Parrocchia di Sant’Elena al Casilino – 19 marzo 2014
Una donna forte, una sposa – o forse una “moglie di fatto” – prima felice e poi tribolata, una madre che si fece cristiana insieme al figlio, che assistette a terribili comportamenti di lui preso nel vortice del potere e della vendetta ma che infine ebbe la fortuna di morire tra le sue braccia: Sant’Elena merita di essere conosciuta oltre il profilo che ce ne danno le monete antiche e dietro la tradizione del ritrovamento della Croce che l’ha resa famosa nei secoli.
Tra le madri sante della Chiesa antica, Elena madre di Costantino, detta anche Sant’Elena Imperatrice (così è chiamata tutt’oggi nel Calendario dei Santi della Chiesa Cattolica), è una delle prime e delle più conosciute. Non è invece entrata per ora nelle “Litanie dei santi sposati” che sono venute diffondendosi negli ultimi decenni e che si cantano nel Rito del matrimonio: in quelle litanie, se vi entrasse, dovrebbe trovare posto per prima, dopo i santi sposati che figurano nel Nuovo Testamento e tra i martiri dell’antichità: “Santa Maria madre di Gesù, Santi Zaccaria ed Elisabetta, Santi Gioacchino e Anna, San Giuseppe, Santi Aquila e Priscilla, Santi Mario e Marta”. Se non ci fosse incertezza sulla sua condizione di sposa – in quanto pare che sia stata piuttosto la “moglie di fatto” di Costanzo Cloro, con il quale generò Costantino – Elena in quelle litanie dovrebbe venire subito dopo Mario e Marta, che sono martiri degli inizi del IV secolo: ecco, quando Mario e Marta vengono decapitati a Roma con i figli Abaco e Audiface, Elena e Costantino sono ancora pagani ma stanno per conoscere il cristianesimo e saranno tra quelli che faranno cessare le persecuzioni dei cristiani da parte dell’Impero Romano che erano durate due secoli e mezzo.
Elena appartiene alla grande storia: madre del primo imperatore romano che si fece cristiano, proclamata lei stessa Imperatrice, sepolta in un mausoleo, raffigurata in monete e statue. Qualcosa delle sue ossa si conserva ancora in Roma, nella Cappella di Sant’Elena, all’interno della Chiesa di Santa Maria in Aracoeli. Eppure la sua figura resta sfuggente, essendo poche le notizie sicure su di lei tramandate dai contemporanei ed essendo anche troppe le narrazioni tarde che la pongono a protagonista del ritrovamento della Croce di Cristo.
In questo libretto abbiamo cercato di tenerci agli elementi sicuri della storia di Elena che ci sono arrivati dalle fonti scritte e dai monumenti: li presenteremo nel primo capitolo. In particolare in esso leggeremo il racconto del pellegrinaggio in Terra Santa che compie alla fine della vita e che prenderemo dall’opera di Eusebio di Cesarea intitolata Vita di Costantino. E’ l’unica narrazione su di lei che ci sia stata lasciata dal grande storico ma attenzione: Eusebio non dice che Elena ritrova la Croce.
Al ritrovamento della Croce – che dev’essere avvenuto qualche anno dopo la sua morte – dedichiamo il secondo capitolo, dove leggeremo i testi decisivi per completare la conoscenza di Sant’Elena che ci hanno lasciato Ambrogio di Milano e Paolino di Nola, scritti una settantina d’anni dopo il viaggio dell’Imperatrice in Terra Santa. Vedremo anche che la Chiesa d’Oriente venera come santi sia Elena sia Costantino, mentre in Occidente è solo lei a essere riconosciuta come santa.
Nel terzo capitolo presenteremo l’epopea del ritrovamento della Croce com’è narrata da Jacopo da Varagine nella “Leggenda Aurea”: qui non vi è più nulla di storico, ma è il sentimento dei secoli cristiani per la Croce di Cristo ad aver intrecciato un cantico o poema teologico che Jacopo raccoglie da varie fonti e riconduce a unità, ponendo al suo centro – di nuovo e sempre – la figura di Sant’Elena. La Leggenda ci aiuta a intendere come la sua figura abbia attraversato i secoli e sia giunta fino a noi più viva – considerata la povertà delle notizie – di quanto ci si aspetterebbe. In ognuno dei capitoli ci aiuteremo a conoscere Elena con le foto degli edifici, delle statue e delle monete che le furono dedicati, mentre nell’ultimo, per la Leggenda della Croce, utilizzeremo soprattutto gli affreschi che Piero della Francesca ha dipinto nel Quattrocento ad Arezzo dando luce e colore a quanto Jacopo da Varagine aveva narrato nel Duecento.
Questi tre capitoletti e le foto che li accompagnano hanno l’ambizione di dire in breve sia la conoscenza che oggi abbiamo di Sant’Elena sia il sentimento con il quale quella conoscenza ci è stata trasmessa da quanti l’hanno incontrata e l’hanno amata prima di noi.
Capitolo primo
Quello che sappiamo di Elena
la stalliera che divenne Imperatrice
Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, il primo degli imperatori romani che si converte al cristianesimo, è una figura importante nella storia della Chiesa e della pietà cristiana, tant’è che è stata venerata come santa in tutti i secoli sia dalle Chiese d’Occidente sia da quelle d’Oriente. Ma poche sono le notizie sicure su di lei. Sappiamo che ebbe il figlio Costantino dal tribuno Costanzo Cloro (250 circa – 306) e sappiamo che il figlio, una volta impadronitosi di tutto l’impero, la proclamò “Augusta”, cioè “imperatrice”, nell’anno 324 dopo Cristo, quando Costantino aveva quasi 50 anni e lei doveva averne circa 75. Sappiamo anche che Elena dopo aver ricevuto quel titolo e dopo aver assistito impotente alla furia del figlio che – temendo congiure – mise a morte la moglie Fausta, il figlio Crispo e il nipote Liciniano (figlio della sorella Costanza), compì un pellegrinaggio in Terra Santa e laggiù fece costruire basiliche a Betlemme e sul Monte degli Ulivi. Morì poco dopo il rientro dal pellegrinaggio, forse nel 327 o nel 329, dopo aver fondato in Roma la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme per raccogliervi le reliquie portate dalla Terra Santa.
Di Elena Imperatrice sappiamo dunque poco dalle fonti scritte ma sono restati – legati al suo nome – importanti monumenti, tutt’ora visitabili, che costituiscono una sicura testimonianza dell’importanza che la sua figura rivestì accanto al figlio imperatore e a sostegno della politica di lui che fu prima di “tolleranza” e poi di “conversione” al cristianesimo. Il grandioso Mausoleo che per lei fece costruire Costantino lungo la via Labicana, poco fuori Porta Maggiore, in un tratto che oggi corrisponde alla via Casilina; l’imponente sarcofago in porfido che ebbe collocazione nel Mausoleo e che oggi si conserva nei Musei Vaticani; la già nominata Basilica di Santa Croce in Gerusalemme; statue, busti e monete che la ritraggono, tant’è che possiamo dire di conoscere meglio il suo volto di quanto non ci siano note le vicende e le date della sua vita.
L’importanza che la tradizione cristiana attribuisce alla figura imperiale e penitente di Sant’Elena è così ricordata dal “Martirologio Romano”, cioè dal registro dei Santi della Chiesa di Roma alla data del 18 agosto, che è quella della sua memoria liturgica: “A Roma sulla via Labicana [oggi si fa memoria di] santa Elena, madre dell’imperatore Costantino, che si adoperò con singolare impegno nell’assistenza ai poveri; piamente entrava in chiesa mescolandosi alle folle e in un pellegrinaggio a Gerusalemme alla ricerca dei luoghi della Natività, della Passione e della Risurrezione di Cristo onorò il presepe e la croce del Signore costruendo venerande basiliche”.
Come si vede nel Martirologio viene detto di più di quanto non risulti dalle fonti lette secondo i criteri della critica moderna. Ma per nostra fortuna tra i contemporanei vi fu uno scrittore, che è un grande nome della storiografia ecclesiastica, Eusebio di Cesarea (265-340), che ci ha lasciato un dettagliato racconto non della vita di Elena – purtroppo – ma del “pellegrinaggio a Gerusalemme”, che gli studiosi ritengono sostanzialmente attendibile. A noi che abbiamo fiducia nella critica storica, ma che vogliamo anche conoscere il sentimento con cui di Elena parlarono i contemporanei che iniziarono a venerarla, conviene dunque compiere ancora due passi tra loro legati: ascoltare – nella sostanza – il racconto di Eusebio e verificarne, almeno in parte, l’attendibilità storica.
Così leggiamo nel terzo dei quattro libri della “Vita di Costantino” scritta da Eusebio di Cesarea subito dopo la morte dell’Imperatore, che avvenne nel 337:
L’imperatore fece costruire il santuario [presso il Sepolcro di Cristo] come testimonianza evidente della resurrezione del Salvatore […] e quando venne a sapere che esistevano nella zona altri luoghi venerati dove si trovavano due grotte sacre, adornò anche queste con ricca prodigalità. Attribuì gli onori adeguati all’antro in cui il Salvatore si mostrò per la prima volta, la dove egli nacque e si fece uomo, e nell’altro luogo sacro intese celebrare il ricordo dell’Ascensione al cielo che avvenne sulla cima del monte. Volle onorare adeguatamente questi siti per perpetuare la memoria della propria madre, che aveva procurato grandi benefici al genere umano. Infatti quando questa si apprestò a pagare a Dio Signore dell’universo il debito della sua pietà religiosa, ritenne che fosse suo dovere ringraziarlo con preghiere perché le aveva dato come figlio un imperatore tanto grande e come nipoti i suoi figli, Cesari carissimi a Dio, e l’anziana donna giunse con entusiasmo giovanile, nella sua straordinaria saggezza, a conoscere quelle terra mirabile e a visitare le province e le popolazioni orientali con premura regale. Come ebbe reso il dovuto omaggio alle vestigia del Salvatore, in modo conforme al detto dei Profeti “prostriamoci nel luogo in cui si posarono i suoi piedi”, lasciò dietro di sé, per le generazioni a venire, il frutto della sua pietà religiosa.
Subito consacrò al Dio da lei venerato due templi, nei pressi della grotta che vide la Nascita di Cristo, l’altro sul monte dell’Ascensione. Infatti il Dio che è con noi, a causa nostra accettò di farsi uomo, e il luogo dove avvenne la sua nascita nella carne in ebraico si chiama Betlemme. Così la piissima Imperatrice intese onorare con meravigliosi monumenti il parto della Madre di Dio, rendendo splendida con ogni mezzo la grotta sacra che si trovava in quel luogo, e dopo poco tempo, anche l’Imperatore rese onore a questo sito con offerte votive imperiali, aggiungendo ai generosi donativi della madre suppellettili d’oro e d’argento e arazzi variopinti. E ancora, la madre dell’Imperatore esaltò la memoria dell’Ascesa al cielo del Salvatore dell’universo sul Monte degli Ulivi, facendovi costruire edifici superbi e innalzando, quasi sulla cima del monte, nella costa più alta, il sacro edificio di una chiesa e, sempre nel medesimo luogo, edificò un santuario di preghiera in onore del Salvatore che fece sosta proprio in quel luogo, poiché, secondo quanto attesta un racconto veritiero, lì, in quella stessa grotta, il Salvatore dell’universo iniziò i suoi discepoli ai misteri ineffabili. Anche qui l’Imperatore celebrò il sommo Sovrano con ogni sorta di offerte votive.
L’Imperatrice Elena, pia madre di un pio Imperatore, fondò così, in onore del suo Dio Salvatore, questi due magnifici e splendidi santuari degni di eterna memoria presso le due grotte sante, a testimonianza del suo fervore religioso e in questo frangente il figlio le offrì il sostegno dell’autorità imperiale. Non molto tempo più tardi, l’anziana Imperatrice raccolse il frutto dei suoi sforzi: dopo aver trascorso l’intero corso della sua vita fino al limite estremo della vecchiaia, circondata da ogni bene, e dopo aver diffuso, sia con le parole che con i fatti, i rigogliosi germogli dei precetti del Salvatore, al termine di una vita serena e senza affanni, con notevole forza del corpo e dello spirito, per questi motivi, ottenne da Dio anche una morte degna del suo ardore religioso ed ebbe la giusta ricompensa già nella sua vita terrena. Visitò infatti tutto l’Oriente nella magnificenza della sua dignità imperiale e beneficò con innumerevoli donativi sia le popolazioni nel loro insieme, città per città, sia i singoli individui che si rivolgevano a lei; e distribuì elargizioni anche agli eserciti con mano munifica, e fece moltissime offerte ai poveri ignudi e inermi, rifornendo alcuni di danaro e offrendo con generosità ad altri le vesti per riparare il corpo, liberò altri ancora che erano oppressi dalle sofferenze del carcere e delle miniere. affrancò quanti erano vittime di abusi, altri, infine, li richiamo dall’esilio. Benché rivelasse la sua munificenza attraverso queste iniziative, non trascurò certamente gli altri aspetti della devozione divina, mostrandosi un’assidua frequentatrice della chiesa di Dio e ornando con splendidi arredi i luoghi di preghiera, senza tralasciare i templi delle città più piccole. Si poteva vedere quella sovrana straordinaria accompagnarsi con il popolo, in vesti semplici e sobrie, e manifestare il suo fervore religioso in ogni sua opera di devozione.
Alla fine, dopo aver trascorso una lunga vita, fu chiamata a un superiore destino e, raggiunti circa gli ottant’anni di età, trovandosi al termine della sua esistenza, fissò le sue disposizioni testamentarie in favore dell’unico figlio, Imperatore e sovrano assoluto del mondo e dei Cesari figli di lui e suoi nipoti, definendo così le sue ultime volontà e distribuendo tra ciascuno dei discendenti i suoi averi, quanti ne possedeva in tutto l’Impero. Una volta date tali disposizioni, giunse alla fine della propria vita, al cospetto di un figlio tanto grande che restò presso di lei assistendola e tenendole le mani, così che, a un’attenta riflessione, sembrava che quella donna tre volte beata non fosse morta, ma che davvero avesse subito un mutamento e compiuto il passaggio dalla vita terrena a quella celeste. La sua anima si rigenerava nell’incorruttibile essenza degli angeli ed ella veniva accolta dal suo Salvatore.
Il testo di Eusebio pone un problema nodale a riguardo della figura di Elena: egli – grande difensore di Costantino “imperatore cristiano” – afferma che “fu lui che la rese devota, mentre prima non lo era” – ma fonti posteriori affermano che fu lei a convertire lui: per esempio Teodoreto di Ciro, nella Historia Ecclesiastica [Storia della Chiesa], composta tra il 444 e il 449. Già nel 395 Ambrogio di Milano nell’orazione funebre per l’Imperatore Teodosio – la vedremo meglio nel prossimo capitolo – aveva affermato: “Costantino fu sì beato, ma lo fu per una tale madre”. Non abbiamo strumenti per stabilire chi abbia ragione: se sia stato Costantino a portare alla fede cristiana la mamma, o se sia stata lei a condurvi lui.
Forse possiamo valutare come più attendibile il contemporaneo Eusebio su chi venne dopo e potremmo immaginare che l’imperatore Costantino, inteso a fare i conti sia politici sia personali con la fede cristiana, possa aver influito sulla mamma perché abbracciasse il cristianesimo; ma forse possiamo anche ritenere che Elena divenuta cristiana abbia percorso con maggiore agilità, rispetto al sanguinario Costantino, la via insegnata dal Nazareno e in definitiva abbia influito sulla personale conversione di lui: è ben noto infatti che Costantino pur ponendosi come difensore del cristianesimo fin dal 313 (Editto di Milano), chiederà il battesimo soltanto in prossimità della morte.
Mettendo insieme le notizie che ci vengono dalle varie fonti, potremmo tracciare questo racconto, che comunque resta indiziario e lacunoso.
Helena Flavia Julia Augusta – questo il nome completo, attestato dalle monete sulle quali è raffigurata come Imperatrix, a partire dal 324 – nasce nel 248-249 forse a Brepanum, in Bitinia, attuale Turchia (nelle fonti sono indicate anche altre “patrie”: una cittadina sconosciuta che Costantino poi rinominò in suo onore come Helenopolis, Città di Elena; così come chiamò Helenopontus una provincia dell’Impero Romano che prima si chiamava Diospontus).
Diverse fonti la dicono di “bassa condizione sociale”. Ambrogio di Milano in un testo del 395 la qualificherà come “stabularia”, cioè “donna addetta alla stalla”, o anche “locandiera”. Non sappiamo quando incontrò Costanzo Cloro, suo futuro compagno o marito, ma è verosimile che ciò sia avvenuto durante le campagne militari dell’imperatore Aureliano in Asia Minore. Alcune fonti la qualificano come moglie di Costanzo Cloro, altre come “concubina”. Gli studiosi tendono a ritenere poco attendibile il titolo di “uxor”, che le viene attribuito in documenti di molto posteriori ai fatti probabilmente per riscattarne l’immagine, dal momento che il figlio l’aveva proclamata “Augusta”.
Da Elena e Costanzo Cloro nasce Costantino forse nel 274. Costantino è ancora un ragazzo quando Costanzo Cloro – avviato a una rapida carriere che lo farà “Caesar”, cioè “tetrarca”: uno dei quattro responsabili dell’Impero, secondo la divisione voluta da Diocleziano, che l’aveva ripartito tra due Augusti (cioè imperatori) e due Cesari (cioè imperatori vicari, destinati a succedere ai rispettivi Augusti) – deve lasciare o ripudiare Elena per ragioni di Stato, e sposare Teodora (intorno al 289), figliastra dell’imperatore Massimiano.
Elena non si risposerà né ritroverà più Costanzo Cloro, che deve aver amato tenacemente sia per essere stata scelta come sua compagna o sposa nonostante l’umile condizione, sia per aver avuto da lui un figlio che egli riconobbe e avviò alla carriera militare. La carriera del figlio la lascia sola, possiamo immaginare che cerchi di raggiungerlo e sappiamo che vi riesce quando sarà proclamato tetrarca nel 306 e stabilirà la sua residenza a Treviri.
Non sappiamo se Elena sia stata presente, al fianco di Costantino, a Milano nel 313, in occasione dell’editto con cui il figlio e Licinio riaffermano la libertà di culto per i cristiani, già proclamata nel 211 dall’Imperatore Galerio. Di sicuro la ritroviamo accanto al figlio a Roma, dove Costantino sconfitti tutti i concorrenti e acclamato Imperatore la rifornisce di beni e le attribuisce il titolo di Augusta, cioè di Imperatrice: un titolo che non era stato mai attribuito alla madre di un imperatore dopo Livia, madre di Augusto. E ciò sta a dire il fortissimo legame con lei sempre conservato da Costantino.
Al culmine della gloria fa seguito quello della prova: in un breve giro di mesi, nell’anno 326, Costantino fa uccidere il figlio Crispo (figlio della prima moglie Minervina), la moglie Fausta e il nipote Liciniano che aveva appena 11 anni. Forse temeva congiure da parte dei familiari. Forse diede credito a una calunnia di corte che indicava Crispo e Fausta come amanti. Gli storici non sanno spiegare quella divampante ferocia e magari neanche mai la comprese la povera Elena, che godeva sì del titolo di Imperatrice ma era piuttosto relegata in un ruolo che oggi diremmo di “regina madre”, privo di potere decisionale. Una regina madre che nel frattempo si è fatta davvero cristiana – ma non conosciamo la data né le circostanze del suo battesimo – e va cercando di fare cristiano quel figlio valoroso e crudele, difensore del cristianesimo ma lontano dalla pietas insegnata dai Vangeli.
E’ a questo punto che si colloca il pellegrinaggio in Oriente, che già ci ha narrato Eusebio. Uno storico pagano ostile a Costantino, attivo nella seconda metà del V secolo, Zosimo, ci fornisce un’informazione preziosa sull’atteggiamento di Elena di fronte alla delittuosa condotta del figlio, un’informazione che può aiutarci a intendere i motivi di quel pellegrinaggio: “Elena, la madre di Costantino, era indignata per un simile gesto (l’uccisione di Crispo, ndr) e riteneva insopportabile l’assassinio del giovane” (Storia Nuova, libro II). Più insopportabili ancora gli saranno risultate le altre due uccisioni e forse da questa insopportabilità “cristiana” sarà venuta una delle ragioni che l’indussero a intraprendere – nonostante l’età avanzata – quell’impegnativo viaggio che ci appare a tutti gli effetti come un pellegrinaggio e quasi come un testamento. Quella notizia dello storico pagano ci è utile a intendere il cuore cristiano dell’Imperatrice.
Rientrata dall’Oriente Elena ha quasi 80 anni e muore con la vicinanza del figlio che – ci ha già detto Eusebio – “restò presso di lei assistendola e tenendole le mani”.