Ho letto l’intervista di “Repubblica” all’amica di una delle ragazze travolte da un’auto mentre attraversavano Corso Francia fuori dalle regole: un’intervista che vi propongo nei commenti come preghiera di fine anno. In essa trovo parole da tenere con me avendo avuto per due volte un figlio e per tre volte una figlia di sedici anni. Volendo farmi padre dei sedicenni che vedo per via.
“Forse perché abbiamo sedici anni?” domanda Cecilia
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Perché è divertente. “Anche io ho attraversato Corso Francia correndo, fuori dalle strisce pedonali e con il semaforo verde per le auto. Rischiando la vita”. Cecilia ha sedici anni, l’identica età di Gaia Von Freymann, amiche fin da piccole, poi compagne di classe alle scuole medie: “Andavamo alla Nitti, sempre qui, al Fleming”. Poi Gaia aveva scelto il liceo linguistico e Cecilia, invece, lo scientifico, al liceo “Farnesina”, poco lontano, stesso quartiere, stessi luoghi d’incontro, stesse serate nella movida di Ponte Milvio. Cecilia si ferma davanti alla chiesa, alla fine del funerale. È alta, bella, semplice. “Vorrei che fosse soltanto un brutto sogno”, dice.
Cecilia, quindi è vero, attraversare in quel punto così pericoloso è un’abitudine? “Sì, purtroppo. L’ho fatto anche io. Prendi la rincorsa, scavalchi il guardrail e corri più veloce che puoi dall’altra parte”.
Perché? Pochi metri più avanti c’è il semaforo, le strisce pedonali. “Forse perché abbiamo sedici anni? Per fare più in fretta a raggiungere i tuoi amici, per non fare tardi sulla via del ritorno a casa. O forse e lo so che è stupido, perché è divertente”.
Nessuna paura di finire sotto una macchina? “Pensi sempre che se guardi bene a destra e a sinistra, e corri forte, dall’altra parte ci arriverai”.
È una sfida? “No, è una leggerezza, un azzardo. Finora nessuno dei miei amici aveva avuto un incidente”.
Però Gaia e Camilla sono morte. “Una catena di disgrazie. Che ha coinvolto tre famiglie. Anche quella di Pietro. È’ vero andava veloce, ma pioveva a dirotto e nessuno su Corso Francia rispetta i limiti di velocità. Noi che abitiamo in questo quartiere lo sappiamo”.
Dopo questa tragedia cambierà qualcosa? “Lo spero. Non si può morire così. Quando quella mattina mia madre mi ha svegliato, dicendomi che Gaia era morta travolta da un’auto su Corso Francia, ho capito subito dove era avvenuto l’incidente. Ho tremato. Sarebbe potuto accadere a me. Vorrei che nessuno togliesse più i fiori e gli striscioni da quel guardarail”.
C’è scritto: “Ciao angeli”. “Oggi Gaia e Camilla sono due angeli. Ma è assurdo che debbano morire due ragazze per insegnare a noi adolescenti a non rischiare la vita”.
Chi piange e non sa. Le parole di Cecilia che prego di più sono quelle con cui prova a motivare l’azzardo delle due coetanee: “Forse perché abbiamo sedici anni? Per fare più in fretta a raggiungere i tuoi amici, per non fare tardi sulla via del ritorno a casa. O forse e lo so che è stupido, perché è divertente”. Questa è oggi la mia invocazione: proteggi – se puoi – chi si diverte e non sa. Chi piange e non sa. Noi tutti che non sappiamo.
Qui l’intera intervista:
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/12/28/news/l_amica_cecilia_anche_io_ho_sfidato_la_sorte_su_quella_strada_pensi_sempre_di_farcela_-244504101/
Caro Luigi.
Care tutte e tutti.
Desidero porgervi i miei più cari Auguri di Buon Anno.
Dio ci accompagni.
Non entro nel merito della drammatica vicenda delle due ragazze romane, ma faccio mia l’invocazione di Luigi.
Mi permetto di donarvi in questo 2019 che si chiude quanto scritto da una mia carissima amica, giovane sposa credente e chiamata al Cielo dopo una lunga malattia il giorno 27 settembre di quest’anno. Lo scritto mi è stato consegnato dal marito di lei, Gabriele che ne ha anche “autorizzato” la diffusione.
Notte tra il 16 e il 17 settembre
Che rumore fa la felicità?
E’ tutto il giorno che mi frulla in testa questa frase. Non so nemmeno se è di un film o il ritornello di una canzone. Non so la risposta, ma mi viene da dire che io, oggi, sono felice. Strano vero?
In mezzo a questa fatica sempre crescente che sembra portare verso la fine della vita terrena, io mi sento di dire che c’è un sottile filo silenzioso di felicità che lega i giorni l’uno all’altro.
Un filo sottile fatto di buoni libri, di fiori colti e donati con amore, di natura silenziosa e tenace.
Un filo sottile fatto di buoni medici e infermiere sorridenti.
A volte la felicità è talmente prorompente da essere assordante, altre volte è così silenziosa da poterla percepire solo facendo silenzio dentro e fuori di sé. Un silenzio vero e profondo che rende capaci di “svelare” i semi di felicità che cercano di farsi largo.
Ecco io in questi giorni sono fatta di questo tipo di felicità, è quella che mi rappresenta anche quando sono stanca, nervosa e arrabbiata.
Se mi fermo e ascolto c’è un cuore felice che batte.
Alessandra Colombo
Lecco, 7 maggio 1981.
Santa Maria Hoè (Lc), 27 settembre 2019.
Fabrizio grazie delle parole di questa tua amica. Sai se la sua vicenda è stata narrata da qualche parte o se ci sono in giro altre sue parole? Se fosse possibile vorrei cavarne una storia. Bacio di fine anno.
Caro Luigi.
Grazie a Te.
Comunico il tuo desiderio ai genitori e al marito cercando di mettervi in contatto: so che ha lasciato diversi scritti, oltre a molte “consegne verbali” e forse, -ma non ne sono sicuro- anche un diario.
Grazie, caro Luigi, e tanti auguri.
Confesso che preso dalle molte cose di questi giorni mi era sfuggito il dettaglio dell’età delle povere ragazze che se ne sono andate.
Età che per me vuol dire molto, … come padre.
E magari noi tutti adulti lo avessimo sempre questo sguardo amorevole, amorevolmente preoccupato, visceralmente innamorato dei padri.
Ancora tanti auguri