«La Chiesa non ha paura della storia» afferma solenne Francesco annunciando l’apertura agli studiosi del fondo Pio XII dell’Archivio Segreto Vaticano, cioè dei 19 anni di documentazione riguardante il periodo di quel pontificato, che va dal 1939 al 1958. L’annuncio l’ha dato di persona il Papa in mattinata, parlando ai responsabili e ai dipendenti dell’Archivio. – E’ l’attacco del mio articolo sull’apertura degli archivi pubblicato oggi dal “Corriere della Sera”. Stante l’incerta tenuta nel tempo dei link ai siti dei quotidiani, nei primi commenti riporto l’intero articolo al quale aggiungo in coda una postilla.
Francesco su Pacelli: la Chiesa non teme la storia
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Sedici milioni di fogli. Francesco ha precisato che sarà necessario ancora un anno di lavoro per il riordino e poi i documenti saranno accessibili: “Ho deciso che l’apertura avverrà il 2 marzo 2020, a un anno esatto di distanza dall’ottantesimo anniversario dell’elezione al Soglio di Pietro di Eugenio Pacelli”. L’attesa dell’annuncio era grande ed è stato accolto da commenti positivi in Italia e nel mondo
Si tratta degli “archivi” la cui consultazione era chiesta da oltre mezzo secolo dagli studiosi della seconda guerra mondiale e della Shoah, interessati in particolare a una piena conoscenza degli atti di quel Papa nei confronti dello sterminio degli Ebrei: la questione del cosiddetto “silenzio di Papa Pacelli” che fu sollevata la prima volta nel 1963 dal dramma “Il Vicario” di Rolf Hochhuth.
Venti archivisti specializzati hanno lavorato per 13 anni alla sistemazione della “ingentissima documentazione” del Pontificato pacelliano, come scrive oggi sull’Osservatore Romano il prefetto dell’Archivio Sergio Pagano: si trattava di inventariare e catalogare qualcosa come 16 milioni di “fogli”.
Già i Papi Wojtyla e Ratzinger, in accoglienza delle richieste degli storici, avevano dato disposizioni perché la preparazione dell’apertura fosse affrettata e pubblicazioni particolari e accessi parziali si erano avuti negli ultimi anni, ma l’apertura dell’intero fondo Pacelli avviene con un anticipo minimo rispetto alla tempistica abituale delle aperture dell’Archivio Segreto che avvengono mediamente dopo 75 anni rispetto al periodo cui si riferisce la documentazione.
Un Papa oggi rivalutato. Con Pacelli le carte più antiche messe a disposizione saranno di 80 anni addietro, le più recenti di 62. Quando fu aperto il fondo Pio XI, nel 2009, i tempi di attesa erano risultati rispettivamente di 87 e 70 anni. Dunque l’anticipo è di sette-otto anni, non di più. I responsabili dell’Archivio assicurano che la lentezza è dovuta solo alla complessità del lavoro di ordinamento.
Nel dare l’annuncio Francesco ha fatto riferimento alle polemiche sulla figura di Pio XII, che – ha detto – “è stata già indagata e studiata in tanti suoi aspetti, a volte discussa e perfino criticata si direbbe con qualche pregiudizio o esagerazione”. Ha pure osservato che l’azione di quel Papa “oggi è opportunamente rivalutata e anzi posta nella giusta luce per le sue poliedriche qualità: pastorali, anzitutto, ma anche teologiche, ascetiche, diplomatiche”.
Francesco ha così accennato alla questione dei “silenzi”: “La seria e obiettiva ricerca storica saprà valutare nella sua giusta luce, con appropriata critica, momenti di esaltazione di quel Pontefice e, senza dubbio anche momenti di gravi difficoltà, di tormentate decisioni, di umana e cristiana prudenza, che a taluni poterono apparire reticenza, e che invece furono tentativi, umanamente anche molto combattuti, per tenere accesa, nei periodi di più fitto buio e di crudeltà, la fiammella delle iniziative umanitarie, della nascosta ma attiva diplomazia, della speranza in possibili buone aperture dei cuori”.
Virtù eroiche. Per il Comitato ebraico americano – che era tra i sollecitatori dell’apertura – “la decisione di Francesco è importante per le relazioni cattolico-ebraiche”. “Pagine Ebraiche”, portale dell’ebraismo italiano, la qualifica come “un atto atteso da lungo tempo”. Apprezzamento è stato espresso anche dalla Presidenza dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane.
Per la storica ebrea Anna Foa l’apertura “la soddisfazione, nell’attesa di poter valutare il contenuto dell’archivio, è grande”. La speranza è che “possa aiutare a risolvere due leggende: quella nera e quella rosa”, favorendo “una valutazione serie e scientifica” che sappia guardare “al di là degli aspetti che vanno in una direzione o nell’altra”, spesso enfatizzati “senza rigore storiografico”. Per Foa “è positivo che anche in questo campo la Chiesa scelga la strada della trasparenza”.
L’ultima occasione di fuoco polemico su Pio XII si ebbe nel 2009, quando Benedetto XVI autorizzò la pubblicazione del decreto delle Cause dei Santi che proclamava le “virtù eroiche” di Papa Pacelli: si tratta di una tappa del processo di canonizzazione che conferisce al “candidato” il titolo di “venerabile”. Allora vari ambienti ebraici, tra i quali la Fondazione Yad Vashem di Gerusalemme, giudicarono “deprecabile” che venisse portata avanti la causa per fare santo Pio XII prima che potessero essere studiate “tutte le carte” custodite in Vaticano.
Già Paolo VI. All’articolo pubblicato dal Corsera – e riportato per intero nei commenti precedenti – aggiungo un richiamo agli undici volumi di documenti fatti pubblicare già da Paolo VI con il titolo:
Atti e documenti della Santa Sede relativi al periodo della II Guerra Mondiale
Si tratta di un’antologia della documentazione esistente presso la Segreteria di Stato, curata dai gesuiti PIERRE BLET, ANGELO MARTINI, BURKHART SCHNEIDER in risposta alle richieste di “apertura degli archivi” seguite alla pubblicazione del dramma “Il Vicario”. Gli undici volumi sono consultabili anche in rete:
http://www.vatican.va/archive/actes/index_it.htm
La novità dell’apertura annunciata per il prossimo anno, rispetto agli undici volumi, è doppia: quella era un’antologia, ora sarà accessibile l’intera documentazione; quell’antologia riportava “carte” presenti negli archivi della sola Segreteria di Stato, ora sarà possibile consultare tutte le carte di tutte le istituzioni vaticane, ognuna delle quali ha il suo archivio.
Rif. ore 12.17 – Bella notizia
La Chiesa non ha paura della storia: credo che su questo tutti concordiamo con il papa e con i papi precedenti.
Caro Luigi padrone di casa, posso chiederti dei lumi, io che sono un ignorante irrazionale? Cosa intende esattamente il Papa con la sua affermazione da te riproposta? La mancanza di paura è riferita a tutta la storia e a tutti gli eventi storici che hanno coinvolto la Chiesa, oppure solo ai documenti ai quali Papa Francesco fa riferimento?
Scusa la mia ignoranza su questo argomento che, però, vorrei superare. Grazie!
Scusa, Luigi, se mi sono permesso… Ciò che vorrei superare non è l’argomento, ma la mia ignoranza… 🙂
Questo è il contesto delle parole del Papa:
Assumo questa decisione sentito il parere dei miei più stretti Collaboratori, con animo sereno e fiducioso, sicuro che la seria e obiettiva ricerca storica saprà valutare nella sua giusta luce, con appropriata critica, momenti di esaltazione di quel Pontefice e, senza dubbio anche momenti di gravi difficoltà, di tormentate decisioni, di umana e cristiana prudenza, che a taluni poterono apparire reticenza, e che invece furono tentativi, umanamente anche molto combattuti, per tenere accesa, nei periodi di più fitto buio e di crudeltà, la fiammella delle iniziative umanitarie, della nascosta ma attiva diplomazia, della speranza in possibili buone aperture dei cuori.
La Chiesa non ha paura della storia, anzi, la ama, e vorrebbe amarla di più e meglio, come la ama Dio! Quindi, con la stessa fiducia dei miei Predecessori, apro e affido ai ricercatori questo patrimonio documentario.
A Giuseppe. Mi pare evidente che le parole del Papa mirino immediatamente ai documenti del Pontificato di Pio XII, ma siano proiettabili su tutta la storia. Affermazioni di fiducia negli studiosi e di disponibilità ad aiutarne la ricerca sono abituali in bocca ai Papi da quando Leone XIII nel 1880 annunciò l’apertura dell’Archivio segreto, titolo che originariamente voleva dire “riservato al Papa”, ovvero “privato”. Aprendolo agli studiosi, Leone fattualmente affermava che la Chiesa non aveva paura dell’indagine storica.
L’argomento della Chiesa che non teme la storia è stato così trattato dal prefetto dell’Archivio Segreto, l’arcivescovo Sergio Pagano, buona testa, in un’intervista di rilievo, in occasione del quarto centenario di fondazione dello stesso Archivio:
«La Chiesa non ha nulla da temere dalla verità storica. È una convinzione che ho ereditato dalla tradizione dei Prefetti. Quando Leone XIII stava decidendo sull’apertura dell’Archivio alla consultazione, il Prefetto dell’epoca disse al papa che non doveva avere nessun timore, perché nella Santa Sede non si è scritto nulla che potesse risultare in contrasto con i principi istitutivi della Chiesa: il Vangelo e la tradizione cristiana. Se questo è vero, ed è vero perché lo attestano i documenti, non capisco perché si debba avere timore o difficoltà a riconoscere i conflitti, le debolezze e gli errori, che ci sono stati, come nel caso del modernismo. I protagonisti di quello scontro erano ben intenzionati e in buona fede: c’era chi credeva che si andasse verso l’eresia e chi riteneva che certi cambiamenti costituissero un arricchimento per la fede, come ha riconosciuto poi il Concilio Vaticano II. Gli accadimenti storici non possono essere negati, ma vanno compresi: è questo il compito dello storico. Più si conosce la documentazione della Chiesa, anche quella più riservata, più si comprendono certe decisioni, che qualche volta hanno anche causato amarezza e dolore, come nel caso di Galileo, che è morto da buon cattolico, fedele alla Chiesa, pur soffrendo per la decisione del Sant’Officio. Dobbiamo riconoscere che sia Galileo sia Bellarmino avevano le loro giuste ragioni all’epoca: in ogni caso, quei fatti sono accaduti e noi dobbiamo narrarli nella loro realtà. Con il tempo, poi, certi conflitti risultano superati: lo si può dire per Galileo, come per i modernisti, ma anche per altre vicende storiche meno conosciute. Penso, per esempio, al sinodo di Pistoia di Scipione de’ Ricci, che nella Toscana granducale della fine del Settecento già vedeva molte difficoltà pastorali e proponeva la lingua volgare, l’ostensione del Santissimo Sacramento e la comunione sotto le due specie. Allora venne giudicato dai teologi quasi eretico, se non eretico, e fu condannato. Però, il Signore scrive diritto anche sulle vie traverse degli uomini e il sinodo di Pistoia è stato recepito in molte parti dal Concilio Vaticano II. Ci vuole maturazione storica, a volte anche una nemesi storica, ma alla fine si arriva a certi traguardi, perché il Signore guida la sua Chiesa e non dobbiamo avere il timore di dire come sono successi i fatti, anche quando le cose hanno un significato che ci piace poco».
https://www.urp.cnr.it/divulgazione/articolo.php?id=28&tit=articolo
Un cordialissimo GRAZIE, stimatissimo e caro Luigi, per la tua sapiente illustrazione sul non timore della Chiesa nei confronti della storia…
Una bella notte a te e a tutti!….