Francesco: guardare alla città con gli occhi della fede

Paolo non guarda la città di Atene e il mondo pagano con ostilità ma con gli occhi della fede. E questo ci fa interrogare sul nostro modo di guardare le nostre città: le osserviamo con indifferenza? Con disprezzo? Oppure con la fede che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime? – E’ un passaggio della catechesi tenuta stamane dal Papa in piazza San Pietro, a commento della predicazione di Paolo ad Atene, nel capitolo 17 degli “Atti degli Apostoli”.Una catechesi di straordinario interesse, che suggerisco a chi voglia intendere l’approccio di Francesco al mondo secolarizzato di oggi. Francesco parla all’umanità disincantata del terzo millennio come Paolo agli intellettuali di Atene. Con fiducia, con rispetto e con schiettezza. Nei commenti metto qualche altro passaggio della catechesi che meglio veicola l’atteggiamento dell’apostolo che mira a stabilire un ponte “per dialogare con quella cultura”.

8 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Paolo non si chiude. L’Apostolo «freme dentro di sé al vedere la città piena di idoli» (At 17,16). Questo “impatto” col paganesimo, però, invece di farlo fuggire, lo spinge a creare un ponte per dialogare con quella cultura. Paolo sceglie di entrare in familiarità con la città e inizia così a frequentare i luoghi e le persone più significativi. Va alla sinagoga, simbolo della vita di fede; va nella piazza, simbolo della vita cittadina; e va all’Areopago, simbolo della vita politica e culturale. Incontra giudei, filosofi epicurei e stoici, e molti altri. Incontra tutta la gente, non si chiude, va a parlare con tutta la gente. In tal modo Paolo osserva la cultura, osserva l’ambiente di Atene «a partire da uno sguardo contemplativo» che scopre «quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade e nelle sue piazze» (Evangelii gaudium, 71).

    6 Novembre, 2019 - 22:25
  2. Luigi Accattoli

    Aprire un varco. Paolo sceglie lo sguardo che lo spinge ad aprire un varco tra il Vangelo e il mondo pagano. Nel cuore di una delle istituzioni più celebri del mondo antico, l’Areopago, egli realizza uno straordinario esempio di inculturazione del messaggio della fede: annuncia Gesù Cristo agli adoratori di idoli, e non lo fa aggredendoli, ma facendosi pontefice, costruttore di ponti […]. Paolo, secondo una bella espressione di Papa Benedetto XVI, «annuncia Colui che gli uomini ignorano, eppure conoscono: l’Ignoto-Conosciuto» (Benedetto XVI, Incontro col mondo della cultura al Collège des Bernardins, 12 sett. 2008). Poi, invita tutti ad andare oltre «i tempi dell’ignoranza» e a decidersi per la conversione in vista del giudizio imminente. Paolo approda così al kerygma e allude a Cristo, senza citarlo, definendolo come l’«uomo che Dio ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti» (At 17,31).

    6 Novembre, 2019 - 22:29
  3. Luigi Accattoli

    Niente aggressioni. E qui, c’è il problema. La parola di Paolo, che finora aveva tenuto gli interlocutori con il fiato sospeso – perché era una scoperta interessante -, trova uno scoglio: la morte e risurrezione di Cristo appare «stoltezza» (1Cor 1,23) e suscita scherno e derisione. Paolo allora si allontana: il suo tentativo sembra fallito, e invece alcuni aderiscono alla sua parola e si aprono alla fede. Tra questi un uomo, Dionigi, membro dell’Areopago, e una donna, Damaris. Anche ad Atene il Vangelo attecchisce e può correre a due voci: quella dell’uomo e quella della donna! Chiediamo anche noi oggi allo Spirito Santo di insegnarci a costruire ponti con la cultura, con chi non crede o con chi ha un credo diverso dal nostro. Sempre costruire ponti, sempre la mano tesa, niente aggressione. Chiediamogli la capacità di inculturare con delicatezza il messaggio della fede, ponendo su quanti sono nell’ignoranza di Cristo uno sguardo contemplativo, mosso da un amore che scaldi anche i cuori più induriti.

    6 Novembre, 2019 - 22:31
  4. Luigi Accattoli

    Mia noticina. Le parole che amo di più, in questa catechesi, sono quelle con le quali Francesco ci invita a guardare le nostre città “con la fede che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime”. Parole incoraggianti, fedeli a quanto il Signore dice a Paolo in un altro testo degli Atti, quando l’apostolo è tentato di abbandonare la ostile Corinto e una notte in visione il Signore gli dice: “Non avere paura, ma continua a parlare e non tacere, perchè io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perchè io ho un popolo numeroso in questa città” (Atti 18, 9 e 10). Quelle parole del Signore a Paolo e quelle simili del Francesco di stamane io le interpreto come rivolte a me con riferimento a Roma e immagino che ognuno dei visitatori le possa prendere per sè in riferimento alla propria città. Gli occhi della fede possono aiutarci a scorgere il popolo numeroso, a noi nascosto, che in ognuna ha il Signore.

    6 Novembre, 2019 - 22:46
  5. Amigoni p. Luigi

    Rif. 6 novembre 22.46 – Anche a Milano “un popolo numeroso”.

    La frase di Atti 18,10 “In questa città io ho un popolo numeroso” fu scelta dal cardinal Scola per accogliere il papa a Milano, nel marzo 2017. Anche nella laica, indaffarata (e bauscia) Milano Dio aveva e ha un popolo numeroso.

    7 Novembre, 2019 - 0:41
  6. Luigi Accattoli

    Carlo Maria Martini. In una lettera pastorale del Cardinale Martini, “Tre racconti dello Spirito” (1997), c’è questo riferimento al “popolo numeroso” che il Signore assicurava di avere nella Corinto pagana, trafficante e dissoluta: Occorre insomma riconoscere lo Spirito, che soffia dove vuole, dovunque egli soffi, senza rigidezze e sclerotizzazioni, senza pregiudizi e forzature, senza chiusure ed indebite assolutizzazioni della propria appartenenza, anche dell’appartenenza al corpo visibile della Chiesa cattolica: “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2Cor 3,17). Come affermavo all’inizio, lo Spirito c’è, opera dappertutto, c’è e opera prima di noi, meglio di noi, più di noi. Una delle tentazioni più sottili e perfide del Maligno è quella di farci dimenticare la presenza dello Spirito, di farci cadere nella tristezza come se Dio ci avesse abbandonato in un mondo cattivo, con il quale lottiamo ad armi impari, perché l’indifferenza, l’egoismo e la dimenticanza di Dio hanno a poco a poco il sopravvento. E’ questo un grave peccato “contro lo Spirito santo” (cf. Mt 12,31s), che nega in pratica la sua forza e la sua capacità pervasiva, la sua penetrazione come vento e come soffio in tutti i meandri della storia. Al contrario, la fiducia nel Signore che “ha un popolo numeroso in questa città” (At 18,10) promuove un discernimento realistico sulle condizioni positive e negative della fede nel nostro mondo, senza indulgere né a vuoti ottimismi né a sterili pessimismi. Lo Spirito Santo fa intravvedere quella rete di relazioni di amore che lui sta formando nel mondo e che è riflesso di quella rete di relazioni di amore che è la Trinità santa.

    http://www.atma-o-jibon.org/italiano8/martini_letterepastorali14.htm

    7 Novembre, 2019 - 12:46
  7. Luigi Accattoli

    Visitatori belli, notate la vicinanza tra il linguaggio di Francesco – quale suona nella catechesi di ieri – e il linguaggio del cardinale Martini nel testo riportato al commento precedente.

    7 Novembre, 2019 - 12:52
  8. Lorenzo Pisani

    Mi affaccio sul blog del caro Luigi per segnalare che anche l’Azione Cattolica Italiana ha scelto come questa frase degli Atti come tema del prossimo cammino assembleare
    https://azionecattolica.it/ho-un-popolo-numeroso-in-questa-citta
    Di mio aggiungo solo una parola.
    Il Popolo di Dio continua ad essere numeroso nelle nostre città, in forma consapevole o in forma anonima. E credo pure che sia un Popolo concorde in questo.
    Per il Popolo di Dio consapevole di esserlo si presenta di tanto in tanto l’opportunità di far emergere, con amabilità, la radice delle proprie scelte di vita buona e bella.

    8 Novembre, 2019 - 18:51

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