencarelli
Caro Luigi, la tua attenzione nel diffondere le lodevolissime e seguibilissime iniziative di Papa Francesco mi invita a manifestarti tutta la mia grata riconoscenza, anche perché mi associo con tutto il cuore alle iniziative di Papa Francesco, specie quella in occasione dell’Annunciazione. Maria, la nostra cara Madre celeste, è sicuramente orgogliosa di Papa Francesco che manifesta l’amore divino di Gesù verso tutti, specialmente in questa situazione terribile. Anche se io sto benissimo e mi impegno molto a preservare la mia saluta e quella di tutti. Bella anche la preghiera segnalata da Amigoni P. Luigi.
Posso dire come prego io, nel mio piccolo? Quando recito il Padre Nostro, a “liberaci dal male” aggiungo “liberaci specialmente dal coronavirus” Nell’Ave Maria, In “prega per noi peccatori adesso”, insisto su “adesso”.
Caro Luigi, ognuno ha la sua strada per avvicinarsi a Dio e Maria.
Comunque rinnovo il mio riconoscente abbraccio telematico a te, abbraccio al quale desidero coinvolgere il carissimo Papa Francesco.
Vangelo 24 marzo 2020
Gv 5, 1-16
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Non il dovere potrà aprirci il cuore. Lo Spirito manifestandosi ci conduce verso l’intuizione che Gesù risponde ai nostri bisogni. Non riuscirò a lungo a “fare il bravo”, è la ricerca di risposte vitali che mi potrà muovere sempre più. Gesù qui non chiede nemmeno la fede al paralitico. Cominciare a guarire il suo cuore nel suo caso non vuol dire aprirlo alla fiducia nell’amore onnipotente di Dio. Quell’uomo ha bisogno prima di tutto di essere amato e aiutato senza condizioni, dopo trentotto anni di cinica indifferenza attorno a lui. Di Gesù sa soltanto che è quell’uomo che lo ha guarito. Un essere umano lo ha amato, aiutato. Un altro esempio. Una persona stressata si sente in colpa per i suoi eccessivi nervosismi e si vorrebbe impegnare a dominarli. Ma il punto principale sul quale Dio può aiutarla è di infonderle comprensione per sé stessa, per la sua condizione che la rende involontariamente più irosa del solito. E di aiutarla a trovare risposte nuove, umane, al suo specifico stato d’ansia. Solo dopo, quando il sanato va nel Tempio, Gesù gli rivela il proprio nome ma ancora non lo porta alla fede in Lui. Solo gli dice di non peccare più, perché non gli accada qualcosa di peggio. Non vi è una relazione meccanica tra peccato e malattia ma il peccato in mille modi ostacola il fiorire della vita in ogni suo aspetto. Tutte le ferite ricevute hanno indurito profondamente il cuore di quella persona. Gesù ha, come visto, profonda compassione, non pretende una apertura di cuore totale e immediata. Il camminare con la barella, poi, indica proprio questa guarigione graduale. Ma Cristo anche fa capire al guarito che non scegliere il bene quando la grazia lo consente a lungo andare spegne. Gesù dal canto suo sa che sta donando la vita per quell’uomo, compiendo il miracolo di sabato. Nonostante ciò quell’uomo scarica tutta l’indifferenza subita su Gesù andando a riferire l’accaduto ai Giudei. Guarire in profondità è un cammino graduale.
Un canto d’estate
C’è una stella nel cielo e più sotto la luce di un lampione,
la segnaletica stradale di questa viuzza di paese
unta e bisunta che porta al mare d’estate. E l’unto e
bisunto fa ricordare del male che c’è, forse ignaro
d’essere male, ma che unge e bisunge anche il bel litorale.
Quello però non lascia di principiare a portare,
anzi rovescia, un cielo di stelle come lampare nel mare
ed un mare che brilla come un cielo vicino…
Poesiola tratta da “Piccolo magnificat. Un canto di tanti canti” (poesie che un prete ha sentito cantare, inavvertitamente, dalla vita, dalla sua gente): https://gpcentofanti.wordpress.com/2015/07/02/piccolo-magnificat-5/