“Il mio desiderio del nascere” sono parole di Leonardo da Vinci, che stanno al centro della “favola” che gli editori intitolano “La formica e il grano di miglio”. Mi paiono straordinariamente adatte a dire qualcosa della favola degli embrioni che oggi hanno vita difficile. Nel primo commento la “picciola favola” e nel secondo un richiamo a quello che stamane ha detto il Papa sulla vita nascente. Nel terzo un mio insulso complimento al Leonardo delle Favole.
Leonardo da Vinci e “il desiderio del nascere”
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Uno grano di miglio. Parole di Leonardo: La formica trovato uno grano di miglio, il grano sentendosi preso da quella gridò: «Se mi fai tanto piacere di lasciarmi fruire il mio desiderio del nascere, io ti renderò cento me medesimi». E così fu fatto.
Francesco sugli embrioni. “Vorrei incoraggiare il vostro lavoro […] sul tema della disabilità e della emarginazione dei soggetti vulnerabili, in una società protesa alla competizione, alla accelerazione del progresso. E’ la sfida di contrastare la cultura dello scarto, che ha tante espressioni oggi, tra cui vi è il trattare gli embrioni umani come materiale scartabile, e così anche le persone malate e anziane che si avvicinano alla morte”: così il Papa stamane parlando al Comitato nazionale per la bioetica che ha come presidente il carissimo Franco Casavola, amico saggio.
A mio picciol parere le 54 Favole [vedile in Leonardo da Vinci, Scritti letterari, BUR 1974, alle pagine 80-96: quella da me riportata è al numero 13] sono il meglio della scrittura di Leonardo. Oltre alle parole che ho messo nel titolo del post, riporto queste altre, che sono tutta la favola, che nella mia edizione ha il numero 11: “Favola della lingua morsa dai denti”.
Bello, bello bello.
“Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di mona
Lisa sua moglie; e quattro anni penatovi, lo lasciò imperfetto: la quale
opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanableò. Nella
qual testa, chi voleva vedere quanto l’arte potessi imitar la natura, age-
volmente si poteva comprendere, perché quivi erano contrafatte
tutte le minuzie che si possono con sottigliezza dipignere: avvengaché
gli occhi avevano que’ lustri e quelle acquitrine che di continuo si veg-
gono nel vivo, et intorno a essi erano tutti que’ rossigni lividi et i peli,
che non senza grandissima sottigliezza si posson fare; le ciglia, per avervi
fatto il modo del nascere i peli nella carne, dove più folti e dove più radi,
e girare secondo i pori della carne, non potevano essere più naturali”
Vasari “Le Vite”
Edizione Torrentiniana -pag 30-
https://youtu.be/zUgHJ7y7NMk