Parlando al Corpo diplomatico Francesco ha chiamato stamane gli Usa e l’Iran a evitare di “innalzare lo scontro” e a mantenere accesa “la fiamma del dialogo e dell’autocontrollo”. Partendo da questo appello, offro nei commenti una breve antologia dell’ampia panoramica planetaria tracciata dal Papa. Alla fine metto un mio commento.
Francesco chiama Usa e Iran al dialogo e all’autocontrollo
9 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Iraq Yemen Libia. Particolarmente preoccupanti sono i segnali che giungono dall’intera regione medio-orientale, in seguito all’innalzarsi della tensione fra l’Iran e gli Stati Uniti e che rischiano anzitutto di mettere a dura prova il lento processo di ricostruzione dell’Iraq, nonché di creare le basi di un conflitto di più vasta scala che tutti vorremmo poter scongiurare. Rinnovo dunque il mio appello perché tutte le parti interessate evitino un innalzamento dello scontro e mantengano accesa la fiamma del dialogo e dell’autocontrollo, nel pieno rispetto della legalità internazionale. Il mio pensiero va pure allo Yemen, che vive una delle più gravi crisi umanitarie della storia recente, in un clima di generale indifferenza della Comunità internazionale, e alla Libia, che da molti anni attraversa una situazione conflittuale, aggravata dalle incursioni di gruppi estremisti e da un ulteriore acuirsi di violenza nel corso degli ultimi giorni.
Urgenza ecologica. I giovani hanno molto da offrire con il loro entusiasmo, con il loro impegno e con la loro sete di verità […]. Lo abbiamo visto nel modo con cui molti giovani si stanno impegnando per sensibilizzare i leader politici sulla questione dei cambiamenti climatici. La cura della nostra casa comune dev’essere una preoccupazione di tutti e non oggetto di contrapposizione ideologica fra diverse visioni della realtà, né tantomeno fra le generazioni […]. La custodia del luogo che ci è stato donato dal Creatore per vivere non può dunque essere trascurata, né ridursi ad una problematica elitaria. I giovani ci richiamano all’urgenza di una conversione ecologica […]. Purtroppo la XXV Sessione della Conferenza degli Stati Parte della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP25), svoltasi a Madrid lo scorso dicembre, rappresenta un grave campanello di allarme circa la volontà della Comunità internazionale di affrontare con saggezza ed efficacia il fenomeno del riscaldamento globale, che richiede una risposta collettiva, capace di far prevalere il bene comune sugli interessi particolari.
Antidemocrazia in America Latina. Oltre alla situazione nella regione amazzonica, desta preoccupazione il moltiplicarsi di crisi politiche in un crescente numero di Paesi del continente americano, con tensioni e insolite forme di violenza che acuiscono i conflitti sociali e generano gravi conseguenze socio-economiche e umanitarie. Le polarizzazioni sempre più forti non aiutano a risolvere i veri e urgenti problemi dei cittadini, soprattutto dei più poveri e vulnerabili, né tantomeno può farlo la violenza, che per nessun motivo può essere adottata come strumento per affrontare le questioni politiche e sociali. In questa sede desidero ricordare specialmente il Venezuela, affinché non venga meno l’impegno a cercare soluzioni. In generale, i conflitti della regione americana, pur avendo radici diverse, sono accomunati dalle profonde disuguaglianze, dalle ingiustizie e dalla corruzione endemica, nonché dalle varie forme di povertà che offendono la dignità delle persone. Occorre, pertanto, che i leader politici si sforzino di ristabilire con urgenza una cultura del dialogo per il bene comune e per rafforzare le istituzioni democratiche e promuovere il rispetto dello stato di diritto, al fine di prevenire derive antidemocratiche, populiste ed estremiste.
Coltre di silenzio sulla Siria. Una coltre di silenzio rischia di coprire la guerra che ha devastato la Siria nel corso di questo decennio. È particolarmente urgente trovare soluzioni adeguate e lungimiranti che permettano al caro popolo siriano, stremato dalla guerra, di ritrovare la pace e avviare la ricostruzione del Paese. La Santa Sede accoglie con favore ogni iniziativa volta a porre le basi per la risoluzione del conflitto ed esprime ancora una volta la propria gratitudine alla Giordania e al Libano per aver accolto ed essersi fatti carico, con non pochi sacrifici, di migliaia di profughi siriani. Purtroppo, oltre alle fatiche provocate dall’accoglienza, altri fattori di incertezza economica e politica, in Libano e in altri Stati, stanno provocando tensioni tra la popolazione, mettendo ulteriormente a rischio la fragile stabilità del Medio Oriente.
Dal muro di Berlino all’odio in Internet. Il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino ci ha posto dinanzi agli occhi uno dei simboli più laceranti della storia recente del continente, rammentandoci quanto sia facile ergere barriere. Il Muro di Berlino rimane emblematico di una cultura della divisione che allontana le persone le une dalle altre e apre la strada all’estremismo e alla violenza. Lo vediamo sempre più nel linguaggio d’odio diffusamente usato in internet e nei mezzi di comunicazione sociale. Alle barriere dell’odio, noi preferiamo i ponti della riconciliazione e della solidarietà, a ciò che allontana preferiamo ciò che avvicina, consapevoli che «nessuna pace [può] consolidarsi […] se contemporaneamente non si placano gli odi e i rancori per mezzo di una riconciliazione fondata sulla vicendevole carità», come scrisse cent’anni fa il mio predecessore Benedetto XV.
Tanta Africa insanguinata. Duole constatare come continuino nel continente africano, in particolare in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria [più avanti citerà Corno d’Africa, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Repubblica Centroafricana, Sud Sudan], episodi di violenza contro persone innocenti, tra cui tanti cristiani perseguitati e uccisi per la loro fedeltà al Vangelo. Esorto la Comunità internazionale a sostenere gli sforzi che questi Paesi compiono nella lotta per sconfiggere la piaga del terrorismo, che sta insanguinando sempre più intere parti dell’Africa, come altre regioni del mondo. Alla luce di questi eventi, è necessario che si attuino strategie che comprendano interventi non solo nell’ambito della sicurezza, ma anche nella riduzione della povertà, nel miglioramento del sistema sanitario, nello sviluppo e nell’assistenza umanitaria, nella promozione del buon governo e dei diritti civili. Sono questi i pilastri di un reale sviluppo sociale.
Senza armi nucleari è possibile. Le armi nucleari non solo favoriscono un clima di paura, diffidenza e ostilità, ma distruggono la speranza. Il loro uso è immorale, «un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune». Un mondo «senza armi nucleari è possibile e necessario», ed è tempo che quanti hanno responsabilità politiche ne divengano pienamente consapevoli, poiché non è il possesso deterrente di potenti mezzi di distruzione di massa a rendere il mondo più sicuro, bensì il paziente lavoro di tutte le persone di buona volontà che si dedicano concretamente, ciascuno nel proprio ambito, a edificare un mondo di pace, solidarietà e rispetto reciproco. Il 2020 offre un’opportunità importante in questa direzione, poiché dal 27 aprile al 22 maggio si svolgerà a New York la X Conferenza d’Esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Auspico vivamente che in quella occasione la Comunità internazionale riesca a trovare un consenso finale e proattivo sulle modalità di attuazione di questo strumento giuridico internazionale, che si rileva essere ancora più importante in un momento come quello attuale.
Mia nota. A una prima lettura l’appello papale a Usa e Iran appare prudente, oltre che ovviamente calibrato in modo da ottenere l’ascolto di ambedue le parti in conflitto. O meglio: dei due schieramenti di opinione che si confrontano sull’incredibile vicenda. Appare così prudente da suonare meno caldo di quello già formulato domenica all’Angelus, quando Francesco parlò di “terribile aria di tensione”. Ma per una lettura compiuta occorrono tre avvertenze: una a riguardo della sede in cui il Papa parlava, la seconda sull’ora della sua parola, la terza su quanto è implicito nel richiamo al “pieno rispetto della legalità internazionale”. L’incontro con il corpo diplomatico a inizio anno [attualmente sono 183 i paesi accreditati], è un momento di forte caratura istituzionale ed è tradizione che i Papi mantengano, in esso, una tonalità di richiamo super partes e di indirizzo generale più che di giudizio sulle singole situazioni. Il momento poi appare oggettivamente meno “terribile” rispetto a quello che si viveva domenica: parrebbe che i due contendenti abbiano trovato ambedue un minimo d’autocontrollo. Parrebbe. C’è poi la forza del rimando alla “legalità internazionale”: la Santa Sede ha sempre ritenuto illegali le uccisioni mirate e in questo caso sia l’Iran sia gli Usa sono contenuti nella deplorazione. Che tu miri con un drone teleguidato, o con milizie teleguidate – delle quali era gran maestro il generale Soleimani – sempre operi in violazione del diritto internazionale. Dunque non è piccolo il monito papale, dal momento che implicitamente accusa i due contendenti di aver compiuto terribili violazioni della legalità internazionale ed esplicitamente li chiama a rientrare in essa.
Il Sismografo ha ripreso la “mia nota” del commento precedente:
https://ilsismografo.blogspot.com/2020/01/vaticano-francesco-chiama-usa-e-iran-al.html