Carla di Roma una Maddalena dei nostri giorni

Sappiamo che si chiama Carla e che nel 1983 visse una vera conversione: era una prostituta, aveva fatto due aborti, disperava del perdono, entrò in contatto con un ambiente parrocchiale tramite una radio, le letterine che le furono scritte dai bambini di una classe di catechismo la spinsero a mettere piede in una chiesa. L’avventura cristiana vissuta da Carla in quella primavera è tutta in questa preghiera, siglata «C.C.», che mandò nel maggio di quell’anno a Ignazia Baragone, la catechista che aveva invitato i bambini a scriverle:

Grazie Signore per la vita che mi hai dato.
Perdono Signore per la vita che ho sprecato.
Grazie per quelle voci che mi hai fatto ascoltare.
Grazie per quelle persone che mi sanno amare.
Fa che anche io in quel modo
un giorno impari ad amare.
Ti offro le pagine della mia vita
tutta macchiata di fango e sozzura.
Non è facile cambiarle,
solo il tuo aiuto potrà cancellarle.
Fa che il tuo perdono e il tuo amore
mi possano ora sedurre.
Fa Signore che i bambini che ho ascoltato
non abbiano mai a conoscere
l’angoscia del grave peccato.

Siamo a Roma. Carla – una ragazza di strada – aspetta un cliente e intanto ascolta la radio e si sintonizza per caso su «Radio don Bosco» (che oggi si chiama «Meridiano 12»). Ode una voce di donna che le ricorda la mamma, «sia per l’inflessione sia per le cose che dice».
Come affascinata ascolta l’intera trasmissione e scrive alla conduttrice, raccontando la sua storia e la disperazione di poter ottenere il «perdono divino» a motivo dei due aborti. Ignazia Baragone, amica della conduttrice e catechista preso la parrocchia San Giovanni Bosco sulla Tuscolana, invita i suoi bambini a scrivere a Carla: le dicono che Gesù perdona tutti i peccati, che cerca la pecorella smarrita, che quando la trova la coccola e fa festa con lei.
Questo è il seguito della storia, nel racconto della catechista Ignazia: «Le letterine, circa 22, sono state lette alla radio. La giovane le ha ascoltate e ha espresso il desiderio di venirne in possesso e così è stato fatto. Si commosse talmente che andò in chiesa dove pianse di un pianto liberatorio, parlò con un sacerdote e si confessò. Così finalmente ebbe il coraggio di lasciare la strada. Scrisse una lettera a don Savino Losappio, il nostro parroco, dove raccontava la sua conversione. Il parroco nell’omelia del Giovedì Santo lesse la lettera facendo piangere molte persone».
Non sappiamo che cosa ne sia oggi di questa Maddalena dei nostri giorni. «La ragazza se ne andò da Roma e si rifugiò in un paese lontano senza dare il suo recapito per paura del protettore», mi dice Ignazia: «La conosceva soltanto una persona del nostro ambiente. Tramite lei siamo venuti a sapere che aveva trovato lavoro e si era sposata con una brava persona». Il salesiano Don Savino conferma la storia, ma dice che non ha più con sè la lettera che fu letta in chiesa.
Oltre alla preghiera riportata sopra, a documentare la storia di Carla ci restano quattro sue lettere, del marzo e del maggio del 1983, dirette alla catechista Ignazia. In una Carla ringrazia i bambini di quella classe di catechismo, che scrivendo le hanno dato «il coraggio di entrare in una chiesa».
Riporto i nomi dei protagonisti innocenti di questa parabola evangelica come li elenca Carla, dimenticandone uno e subito recuperandolo: «Andrea, Giovanni, Paolo, Carla, Davide, Carmen, Giovanni, Alba, Valentina, Marco, Anna, Titiana, Carla, Giulio e Carmine. Mi sono dimenticata di scrivere il nome di Massimiliano, però è insieme agli altri nel cuore e nella mente. Ciao, Carla».

[Aggiornamento ottobre 2009 da Eco di San Gabriele del maggio 1998]

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