Sono innamorato dei capitelli del Palazzo Ducale che si vedono lungo il loggiato che dà sulla Piazzetta e sul Molo. Quello che amo di più è il decimo del fronte in Piazzetta a contare dalla Porta della Carta. Espone otto ceste di frutta e la mia preferita è quella con i “fici”. Sono un buon mangiatore di fichi e li gusto anche con gli occhi. Sono stato a Mestre e a Venezia nei giorni scorsi per un paio di conferenze e sono tornato al mio capitello. Ho fotografato tutte le ceste. Le metto in ordine di giro antiorario intorno alla colonna, una per commento. A partire si capisce dai fici. I nomi che sono incisi sul “rigonfiamento della campana del capitello” li ho interpretati con l’aiuto del volume “Il Palazzo Ducale di Venezia illustrato da Francesco Zanotto” (1842). Le ceste di frutta sono elencate alla pagina 258. Chi non fosse soddisfatto delle trascrizioni e traduzioni – io non sempre lo sono – se la prenda con lui. Ma vi avverto: è un chiacchierone da paura.
Un salto a Palazzo Ducale per i fici e i piri del capitello
12 Comments
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HUVA – uva
SEREXIS – ciliegie. Il dialetto veneto ha “serese”. Nella mia Recanati c’è Porta Cerasa.
PIRI – pere. Dal latino “pirum” i piri vengono più facili che le pere.
CHOCUMERIS – cocomeri o cetrioli. Non c’è stato verso di capirsi, tra me e lo Zanotto se fossero cocomeri o cetrioli. E così ve li metto assortiti.
çuche – zucche. Qui çuche l’ho scritto in minuscolo perchè la mia tastiera non ha il maiuscolo della c con cediglia.
MOLONI – meloni. Qui la disputa è stata sulla trascrizione della lettera iniziale: una “M” siffatta mai da me fu veduta. Ma lo Zanotto è stato irremovibile.
PERSICI – pesche. Questo capitello è del 1484 ma a casa dei miei, nelle Marche, le pesche anche oggi sono dette “persici” come nella Venezia dei tempi d’oro.
Che meraviglia!
Chiedo scusa perché quello che scrivo non è attinente al post.
Ma sono basita perché ora Salvini avanza dubbi sulla carriere accademica di Giuseppe Conte. Ma basta sentirlo parlare per capire che è un professore universitario!
Dubito che Salvini capisca ciò che Giuseppe Conte dice.
Per tornare ai capitelli questo dei cesti per quanto mirabile per fattura, non è tra i più interessanti, secondo me . Bello, certamente, con suggestivi giochi di luce ombra. Tuttavia personalmente a livello narrativo prediligo “il matrimonio”. Bellissima storia condensata in otto scene dense di amore, eros, dolore. Incredibile come su quegli otto angoli lo scultore sia riuscito a raccontare le fasi salienti di un incontro d’amore struggente consumato all’ombra di un talamo occultato con magno pudore, suggellato da un matrimonio felice eppoi, funestato dalla morte del primogenito appena adolescente.
Il contrasto tra la scena terza – quella dei doni nuziali, in cui a quel tondo di marzapane scaramantico auspicio ( secondo lo Zanotto 1853 p.260) di future dolcezze – e la scena ottava che vede gli sposi distrutti dal dolore al capezzale del figlio deceduto, è davvero forte, significativo, e commovente.
Possiamo avere le foto di questi capitelli?