Ieri sera Francesco in San Giovanni in Laterano ha avuto un incontro dialogato con un’assemblea romana a conclusione del “cammino” comunitario sulle “malattie spirituali”. In una delle risposte ha detto che la massima tentazione di cui soffrono oggi i giovani è quella di vivere “alienati” in una “fantasia di vita” lontana dalla realtà: “Dobbiamo fare atterrare i giovani nel mondo reale”. Riporto domanda e risposta e altre parole del Papa che mi paiono utili anche a chi non vive a Roma.
Francesco: facciamo atterrare i giovani nel mondo reale
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Salvateci dalla droga. Se c’è un grido che sale dal mondo giovanile oggi, qual è? Il grido dei giovani non è sempre cosciente. Io lo collego con uno dei problemi più gravi, che è il problema della droga. Il grido è: “salvateci dalla droga”. Ma non soltanto dalla droga materiale, anche dalla droga alienante, dell’alienazione culturale. Loro sono proprio una preda facile per l’alienazione culturale: le proposte che fanno ai giovani sono tutte alienanti. Quelle che fa la società ai giovani. Alienante dai valori, alienante dall’inserimento nella società, alienante pure dalla realtà: propongono una fantasia di vita. A me preoccupa che loro comunichino e vivano nel mondo virtuale. Vivono così, comunicano così, non hanno i piedi per terra… Venerdì sono andato alla chiusura di un corso di Scholas Occurrentes con i giovani: erano della Colombia, dell’Argentina, del Mozambico, del Brasile, del Paraguay e altri Paesi; avevano fatto qui un incontro sul tema del bullismo. Quando sono arrivato, come fanno i giovani, hanno fatto chiasso. Io mi sono avvicinato per salutarli e pochi davano la mano: la maggioranza erano con il telefonino: foto, foto, foto… Selfie. Ho visto che la loro realtà è quella: quello è il mondo reale, non il contatto umano. E questo è grave. Sono giovani “virtualizzati”. Il mondo delle comunicazioni virtuali è una cosa buona, ma quando diventa alienante ti fa dimenticare di dare la mano. Salutano con il telefonino. Quasi tutti! Dobbiamo fare “atterrare” i giovani nel mondo reale. Toccare la realtà. Senza distruggere le cose buone che può avere il mondo virtuale, perché servono. È importante questo: la realtà, la concretezza. Per questo torno su una cosa che ho detto prima su un’altra domanda: le opere di misericordia aiutano tanto i giovani. Fare qualcosa per gli altri, perché questo li concretizza, li fa “atterrare”. Ed entrano in un rapporto sociale.
Chi sia oggi il Faraone. Iniziando questa nuova tappa di un cammino ecclesiale che a Roma non inizia certo adesso ma piuttosto dura da duemila anni, è stato importante chiederci – come abbiamo fatto in questi mesi – quali siano le schiavitù – le malattie, le schiavitù che ci tolgono la libertà – che hanno finito col renderci sterili, così come il Faraone voleva Israele senza figli che a loro volta generassero. Questo “senza figli” mi fa pensare alla capacità di fecondità della comunità ecclesiale. È una domanda che vi lascio. Dovremmo forse individuare anche chi sia oggi il Faraone: questo potere che si pretende divino e assoluto, e che vuole impedire al popolo di adorare il Signore, di appartenergli, rendendolo invece schiavo di altri poteri e di altre preoccupazioni.
Sistema immunitario della Chiesa. Dobbiamo cercare quello che ci rende Chiesa, il nutrimento che ci fa crescere come Chiesa. E il pericolo in questo caso è uno dei due che ho segnalato nella Esortazione sulla santità: lo gnosticismo, che ti fa ricercare cose ma senza incarnazione, senza entrare nella vita tua incarnata. E così diventi più individualista, più isolato, con il tuo gnosticismo […]. Mi diceva un vescovo un mese fa, più o meno, che la pietà del popolo di Dio, incarnata così, è il “sistema immunitario” della Chiesa. Parlando delle malattie, il sistema immunitario è quella pietà popolare che sempre si attua in comunità. È vero, come dice il Beato Paolo VI al n° 48 della Evangelii nuntiandi, che ha i suoi difetti, ma ha tante virtù. I difetti devono guarire, ma le virtù devono crescere. Sempre valorizzare il santo popolo di Dio, che nella sua totalità è infallibile in credendo (cfr Lumen gentium, 12). Non dimenticate questo sistema immunitario.
Secondo me a vivere alienati in una vita lontana dalla realta’ e in un mondo autoreferenziale sono proprio le gerarchie ecclesiastiche di oggi , preti vescovi cardinali e papi, che pensano tutto per categorie astratte , “ i giovani” , come se i giovani fossero tutti uguali e fatti con lo stampino. La caricatura del “ giovane d’ oggi”.
Come i comunisti di un tempo vagheggiavano le “ masse” come dei blocchi unici , cosi’ oggi i preti parlano dei “ giovani” non sapendo assolutamente nulla di loro, solo per sentito dire. Il giovane col telefonino, il giovane che si fa i selfie.
Mi cadono le braccia a tanto qualunquismo e semplificazione. Certo i preti conoscono solo i giovani come caricature e “ tipi” macchiettistici , oppure solo i giovani che frequentano la parrocchia, oppure solo i giovani che vanno alle manifestazioni ecclesiastiche alle GMG . Io invece conosco giovani che non si farebbero un selfie con Bergoglio neppure se li pagassero. Ma evidentemente Bergoglio pensa che tutti i giovani di oggi non vogliano altro che farsi un selfie con lui. Patetico.
Nulla sanno e nulla conoscono di giovani che suonano e studiano Bach, di giovani che parlano latino, di giovani che sono cento volte piu’ Intelligenti di loro. Di giovani SANTI, di giovani meravigliosi.
Lasciamo i preti alle loro semplificazioni. I giovani li seguono sempre meno e hanno ragione. Se questi sono i “ maestri” meglio far da soli.
Caro Luigi, qualunque sia l’argomento che posti, qui nel blog qualcuno va a finire a sbattere sempre contro il Papa attribuendogli ogni sorta di squalifica. Che noia, però.
La barzelletta più carina è senza dubbio quella dei giovani “che parlano latino”: dove, quando, perché? Soprattutto, in che modo parlano latino? Nei seminari semivuoti che tipo di latino si parla? E che dire dei “giovani SANTI” concepiti dalla mente di una signora che continua a veleggiare fantasiosamente in un passato stra-passato? E le cadono pure le braccia. A lei! E a noi, allora? Davvero non se ne può più di questo suo blaterare continuo, per di più camminando all’indietro.
Andando sulle parole del Papa, in buona parte ha ragione quando parla di alienazione del mondo giovanile. Questi ragazzi idolatrano lo smartphone: dormono, mangiano, camminano, vanno al gabinetto, vanno a scuola, tenendo in mano sempre lo smartphone. Appena mettono piede in una casa, lo piazzano sul tavolino e, mentre parlano, tengono gli occhi incollati al telefonino aspettando i messaggi, e subito rispondono a chi glieli ha mandati. Oppure scattano foto in continuazione e si fanno i selfie per mandarli a tutto il mondo. E quando sono in strada non si accorgono di chi gli passa vicino e rischiano di essere messi sotto da qualche auto.
Sembra davvero di trovarsi in una società alienata.
Ma gli adulti sono molto diversi? Non direi.
Anche in chiesa qualcuno legge il lezionario del giorno sul telefono; e in casa molti, a tavola, parlano con i figli all’altro capo del mondo guardandosi tramite la webcam. Nei supermarket ogni quattro passi trovi qualcuno che sembra che parli da solo mentre in realtà parla con un altro che è al di là di un telefonino nascosto in tasca. All’inizio,anni fa, quando ancora non sapevo, perfino mi spaventavo ( sul serio!) pensando ad uno squilibrato. Ora mi ci sono abituata. Qualche volta si sentono urla bestiali e si scopre che qualcuno sta bisticciando, con grida pazzesche, con qualche altro che è al di là del cellulare. E tutti sentono i fatti degli altri.
Le preoccupazioni del Papa a me sembrano fondate.
Oggi impera una tecnologia che fa passi da gigante ogni giorno di più. Da un lato affascina, dall’altro però schiavizza. Dietro ci sono forti interessi economici di grandi compagnie, che sono, a mio avviso, il Faraone di cui ha parlato Francesco. Sempre quello è: mammona.
Qual è il modo per fare atterrare i giovani nella concretezza di questo mondo? Forse– dico “forse”– renderli consapevoli, ed è una grande fatica, che in questo mondo ci sono realtà belle che devono essere vissute e assaporate in pieno. Forse insegnar loro che devono essere indipendenti nel pensiero, al punto da non lasciarsi intrappolare dal demone dell’imitazione degli altri. Forse fargli capire che devono usare la loro testa, non quella degli altri, per vagliare ogni cosa e situazione. Forse dirgli che è meglio avere una personalità propria piuttosto che omologarsi a quella comune. Forse…forse… Ma è difficile.
I luoghi comuni in bocca a un papa mettono un po’ di tristezza.
Nel mio oratorio abbiamo molti giovani volontari assai impegnati. In quanto.al latino posso citare il giovane dottorando Marco Cristini di Brescia, autore di testi latini assai intriganti e lunghissimi. Inoltre nella mia comunità NC c’è un giovane seminarista che vuole divenire un santo sacerdote.
Giovani sui 35 anni sono disperati perché la moglie li ha lasciati e non hanno un lavoro .. Non si può generalizzare.
Rif. 20.48 di ieri – Stereotipi
Appartengo al gruppo generalizzato dei preti che vivono “alienati in una vita lontani dalla realtà, giovanile e non”. Chiedo venia.
Ma conosco molti preti e suore – molto più bravi/e di me – che sono dentro la realtà: parlano, pregano e mangiano in latino, non perdono tempo coi blog come me, e lavorano bene con i giovani, “in categorie concrete”, quelli veri, non quelli “in caricatura”.
Guardo a loro (e non al papa) con rispetto, per cercare di imitarli. Abbiate pazienza, stiamo migliorando per voi.
“Giovani sui 35 anni sono disperati perché la moglie li ha lasciati e non hanno un lavoro ”
Tutta colpa delle mogli?…
Forse non mi sono espressa bene, Victoria. Un vero problema dei giovani, anche non più ragazzini, è proprio quello di trovare un lavoro, soprattutto se sono stati licenziati in seguito a qualche grosso problema, come una depressione causata dal fallimento del matrimonio.
Possono benissimo esistere dei preti che ” vivano alienati in una vita lontani dalla realtà giovanile e non “.
Anche se io, personalmente, non ne conosco manzo mezzo.
Conosco invece a bizzeffe spocchiosissimi laici e laiche che vivono in una vita volontariamente e cocciutamente tenuta lontana dalla realtà e dalla concretezza, e che dipingono a sé e agli altri il mascherone grottesco di una chiesa inesistente, frutto di un intento mistificatorio, calunnioso e demolitore.
Dio ce ne scampi.
” parlano, pregano e mangiano in latino,…”
Anche in arabo parlano, pregano e mangiano, se è per quello.
L’importante è che siano preti e suore veri, non comunisti, e che non si facciano i selfie con Bergoglio; il quale non aspetta altro, “patetico” com’è.
Rif. 9.56 di ieri
Santo sacerdote… lo spero per lui. Mi accontenterei però di una persona capace di dialogare, aperta, non autoreferenziale e centrata su di sé. Molti preti che ho conosciuto sono l’esatto opposto. Molti, non tutti, fra quelli che erano così hanno lasciato il sacerdozio. Ci sarà un motivo?
Alberto Farina
C’ è qualcuno che nella visione del mondo ha un disturbo: visione a cannocchiale. Vede un punto e pensa che sia il tutto, non vede quello che ci sta attorno. Conosce i giovani del conservatorio e pensa che tutti amino Bach, vede giovani che partecipano a concorsi di latino e pensa che siano tutti così.
E poi non diciamo banalità: studiare latino o Bach non è necessariamente correlato alla capacità di stabilire relazioni umane mature, di cui parlava Francesco.
Come mangiare cavoli a merenda.
Gentile signora Lignani,
mi consenta, ma il dottorando di Brescia che scrive testi in latino è davvero imperdibile… e poi a 35 anni non si è più nel mezzo del cammino, ma uomini fatti e finiti sì.
Alberto Farina
Caro Alberto,
ecco un profilo di Marco Cristini, un vero enfant prodige:
http://www.archiviostoricodalmolin.com/marco-cristini/
In quanto ai trentacinquenni, dovrebbero essere uomini fatti e finiti,ma non lo sono, perché magari non hanno trovato un lavoro stabile e perché sono fragili.
Secondo me, nel mondo di oggi si è giovani fino a 40 anni.
Non volevo assolutamente mettere in dubbio l’enfant prodige, che non conosco e di cui non mi importa più di tanto. Presentare un trentacinquenne col trip del latino come rappresentativo del panorama giovanile odierno mi sembra però un po’ azzardato.
Alberto Farina
Il giovane esperto di latino ha 26 anni; infatti è nato nel 1992. E’ un unicum, d’accordo.