Io esulto per le parole dette domenica dal papa “Dio è tutto e solo amore” e le penso ogni momento da quando le ho sentite: vedi post di ieri. Mi si legano nella testa a quelle altrettanto audaci che aveva pronunciato a Lourdes il 13 settembre 2008: “In realtà, basta amare”. Ero là e feci un salto sul prato che è davanti alla grotta. In tali espressioni scorgo in nuce la via per una nuova presentazione della fede cristiana all’umanità di oggi ed è l’aspetto che più mi attira della predicazione di papa Benedetto. Ma so che non tutti condividono quelle parole. Ecco un passaggio di un testo intitolato “Perché siamo tradizionalisti” pubblicato nel settembre del 2007 dall’associazione “Inter multiplices una vox” (si può leggere nel sito on line della stessa): “Ci si dimentica, con troppa facilità, che Dio non è solo Amore e Misericordia, ma è anche Rigore e Giustizia: la Misericordia di Dio è tutt’uno con la Sua Giustizia: ad ognuno verrà dato secondo i suoi meriti. L’Amore di Dio è tutt’uno col Suo Rigore: alla sua destra verranno posti i giusti, alla sua sinistra i peccatori”. Chiedo ai visitatori addottrinati di segnalarmi se altri prima di Benedetto abbia affermato che “Dio è tutto e solo amore” e chi altro contrasti questa affermazione, oltre all’associazione tradizionalista da me citata.
“Dio è solo amore”: parola audace
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C’è un ritornello di Taizè che dice: “Dio non può che donare il suo amore”
Fr. Roger , uno dei co-fondatori della comunità poi assassinato qualche anno fa, lo ripeteva sempre. Credo sia uscito anche un suo libro con questo titolo.
Il pensiero non è però di Roger, ma molto più antico: risale al VII secolo per mano di sant’Isacco di Ninive.
Vi segnalo in particolare questo testo della Comunità di Taizè:
http://www.taize.fr/it_article6439.html
E questo articolo dell’Osservatore Romano sempre in tema:
http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/014q04a1.html
Un caro saluto a tutti i naviganti. Mi scuso per l’assenza su questo forum ma ho avuto un periodo intenso con vari cambi lavorativi… (e ancora non sono del tutto assestato)
Andrea
Luigi tu ritieni che il Santo Padre Benedetto XVI intenda dire che Dio è solo Amore/Misericordia e non anche Giustizia?
No certo, Giovanni. “Dio è giustizia e crea giustizia”, leggo nella Spe Salvi 44. Ma proprio per questo l’espressione di ieri è audace.
“Davvero possiamo dare pienezza alla nostra professione di fede in “Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra” con la stupenda definizione di San Giovanni: “Dio è amore””
G.P. II – 2 ottobre 1985
Nell’udienza GPII, attraversa le linee di una visione di Dio, nel rigore, ma propedeutica alla rivelazione definitiva: Dio è Amore.
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/1985/documents/hf_jp-ii_aud_19851002_it.html
Nel sito http://www.puntoacroce.altervista.org/Lese/Let_EnB1.htm è presentato lo schema di un volume di Nicola Martella intitolato CHI E’ DIO? il cui ultimo capitolo dà in uno specchietto dodici “immagini disparate” dell’Essere supremo che si possono riscontrare come coltivate dalle diverse persone “nella cura d’anime”. Una è intitolata “Dio solo legalista” e un’altra “Dio tutto e solo amore”. Di questa è detto che si abbina ad “atteggiamenti di leggerezza e superficialità”, favorenti “liberalismo etico e falsa tolleranza”, avendo come massima aspirazione “Ama e poi fa ciò che vuoi”. – Si vede dunque che anche in questo caso – come in quello dell’associazione “Inter multiplices una vox, citato nel post – l’espressione “Dio è tutto e solo amore” è assunta come diffusa ed errata. E’ questo il punto su cui interpello i visitatori: ha una storia quella “formula”?
Credo che, nella nostra incapacità di esaurire il mistero di Dio, suoni più comprensibile e rassicurante l’aggettivo “solo” – esclusivo – che non l’aggettivo “tutto” – onnicomprensivo. Ma in realtà solo nella loro congiunzione si ha una corretta comprensione/analogia col mistero intimo di Dio. Ma quel tutto dovrebbe spaventarci (nel senso buono del timore) perchè vi aneliamo e lo tradiamo costantemente… Tutto a tutti, in tutto il mondo, a tutte le genti, tutto ciò che legherari/scioglierai, lasciarono tutto, con tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente… Forse bisogna essere “poveri” e “vedovi” per saper abbandonarsi a questo Tutto (cfr Mc 12,44). E quanto lontano è questa lettura dall’uso che ne fa il mondo: tutto e subito… (cfr Lc 4,7).
Mi torna in mente un bel commento al vangelo dell’Ascensione di Ermes Ronchi:
http://www.avvenire.it/GiornaleWEB2008/Templates/Pages/ColumnPage.aspx?IdArticolo=9f4e6a24-6ab4-476a-b315-33c09aa73aee&IdRubrica=.vangelo&TitoloRubrica=Il%20Vangelo&Autore=Ermes%20Ronchi
Io non sono ‘addottrinata’ ma mi chiedo ‘tutto e solo amore’ perchè non può includere anche rigore e giustizia?
Un padre che ama con tutto il cuore suo figlio non usa rigore? Non pratica giustizia?
io penso che quando noi parliamo di giustizia attrbuendo questo termine a Dio abbiamo sempre in mente la giustizia umana, pallidissimo riflesso (lo vediamo ogni giorno) di ciò che è la giustizia di Dio.
E allora cominciamo a cavillare sul Dio giusto che non può essere tutto e solo amore.
Viceversa, quando diciamo ceh Dio è tutto e solo amore, pensiamo immediatamente a quel sentimento vacuo e passeggero che tanto ammorba le pubblicità e le TV (di Stato e non, che poi è uguale) – a proposito sarebbe bello sentire dalla penna appuntita di Leonardo una bella definizione contemporanea di amore! 🙂
Ecco perchè non sappiamo capacitarci.
Ma che Dio sia un Padre buono (Parabola della misericordia) che dà al di là dei meriti e persino del pentimento personale l’ha detto Gesù.
Che Dio sia un giudice giusto che separa le pecore dai capri, l’ha detto ancora Gesù.
Avviene però quello che avviene con l’aggettivo “onnipotente”, che è onnipresente nel frasario liturgico e non: ormai non ci crede nessuno, perchè è una ben strana onnipotenza quando è solo onnipotenza.
Dio in Gesù si è manifestato nella debolezza della croce, ha svuotato se stesso…
Forse dobbiamo recuperare una capacità di parlare di Dio in tanti modi, come del resto la Scrittura fa, non solo come onnipotente, ma anche come PAstore, Guida, Vignaiolo, Vasaio, Colui che Nutre, Fonte di Vita, Amministratore e quant’altro.
Non mi sembra che “onnipotente” o “giudice” siano tra gli attributi più frequenti…
Egli è il Giusto, ma questa è un’altra cosa: per i medievali (almeno per quelli che ho avuto occasione distudiare) era inteso nel senso che Egli è fonte di giustizia, che giustifica e fa giusti, e non immediatamente come Giudice seduto per giudicare…
Ma si sa: ognuno è anche un po’ figlio delle proprie paure…
Buona giornata a todos
Luigi, sicuramente lo sai, ma mi piace ricordare che Santa Teresa del Bambin Gesù diceva (ma racconto a memoria) che lei era ben contenta che Dio fosse giusto, perché, proprio in quanto tale, tiene in debita considerazione la debolezza degli uomini.
Sbagliano questi “Inter multiplices una vox” perchè non capiscono (o non vogliono capire) che la Giustizia e il Rigore di cui parlano non sono giustizia e rigore qualsiasi, ma QUELLA GIUSTIZIA e QUEL RIGORE che viene dall’AMORE.
Sbagliano quindi ad AFFIANCARE anzi CONTRAPPORRE Amore-misericordia a giusitizia-rigore, perchè non sono attributi contrapposti di Dio, ma sono sempre frutto dell’Amore. Detto in un altro modo se togliamo Giustizia-Rigore, non abbiamo tolto tutto, perchè resterebbe sempre l’Amore. Ma se togliamo l’Amore allora crolla anche “quella” giustizia e “quel” rigore, che è proprio di Dio, cioè del suo Amore.
Essendo quella Giustizia e quel Rigore frutto dell’Amore di Dio, e non il viceversa, dire che “Dio è tutto e solo Amore” non vuol dire che non abbia anche altri attributi, ma vuol dire che ogni altro attributo è sempre tale alla luce Amore. Mentre il viceversa non è vero.
Al tempo della guerra in Iraq don Gianni aveva parlato anche del Dio biblico “degli eserciti”, per contrastare quella che a suo avviso era un’idea buonista e imbelle della religione (più che della fede).
In realtà secondo me la riflessione teologica ci ha portato ad uscire da simili aberrazioni, e occorre ringraziarne Dio, gli uomini, i Papi e il Concilio.
Invece, quanto al problema del rapporto tra Dio come Giustizia e Dio come Compassione, mi piacerebbe approfondire la portata del concetto di Divina Misericordia, in particolare per come l’ha voluto promuovere Giovanni Paolo, sulla base dell’esperienza di Suor Faustina.
Mi colpisce molto, perchè sento che parla del vero distintivo del Dio cristiano, e anche di ciò che lo rende irresistibilmente implausibile a una logica solo umana.
è interessante la ricerca a cui ci chaima a più mani Luigi.
Ne ha dato una chiave di ricerca,
e sarebbe molto utile seguirla,
scevri da idee personali.
“Il giudice ecclesiastico, poi, non solo dovrà tenere presente che
la «esigenza primaria della giustizia è di rispettare le persone»,
ma, al di là della giustizia, egli dovrà tendere all’equità, e,
al di là di questa, alla carità.”
Giovanni Paolo II alla Rota Romana – 17 febbraio 1979
mmmh, problema complesso, anzi formidabile, quello dei “nomi di Dio”, a cui pare che il nostro Ospite ci inviti. Di primo acchito mi verrebbe da osservare, che dire di Dio che è amore o giustizia, non è più che dire che è Orso o Pantera. Ma è una battuta. Invece, se dobbiamo parlare della giustizia e perfino dell’ira di Dio, penso che dobbiamo dobbiamo lasciare alla Parola di Dio il primato nel rischiarare il senso di queste parole umane. In particolare il mio pensiero va, ovviamente, alla Lettera ai Romani. Dio è giustizia perché “rende giusti”, cioè il suo agire come giustizia è insieme la manifestazione della sua misericordia.
Sono perciò daccordissimo con Maioba e ancora di più con Bzimage: contrapporre e separare ciò che è originariamente unito in Dio è operazione assai rischiosa e sconsigliabile. Normalmente, per gli appassionati del genere che frequentano il “pianerottolo”, anticamera dell’eresia. 🙂
Se Dio è tutto e solo amore, e se Dio è tutto, è l’Essere assoluto(perchè se non fosse l’Essere Assoluto ci sarebbe qualcosa che lo limita, quindi non sarebbe Dio) da dove viene il male ? “Unde malum” ?
Domanda vecchia quanto l’uomo.. che ha avuto tante risposte ..ma
forse non ha mai avuto una risposta esauriente e non può averla..perchè trascende la logica umana
ma sicuramente è una domanda inquietante…..
Certo, anche Suor Faustina, Francesco. Perché è alle donne -alle mistiche- che è stata data la più compiuta rivelazione dell’ Amore di Dio, di Dio che è tutto e solo Amore. Ma quella visione del Dio- Trinità come “tutto Amore” compare per la prima volta in Giuliana di Norvich, nel suo “Libro delle Rivelazioni dell’Amore divino”, scrittto nel 1393, dopo 20 ann di meditazione sulle rivelazioni avute il 13 maggio 1373.
Io non so se Benedetto si sia consapevolmente ispirato a Giuliana, nel suo discorso all’Angelus nella festa della Trinità: quello che è certo è che le consonanze ci sono. Ed è strana – e davvero “audace” in un papa – questa identità di linguaggio con una donna che, per quanto grandissima e straordinaria, la Chiesa non ha canonizzato nè beatificato.
per gli amanti del “rigore” di Dio, autocito il mio ultimo post…
http://mafuiane.blogspot.com/2009/06/coerenti-o-onesti.html
Forse per cominciare a capire bene quel che intendeva Giovanni Paolo con il nome di Divina Misericordia occorre andare un pò indietro, alla sua enciclica Dives in Misericordia.
Non l’ho mai letta, devo rimediare.
L’amore di un padre per il figlio non è mollezza, esclude la severità ma la inserisce in una realtà più grande, segnata dall’amore. E questo vale anche per i passi “duri”, che non mancano nell’Antico Testamento ma neppure nel nuovo.
Proprio perché Dio ama il suo popolo si “adira” contro coloro che lo opprimono, nell’Esodo e nell’Apocalisse.
Anche sull’ “ira” (“io non vidi ira alcuna se non da parte dell’uomo”), Giuliana di Norwich ha parole illuminanti.
“E io contemplavo e mi meravigliavo grandemente chiedendomi che cosa siano mai la miericordia e il perdono di Dio: poiché secondo l’insegnamento precedentemente ricevuto io pensavo che la misericordia di Dio fosse il placarsi della sua ira dopo che noi avevamo peccato.
…e disse: “Il peccato è inevitabile, ma tutto sarà bene e ogni specie di cosa sarà bene”
Poiché il fondamento della misericordia è nell’amore e l’opera della misericordia è mantenerci nell’amore; e questo fu mostrato in tal maniera che non riuscii a percepire la proprietà della misericordia se non come tutto amore nell’amore”.
(Giuliana di Norwich, Libro delle rivelazioni, in “Il Cristo. Testi teologici e spirituali”, vol. V, L. Valla 1992)
Inviterei chi per caso ancora non la conoscesse a leggere questa grande mistica.
La frase “Tutto sarà bene, e ogni specie d cosa sarà bene” è stata ripresa da T.S. Eliot e risuona per tre volte nell’ultimo dei suoi “Quattro quartetti”.
C’è da dire anche che per Giulana di Norwich Dio è Madre. Oltre che Padre e Sposo..
“La parola “madre”, bella e piena d’amore, è in sé così dolce e gentile che non può essere propriamente detta di nessuno e a nessuno se non di Lui e a Lui, che è la vera Madre della vita e di tutto.”
Attenzione: ripeto qui il commento che avevo inserito dieci commenti indietro e al quale fanno riferimento alcuni degli intervenuti. L’ho cancellato involontariamente mentre indugiavo su di esso con il cursore e non sono capace di rimetterlo al suo posto!
La stessa protesta di “Inter multiplices una vox” nei confronti del Dio “tutto e solo amore” era stata espressa negli ultimi anni, quand’era tornato tradizionalista, dal teologo Gianni Baget Bozzo che è morto un mese addietro e che si batteva contro “il pensiero unico del Dio compassione”, tema al quale aveva dedicato un libro, Il Dio perduto, nel 1999 (Mondadori Editore). In esso egli afferma drammaticamente che “il Dio dell’amore non è più il Dio del timore e dell’adorazione” e dunque “al volgere del millennio” Dio “è solo misericordia in senso umano, cioè infinita debolezza” (vedi per esempio alle pagine 9 e 12).
Un altro che ha amato molto Giuliana è Thomas Merton
E non si può certo dire che il suo (di T. Merton) “Dio dell’amore” non fosse anche “il Dio del timore e dell’adorazione”.
Mi dispiace per la drammatica miopia di Baget Bozzo.
Da Benoit Standaert , “Il timore di Dio è il suo tesoro”, traggo questo detto ebraico: “Temo nella mia gioia e mi rallegro nel mio timore, e al di sopra di tutto domina il mio amore”.
E ancora: “Temere Dio, per non temere nessuno”.
L’amore fonda la giustizia, non viceversa.
Cara Fiorenza, grazie davvero della “dritta”. La mistica medioevale è un campo sterminato (e infinitamente stimolante) in cui il neofita privo di guide si perde (e perdersi in quelle plaghe è spesso dolcissimo…). Per cui grazie della segnalazione, vedrò di leggere la “tua” Giuliana!
Il peccato non è inevitabile.
La Misericordia di Dio è il perdono dei peccatori pentìti.
completo la frase:
La Misericordia di Dio sta nel perdono dei peccatori pentìti e nel concedere le grazie affinchè i peccatori si pentano.
concordo con Maioba sul fatto che l’equivoco di fondo è che noi tendiamo a rappresentare LA giustizia con ciò che sarebbe la nostra idea di giustizia. Che spesso, quando non ci tocca la punizione, è di tipo retributivo. Salvo entare in crisi quando finiamo la riserva di “buone opere” da presentare al conto. Atteggiamento che Gesù ha smascherato molte volte: la parabola degli operai nella vigna, il perdono di Pietro, il discorso della montagna, il dialogo con Giuda nelle ultime ore…
Il problema è che il limite del nostro orizzonte che è fatto di materialità, non sa guardare “al cuore”, dove è il vero tesoro, quello che i ladri non rubano e la ruggine non marcisce. Ci aspettiamo la ricompensa del figlio “buono”, che gli importa più dell’azienda del padre che del padre stesso, e del fratello. E così si svela la sua menzogna.
Comunque, scrivendo scrivendo mi viene un riferimento: ricordo che certi tradizionalisti citavano spesso un teologo, un certo Romano Amerio, molto amato dai nemici del Concilio Vaticano II (da lui indicato come sostanzialmente eretico). Ad esempio cito da un articolo di Pietro Mainardi in rete che per Amerio “il cattolicesimo è stato trasformato da religione del Verbo in religione dell’Amore, sebbene il prologo del Vangelo di Giovanni asserisca che “In principio era il Verbo”, dunque non l’amore. Rovesciare il primato della conoscenza del Verbo con il primato dell’amore significa, spiega Amerio, manomettere la Trinità divina”
Il contrario di ciò che ha detto il papa.
aggiungo solo che don Piero Cantoni, sacerdote ex lefevbriano che rientrò nella Chiesa cattolica accorgendosi degli errori in cui stava cadendo, ha scritto un saggio (che si trova nel web) in cui confuta le tesi di Amerio.
In un altro articolo racconta anche la sua esperienza deludente nella Fraternità S. Pio X.
Cherubino, “un certo” Romano Amerio è tra i maggiori filosofi del 1900. Mi risulta che sia morto cattolico apostolico romano dentro la Chiesa cattolica apostolica romana. Non può essere una sua colpa se le sue tesi sono apprezzate dalla Fr.San Pio X, di cui R. Amerio non faceva parte. Le “critiche” al Concilio Vaticano II sono portate sulla base della dottrina cattolica precedente al Concilio stesso.
Don Divo Barsotti apprezzava Romano Amerio, ed è in buona in compagnia: il Papa felicemente regnante apprezza a sua volta il filosofo e cattolico Romano Amerio.
Un po’ di ricerca: 🙂
Solo nel Nuovo Testamento:
Moltissime volte Gesù parla della dannazione dei cattivi: “chi avrà detto stolto al fratello è reo della Geenna di fuoco” (Mt. 5,22): I Giudei che respingono la fede «saranno gettati nelle tenebre esteriori dove è pianto e stridore di denti” (Mt. 8,11-12); così all’invitato a nozze che entra senza veste nuziale (Mt. 22 1-14); ecc.
La dannazione è eterna: “Chi bestemmierà lo Spirito Santo non avrà la remissione in eterno, ma sarà reo di eterno delitto” (Mc. 3, 29; Mt. 12,22).
Gesù quando dice di togliere la mano o l’occhio che scandalizza, conclude che è meglio entrare nella vita eterna privo di essi, che con essi andare nella Geenna “dove il verme non muore e il fuoco non si estingue” (Mc. 9,41 ss.; Mt. 18,8 ss.).
Come abbiamo veduto Gesù nella sentenza finale dirà ai cattivi: «Andate maledetti al fuoco eterno.., e andranno questi nel supplizio eterno; e i giusti nella vita eterna” (Mc. 9,42 43). Dai sepolcri “usciranno quanti fecero il bene in resurrezione della vita, quanti poi fecero il male in resurrezione di condanna” (Gv. 5,29).
Da questi ultimi testi si vede il parallelismo fra la vita e la condanna eterna. Come eterno è il premio, così eterno è il castigo.
Così molti altri testi, fra cui il seguente: “Chi crede nel Figlio ha la vìta eterna chi invece è incredulo nel Figlio, non vedrà la vita, ma rimarrà su di lui l’ira di Dio” (Gv. 3,36).
Per Cherubino: 🙂
Amerio fu il più grande degli oppositori tradizionalisti nella Chiesa del XX secolo e per questo fu punito con un generale ostracismo. Ma ora si scopre che la sua tesi centrale è la stessa di Benedetto XVI e che sottolineava molte verità.
Il suo Iota Unum, di 658 pagine, fu ristampato tre volte in Italia per complessive settemila copie e poi tradotto in francese, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco, olandese. Raggiunse quindi molte decine di migliaia di lettori in tutto il mondo. Ma nonostante ciò, un quasi totale silenzio da parte dell’opinione pubblica cattolica punì Amerio sia quando era in vita sia dopo: lui che pure mai accondiscese allo scisma lefebvriano e fu sempre fedelissimo alla Chiesa.
Una recensione di “Iota unum” scritta per “L’Osservatore Romano” nel 1985 dall’allora prefetto della Biblioteca Ambrosiana monsignor Angelo Paredi – su richiesta del direttore del giornale vaticano, Mario Agnes – non fu mai pubblicata.
Per assistere al primo convegno di studi sul pensiero di Amerio si è dovuto attendere il 2005. Il convegno si è tenuto a Lugano con il patrocinio della locale facoltà di teologia e alla presenza del vescovo, ma anche su questo convegno l’attenzione è stata minima fra gli Italiani ma non nel mondo anglosassone dove il suo lavoro è studiato, rispettato e apprezzato.
Grazie don Marco/maioba!!! 🙂
Siamo più portati a “deizzare” Dio che a cercare di capirlo entrando nella logica dell’ “impossibile che si rende possibile”.
Non ci sta bene un Dio spogliato/umiliato … preferiamo un Dio che faccia giustizia in vece nostra (così non ci sporchiamo le mani); preferiamo un Dio “giudice e rigoroso”, piuttosto che un Dio che giustifica e rende giusti … ed è assurdo che ci dica di “amare i nostri nemici”.
Onnipotenza, certamente, ma l’onnipotenza dell’amore non amato e che continua ad amare senza vendicarsi, senza sfoderare il potere divino … il Dio condottiero, appunto.
Detto questo, sarebbe sbagliato pensare ad un Dio “vecchio rincitrullito”, perchè l’amore divino è un amore serio, virile (anche se vissuto da donne … vd. Maria), coraggioso e che … non preclude nulla e non vive di pregiudizi come noi.
Un Dio facilmente razionalizzabile se ci spostassimo nel campo dell’impossibile ponendolo come possibilissimo.
L’amore di Dio, non lascia passare tutto, ma tutto modifica in bene e aspetta … aspetta … aspetta …. e ancora aspetta … e – stando alle parole di Gesù – sarà “la Parola che giudicherà” … non il Figlio, non il Padre, ma la Parola vissuta che ci renderà coscienti dell’errore.
Ma stiamo tutti balbettando, azzardando e cercando, certi che – sempre per voce di Gesù – tutto ci verrà rivelato … e non serve passare all’altra vita, perchè è in questa che Dio si rivela … o almeno credo visto che Dio si è rivelato in un uomo.
che Amerio sia uno dei maggioro filosofi del ‘900 è veramente un’esagerazione. E anche che sia così apprezzato da Ratzinger. Non confondiamo la stima per un intellettuale che è sempre dovuta anche nel dissenso, con l’approvazione per le idee. Guarda caso proprio questo papa ha fatto ribadire ai lefevbriani che il rientro nella Chiesa è subordinato all’accettazione del Concilio Vaticano II. Oltre ad essere stato il più stretto collaboratore di Giovanni Paolo II nella scomunica a mons. Lefevbre.
comunque i testi di don Cantoni si possono leggere qui http://www.opusmariae.it/conferenze_cantoni.htm e quello “può la Chiesa variare ancora ?” riguarda Amerio.
Sì, non c’è dubbio, Antonio Finazzi: “perdersi in quelle plaghe è spesso dolcissimo.” Specialmente quando, là, ci si imbatte in Angela da Foligno nella quale -nel cui “genoma”- era, con più evidenza che per noi, impressa la traccia della Trinità: “dentro la mia anima è una camera nella quale non entra né gioia, né mestizia, né diletto di alcuna virtù, né piacere di nessuna cosa definibile, ma in essa abita quel bene totale, un bene così totale che non esiste altro bene. E in questo manifestarsi di Dio dico che è tutta la verità… Talvolta, mentre mi trovavo in questo stato, Dio si rivolse così a me: figlia della pace, in te riposa tutta la Trinità, così tu tieni me ed io tengo te.”…Questo stato è di tanta pienezza, di tanta chiarezza, certezza, nobiltà e ampiezza che… “
La prospettiva di papa Ratzinger e quella di Amerio (qui riassunta e integrata da un suo allievo: http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/176681), non sono nè così convergenti (come la pone Giovanni), nè così divergenti (come la pone Cherubino). Comune è è il riconoscimento del Logos che si fa carne, comune è la confessione di cattolicesimo, comune è l’idea della presenza delle “vestigia Trinitatis” in ogni creatura.
La differenza di prospettive è qui:
nell’approccio molto più “fenomeno-/teo-logico” da parte papale e molto più “essenzialista” da parte del filosofo.
Il problema quindi non è tanto teologico o teoretico, ma metodologico e comunicativo; e qui arriviamo al tema del lavoro di Accattoli: l’approccio fenomenologico (luogo dell’amore e dell’Amore) è davvero pari al suo intento, quando vince in sè (e aiuta gli altri a vincere) la tentazione di fare a meno delle costanti metafisiche della realtà.
“l’uccello sul ramo, il giglio nel campo, il cervo nella foresta , il pesce nel mare, schiere innumerevoli di uomini lieti proclamano nella gioia: Dio è amore!
ma al disotto, e come portante tutte queste voci, come il basso muggente
sotto i chiari soprani, si ode, de profundis, la voce dei sacrificati : Dio è amore!”
(S. Kierkegaard )
ma non si era partiti dalla frase del papa “Dio è tutto e solo amore” ? ora, se uno dice che “rovesciare il primato della conoscenza del Verbo con il primato dell’amore significa manomettere la Trinità divina” è evidente anche ad uno scolaro della scuola primaria che le due affermazioni sono l’una l’opposta dell’altra…
Trovo ottima la disputa che abbiamo intrecciato e prego tutti di continuarla. Segnalo che Benedetto domenica ha qualificato l’Amore anche come “Principio trascendente” al quale “fa riferimento ogni essere, per il fatto stesso di esserci e per il ‘tessuto’ di cui è fatto”. Credo che con questo richiamo abbia voluto dire ai teologi quello che stava dicendo a tutti con l’analogia del genoma. Chiedo aiuto ai teologi del pianerottolo per intendere qualcosa del “principio trascendente”. E segnalo che parole simili le ricordo presenti in INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO, l’opera chiave di tutta la produzione di Ratzinger teologo, a p. 217 dell’edizione Queriniana 1969: “Nei sei principi enunciati, noi abbiamo individuato quasi le particelle elementari del composto cristiano; ma dietro a esse non deve forse esistere un unico, semplice nucleo centrale del cristianesimo? Sicuro che esiste (…) Possiamo tranquillamente affermare che i sei principi si sintetizzano in ultima analisi in un unico trascendentale principio: l’amore”. – Grazie a tutti dell’aiuto e di aver convocato qui Giuliana di Norwich e Kierkegaard e tanto altro per ciò che più importa.
Cherubino sturati le orecchie: Romano Amerio non c’entra nulla con la Fr.SanPioX e Mons. Lefebvre.
E’ morto NELLA Chiesa senza averla mai lasciata.
Salve a tutti.
Leggo questo blog, in modo putroppo un po’ discontinuo, da parecchi mesi. Spero che resti uno dei pochi luoghi del web in cui si possa discutere senza alzare troppo la voce o avere frequenti travasi di bile (traduco così la pregnante espressione del dialetto siciliano “fari abbili”). Complimenti a tutti.
Intanto vi regalo una perla del teologo medievale Giovanni Duns Scoto: Dio è formalmente amore, non solo nella sua azione, ma anche nel suo essere.
Se riterrò di avere qualcosa di interessante da aggiungere al dibattito, lo farò.
Attendo di leggere interessanti riflessioni sulla trascendenza del principio.
fly down please, Mandis. Chi ha detto che Amerio c’entra con Lefevbre ? Ho fatto accenno a quel passaggio per ribadire che riconoscere il Concilio Vaticano II come legittimo, ispirato, conforme al magistero, infallibile in tutte le parti ritenute tali… non è una libera opzione.
Certamente le tesi di Amerio non sono ortodosse. Ritenere che la Chiesa abbia deviato dalla sua intima identità è affermare che ha tradito Cristo. Certamente Amerio non ha mai fatto atti di disubbidienza (almeno non mi risulta) ma che abbia detto cose sbagliate (insieme ad altre giuste su altri argomenti) è fuori discussione. Lo dice il principio logico di non contraddizione.
L’altro errore (questo non di Amerio) è di alimentare l’idea assurda di un doppio Ratzinger, che sarebbe contrario al Concilio, al novus ordo ecc. ecc. ma che per ragioni tattiche si presenterebbe non in rottura con il Concilio. Questo è fantapolitica religiosa degna solo delle novelle alla Dan Brown. Discussioni come questa lanciata da Luigi mostrano quale sia la sintonia del papa con tutto il magistero recente e la sua lontananza da autori come Amerio.
“Cherubino scrive,
9 giugno 2009 @ 22:45
che Amerio sia uno dei maggioro filosofi del ‘900 è veramente un’esagerazione. E anche che sia così apprezzato da Ratzinger. Non confondiamo la stima per un intellettuale che è sempre dovuta anche nel dissenso, con l’approvazione per le idee. Guarda caso proprio questo papa ha fatto ribadire ai lefevbriani che il rientro nella Chiesa è subordinato all’accettazione del Concilio Vaticano II. Oltre ad essere stato il più stretto collaboratore di Giovanni Paolo II nella scomunica a mons. Lefevbre.”
sei tu che accosti furbescamente Romano Amerio alla San Pio X.
Hai parlaro col Papa di recente? Ti ha detto che stima Romano Amerio perchè si deve rispettare tutti, ma che si tiene a debita distanza dai suoi scritti? Sei il nuovo portavoce del Papa?
comunque non mi pare granchè come confutazione di Romano Amerio, lo scritto di Don Cantoni. Anche perchè confutare un libro di 700 pgg circa in 2-3 mi sembra francamente impossibile.
Mandis stai creando un casino su sto Armerio.
Se vuoi chiediamo pure che venga canonizzato,
purchè si stia in pace.
Non avevo notato che Cherubino avesse fatto qualcosa di animoso, come tu vuoi dimostrare.
Possibile che è così difficile astenersi da attacchi personali?
Uno dà una sua idea,
un’altro può accordarsi o meno,
perchè c’è bisogno di personalizzare? la polemica?
Già qualche giorno fa ne abbiamo avuto un pessimo esempio niente affatto edificante,
possibile che non si possa andare oltre la sterile polemica personalizzata?
Sempre bisogno di un nemico a tutti i costi?
Che è sta cosa: “cherubino sturati le orecchie”?
Non ti piace una idea, lo dici,
ma senza attaccare le persone,
perchè prima o poi l’attaccato con il tempo potrebbe anche inc…..arsi!!!!!
Che famo?
Matteo io non ho attaccato nessuno. Molti che non sanno chi sia Romano Amerio, potrebbero tranquillamente pensare – leggendo gli interventi di Cherubino – che il filosofo svizzero facesse parte della Fr.Sac.San PioX alla quale Cherubino da una connotazione totalmente negativa. Il risultato è mettere in cattiva luce Romano Amerio che invece non ha mai fatto parte della S.PioX, ma è sempre rimasto fedele alla Chiesa.
Ti scandalizzi per una innocua frase (“Cherubino sturati le orecchie”) quando tu usi il turpiloquio spesso e volentieri a casa di Luigi?
Caro Giovanni,
io non mi scandalizzo e non uso torpiloquio,
uso parole appropriate alle persone che non intendono.
Il torpiloquio è ben altro.
Proprio in base alla mia esperienza in casa di Luigi,
mi sembra che non sia il caso di personalizzare gli attacchi alle idee,
sennò è normale che qualcuno si incavoli,
e un vaff è più che giustificato.
Dunque, finchè si può evitare, sarebbe buona cosa,
se non si può evitare,
allora il vaff può essere un buon modo liberante,
per schiarirsi le idee.
Matteo le parolacce non sono mai buone e giustificate, soprattutto in bocca un cattolico. e tu le usi a casa di Luigi (lette con i miei occhi); molto infantile da parte tua giustificarne l’uso dando la colpa ad altri.
Io non ho attaccato nessuno nè personalmente nè impersonalmente.
soprattutto in bocca a un cattolico.
caro Mandis, non ho mai detto che Amerio sia stato nella FSSPX, anzi ho appena detto che non mi risultano atti di disubbidienza ecclesiale, i suoi errori sono dotrtinali. Comunque se può servire a ristabilire un tono tranquillo, lo dico anche io: AMERIO NON HA FATTO MAI PARTE DELLA FRATERNITA’ SAN PIO X E questo fa di
Ok ?
Caro Cherubino, ho sbagliato a dirti di sturarti le orecchie, perdonami; però almeno leggi bene. Detto in tono molto tranquillo.
E’ vero che non hai detto esplicitamente che Amerio ha fatto parte della Fr.S.Pio X e io infatti non ho scritto che tu lo hai detto; ho scritto invece che lo hai accostato furbescamente ed ambiguamente ad essa, senza parlare chiaramente (che è la cosa peggiore di tutte);
Lo metti in contrapposizione col Concilio Vaticano II per mettere in cattiva luce i suoi scritti e la sua opera e questo va di pari passo coll’accostarlo alla FSSPX.
Quanti non conoscessero Amerio, non sapendo che è rimasto fedele alla Chiesa seppur “critico” (nel senso scientifico del termine), sarebbero autorizzati a pensare che fosse vicino alla FSSPX leggendo i tuoi interventi ambigui. Si farebbero su di lui un’idea sbagliata ritenendolo magari uno “scismatico lefebvriano”.
Quali sarebbero gli errori dottrinali di Amerio?
anch’io spesso sono <>, ma non sempre a tutti va bene.
Comunque sarebbe bello parlare del Dio tutto e solo amore…
A tal proposito papa Benedetto oggi ha parlato di Scoto Eriugena così:
“Il nostro autore dice: “Salus nostra ex fide inchoat: la nostra salvezza comincia con la fede”. Non possiamo cioè parlare di Dio partendo dalle nostre invenzioni, ma da quanto dice Dio di se stesso nelle Sacre Scritture. Poiché tuttavia Dio dice solo la verità, Scoto Eriugena è convinto che l’autorità e la ragione non possano mai essere in contrasto l’una con l’altra; è convinto che la vera religione e la vera filosofia coincidono. In questa prospettiva scrive: “Qualunque tipo di autorità che non venga confermata da una vera ragione dovrebbe essere considerata debole… Non è infatti vera autorità se non quella che coincide con la verità scoperta in forza della ragione, anche se si dovesse trattare di un’autorità raccomandata e trasmessa per l’utilità dei posteri dai santi Padri” (I, PL 122, col 513BC). Conseguentemente, egli ammonisce: “Nessuna autorità ti intimorisca o ti distragga da ciò che ti fa capire la persuasione ottenuta grazie ad una retta contemplazione razionale. Infatti l’autentica autorità non contraddice mai la retta ragione, né quest’ultima può mai contraddire una vera autorità. L’una e l’altra provengono senza alcun dubbio dalla stessa fonte, che è la sapienza divina” (I, PL 122, col 511B). Vediamo qui una coraggiosa affermazione del valore della ragione, fondata sulla certezza che l’autorità vera è ragionevole, perchè Dio è la ragione creatrice.”
E poco oltre, parlando della lettura corretta della Sacra Scrittura:
“Questo cammino impervio, esigente ed entusiasmante, fatto di continue conquiste e relativizzazioni del sapere umano, porta la creatura intelligente fin sulla soglia del Mistero divino, dove tutte le nozioni accusano la propria debolezza e incapacità e impongono perciò, con la semplice forza libera e dolce della verità, di andare sempre oltre tutto ciò che viene continuamente acquisito. Il riconoscimento adorante e silenzioso del Mistero, che sfocia nella comunione unificante, si rivela perciò come l’unica strada di una relazione con la verità che sia insieme la più intima possibile e la più scrupolosamente rispettosa dell’alterità. Giovanni Scoto – utilizzando anche in questo un vocabolario caro alla tradizione cristiana di lingua greca – ha chiamato questa esperienza alla quale tendiamo “theosis” o divinizzazione, con affermazioni ardite al punto che fu possibile sospettarlo di panteismo eterodosso. Resta forte comunque l’emozione di fronte a testi come il seguente dove – ricorrendo all’antica metafora della fusione del ferro – scrive: “Dunque come tutto il ferro reso rovente si è liquefatto al punto che sembra esserci soltanto fuoco e tuttavia restano distinte le sostanze dell’uno e dell’altro, così si deve accettare che dopo la fine di questo mondo tutta la natura, sia quella corporea che quella incorporea, manifesti soltanto Dio e tuttavia resti integra in modo tale che Dio possa essere in qualche modo com-preso pur restando in-comprensibile e la creatura stessa venga trasformata, con meraviglia ineffabile, in Dio” (V, PL 122, col 451B).
In realtà, l’intero pensiero teologico di Giovanni Scoto è la dimostrazione più palese del tentativo di esprimere il dicibile dell’indicibile Dio, fondandosi unicamente sul mistero del Verbo fatto carne in Gesù di Nazaret. Le tante metafore da lui utilizzate per indicare questa realtà ineffabile dimostrano quanto egli sia consapevole dell’assoluta inadeguatezza dei termini con cui noi parliamo di queste cose. E tuttavia resta l’incanto e quell’atmosfera di autentica esperienza mistica che si può di tanto in tanto toccare con mano nei suoi testi. Basti citare, a riprova di ciò, una pagina del De divisione naturae che tocca in profondità l’animo anche di noi credenti del XXI secolo: “Non si deve desiderare altro – egli scrive – se non la gioia della verità che è Cristo, né altro evitare se non l’assenza di Lui. Questa infatti si dovrebbe ritenere causa unica di totale ed eterna tristezza. Toglimi Cristo e non mi rimarrà alcun bene né altro mi atterrirà quanto la sua assenza. Il più grande tormento di una creatura razionale sono la privazione e l’assenza di Lui” (V, PL 122, col 989a). Sono parole che possiamo fare nostre, traducendole in preghiera a Colui che costituisce l’anelito anche del nostro cuore.”
volevo dire: anch’io spesso sono ‘ “critico” (nel senso scientifico del termine)’ (come dice Giovanni), ma non sempre a tutti va bene…
Attento don Marco, Scoto Eriugena è autore chiacchieratissimo, in forte sospetto di razionalismo :-;
vorrei però continuare sul discorso del rapporto tra verità e amore, mostrando anche quali sono le radici dell’errore di Amerio e di altri. Egli porta a fondamento principale della sua tesi il passo di Giovanni “in principio era il Verbo”. In questo modo costruisce una primato della verità che è Dio sul suo essere Amore.
Il problema, in parte anche scusabile, è che in realtà l’originale greco dice “in principio era il Logos”, che venne tradotto con Verbum. I due termini però non sono perfettamente coincidenti, in quanto il verbum è fatto linguistico, all’interno di una concezione (quella latina) in cui la parola è vista come contenuto, concetto. Grande rigore della lingua latina, ma anche grande limite. Nella cultura medio-orientale e mediterranea (quindi anche greca) la parola è ancora un tutt’uno con l’azione. Più in quella medio-orientale in cui la parola è impregnata della persona che la pronuncia, la rende presente e attiva (Dio crea con la parola, essa è efficace e non torna a lui senza aver prodotto l’effetto per cui l’ha mandata). Ma anche per il greco il Logos è azione, o meglio l’intelligibilità che presiede tanto alle azioni, quanto alle parole, intenzione fattiva e creativa. In questo emerge il razionalismo greco, ma non è ancora un razionalismo astratto come quello latino.
L’altro errore, connesso al primo, si ha sulla parola verità. Per noi essa è sinonimo di realismo, in contrapposizione a ciò che è finto o non esiste. Ora per la cultura ebraica, e in particolare nel vangelo di Giovanni che pur scritto in greco è impregnato di concetti e riferimenti ebraici, la verità è sempre legata all’azione. In una cultura di origine nomade in un contesto desertico, l’esperienza fondamentale è quella della relatività di cose e persone, il cui durare (gloria) è come l’erba del campo: alla sera è già rinsecchita. Non a caso la parola gloria indica il peso, la durezza della roccia. Ciò che dura è vero, ciò che scompare è fumo, “hevel” direbbe Qoelet. La verità di un uomo è quindi ciò che fa e il cui prodotto resiste all’usura del tempo. E’ ciò che supera la corruzione, la morte, perchè Dio è vita e la sua assenza morte.
Quando Gesù dice “io sono la verità” (vangelo di Giovanni appunto) non vuol chiarire chi è lui, ma chiarire cosa è la verità. Si potrebbe leggere “la verità sono io”. E la verità è lui e ciò che lui fa perchè lui fa la volontà del Padre. Pilato cerca di sfuggire a questa indicazione, quando ritorna al suo concetto astratto, latino, “il cosè” anzicchè il “chi è”: “cosè la verità ?”.
Quando allora Giovanni dice che in principio era il Logos, non intende dire la Verità o la Parola come la intendiamo noi intellettualisticamente, ma come espressione della persona di Dio. Vuole dire che Dio ha sempre avuto un progetto, ha sempre avuto uno scopo. Non è semplicemente “l’essere immutabile”, anzi è dinamico, è intenzione fattiva. Questa dinamica è tanto interna alla Trinità con l’amore che si riversa incessantemente tra le tre persone divine, tanto esterna con la creazione e con l’esodo. Proprio in riferimento a questo i biblisti hanno messo in evidenza la stretta relazione che Giovanni ha voluto mantenere con l’Esodo.
In principio era il Logos, e questo Logos di è fatto carne in Gesù, vuol dire semplicemente che il Dio di Gesù è il Dio di Abramo, il Dio di Mosè. Il Dio che ascoltò il grido degli oppressi e scese a vedere personalmente il loro dolore.
A questo punto è evidente che non c’è una contrapposizione tra verità e amore, in quanto la verità di Dio, ossia la verità che Egli fa, è espressione di quella intenzione profonda e tanto originaria da costituirne la “sostanza” di Dio, che è l’amore gratuito. E l’azione dell’amore è la verità, e si chiama dono. Giovanni introduce la Passione con queste parole “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” Questa è l’intenzionalità all’origine di ogni cosa, lo Spirito della Trinità, Spirito del Padre e del Figlio. E questa volontà di amare senza alcuna ombra di egoismo è l’origine di ciò che messo alla prova rimane, e quindi è vero, è l’origine della stessa onnipotenza divina.
La frase di Benedetto XVI, nella sua apparente semplicità ha una densità elevatissima. Ma dice l’essenziale: l’amore è da SOLO in grado di identificare ciò che è Dio. Perchè tutto il resto ne è un frutto, una faccia vista da un punto di vista particolare. Il tutto e il fondamento di Dio, la sua essenza, è amore.
Per finire solo un accenno al rapporto con la giustizia. In realtà ciò che ci fa problema spesso non è il rapporto con l’amore in generale, perchè tutti vediamo facilmente la correzione come atto d’amore. Diventa più difficile conciliare giustizia e perdono. La regola aurea “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” diventa in caso di lesione subita “fai all’altro ciò che lui ti ha fatto”.
A parte il fatto che Gesù ha fatto una “piccola” modifica alla regola aurea (fai agli altri ciò che vorresti sia fatto a te), la questione si gioca alla fine sempre tra noi e Lui. Perchè la rovina di chi mi ha nociuto diventa un segno del fatto che Dio mi ama, che sta dalla mia parte e si prende cura di me.
Ora chi è il giusto ? per noi la parola deriva da “ius”, diritto inteso come norma umana derivata dall’ordine naturale (la lex indica il diritto positivo, “statale”). Nel greco già si indica con nomos la “legge” di natura valida per gli animali e il mondo fisico, e con dike la giustizia umana. La parola vuol dire “colei che indica” e non a caso la nostra parola “indicare” contiene la radice greca. Ciò che è indicato è la regola che rende ordinata e pacifica la società.
Nell’ebraico invece si supera l’esigenza di un ordine naturale o sociale. La radice della parola giustizia (zdk) è anche radice di tzedakah, carità e offerta rituale fatta ai poveri. E la carità verso il povero è giusta perchè tiene conto che noi per primi siamo stati beneficati, si fonda sulla riconoscenza verso Dio. Per questo in nome della giustizia si può fare anche qualcosa contro le regole: Giuseppe, che era giusto, decise di licenziare in segreto Maria, senza esporla alla “giusta” punizione. Per questo nella Scrittura è costante il ritornello “ricordati di quando eri schiavo… e di quello che ha fatto per te il Signore… non dimenticare quando sarai nella terra…”. Seme della giustizia è il riconoscimento del bene ricevuto. Per questo la giustizia non può che generare sempre il perdono, interiormente, e l’atto esteriore che più realizza la volontà di fare il bene del reo (che non è detto sia il lasciarlo senza pena).
La giustizia è quindi atto del giudicare e dell’agire in conseguenza di questo giudicare, e deve essere espressione dell’amore, perchè per essere veramente giusta deve essere disinteressata, cercare il bene, tanto della vittima quanto del reo. Se non è disinteressata è giustizia di parte, soffre di conflitto di interessi. Ed è pertanto ingiusta.
Cherubino, la tua dottrina è…angelica! Io compendierei dicendo che la verità, nell’universo mentale biblico (dunque, a nostra rassicurazione, nel luogo della sua massima rivelazione storica), non è anzitutto un contenuto proposizionale, ma una relazione: si “è” nella verità e quindi la si conosce, cioè si ha con essa intimità e comunione. Per altro tutto il lessico giovanneo, tanto del Vangelo quanto delle lettere, insiste su questa fortissima personificazione della verità. Forte di questa convinzione, riconosco un primato alla mistica sulla teologia. La teologia è riflessione seconda, atto di ritorno dello spirito umano su di sé; la mistica è invece la vita stessa di comunione secondo la grazia donata. Rahner diceva (e qui apro l’ombrello in previsione degli inevitabili strali che mi pioveranno addosso) che il cristianesimo del XXI secolo o sarà mistico o non sarà affatto. Beh, al ventunesimo secolo ci siamo arrivati. Forse è ora che se damo ‘na mossa! 🙂
Il cristianesimo del XXI secolo purtroppo non mi sembra molto mistico…anzi credo che dalla mistica ci siamo allontanati sempre di più….
la mistica può svilupparsi solo in un contesto in cui non ha tanto importanza l’individuo quanto l’Essere eterno, non tanto importanza la psicologia quanto
la metafisica, un contesto in cui non ci si rassegna al dualismo finito-infinito,
materia-spirito, ma si cerca , si aspira all’Unità.. tutta la mistica, cristiana e non , non fa altro che trascendere il dualismo, per arrivare all’Uno, si chiami Dio, Allah, Brahama, Nirvana…
non mi pare che siamo incamminati su questa strada….
Caro discepolo, in parte concordo. Permettimi però un pizzico di ottimismo: io credo che le persone del nostro tempo non tollereranno per sempre questo stato di disgregazione delle loro vite, questa liquefazione di ogni orizzonte di senso. Cercheranno, come hanno sempre cercato, in tutti i secoli dell’era cristiana e forse anche prima, spazi di integrità, di unificazione, di riappropriazione. Quanto alla psicologia, che è oggi un confusissimo insieme di cose, aggiungerei che essa esercita nei confronti dello spirito religioso un’utile sollecitazione a riassorbire l’integrità dell’uomo nel mistero divino senza lasciar cadere fuori nulla. L’uomo spirito, anima e corpo, per riprendere la tripartizione paolina. Senza confusione e senza separazione, come si recitava invece a Calcedonia. Credo che per troppo tempo la spiritualità occidentale ha lasciato che psiche e corporeità si separassero dallo spirito, come se il mistero di salvezza non le riguardasse, producendo lacerazioni dolorisissime, e infedeltà che altro non erano che il riflesso di una carente integrazione. L’ho detto frettolosamente, ma è più o meno ciò che penso. Ti suggerisco questa breve e bella intervista a Jung, che trovo ricca di suggestioni sull’epoca “rivoluzionaria” in cui siamo chiamati a vivere: http://www.youtube.com/watch?v=E2Z7BnHJFJI.
Infine, sempre di fretta, un’annotazione sul contenuto che sembri indicare proprio della mistica. Il tratto che contraddistingue la mistica cristiana rispetto ad altre tradizioni mistiche, soprattutto dell’oriente, è dal mio punto di vista che il “ritorno all’Uno” non rimuove l’ipostasi personale. La persona residua sempre nell’unione mistica. Un’unione che conserva le differenze, o se preferisci un’unione che sussiste nelle differenze, e che amorevolmente si accresce misurandone le distanze. Il che, in un post che ha scomodato il mistero dell’amore trinitario, mi pare un bel modo di concludere.
“Mi hai sedotto, Signore e io mi sono lasciato sedurre. Mi hai fatto forza e hai prevalso” (Ger 20, 7).
Ma come conciliare tale Amore, tale eternità con il nostro limite umano che è così reale, concreto?
Paradossalmente, è proprio il nostro limite che ci conduce a dover ammettere la verità di un Amore Eterno che è Dio. Sì, è straordinariamente vero quanto Benedetto XVI ci insegna nella sua prima Lettera Enciclica: “Tra l’amore e il Divino esiste una qualche relazione: l’amore promette infinità, eternità – una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere” .
Dire “Divino”, cari amici, è dire infinito, eterno. Se è così, ne deriva che l’appannarsi dell’eternità dell’amore porta con sé non solo uno stravolgimento del senso dell’umanità ma anche uno smarrimento del senso di Dio!
Ma la Parola di Dio risuona fedele per ogni uomo: “Ti ho amato di amore eterno” …
Nella Bibbia, il popolo che si sente ripetere queste parole vive una fase particolare della sua esperienza di fede:
“Ha trovato grazia nel deserto
un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora.
Da lontano gli è apparso il Signore:
Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine di Israele” (Ger 31, 1)
Per chi desidera saperne di più su Romano Amerio, niente di meglio
che il blog del suo discepolo:
http://www.enricomariaradaelli.it/aureadomus/convivium/convivium_amerio_iotau.html
Quello che volevo dire è che la mistica cristiana presuppone una forte fede..
è l’ultimo gradino di una Scala di Perfezione. Noi , mi sa che non siamo saliti neppure sul primo gradino…! In un epoca in cui la fede è debole, deboluccia, tiepida per non dire assente ,come potrebbe svilupparsi una mistica?
la mistica è per anime forti, temprate.. non per spiriti tentennanti…
Noi non vogliamo salire neppure sul primo gradino che tutti i mistici , di ogni tempo hanno posto come primo passo, la rinuncia, all’Io, all’egoità, per aprirsi all’esperienza dell’eterno.. !come possiamo presumere di essere mistici se non siamo neppure più (quasi) credenti? se abbiamo sostituito la fede tentennante con altre cose che non c’entrano, la sociologia, il filantropismo, la psicologia ?
Dobbiamo tornare all’ABC della fede , forse poi potremo presumere di arrivare dove sono arrivati Meister
Eckart e santa Teresa d’Avila, Ruysbroek e san Juan de la Cruz e tanti altri..
La mistica è la cima del monte, noi mi sa che siamo ancora alla base…..
Ma vedi, dipende molto cosa intendi per mistica. Tu la dipingi come una condizione elitaria, riservata a pochi, e in parte lo è veramente per chi tu hai citato. Io d’altro canto con mistica intendo lo sforzo umile di trasformazione quotidiana, attraverso la meditazione e la preghiera, che gradualmente indeboliscono i nostri abiti mentali, i nostri millenari automatismi guerrafondai. Credo che, dopo 2000 anni di storia cristiana, il monachesimo debba tornare a essere, se non la dimensione totalizzante, almeno una delle componenti integrate nella vita cristiana. Insomma, non si può continuare a immaginare a una società tripartita more medioevo, tra oratores, bellatores e laboratores. La preghiera deve essere un’esperienza di tutti, non di una parte separata e appartata.
Già, ma oggi chi ci educa alla preghiera? Non ti sembri polemica, ma conosco stuoli di preti, alcuni dei quali coltissimi e preparati, che in fatto di pratica spirituale sono però meno che dei principianti. Insomma, non possiamo continuare a credere che lo sforzo pastorale debba principalmente consistere nell’insufflare contenuti morali e dottrinali nella testa delle persone, dimenticandoci del loro vero Io. Con questa “propedeutica” alle vette che citi non arriveremo mai. La storia la conosciamo, no? Terminata l’iniziazione sacramentale, del confuso corpo dottrinario, ora più ora meno piacione e liberale o autoritario e cipiglioso, resta meno di zero. Ti dirò, mi sono pure stufato di meravigliarmene.
don Marco/maioba a questo punto dovresti riproporci alcune frasi della tua tesi … per intenderci quelle che Luigi ha postato.
In due parole avevi risolto il problema della “mistica” e portata ad un livello non solo possibile, ma addirittura ovvia e molto concreta.
E la mistica, per quanto ne so io, è semplicemente Amore che ama … e nessun pericolo di “fare quello che si vuole perchè basta amare” …
Boh! forse io tendo a “semplificare” tutto, forse sbaglierò, ma di certo non sono semplicistica o superficiale … e per rispondere ad Antonio riguardo alla preghiera … beh .. come si fa ad educare alla preghiera? Sarebbe come educare al dialogo, incanalarlo dentro percorsi rigidi … mentre ogni dialogo per essere tale è solo espressione spontanea … altrimenti sono “comizi” … Quindi non ci può essere un “educare alla preghiera” anche perchè, tra l’altro, il pregare è una cosa personale ed è un pensare a qualcuno in modo tale che quel qualcuno lo si rende presente.
“Dio è solo amore” e “In realtà, basta amare”: parole audaci, di origine evangelica
Ho appena letto soltanto l’ultimo post, senza aver tempo a disposizione per vedere i commenti, e vorrei cercare di venire incontro alla domanda.
Dio è amore: si tratta, forse, dell’unica vera e propria affermazione evangelica su quello che Dio è (non su quello che fa!). Questa affermazione giovannea, ? ???? ????? ???? (1Gv, 4,16), astratta speculativamente e al tempo stesso molto concreta empiricamente (chi non ha mai amato, o non si è sentito amato…), racchiude la quintessenza della metafisica cristiana e, beninteso, è l’unico punto di contatto e dialogo con le problematiche esistenziali dell’uomo di oggi.
Dio è amore, vuol dire che non si parla di un Dio inteso come un essere trascendentale astratto – che esiste, fa altre cose e anche ama -, bensì di tre persone (già la realtà trinitaria, fa pensare all’aspetto amorevole/comunicativo di Dio) in relazione di amore tra di loro e con l’intero creato. Dio esiste perché ama, libero da condizionamenti di una natura divina preesistente, e questo significa inoltre che l’unica maniera per conoscere Dio e per esprimere la fede è l’amore. L’amore, dunque, è anche l’unico principio gnoseologico cristiano: “chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”, continua lo stesso Giovanni (4,16). E se poi ci si chiede di quale amore si tratta, ce lo spiega lo stesso evangelista, alcuni versi dopo quelli citati sopra: “chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv, 4,20).
Complimenti dell’interessante post e dell’intero blog che immagino sia lo stesso avvincente!
Mosè scrisse nella legge: “Dio fece l’uomo a immagine e somiglianza sua” (Gn 1,26). Come si può non considerare la profondità di queste parole. Dio fa l’uomo con del limo, non dimentichiamocelo, e lo nobilita con la dignità della sua somiglianza. Qual è il rapporto tra il limo e Dio? Quale, quello tra il limo e lo spirito? Dio è spirito e dona all’uomo l’impronta della sua eternità e la somiglianza delle sue perfezioni. Enorme dignità per l’uomo la sua somiglianza con Dio, se questa viene conservata. Ma anche poi tremenda rovina, qualora venga profanata questa impronta di Dio in noi , che siamo sue “creature”. Qui risiede il concetto di analogia “simile nel dissimile, in un senso in parte identico in parte diverso, dove la somiglianza connota una intrinseca indissociabile rassomiglianza nella diversità” (in metafisica è questo il concetto di analogia, questo mi è stato insegnato frequentando l’università pontificia) ed è vero quanto sostiene l’amico Finazzi:ci sono sacerdoti assolutamente lontani, che dicono, dicono, ma non fanno, pur sapendo perfettamente che l’amor di Dio è la rinnovazione della Sua immagine e che Il vero amore poi non è fatto di parole, ma di opere, che devono essere restituite allo stesso Creatore: flatus vocis! Tutto dobbiamo restituire alla Sua immagine inviolata, sia nella santità – perché lui è santo- come nella carità, perché lui è amore, nella pietà e nella verità, in quanto Lui è pio e vero. Dio non è un tiranno, non è superbo, né impone croci superiori alle nostre forze, non ci carica di fardelli insostenibili: questo lo fanno gli uomini….e solo gli uomini, purtroppo!
Un abbraccio
Luigi nell’ultima parte del post chiedeva ai visitatori addottrinati di segnalare se altri prima di Benedetto abbiano affermato che “Dio è tutto e solo amore” e chi altri contrasti questa affermazione, oltre all’associazione tradizionalista da lui citata.
Per quanto non mi senta così “addottrinata” posso asserire sicuramente che uno prima di benedetto VXI ha fatto la stessa affermazione, e questi è senza dubbio Gesù di Nazareth.
Il Dio di Gesù Cristo, contrariamente all’ambiguità che contrassegna le caratteristiche di Dio nell’Antico testamento, ci offre un quadro inedito del Padre, con nuove rivelazioni sul Suo essere profondo, un nuovo concetto di Dio e del regno. E’ singolare vedere come Gesù non speculi mai sulla natura intima di Dio né sul suo essere intimo. Tuttaltro: parla di Lui in parabole, non argomentando ma narrando. Qui c’è sicuramente una fiducia di base e un’ aderenza a quest’unico Dio così totale e totalizzante tanto che, in ogni pagina del Vangelo usa due soli verbi “amare” e “ obbedire”. Il Dio di Gesù Cristo manca di qualsiasi tratto arbitrario, demoniaco, è inequivocabilmente buono e -cosa assolutamente unica- è buono in modo “attivo”con-partecipante nei confronti dell’uomo. Amore e Bontà, in questo contesto sono predicati non tanto di “un essere in se di Dio”, ma solo esclusivamente nel Suo relazionarsi dell’uomo e del mondo, che cura come una madrecol suo piccolo fin nelle più piccole pieghe dell’esistenza. Non può esistere l’uomo, né il mondo senza Dio e viceversa…Si! Il Dio di Gesù Cristo è solo amore.
verso la fine del vostro appassionato dibattito, sarò caustico e terribilmente inappropriato:
l’amore non tira… in Italia va più di moda il porno (sopratutto quello raccontato e fotografato) a pagamento.
Figuriamoci se ci lasciamo travolgere dall’eventualità che Dio sia solo Amore e per giunta gratis.
😉
Ed è vero quello che dici moralista. Così com’è vero che se questo andamento a ritroso della nostra società che registriamo continuamente -basti aprire un qualunque giornale per rendersene conto, e il più delle volte il marcio è nella politica, nella gestione delle cose pubbliche: bugie, menzogne, ed ogni sorta di compromesso pur di giustificare e inabissare il malcostume imperante, questa lotta senza quartiere per il dominio, il potere- se non ci si decide ad un deciso dietro-front, ad una optione fondamentale, ad una conversione totale e una presa di coscienza su quelli che sono i valori fondanti. Se non si recupare l’aspetto spirituale, l’educazione alla preghiera (come giustamente faceva notare l’amico del post di sopra) un incoraggiamento alla fede (perché la fede va incoraggiata, e questa evangelizzazione deve -e l ‘imperativo è d’obbligo- essere compito primario di ogni cristiano autentico) assisteremo al crollo di ogni ideale, e allo sfacello totale dell’uomo e del mondo. Forse non ci si rende abbastanza conto, o si tende a sottovalutare e ridicolizzare l’esistenza del diavolo. Abbiamo a che fare con Satana, con lo spirito del male: una realtà alla quale nessuno da credito, ma che esiste, eccome,purtroppo!
già moralista…
raccontato…
tra i banchi di scuola o di università,
tra le scrivanie di ufficio,
tra le cassette dei mercati generali
tra….
ma se questo che appare indubbiamente un limite,
fosse immagine di qualcosa d’altro,
di un’altra sete,
di un’altro desiderio….
«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché‚ non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».
Ogni accadimento non ha una sola faccia di lettura….
Forse è utile capire i segni limitati….
e presentare/proporre ciò che soddisfa la sete, il desiderio, in modo completo…
Secondo me, non basta dire che Dio è amore, che basta amare e tutto è facile, semplice, spontaneo e senza sforzo .. infatti ci si deve prima mettere d’accordo su cosa è “amore”..
per alcuni, per molti nostri contemporanei amore è Eros, è realizzazione dei propri desideri, è realizzazione di Sè e piacere ,è qualcosa di emotivo ,di istintivo, per altri, invece l’amore è grosso lavoro interiore, è sforzo, è negazione di se’, è sacrificio , è abnegazione, .. quante cose sono chiamate amore!
E’ ovvio che quando si dice che Dio è amore si pensa a un amore sublimato, spiritualizzato, un amore misericordioso e altruista.. Siamo tutti d’accordo che chi vive nella propria vita un amore simile, che non è Eros, ma piuttosto Agape, si avvicina per quanto possibile all’amore di Dio.
però non è così semplice, già i mistici mettevano in guardia dalle autoillusioni, dallo scambiare la propria emotività e le creazioni della propria psiche i con la realtà.. non è così facile.. Non basta dire “Ama e sarai sempre nel giusto”, una vena di egoismo, di narcisismo, di falsità, di autocompiacimento, si nasconde a volte persino negli atti di carità e li rende
inutili…inutili al perfezionamento dell’animo, ma solo capaci di fare aumentare l’autostima e la superbia..
questi mi sembrano i pericoli della nostra epoca, la mancanza di un valore dato al lavoro interiore, allo sforzo spirituale, alla purificazione del se’, all’ascetismo, all’umiltà, al sacrificio.. tutte parole screditate e fuori moda
che hanno lasciato il posto alla sponaneità, al “fai pure quello che vuoi”, al
“non c’è bisogno di alcun sacrificio”, al “basta volersi bene”
quello che volevo dire è che l’Amore divino non è il “volemose bene” umano…
e per esserne degni e capaci di darlo agli altri la strada è difficile, anche se gioiosa come ci hanno insegnato tutti i santi e i mistici.. la vocazione alla santità non è elitaria, ma dovrebbe essere di tutti i cristiani.. livellare al basso le aspettative non ci rende migliori…
mozione approvata, matteo…
l’altro giorno dissertavo di comunicazione e un salesiano mi diceva preoccupato che i media cattolici non hanno forza, presa…
Non so proprio se sia vero.
Di certo – se non capisco male cosa intendeva matteo – noi pretendiamo di fare comunicazione, nonché apostolato, dicendo agli altri come si devono comportare, cosa devono fare e dire etc… ma la comunicazione efficace non funziona così… quello che funziona, che comunica, che educa, che fa riflettere è la mediazione delle esperienze vere, concrete. Se poi sono belle e afferiscono a Gesù Cristo, abbiamo la comunicazione cristiana…
e aggiungo (anche con Clodine)…
la “questione morale” (salvo ovviamente quella sessuale, che non sia mai…) non è gettonatissima nei nostri progetti pastorali… e se cominciassimo da lì?
Che Dio sia Amore ci terrorizza. Non ci raccapezziamo. Troppa Grazia!
Discepolo, chi negli ultimi commenti ha scritto che amare è una questione di spontaneità e che poi “tutto è facile”? Qui “nun è facile ‘gnente”… Forse ti riferisci al dibattito che precedeva?
Scusa, non so te, ma l’amore di Dio per me nella mia vita non è stato manco un po’ sublimato e spiritualizzato… è stato molto concreto, ben oltre i miei “meriti” e i miei peccati. Se no, a chi la vado a raccontare che sono cristiano?
Non sarà mica solo una bella idea da simposio filosofico, l’amore di Dio, o no?
Sul resto, poi, sono abbastanza d’accordo… Però… anche io c’ho il tarlo del merito, “dell’esser degni”… ma guarda che è una fregatura spirituale… che non ci fa godere il Dio di Gesù Cristo…
Amare non è per nulla facile. Dice Friedrich Nietzsche che “anche Dio ha il suo Inferno: il suo amore per gli uomini”. L’amore è addirittura doloroso perché trasforma, pota, taglia, sminuzza, cambia, sradica, stravolge, è il Gertzemani, il frantoio dell’anima l’amore. Qualsiasi trasformazione è dolorosa perché occorre lasciare il vecchio per il nuovo, ciò che è familiare, sicuro per ciò che è sconosciuto, inesplorato, ignoto. Richiede apertura, un fidarsi ciecamente rischiando talvolta pericolosamente.Eppure occorre entrare in questo spazio , non si può aggirare la prova senza sentirci dire: ” va de’ retro satana perché mi sei d’impedimento”. E’ necessario amare e soffrire se si vuol fare il primo passo verso Dio. Quelli che cercano di evitare lo spazio dell’amore, per timore di soffrire non raggiungeranno mai Dio.
avendo poco tempo ora, mi limito a gettare un sasso nello stagno… sempre per riprendere la frase del papa su Dio-solo-amore.
La questione si intreccia con quella della Croce di Gesù vista come “soddisfazione” ed “espiazione vicaria”.
Come può il Dio-solo-amore richiedere il pagamento dell’offesa a lui fatta ? Come si concilia questo con l’idea di perdono, con tanti passi del vangelo (la pecora perduta, il figlio spendaccione, l’adultera, il banchetto con prostitute e pubblicani, il debitore crudele…)
E come può essere così “intransigente” da richiedere il pagamento, essendo insolventi gli uomini, a suo figlio ?
E se tutto questo urta con il kerygma, come va intesa correttamente la dottrina della “soddisfazione” ?
Ci vediamo domani…
Cherubino,
non hai buttato un sasso,
hai buttato una rupe intera,
se pensi che è un tema di discussione teologica…..
in un condominio…… mi sa che ci si perde….
Comunque ci sono degli autori che affrontano il tema scottante,
ma per non incorrere in scomuniche,
preferisco non citarli su pubblica piazza…
comunque la questione non ha una risposta o definizione assoluta e chiusa….
lo so matteo, ma mi sembrava un pò il cuore della questione, le false immagini di Dio (=idoli) butatte fuori dalla porat riescono a rientrare dalla finestra…
comunque ho visto il tu oblog, simpatico ! e tanta solidarietà per gli attacchi del stio totus tuus che mi sembrano veramente … poco cristiani.
Buongiorno a tutti.
Complimenti al Sig. Accattoli per il sito. Mi piace l’atmosfera, l’argomento delle discussioni e i toni con cui vengono affrontate. Seguo da tanto, sempre col desiderio di intervenire. Lo faccio ora perchè l’argomento è molto, troppo interessante per me in questo momento, per la particolare esperienza che stò vivendo. Volevo dire questo: l’esperienza semplice della Fede, che sto vivendo, mi induce a credere che, si, Dio è solo Amore. E alla parola Amore dò la connotazione di Dono Assoluto. Null’altro posso, ne so dire oltre questo, ne ho altri riferimenti. La mia voleva essere questa semplice testimonianza.
Saluto amichevolmente tutti.
Un cordiale saluto a tutti.
Hai detto bene UbiHumiltas, l’amore è dono assoluto, così come Dio-Amore è dono assoluto.Intervieni più spesso, credo tu abbia molto da dire, molto da testimoniare.
Ciao
Clodine
Scusa Cherubino, quando Gesù parlava di “geenna”, di “tralci buttati nel fuoco eterno”, di “pianto e stridore di denti” scherzava, ci prendeva simpaticamente in giro o cosa altro?
quali sarebbero queste false immagini di Dio buttate fuori dalla porta?
penitenziagite!
risposta lampo: una lettura non fondamentalista (ossia sorretta dalla conoscenza del linguaggio semitico di allora e dall’inquadramento di quelle e altre espressioni nel genere letterario) oltre alla chiave di lettura di tutta la Scrittura che è il kerygma della passione-morte-resurrezione di Gesù fa capire il senso esatto: è il rifiuto dell’uomo a condurlo alla genna, fuoco eterno ecc. ecc.
Se vuoi, si può dire che la causa movente è il rifiuto umano, la causa formale è Dio che ha creato l’uomo per il bene e come creatura, per cui l’uomo che contraddice la sua creaturalità rifiutando la grazia “soffre” immensamente, cade in una condizione di autodistruzione perenne. Questo è l’inferno. Dio ha voluto l’uomo come il padre che vuole il figlio per sollevarlo alla guancia, questa condizione esistenziale però, a causa del rifiuto si tramuta in “causa” della sofferenza eterna.
E’ chiaro ?
Da un visitatore che preferisce restare anonimo ricevo questo messaggio:
Caro Luigi,il pianerottolo è sempre più appassionante, anche per noi visitatori silenziosi: complimenti a tutti. Poiché si è parlato di Romano Amerio, mi piacerebbe che tu comunicassi agli interessati che “Iota unum” (sottotitolo: Storia delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX) è stato di recente ripubblicato – con prefazione di Luigi Negri e contributi di Divo Barsotti e P. Giovanni Cavalcoli – dalla casa editrice veronese Fede e Cultura (aprile 2009, 650 pagine). Costa 40 euro ma, a mio parere, li vale tutti. Un abbraccio.
Ringrazio il visitatore per la segnalazione. Nella mia libreria ho una copia dell’elegante seconda edizione Ricciardi del 1986 che costava 45 mila lire ed era di 656 pagine. L’ho sempre letto con profitto. Deliziandomi anche della ligua, degna dello Zibaldone del Leopardi. Il volume si apre con una “Monizione al lettore”, nella quale si legge che “l’autore non ha nessun desiderio del passato, perchè un tal desiderio implicherebbe un rigirare del divenire umano in se stesso e dunque un compimento: tale compimen to è incompatibile con la veduta sopramondana che domina l’opera“. Qui siamo più vicini al Vico che al Leopardi. Le righe di chisura del volume dovrebbero piacere ai cultori di Giuseppe Dossetti: “Sembrerà che il nostro discorso sia venuto a una conclusione che ha il carattere della conoscenza negativa, ipotetica, umbratile e vesperale, se non proprio notturna. E’ così. Trapassare il velo non si può che tasteggiando e per barlumi. Custos quid de nocte? (Isai., 21)“.
grazie, Cherubino…
Chapeau a cherubino.
scusa Cherubino, dov’è la novita o la clamorosa scoperta? la Chiesa ha sempre detto che la causa è il rifiuto umano, il peccato, da quello originale dei progenitori che fa decadere la creazione a quello attuale. Solo che la Chiesa ha insegnato anche che l’inferno non è una condizione (che da come scrivi sembra una condizione solo terrena), ma un luogo metafisico dove finiranno le anime che hanno ostinatamente rifiutato Dio.
Che poi anche in questa vita terrena allontandosi da Dio, rifiutandolo, non vivendo nella Sua Grazia si soffra e che questa sofferenza sia un anticipo reversibile della sofferenza invece eterna che caratterizza l’inferno, va bene, ma non mi sembra nemmeno questa una novità.
Stamattina ho trovato “per caso” tra i miei appunti queste frasi e non ho resistito al desiderio di postarle:
Dalla Catechesi del Papa – 10 Agosto 2006
“Il vero amore infatti, per natura sua, non è mai puramente speculativo, ma dice riferimento diretto, concreto e verificabile a persone reali. […]
Giovanni vuol dire che il costitutivo essenziale di Dio è l’amore e quindi tutta l’attività di Dio nasce dall’amore ed è improntata all’amore: tutto ciò che Dio fa, lo fa per amore e con amore.”
Sono fuori tempo massimo? 😀
caro Scotellus… è che qui, specula specula, poco si ama… alla fine!
Forse il rischio è anche questo, di amare poco e speculare molto.
In verità, io temo di più, almeno dal mio punto di vista personale, che l’amore ci sia, ma disordinato.
In quel caso non è proprio il pensare (speculare, meditare… fate vobis) uno dei possibili correttivi? Spero di trovare il tempo per approfondire il tema dell’ordo amoris in Agostino…
caro Mandis, quando parlavi di geena, fuoco eterno ecc. lo facevi finendo con “quali sono le immagini di Dio che buttate fuori dalla porta …?” in riferimento al mio precedente post.
Ho risposto allora nel senso che l’immagine di Dio antievangelica che rispunta ogni tanto è quella del Dio punitore, seppur per esigenze di giustizia, e per questo “manda” all’inferno, suscita il “pianto” e “stridore di denti”. Non ho detto che è quello che stavi dicendo tu, riprendevo il mio discorso a partire dalla tua domanda.
La giustizia di Dio quindi si esprime non nella dinamica premio-punizione, ma in quella della fedeltà all’amore. Tutto può Dio, tranne che non amare. Ma questo per chi rifiuta l’amore è la più pesante delle “punzioni”.
Il suicidio di Giuda, interpretato spesso erroneamente come pentimento dal peccato, è il pentimento di aver tradito Gesù, perchè da tale tradimento si è avviata una definizione del loro rapporto come amore-non-amato-che-ama-comunque per lui insopportabile. E non potendo eliminare gli effetti del suo atto (pure ci provò, ma inutilmente) l’unico gesto possibile, alternativo alla resa all’amore gratuito e immeritato dell’amico, divenne l’autodistruzione.
La giustizia di Dio coincide perfettamente con il suo amore. Perchè questo è contemporaneamente liberazione e giudizio. Nella tradizione teologica si chiamava questo “scandalo della Croce”. S. Paolo (mi sembra) usa l’immagine della pietra che per alcuni è fondamenta della casa, per altri inciampo che fa cadere. Ma è la stessa e unica pietra della Croce che fa questo. Per questo non ha senso parlare di un primato dell’amore che ha sostituito l’originario e vero primato della verità. Perchè l’amore, quello gratuito, è verità e fa verità, costringendo ad una presa di posizione, quindi è il giudizio finale.
complimenti, Cherubino, per la sintesi e la semplicità dell’ultimo post.
Complimenti e grazie
di niente maioba, riciclo quello che mi è stato insegnato… in particolare dai miei amici e padri spirituali gesuiti. In particolare i padri Fausti, Spicacci, Simone (è il cognome) e ovviamente il padre Martini.
Come vedi per una testaccia dura come la mia c’è voluto parecchio lavoro 🙂
Buonasera a tutti. L’argomento è avvincente, passo quindi dalla “testimonianza” alla riflessione. Riflessione certamente un po sconnessa, dettatami dall’andamento della discussione e dalle letture internettiane fatte tra ieri e oggi, alcune anche sui siti degli amici commentatori (complimenti a tutti).
Dicevo, si parte da “Dio è solo amore” e si va a finire su sostanziosi tomi. Non è che ce l’abbia con i libri anzi sono assiduo e vorace lettore. Distinguo però i generi e sopratutto il “bersaglio” di ogni libro che secondo il mio parere non è e non dovrebbe essere “l’argomento” ma “il lettore”. Questa premessa è fondamentale per quello che intendo dire e prego scusare i miei limiti laddove non riuscissi ad esser chiaro. Si, i libri, i libri c’è ne son tanti in giro, se ne parla si discute… il “più venduto” … ma : “Il Libro” che fine ha fatto?
Il Vangelo dove è stato messo? Certo di solito in “edizione tascabile” è facile finisca in un angolino, o è facile che sia sepolto sotto qualche pila di tomi pesantucci ed ingombranti e si perda di vista. Quest’ultima immagine mi piace di più: il “piccolo Vangelo” sotto tutta la pila di libroni pesanti ed ingombranti, messo li come “fondamenta”. Eppure in un edificio quando mai andiamo a dare un occhiata alle fondamenta? Quando qualcosa nella stabilità della struttura non va! Direi io, andiamo a dare una occhiata alle fondamenta.
Il motivo è questo, la maggior parte dei libri parla di “un argomento”.
Il Vangelo invece parla “all’argomento”, all’uomo al cuore dell’uomo alla sua coscienza, è quello il suo bersaglio. Straordinario per brevità e per semplicità. E’ alla portata di tutti, basta solo saper leggere e a volte manco quello! I tomi no, sono per “gli addetti ai lavori” a volte un pò ostici, e non tutti gli “addetti ai lavori” alla fine concordano e si … dividono… sull’interpretazione, che a volte può essere la tentazione della vanità di imporre la propria visione. Tutto questo per dire: abbeveriamoci alla fonte che è il Vangelo, che non parla di un uomo ma parla all’uomo, l’unico argomento che interessa a Colui che “E’ solo amore”, e che nel Vangelo ce ne da la prova evidente.
Cordiali saluti a tutti.
1 – che belle persone in questo blog!
2 – sintesi sconvolgente di giustizia e amore:
‘Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. 3
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ‘l primo amore. …
Dante ha davvero “visto” tutto: altrimenti come avrebbe potuto coniugare la porta dell’inferno con il “primo amore”?
“Dio è tutto e solo amore”.
Questa frase è, per Accattoli, addirittura la cifra di Ratzinger, teologo-papa.
Cifra papale come implicito rimprovero ad altre presentazioni del cristianesimo, quelle che assolutizzano l’aspetto teoretico-dogmatico, la religione del Logos, che finisce per fare di Dio «una» super-Essenza, invece che «l’» Amore personale e tri-uno.
Se però non si va nel dettaglio, non si fa giustizia di tutta la complessità del pensiero del papa.
Infatti ci si accorge facilmente che, senza una corretta “fenomenologia” (storica, teologica, storico-teologica), si rischia di fare dell’Amore anch’esso una super-Essenza.
Con l’ovvio pericolo, oggi più che mai, che in quanto tale sia decodificata e ricodificata in modo banalizzante, alla “moccia” o alla “cesaroni”, come tipi ideali.
Una banalizzazione che emerge nel momento che nega a Dio quello che lui ha scelto, deprimendo la fenomenologia «di» Dio, la sua rivelazione e manifestazione, i legami che lui sceglie di instaurare: con popoli, persone, luoghi, cose e in Gesù in modo inderivabile.
La frase del Papa presuppone la “fenomenologia «di» Dio” in tutti i livelli che comporta, non li annulla affatto; ci sono 999 nomi dell’Amore e non sarebbe Amore se ne escludesse.
[E uno di questi nomi è senza dubbio “espiazione vicaria e solidale”].
Non dunque l’Amore come passe-par-tout di altissimo livello (vale a dire, in realtà, di bassissimo: come Es-senza, senza Es, assenza di “Essere”).
Ma una “fenomenologia” e una “storia” di atti di amore, come peculiari ed elettivi doni: la storia della salvezza, ma anche la “vicenda eterna, in principio” della generazione del Figlio e della spirazione dello Spirito, dove non c’è un amore essenzialisticamente e modalisticamente (vale a dire: ateisticamente) inteso, ma un singolare Amore «di» Padre, un singolare Amore «di» Figlio, un singolare Amore «di» Spirito …
E si potrebbe fare discorso analogo nella vicenda umana di Gesù Cristo (che assume l’umanità in tutto e per tutto salvo il peccato ma, checché ne dicano gli estremisti dello storicismo ad oltranza, non si risolve in essa) e così della vicenda personale del cristiano e della vicenda sociale della Chiesa.
Importante dunque che la ricerca che si propone Accattoli sia letta, e leggibile, come ricerca di quei doni peculiari ed elettivi; diversamente sarebbe solo recepita come (e fatta strumento di) ulteriore replica della palude del politicamente corretto.
per accogliere la giusta richiesta di Ubihumilitas di tornare alle “fonti”
cioè al Vangelo ( …stupendo pensare che tutti i milioni di libri cristiani e anche molti non cristiani scritti nei millenni non sono che commenti, chiose, interpretazioni,variazioni sul tema, dichiarazioni di amore per un unico
Libro !)
ho provato a cercare che cosa Gesù Cristo ha detto di se stesso nei Vangeli , cioè la defiizione che ha dato di se’ stesso dicendo ” Io sono…”
Nei sinottici ci sono solo due definizioni misteriore “Il Figlio dell’uomo”, e
“il Figlio di Dio”. dunque Gesù si definisce essenzialmente ” Figlio “, la seconda persona della Trinità, definizione precisa, ma enigmatica, tutta da approfondire.. e infatti su questa definizione per tutti i primi secoli i cristiani hanno cercato di approfondire .. chi fosse il Figlio, in che rapporti fosse col Padre…
In Giovanni alle parole ” Io Sono “seguono varie altre definizioni e simboli:
Io sono la porta.. Io sono il pane della vita.. Io sono la luce del mondo.. Io sono la via , la verità, la vita.. Io sono la vera vite e voi i tralci.. Io sono il buon pastore…Io sono la resurrezione e la vita
la più pregna di significato è che Gesù si definisce in varie occasioni”Io sono ” e basta , senza altre specifiche e dice anche che avrà la vita chi crede che “Io sono” ( giovanni 13,19)
Dunque l’Essere, è la prima fondamentale definizione di Gesù e di Dio.
Il primo di tutti i nomi di Dio è “Io sono”.
Poi vengono tutti gli altri.. … il Clemente, Il Misericordioso, il Signore dei Mondi,il re del giorno del Giudizio ….come dice la sura aprente del Corano….
una bellissima poesia di Al -Hallaj , il grande mistico musulmano ,dice:
“fra me e te c’è un “io sono” che mi tormenta
Ah, ti prego togli grazie al tuo “io sono”
il mio “io sono”
che si frappone tra noi due…”
Buongiorno a tutti.
Discepolo, mi permetto di aggiungere una ulteriore riflessione alla tua.
Parli giustamente di Gesù come la seconda Persona della Trinità. Citi il Vangelo di Giovanni con le varie definizioni di “Io Sono”.
“Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
Discepolo perchè nella “indagine”, nella riflessione ti sei fermato qui?
Subito dopo Filippo gli chiede: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”.
“Gli rispose Gesù: da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”.
Uno e Trino. E’ sempre “Tutto e solo Amore”. E’ questa l’Essenza e la Sostanza.
La mia voleva essere solo una aggiunta alla tua riflessione.
Rinnovo sempre a tutti (me compreso) l’invito ad “abbeverarsi alla fonte”.
Cordiali saluti a tutti.
“si rischia di fare dell’Amore anch’esso una super-Essenza.”
non mi è molto chiaro in che senso si parli di “essenza” e “super-essenza” (?) di Dio nel post di Lycopodium. Vale la pena però ricordare che in Dio la quiddità (=ousia, =essenza) non c’è, nel senso che essendo puro essere la sua quiddità (che è specificazione di un genere) corrisponde all’essere stesso. Comunque, per far parlare S. Tommaso direttamente:
Vi è una realtà, e cioè Dio, la cui essenza è lo stesso suo essere; per questa ragione alcuni filosofi dicono che Dio non possiede quiddità o essenza, perché la sua essenza non rientra in un genere, perché tutto ciò che rientra in un genere ha necessariamente la quiddità distinta dal suo essere; infatti la quiddità o natura del genere o della specie non è diversa, quanto al significato della natura, in quelle realtà di cui è genere o specie; laddove l’essere è diverso nelle diverse realtà.
“D’altra parte, se diciamo che Dio è essere soltanto, non cadiamo necessariamente nell’errore di coloro i quali dissero che Dio è quell’essere universale con cui è costituita formalmente ciascuna realtà. Infatti quell’essere, che è Dio, è tale che non possa ammettere alcuna aggiunta; conseguentemente, proprio in base alla sua stessa purezza, è un essere distinto da ogni altro essere. Perciò nel commento della IX Proposizione del Libro sulle Cause si dice che l’individuazione della Causa Prima, che è essere soltanto, si ha mediante la sua pura bontà.” (S. Tommaso d’Aquino, L’ente e l’essenza).
Così parla di “Carità increata” e dice “spiratio importat procesionem amoris subsistensis”. L’essere di Dio corrisponde al suo Amore. Questo però va inteso bene, perchè se l’amore è la spinta unitiva verso il bene, per noi il bene da amare è presistente. Dio invece rende buona una cosa mentre la ama e amandola la rende buona. E sopratutto l’amore di Dio si soddisfa in sè, senza la necessità di un oggetto esterno a sè. Essere e Amore eterni allora si possono comprendere solo nell’ottica della Trinità, nella eterna processione di Dono puro (Spirito Santo) tra il Padre e il Figlio.
E’ errato quindi porre la verità prima e sopra l’Amore, perchè viene prima la circolazione dell’essere ad intra dell’eterna Trinità, e poi quella ad extra (creazione e redenzione).
Comunque, se può confortare la semplicità disarmante del Catechismo:
(221) l’Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d’amore, Dio rivela il suo segreto più intimo: è lui stesso eterno scambio d’amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi.
Colgo l'”assist” fornito, nell’intervento del 12 giugno – ore 21.14, da Adriano per ricordare (ancora: probabilmente, mi ripeto) il verso conclusivo della “Commedia”: “Amor che move il sole e l’altre stelle”.
Però, e senza pretesa alcuna di mettermi “alla pari” con gli amici più esperti del “pianerottolo”, a me – seppur credo d’aver seguito i ragionamenti sviluppati da Discepolo, Cherubino ed Ubihumilitas – l’obiezione di Lycopodium (sul rischio di considerare l’Amore una sorta di “super-essenza”) pare, dal mio “ultimo banco”, seria e consistente: non trovate ?
Buona notte e buona domenica a tutti !
Roberto 55
Sempre sulla quaestio “se in Dio viene prima l’essenza e non anche l’esistenza”, ovvero se tra gli attributi divini il primato è da ascrivere alla relazione e all’amore o all’essere e alla verità. Ricordo che molto, se non tutto, parte dall’interpretazione (platonizzante) di Es 3,14 “Io sono colui che è”. Agostino, che non lavorava sull’originale ebraico (Ehjeh ‘asher ‘ehyeh), ha fatto divenire questo versetto la base della metafisica medioevale. Tuttavia, ad un livello meramente linguistico, èhyèh non possiede il significato statico dell’essere, ma il significato dinamico di un Essere che diviene e agisce. Molti esegeti cristiani ed ebrei (questi secondi influenzati sopratutto da Rosenzweig e Buber) suggeriscono di tradurre con “Io sono colui che è e sarà qui”. Dio si rivelerebbe insomma non come essenza e trascendenza dell’essere assoluto, ma come prossimità, fedeltà, relazione amorevole e promessa.
Ognuno tragga le sue conclusioni…
Buongiorno a tutti.
Riflessione bella fresca fresca della Messa di stamattina.
Il buon padre Francesco ha ricordato nell’omelia ai fedeli proprio S. Agostino.
In pratica se ho capito bene ciò che diceva padre Francesco, S. Agostino diceva che “Cristo si è fatto come noi affinche noi diventassimo come lui”.
Aggiungo neccessaria ed ulteriore spiegazione. “affinche noi diventassimo come lui” è inteso come “figli di Dio”, non come Dio. Occorre però ricordare anche che “Il discepolo non è dal più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro”.
Auguri di buona Domenica a tutti, e “abbeveriamoci alla fonte”.
Beh, Cherubino,
è già difficile competere con te, sia nella versione soft che in quella hard (che usi altrove), se poi mi devo misurare con l’invincibile armata che va dalle Sacre Scritture all’enciclica Deus Charitas Est, passando per il Dottore Angelico e il CCC, e come effetto collaterale rischiare il coinvolgimento nell’annosa diatriba sulla metafisica dell’Esodo (che pure il giovane Ratzinger aveva “contestato”, nell’Introduzione al Cristianesimo) …
D’accordo, io scrivo involuto e criptico, ma non farmi dire più e diverso da quel che ho detto.
Suggerisco che il punto centrale del mio discorso è quel « …senza una corretta “fenomenologia” …».
“affinche noi diventassimo come lui” è inteso come “figli di Dio”, non come Dio
Mi sembra che qui sia tirato in ballo il tema della divinizzazione dell’uomo, la theosis. Ma ci vorrebbe qualcuno più esperto di me sulla teologia orientale.
Sono sicuro che c’è… e aspetto fiducioso.
beh, Lycopodium, non era una provocazione, veramente non capivo in che senso parlassi di “super-essenza” non avendo mai incontrato questo termine… ma non c’è problema.
Del resto concordo con Finazzi che ricorda come il tetragamma divino andrebbe tradotto con il verbo al divenire, che io ho sentito spiegare così da un eccellente biblista: “Io sono ciò che sarò” nel senso : “non potete catturare la mia identità (=nome) nei vostri schemi: piuttosto mettetemi alla prova, ciò che farò per voi questo io sono.”
E in effetti Dio rimanda alla sua fenomenologia per spiegare la sua “essenza” (o meglio il suo essere, come detto). Del resto ciò è perfettamente coerente con la teologia scolastica, che indica Dio come “atto puro”. In Dio non c’è distinzione tra “ciò che è” e “ciò che fa”. Per questo nel Vangelo di Giovanni la Gloria di Dio coincide con la Croce. E non a caso Paolo ricorda che ciò è scandalo per gli ebrei (e per la religiosità in genere) e follia per i greci (e per ogni razionalismo in genere).
avevo accennato ai temi della soddisfazione e dell’espiazione vicaria, e ora che h oun pò di tempo li riprendo, perchè molti si sono chiesti: se Dio è (solo) amore, perchè richiede comunque un pagamento ? e come si concilia l’amore per suo Figlio con il chiedere a lui il pagamento inadempiuto ?
Innanzitutto i due concetti hanno origine diversa e spesso vengono mischiati. Della prima parla Abelardo, del secondo Lutero. L’idea di soddisfazione poi non va intesa in senso psicologico, come riempimento di una carenza o di un bisogno. Satis facere, in riferimento a Dio indica piuttosto la conformità di un’azione alla sua volontà, con un’accezione che sottolinea come con tale azione si sia portato a compimento il progetto del Padre. Il Padre è soddisfatto dal Figlio perchè tra essi c’è comunione nella volontà di riconquistare il cuore dell’uomo.
L’espiazione vicaria aggiunge a tale modello di relazione la componente “legale”, il pagamento del prezzo. La differenza tra Abelardo e Lutero, rispetto al “morì per noi”, è che nella teologia della soddisfazione Cristo muore “in nostro favore”, mentre nell’espiazione vicaria Cristo “muore al nostro posto”. Nella prima c’è compensazione del debito, che è in sostanza la separazione, quindi Gesù si fa “ponte” o, con l’immagine da lui stesso usata, “scala” che soddisfa il desiderio di Dio di ritrovare la pecora perduta, la sua creatura tanto amata, “via” che permette all’uomo di ritornare. Ancora una volta l’amore è compimento della giustizia, perchè è la rivelazione del primo che permette la realizzazione della seconda. L’amore di Gesù fa nascere il pentimento nel cuore umano, e il pentimento è la giustizia che nasce dalla fede.
Questo ci fa vedere come è possibile parlare di espiazione e di un prezzo da “pagare”. Il pagamento che Dio aspetta dall’uomo è il pentimento, l’apertura del cuore:
18poiché non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti.
19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi. (Salmo 50)
Questo “prezzo” (la parola è antropocentrica: prezzo perchè ci costa pentirci, ci costa piegarci umilmente all’obbedienza della fede, per la zavorra del peccato originale) dal punto di vista di Dio è il ritorno (la teshuvà), l’anello e il banchetto per il figlio ritrovato. Esso diventa il prezzo pagato da Cristo allora perchè per noi è necessario vederlo morire per noi, siamo noi a chiedere un prezzo a Dio, per la nostra resa a Lui. Egli accettando le nostre “condizioni” trasferisce su di sè la morte che toccava a noi, e per le sue piaghe siamo guariti. Quelle piaghe che erano la conseguenza del nostro peccato. I nostri tentativi di dimostrare che egli non è diverso da tutti noi, capaci di amare finchè conviene e gratifica e finchè è facile, falliscono davanti alla Croce, si svuotano della loro virulenza e il cuore di pietra può ritornare un cuore di carne, riempirsi della riconoscenza.
Se pensiamo alla peccatrice che lava i piedi di Gesù nella casa del fariseo, e proviamo a ricostruire l’antefatto, ciò che induce quella donna a tanta riconoscenza, non possiamo che pensare ad una storia di resistenza, di incontro scontro con Cristo, di strategie per squalificarlo, per “smontarlo”. Ed ad ogni aggressione una nuova esperienza di accoglienza, di fraternità rispettosa da parte sua. fino al giorno in cui il cuore si abbandona, capisce che quello è il vero tesoro, più prezioso della vita stessa. Il desiderio di seguirlo, di dividere tutto con lui e con la sua comunità. E “paga” il prezzo del pianto. Ma come aveva detto Cristo, si tratta di un giogo leggero e dolce.
dimenticavo un link http://web.infinito.it/utenti/i/interface/Questioni.html
Cherubino,
ma in che link mi hai mandato?
Ho fatto un giro nel sito e mi lascia molto perplesso,
un insieme di documenti ma soprattutto di considerazioni molto, molto discutibili come sull’influenza negativa della donna nella società….,
ti intuivo molto più equilibrato….!!!!
ma il sito non lo conosco (non so neanche cosa contiene …) cercavo quel documento della Commissione Teologica e l’ho trovato lì. Il link era solo per quello.
adesso mi sento più tranquillo 🙂
Il sito sembra di un prete militare, ha una miscellanea di documenti magisteriali, pare esprimere considerazioni in cui ha molto a cuore l’identità degli uomini (cosa che per un prete militare deve essere importante) e si esprime non positivamente verso le donne che influenzano la società, indebolendola e creando confusioni nella virilità degli uomini.
A differenza di certi bei blog che conosciamo di sacerdoti, che si pongono in dialogo,
quel sito esprime solo verità, e certezze, mai un dubbio od un interrogativo.
Beato lui!
Non so se è rappresentativo dei preti militari. Approfondirò.
Sono sempre troppo curioso.
miii non ci pozzo creedere, direbbe il conte djracula (chissà come si scrive la dj siciliana …) e poi è facile parlare male delle donne per chi non è sposato 😉
🙂
Grazie a Cherubino per avermi ricordato quel sito; ovviamente le questioni che ponevo sono ineluttabilmente destinate ad altri tempi, che chissà se verranno. A scanso di equivoci sul tenore di quel sito, ho trovato un bellissimo inno al celibato ecclesiastico, scritto da un grandissimo scienziato laico, sposato e con figli (per sapere chi è: http://www.disf.org/ScienziatiCredenti/Lejeune.asp).
ringrazio io lycopodium per il link su Lejeune, la cui personalità mi fa venire in mente il grande santo medico napoletano, Moscati, e la chiesa dove a volte prima di entrare in classe (come studente) mi fermavo un attimo a pregare, il Gesù nuovo e dove riposa il corpo del santo (insieme ad altri, tra cui un altro grande, san Ciro…).
oggi festa del Sacro Cuore immagino sia festa nella chiesa dei gesuiti. Più avanti poi la chiesa di Santa Chiara… che voglia di andare a Napoli !
e mi scuserà (spero) Luigi, ma non resisto dal linkare questo bellissimo video sulla mia città … http://www.youtube.com/watch?v=iT4xiA2hO_s
Da Matteo Pazzagli ricevo questo messaggio:
Buongiorno, mi chiamo Matteo Pazzagli ho 24 anni abito a Rimini; in questo periodo diffcile (lavoro e famiglia) sto scoprendo sempre di più l’amore di Dio e proprio vero DIO E SOLO AMORE chi dice che e giudice si sbaglia di grosso alcune persone lo gurdano come uno che condanna dopo la morte; il suo mistero di amore universale e uguale x tutti nn fa selezioni e distenzioni il nostro Signore e Padre di tutti noi, apriamo gli occhi per vederlo le orecchie per sentirlo ma soprattutto apriamo il cuore per amarlo lui ci aspetta sempre apriamo la porta della verità della fede e che gioia stare con lui, le diffcoltà si convertono come benedizioni per stringersi intorno alla sua magnificenza e misericordia e la cosa stupenda e che vedi 2 legni icrociati che formano una croce, eh si proprio la Santa Croce, ma pensiamo un po Dio si e manifestato attraverso suo figlio Gesù abbraccia i nostri peccati subisce ogni umiliazione,lacerazioni viene ridicolizzato e sbeffeggiato e gesù cosa fa potrebbe punire tutti e figlio di Dio no si fa crocifiggere e abbraccia il mondo ecco e li il momento quando e sulla crocre con i chiodi conficcati dentro la carne, a me personalmente commuove tantissimo e ti mette un calore enorme dentro il cuore!inginocchiamoci davanti al nostro Padre per quello che a noi e impossibile nella nostra vita terrena e diciamo “io non cè la faccio più, adesso mollo,voglio morire…”lui che ci ama in maniera infinita e non si stanca mai di noi e nel momento che non cè l’aspettiamo ci fà percorrere la sua divina provvidenza!!! quello che ieri era buio oggi e luce, non vergogniamoci non esitiamo il Signore ci ama per come siamo con i nostri limiti e peccati e ripeto lui nn ci castiga mai come vuole farci credere Satana, quindi andiamo dal Nostro Signore e facciamoci “vestire” da lui una “veste” di purezza di amore di santità.
Insieme con il cuore che grida diciamo si a Dio diciamo si e ancora si, io intanto dico si a essere un suo operaio (e nn metto le virgolette perchè lo voglio con tutte le mie forze e con tutto il mio cuore)
La ringrazio per avermi dedicato due minuti, ma avevo voglia di testimoniare la grandezza di Dio credo che oggi davanti a una societa malata dal materialismo,dall’odio dalla sete di denaro, dal successo a tutti i costi, se noi lo vogliamo basta poco diamo testimonianza dell amore di Dio, facciamoci riempire dal fuoco dello spirito santo questa e la medicina unica e giusta per sconfiggere il nostro peccato e la lascio con una frase che la porterò per tutta la mia vita: essere sale della terra e luce del mondo…
Per l’occasione porgo i miei cordiali saluti. Matteo Pazzagli
Un abbraccio a matteo Pazzagli,
nella convinzione che comprenda anche i percorsi di vita anche se diversi dal suo, pur tutti uniti in Gesù, pur tutti raccolti nella profondita’ del suo “Cuore”.