Mi hai cavato dal grembo di mia madre
e mi hai posato ancora sanguinante sul suo petto.
Al mio nascere a te fui consegnato,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
Non stare lontano da me
perché l’angoscia mi è vicina
e non c’è chi me ne possa scampare.
Anche tu un giorno l’hai conosciuta.
[dal Salmo 22]
Mi hai cavato dal grembo di mia madre
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Oggi 22 dicembre è il settimo giorno dell’attesa del Natale con i profeti che vengo proponendo nel blog. Per intendere il modo in cui riporto e faccio mie le parole della Scrittura [anche quella di oggi non è una citazione letterale], invito i visitatori a leggere i post precedenti, pubblicati nei giorni 16, 17, 18, 19, 20, 21 dicembre. Qui si può ascoltare l’antifona maggiore di oggi che inizia con le parole O Rex Gentium.
Il Gloria e il lamento. La provocazione che rivolgo a me stesso con il richiamo al Salmo 22 – detto del “Lamento del Giusto sofferente” – è quella di guardare alla mangiatoia senza perdere di vista la croce. Ambedue sono tratte dal legno. Nel mezzo dell’Oratorio parrocchiale di ieri [vedi post precedente] don Francesco ha inserito un testo di Gandhi intitolato “Il vero significato del Natale” che tratta della scandalosa compresenza storica del Gloria e della Croce. Ne riporto alcune righe nel commento che segue.
Il vero significato del Natale, del Mahatma Gandhi. Non sono mai riuscito a capire fino in fondo la gioia del Natale […] perchè cantiamo “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli e Pace in Terra”, ma non sembra che oggi vi sia nè Gloria a Dio nè Pace sulla terra. Finchè permarrà la fame nel mondo, dovremo ancora aspettare la nascita di Cristo […]. La nascita miracolosa di Cristo è un evento eterno, come lo è la croce in questa vita tumultuosa. Perciò non possiamo pensare alla nascita senza pensare alla morte sulla croce […].
Essere aiutati dal Salmista e dal Mahatma a intendere il mistero del Natale: questo è straordinario. E’ il mio dono di oggi ai visitatori.
Facciamo di tutto per lasciarci intenerire dal presepio, ma è bene ( giù le mani dal ferro) ricordare che il presepio è l’antipasto del calvario.
Per fortuna nostra. Gesù si fosse fermato alla Notte santa di Betlemme, saremmo spacciati per sempre. E’ un’altra la Notte Santa che ci libera e ci salva, e viene dopo tre giorni che inteneriscono assai meno.
Gesù viene a Natale, ma non è quella l’ora per cui viene.
Viene a Natale, vive, muore e risorge e resta con noi per sempre. Ok.Forte e commovente.
Ma anche la sofferenza viene.Continua a venire: anche dopo di Lui.
Anche, schifosamente, il giorno di Natale: tra alberi, presepi e panettoni. Anche la sofferenza resta con noi per sempre.
Come la mettiamo?
La mettiamo che c’è Cristo Risorto, con i segni del dolore per sempre addosso.
Come la mettiamo?
La risposta è semplice. Che ognuno di noi cerchi di fare quello che è in suo potere per ridurla, alleviarla quella sofferenza. Non è questione di parole o di discussioni. Si tratta semplicemente di “fare”; fare quello che si può, ma “fare”.
Anche il portare su questo blog un po’ dello spirito autentico del Natale, che è spirito di mistero, stupore, tenerezza, pace. Anche questo è fare. Anzi, è tutto quello che qui si può fare.
Ricordo le parole una mia carissima parente: “ho perso tutto, la salute, l’autonomia, l’amore di mio marito, anche tanti nipoti sembrano di avermi dimenticata. Ma oggi sono ricca, del bene che ho fatto, dell’amore che ho dato, della felicità che ho regalo, e questo mi dà tanta, tanta pace”.
Piacerebbe un sacco anche a me, sai Fides, che ci fosse una risposta semplice.
Peccato che, sempre ammesso che uno la trovi- senza alcun suo merito- nella strada indicata da Gesù, sia tutto, ma proprio tutto fuorché semplice, quella risposta.
Fare? Ok, benissimo.
Allora, diciamo così: puo’ capitarti di fare non solo quello che è in tuo potere, ma di inventartene moooolto di piu’. Diciamo 24h / die, tutti i giorni, 365 gg l’anno? E accorgerti che il tuo fare “risolve” nel ridurre e nel lenire quanto risolve un cucchiaino da caffè nello svuotare un oceano indiano. Le parole o le discussioni proprio non si conteggiano nemmeno, figurarsi.
Spirito di mistero, stupore, tenerezza, pace?
Certo: senza di questo, che cappero di cristianesimo andrei contrabbandando? Però io ne ho le scatole piene e strapiene di tirarlo fuori dall’armadio una volta l’anno, e poi, stop, riporlo insieme agli addobbi fino all’anno dopo. Il che significa: fare ooohhhh, come i bambini di Povia, davanti a queste statuine bambocciose,e fottersene nella pratica della gente in carne e ossa. Che sta lì anche oltre il giorno di Natale: specialmente oltre. Che fine fa lo spirito di mistero, quando io mi ficco in testa di avere la mia bella rispostina cristianeggiante pronta davanti a ogni carrettata di dolore in cui sbatto il muso? E lo stupore e la tenerezza, quando litigo con un cognato o me ne fotto di mia moglie?
Quanto alla pace dell’animo: occhio, che molte volte è proprio per cercare disperatamente di mantenerla, o di mantenere un suo simulacro
che mi sono fatto in testa, che incomincio a chiudere una finestrina, poi due, poi tre, su quello che mi sta intorno e che me la potrebbe turbare…
Questo non è certo il caso che racconti tu Fides, parlando della tua parente
Sono contento per lei, e mi rasserena leggere le sue parole.
Però io ne tengo in mente molte molte altre, assai meno natalizie, tra tutte quelle scarabocchiate da un bambino delle elementari su un suo disegno,
messe proprio sopra la capanna con tanto di cometa d’ordinanza : ” Gesù Bambino, perché non togli le ruote a mia mamma?”.
Ogni anno che passa, confesso che ” faccio il presepio” sempre con maggiore riluttanza.Poi, quando sono lì lì per lasciare lo scatolone in soffitta, vado a dare una sbirciatina al crocifisso, mi sblocco e vado.
Per me Natale vuol dire che, come la sofferenza resta e ci accompagna, anche però sempre ci accompagna la possibilità di dire il nostro “fiat” come Maria, e così permettere sempre alla speranza di rinascere e contendere alla disperazione il dominio della nostra vita.
E per questo il presepe io lo faccio sempre molto contenta.
So che il nostro gentile ospite apprezza: http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/sposati_69_anni_muore_50_minuti_distanza/notizie/1081726.shtml
Un sincero augurio a tutti i frequentatori del pianerottolo.
Grazie Marcello, i segni che vengono dall’ora e dal modo della partenza sempre mi interessano.
Lorenzo carissimo quanto hai ragione: quest’anno ne ho anch’io le “scatole piene” a tal punto che stavo meditando di non partecipare alla Messa di Natale…
Poi mi sono detto: se non vado da LUI da chi mai potrò avere Parole di vita eterna?
Un grande abbraccio.
Auguri prof. Antonella.