Un malato grave vede un mendicante, lo benedice e gli chiede la benedizione. Una brasiliana trovandosi a un colloquio drammatico con il proprio vescovo gli chiede di benedirla e gli dà la sua benedizione. Un anziano amico che veniva dalla Germania a informarsi sulle cose di Roma, in occasione dell’ultima venuta mi disse: “Porta al papa la mia benedizione”. Vado in visita a un collega morente e al momento dei saluti gli chiedo di benedirmi. Sono del parere che vada rimessa in onore la “benedizione” come liturgia quotidiana del cristiano comune: non solo quella dei genitori ai figli, già frequente e oggi quasi sparita, ma ogni benedizione da persona a persona, nella coppia e in ogni relazione umana, compresi i figli che benedicono i genitori o il cristiano comune che benedice un consacrato. Comprese le relazioni della blogsfera. – E’ forse l’attacco di un articolo che sto scrivendo per la rivista IL REGNO e per il quale chiedo aiuto ai visitatori: mandate il racconto delle vostre benedizioni.
Miei visitatori datemi la vostra benedizione
64 Comments
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Questo è per me un ricordo molto vivo, anche se lontano nel tempo:
ero ferma ad un semaforo, e la coda era lunghissima.
Come avviene spesso in città, un povero si avvicinava ai finestrini, chiedendo l’elemosina.
Era un ragazzo, nordafricano probabilmente, di quindici, sedici anni, e sembrava davvero triste, sconsolato direi.
Quando è arrivato da me, gli ho porto la moneta, e insieme ho detto “Il Signore ti benedica”.
Non posso dimenticare il cambiamento nell’espressione del suo viso, la luce, direi la gioia che improvvisamente si è accesa: “Grazie, grazie, grazie” ripeteva.
Sono ripartita, e dallo specchietto l’ho visto ancora fermo lungo la strada, che guardava verso di me, sorridendo.
Benedizioni 2:
Il Signore ti benedica, Luigi.
Ho il ricordo di speciali benedizione impartite da un frate anzianissimo e barbuto che incontravo tutte le mattina sull’autobus quando, adolescente, mi recavo di buon mattino al liceo artistico…
Lui saliva puntualmente all’altezza del Policlinico Umberto I, e siccome aveva i sandali pure d’inverno, e senza calzini, ricordo con angoscia i suoi piedi nodosi e lividi. Lo facevo sedere, mi sorrideva benevolo e mi benediceva. Tutte le mattine. Sarà un caso ma, tutte le volte che lo faceva le mie interrogazioni volgevano in bene…Sono una fonte di grazia le benedizioni…ma non solo:annullano le maledizioni. Perciò benediciamo in cuor nostro se qualcuno ci ha maledetto. Sia lodato Gesù Cristo.
Leopoldo – Sal-Gioab
Gentile Clodine, mi spieghi, se il frate la benediceva ogni giorno, come fa a dire che le interrogazioni andavano bene per via delle benedizioni? Non sarà che magari lei una ragazza studiosa? E chi porta il conto per vedere quante benedizioni servono per annullare le maledizioni, forse in Paradiso c’è anche un ragioniere con la matita all’orecchio e gli occhialini? Non c’è nessun merito a portare i piedi nudi in inverno, non sarà stato un modo per attirare la sua attenzione, dato che gira voce che lei sia graziosa?
Gli extracomunitari che chiedono qualche spiccioli spesso chiedono e danno la benedizione. A me fa piacere, è un bel modo per ringraziare. Inoltre ricordo che nel Cammino c’è sempre la benedizione dei genitori verso i figli.
Inutile dire che faccio il tifo perché l’articolo veda la luce. Abbiamo bisogno di benedizioni.
Oh..gentile Leopoldo, il frate era anziano davvero, e malandato pure, e molto. Credo che a quell’età veneranda, trascinare un corpo intirizzito, mal coperto, su piedi lividi nel pieno dell’inverno un certo merito ci sia..altro che se c’é !!
Mi piace l’ idea del ragioniere contabile, e non è neppure così peregrina. Mi sa tanto che per entrare in paradiso occorrerà che il buon Dio, quando aprirà la nostra paginetta, la trovi in buon ordine e scritta con bella grafia altrimenti, se presentiamo degli scarabocchi…mmm…dovrà suo malgrado correggere alcune cosucce…e…non sarei così sicura che lo scarabocchio venga bypassato.
Le assicuro che le benedizioni, così come le maledizioni, sono cosa seria..anzi…siccome sono “sacramentali” producono un qual certo “effetto” speciale da non sottovalutare. Con le benedizioni e per mezzo di queste vengono santificate alcune circostanze della vita, ma anche le persone e gli oggetti che appartengono al quotidiano.
Il Signore ci benedica tutti, compreso il “maledetto” (per sua stessa ammissione) Governo Monti e ci risparmi guai peggiori.
Benediciamo e diciamo bene sempre, il Signore certamente lo apprezzerà e farà la sua parte.
Grazie Luigi per questa riflessione e questo invito.
Gesù benedice i fanciulli (Mt 10,16), così come benedice, nel gesto del sacerdote, i suoi discepoli al momento dell’Ascensione.
Ed il Nuovo Testamento vede il culmine della benedizione di Dio nell’invio e nell’opera redentiva di Cristo (At 3,26). Particolarmente significativo è il passo di Efesini 1,3: « Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. »
Spero presto di leggere l’articolo di Luigi!
Che Dio Onnipotente ci benedica tutti!
P.S.: oggi mi è capitato di leggere un bellissimo articolo di Suor Maria Gloria Riva su “Avvenire”, che faceva riferimento all’opera maestosa di Hubert e Jan van Eyck: il Polittico dell’Agnello. Al centro vi è un immagine magnifica di Dio Benedicente!
Gentile Clodine, a me piaccio sia le benedizioni sia le maledizioni. Non si è accorta che parlava il Giab che è in me? 🙂
OT, ma forse non troppo…
Sfogliando il Corriere on-line trovo questa notizia
http://nuvola.corriere.it/2012/10/30/enzo-il-primo-licenziato-del-pubblico-geometra-non-servi-piu/
Benedire? e come sarebbe mai possibile…
Cmq io penso che a volte i più solenni “vaffa” sono al pari di una “benedizione”
@ Leopoldo
La ringrazio per avermi coinvolto, ma ho promesso al distinto Luigi che non avrei commentato i suggerimenti di Clodine e rimango fedele alla promessa. Certo, convengo con lei che spesso la superstizione aiuta a perdersi nella foresta e poi diventa difficile ritrovare la strada della serena ragionevolezza. Quindi mi astengo… per ora. Le sono grato per la complicità.
@Leopoldo…[ ma certo che me ne ero accorta. ; )) ]
“Ogni “cristiano”, come dice il nome, ha in sé lo “spirito di Cristo” perché partecipa della sua “unzione”, che lo consacra figlio di Dio e portatore della salvezza di Cristo. Per questo i genitori possono benedire i figli, i membri di una comunità possono benedire i propri fratelli e tutti possiamo benedirci a vicenda, invocando gli uni sugli altri la grazia di Dio e la potenza dello Spirito santo” (don Andrea Santoro, Lettere dalla Turchia, giugno 2006).
Ne sono convintissimo. Da ormai un paio di anni, dò la benedizione ai figli prima di andare a letto pronunciando la formula della chiusura della liturgia delle ore: “Il signore ti benedica, ti preservi da ogni male e ti conduca alla vita eterna”. Con la risposta dei figli: “amen”. La sera è una benedizione individuale con il segno della croce sulla fronte, come nella celebrazione del battesimo, con l’aggiunta di una carezza sulla guancia e il classico bacio della buona notte. La mattina invece la benedizione è collettiva. E’ la forma di conciliazione più semplice ed efficace che ho trovato con i figli piccolissimi e piccoli. E’ la forma più sincera di buona notte. Anche il più piccolo, un anno e mezzo, viene spontaneamente alla sponda del suo lettino e non vede l’ora tutte le sere…
Caro Luigi, il mio attacco sulla benedizione inizia con il suggerimento che Dio diede ad Abraamo : “E Jehovah diceva ad Abramo: “Esci dal tuo paese e dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre [e va] al paese che io ti mostrerò; e farò di te una grande nazione e ti benedirò e davvero farò grande il tuo nome; e mostrati una benedizione. E certamente benedirò quelli che ti benediranno, e maledirò colui che invocherà su di te il male, e tutte le famiglie del suolo certamente si benediranno per mezzo di te”. ( Gn 12.1-3)
Questo ci porta ad esaminare il senso della parola “benedizione”. E Il verbo ebr. baràkh di solito reso “benedire”, in alcuni passi è reso “augurare il bene” (1Sa 25:14); “congratularsi” (1Cr 18:10); “salutare” (2Re 4:29), mentre il gr. eulogèo significa letteralmente “parlar bene di” e il sostantivo eulogìa (lett., benedizione da cui elogio ) com’è usato in Romani 16:18 ha un accezione negativa, come un “parlar complimentoso” inteso a sedurre. Quindi non sempre benedire ha un significato positivo, ma può significare anche essere ipocriti.
Da tutto questo è chiaro che il significato di benedire è quello di “dire bene” e Dio poteva certamente dire bene di Abramo perché ascoltò sempre la sua voce e fu fedele alle direttive ricevute così Dio poteva giustamente dire che lo benediva dato che ne diceva bene.
Anche Paolo consiglia “Continuate a benedire quelli che [vi] perseguitano; benedite e non maledite.” (Rm 12.14) Anche in questo caso la benedizione non era legata ad una superstizione, in quanto aveva uno scopo preciso; cioè quello di mantenere aperta una porta di comunicazione per poter continuare a dialogare con colui al quale voleva comunicare “la buona notizia di Gesù” mantenendolo nella disposizione di essere un ascoltatore amichevole, mentre,la maledizione avrebbe avuto l’effetto opposto, cioè quello di creare un ostacolo alla comunicazione.
Concludo dicendo che per essere meritevoli di benedizione,occorre che ciascuno possa dare agli altri l’opportunità affinché essi possano parlare bene. Dio parlerà bene di quelli che ascoltano la Sua voce, come quelli parleranno bene di Dio perché riceveranno favori e opportunità. Ciascuno dirà bene dell’altro. E’ una strada a due corsie una va una viene, Ciò che si semina si raccoglie “Ed egli renderà a ciascuno secondo le sue opere:[…] ma gloria e onore e pace a ognuno che opera ciò che è bene. Poiché presso Dio non c’è parzialità.” ( Rm 2.6-11)
@ Luigi
Caro Luigi, ho lasciato da parte la questione più specifica, intorno alla benedizione, perché c’è una condizione che deve essere soddisfatta affinchè la benedizione possa essere efficace, com’è facile capire:
“Quindi Jehova parlò a Mosè, dicendo: “Parla ad Aaronne e ai suoi figli, dicendo:
‘Questo è il modo in cui dovete benedire i figli d’Israele, dicendo loro:
“Jehova ti benedica e ti custodisca.
Jehova faccia splendere verso di te la sua faccia, e ti favorisca.
Jehova alzi verso di te la sua faccia e ti conceda pace”’.
E devono porre il mio nome sui figli d’Israele, perché io stesso li benedica”
( Num 6.22-27)
Non credo siano necessarie ulteriori spiegazioni.
Caro Luigi, questa è tutta per te:
«Beati pedes evangelizantium pacem! Evangelizantium bonum!”
Non è una sviolinata. Se guardo il reticolo dei tuoi su e giu’ per lo stivale, cosa posso dire dei tuoi pedes, se non quel beati? E riguardo all'”evangelizans”, c’è un modo di portare Gesù con la predicazione e la catechesi, e c’è un modo di portarlo in giro, di portarlo agli altri, raccontando roba. Viva. Indipendentemente dal fatto che lo faccia tu, io credo che questo modo sia complementare al primo, e anche migliore al fine di dare una versione attule, fattuale, quotidiana del Vangelo.
Il Vangelo, va benissimo incensarlo durante le celebrazioni, utilizzarlo per “segnare” l’assemblea dei fedeli, deporlo sui feretri, tenerlo sui comodini, nelle scrivanie, leggerlo, sfogliarlo, studiarlo…Ma poi siamo sempre lì: ci vanno dei bei pedes, umili e terra a terra come tutti i pedes, che si prendano la briga e la felicità di portarlo FUORI. Spècie dove non arriverà mai il Papa, mai un vescovo, si e no una volta o due nella vita un prete.
Perché per predicare , per catechizzare, e anche per raccontare i fatti di Vangelo, come fai tu, ci vogliono numeri preparazione e Spirito. Per viverli, lo Spirito basta e avanza, non è richiesto altro. Ce la possiamo fare tutti: persino io.
Morale: usiamoli sti piedi. Muoviamoli, e andiamo.In un certo senso è consolante che non ci si chieda di essere solo cervello, e cuore- lo troverei un tantino ansiogeno- ma anche,prosaicamente, piedi.
In fin dei conti Gesù quelli si è chinato a lavare.
Come sono belli i piedi
del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza… (Is 52,7)
Ancora don Andrea Santoro nella sua lettera privata al Papa Benedetto XVI, pubblicata postuma:
“Santità,
mi unisco a queste tre donne (la lettera è preceduta da uno scritto di tre donne georgiane che salutano il Papa, ndr) per invitarla davvero da noi. È un piccolo gregge, come diceva Gesù, che cerca di essere sale, lievito e luce in questa terra. Una sua visita, se pur rapida, sarebbe di consolazione e incoraggiamento. Se Dio vuole… a Dio niente è impossibile.
La saluto e la ringrazio di tutto. I suoi libri mi sono stati di nutrimento durante i miei studi di teologia. Mi benedica. E che Dio benedica e assista anche lei.
don Andrea Santoro
Prete “Fidei donum” della diocesi di Roma in Turchia,
Mi ha sempre colpito moltissimo questa richiesta di don Andrea al Papa di benedirlo e mi ha sempre ricordato la richiesta di Giacobbe all’uomo misterioso nella lotta allo Iabbok: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!”.
Anche io ritengo che il cristiano comune possa a buon diritto dare la propria benedizione al consacrato.
Esiste poi un esplicito atto di benedizione che sul cammino di santiago gli “hospitaleri” possono dare a tutti i pellegrini, al termine del soggiorno prima di ripartire. Nell’hospital gestito sul cammino dalla confraternita jacopea di Perugia è previsto un vero e proprio rito, che riprende le parole antichissime della benedizione dei pellegrini e di cui gli hospitaleri possono fare uso anche a nome della chiesa.
@ mattlar
“mi ha sempre ricordato la richiesta di Giacobbe all’uomo misterioso nella lotta allo Iabbok: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!”.”
Già, lo benedisse….però dimentica di dire che gli “ha slogato la cavità della giuntura della coscia” (Gn 32.32) Si è mai chiesto perché la benedizione porta slogature ?
Come Nico e Antonella anche io sono rimasta colpita dalla capacità degli stranieri di dare benedizioni. Lo fanno con un modo assolutamente usuale e quotidiano.
Di mio non ho mai benedetto nessuno, facevo fare il segno di croce a mio figlio quando era troppo piccolo per farlo da solo, ma non credo che sia una benedizione, credo che in fondo la senta cosa troppo grande per me.
bravo mattlar! Io ogni tanto mi ricordo. Ma non gli ho insegnato a dire “amen”.
mi applico
Caro Luigi, non ci crederai ma io mi sento dire abbastanza spesso “Dio ti benedica” dalle zingare, quando do loro qualcosa.
Non sono però convinta che lo dicano seriamente. La loro benedizione mi sembra una formula “studiata” furbescamente a mo’ di ringraziamento più che una vera e propria benedizione.
Ci credo Marilisa e immagino anch’io che lo facciano furbescamente, ma attenzione: per le zingare l’accattonaggio ha la serietà di un lavoro – ha la serietà che ha per noi il lavoro – e dunque in quel ringraziamento c’è la stessa gratitudine che noi abbiamo [che io ho] per chi ci dà la busta paga.
Una benedizione è sempre una benedizione. Credo sinceramente che una benezione non sia mai pronunciata invano. Altrimenti anche quella che, carpita con l’inganno, Isacco pronunciò su Giacobbe sarebbe stata vana.
Ciao Mattlar.
Sono arrivato alla benedizione della buona notte, passando per la preghiera serale, per ovviare ad alcuni problemi che incontravo.
Inizialmente, a partire dal primo figlio piccolo, pregavamo con lui e mano mano che cresceva gli impartivamo le prime preghiere cristiane: il padre nostro e l’ave maria, insieme ad un momento di preghiere spontanee. Di fatto, c’era un vizio originario: la preghiera della sera di noi genitori diventava quella e questo non andava bene, perché caricavamo la preghiera – che doveva essere tarata sulle capacità dei bambini – di aspettative più grandi di quelle che lui poteva sostenere e la misuravamo su un tempo da adulti e perché – in fondo – ci aspettavamo che questo stimolasse anche noi a pregare. Inoltre, gli imponevamo una modalità di preghiera dall’alto, che non sempre i figli accettavano.
Così – anche ricordando quella frase di don Andrea Santoro – siamo passati alla benedizione serale, semplice, sintetica, anche accompagnat da una preghiera a volte ma sempre accompagnata dalla loro adesione “amen”. In questo modo abbiamo ritagliato altrimenti uno spazio di preghiera nostro che ci consente di poter guadagnare quella dignità per dare ai bambini la benedizione e abbiamo ottenuto il loro desiderio di avere qualcosa da noi.
Dall’abitudine ormai molto consolidata di dare la benedizione ai figli mi accorgo che passo con facilità anche a benedire espressamente ma con disinvoltura e quasi con naturalezza altre persone, quando la situazione lo consente.
ciao fabricianus!!!! piacere di sentirti!
Saluti a tutti. scusatemi, forse sono un po’ prolisso, ma l’argomento della benedizione mi investe particolarmente.
Trovo anche stupendo che le benedizioni abbiano uno schema da cui si impara la grande sapienza della chiesa: prima si fa memoria specifica della potenza dello spirito a cui si vuole attingere e poi si chiede a Dio di benedire. Come per esempio, “signore, tu che ha fatto vedere i ciechi e fatto udire i sordi, benedici questa persona perché possa guarire”… schema molto esemplificato e anche un po’ rozzo in questa forma, però rende l’idea.
Forse avete ragione, Luigi e Antonella, ma io da sempre ritengo “vera” benedizione quella che si dà pensando davvero al Signore, al Bene che viene da Dio, non quella per ringraziamento, sebbene anche quest’ ultimo sia importante.
Anche noi spesso diciamo “Dio ti benedica” come una frase fatta e, direi, banale.
E comunque io accetto bene quel tipo di ringraziamento che mi arriva dalle zingare, ma non gli do troppa attenzione.
Luigi, le benedizioni da te introdotte nel post sono benedizioni vere, non tanto per dire.
La benedizione “carpita con l’inganno”, poi, secondo me, con tutto il rispetto per i sacri testi, fa parte di una storia che poco ha a che fare con Dio.
Parliamoci chiaro: non riesco proprio a mettere insieme Dio e l’inganno. Sbaglierò ma…
Antonella, prova a leggere quel che ho scritto circa le Scritture nel post destinato a Gioab.
Questo è il mio punto di vista, non pretendo di avere ragione.
” ‘Vi ringrazio’, gli dissi. Non ho trovato che queste parole. E le ho pronunciate anche così freddamente! ‘Vi prego di benedirmi’, ho continuato sullo stesso tono. La verità è che lottavo da dieci minuti contro il mio male, il mio spaventoso male che non era mai stato più forte. (…) Eravamo sulla soglia della porta. ‘Tu sei in pena’, m’ha risposto. ‘Tocca a te benedirmi.’ E ha preso la mia mano nella sua , l’ha alzata rapidamente sino alla sua fronte, e se n’è andato. Vero è che cominciava a soffiare un forte vento, ma per la prima volta non l’ho visto raddrizzare la sua alta statura: camminava tutto curvo.”
(G. Bernanos, Diario di un curato di campagna)
Ora, seguendo il tuo invito, ti racconto le mie benedizioni.
Io benedico nei luoghi affollati, per le strade, ma soprattutto negli autobus. Soprattutto quando nei dintorni c’ è qualcuno molto arrabbiato. Mi guardo intorno, poso un rapido sguardo su un volto, poi su un altro, e a ognuno dico mentalmente “Dio ti benedica”. A volte tra i volti arrabbiati se ne nota uno calmo, assorto. Se su quello indugio con lo sguardo, corre tra noi un abbozzo di sorriso e allora mi sento benedetta. Se solo ci si fa un po’ caso, siamo avvolti di benedizioni.
Che dire, io benedico Ubi Humilitas, ma lui potrebbe respingere…Non so, ci si prova…
Buona festa di OGNISSANTI a Luigi e, a tutti voi.
Grazie, Fabricianus, buona festa anche a te. E a Ubi Humilitas. E a tutti.
Quel ” A’ Madonna t’accumpagni” detto da nonne,zie, Mamma è sempre stata una benedizione che è discesa su ognuno di noi, fauna del territorio napoletano. L’ho detta anch’io alle mie figlie, proprio così, in napoletano, per anni… e la nuova generazione sta venendo su ricevendo la stessa benedizione quotidiana.
Ricevette la stessa benedizione anche Papa Benedetto da parte del Cardinale Sepe qualche anno fa…
Questa sera mi piace rivolgerla a Luigi, per quanto fa ma soprattutto per la maniera in cui riesce a parlare con gli altri, con TUTTI gli altri : ‘A Madonna t’accumpagni sempre”
E anche a tutti quanti gli accattolini, di vero cuore: ” ‘A Madonna vi accumpagni, ogni giorno”.
Grazie, Principessa.
Ricambio di cuore, per te e per tutti:
“Ti benedica il Signore
e ti protegga.
Il Signore faccia brillare il suo volto su di te
e ti sia propizio.
Il Signore rivolga su di te il suo volto
e ti conceda pace” (Nm 6,24-26).
Buona festa di Ognissanti
A me vien fatto di benedire sempre, in cuor mio, i bambini.
Li vedo così belli nella loro spontaneità non ancora toccata dal Male, che il mio “Dio ti benedica” è un pensiero naturale,un desiderio forte che restino sempre al di fuori del Male, e nello stesso tempo un ringraziamento al Creatore che li ha chiamati alla vita.
Grazie anche da me, Principessa. E grazie, Nico. Sono belle, le cose che leggo qui, nei commenti a questo post.
E, così, lo penso anch’io come un bene -cioè lo penso più di prima- che “vada rimessa in onore la ‘benedizione’ come liturgia quotidiana del cristiano comune” . Immagino anche possibile -al limite. Molto al limite- “il cristiano comune che benedice un consacrato”. Purché tutto questo non faccia perdere di vista l’abissale “oggettiva” distanza che passa tra il consacrato e il “cristiano comune”.
Ma non la sentite, voi, su di voi, dentro di voi, la differenza tra il gesto benedicente di un laico e quello della persona “non comune” le cui mani sono state consacrate?
Io ricordo con terribile nostalgia – e sempre più terribile via via che il tempo passa- la mano e lo sguardo benedicenti che mia madre, ormai molto malata, posava così dolcemente su di me. Ma anche in confronto a quel dono così grande -così rimpianto, così pieno di tenerezza, così santificato dal dolore- , perfino la benedizione del prete più distratto, del meno vicino a me e al mio mondo, io la sento infinitamente -arcanamente, indicibilmente- più preziosa.
Qui urge l’intervento dell’umiltà, nostro referente per tutto quanto riguarda la lingua partenopea: “‘A Madonna” o “‘A Maronna”? Nella corretta pronuncia del luogo, la dentale diventa liquida oppure questo è un vezzo, un di più, un eccesso vernacolare che si può evitare?
Se oggi visita questo luogo, sia gentile e mi illumini: potrei non dormire stanotte …
Caro Luigi, dico bene di te e ti benedico!
Siamo poco abituati a benedire gli altri perché in noi c’è l’idea che la benedizione sia una esclusiva dei ministri ordinati. Gli americani, invece, essendo di cultura protestante, sono molto più liberi e le usano molto più spesso. Speriamo cambino le cose anche da noi. E ricordiamoci anche queste parole assai impegnative: “Benedite coloro che vi maledicono” Lc 6,28.
Buona solennità a tutti.
Leonardo, dormi beato, normalmente, di regola è “Maronna”.
E’ Il rotacismo che subisce la consonante “d”.
Su “Madonna” o “Maronna” le autorità sono in contrasto. Per la prima stanno Eduardo De Filippo (Il monologo della Madonna delle Rose) e Luciano De Crescenzo (Fosse ‘a Madonna, Mondadori 2012), Per la seconda il cardinale Sepe (‘A Maronna c’accumpagna! è la conclusione abituale delle sue omelie) e Pino Daniele (Maronna mia).
A proposito di benedizione, ho scoperto che si benedicono anche gli “animali” non so se questo include anche quegli uomini-animali ma ho scoperto che :”L’ordine religioso dei francescani ha recentemente accusato i gesuiti di essere “eretici” e “nemici del creato” per aver detto che gli animali sono ‘incapaci di amare’. Il prelato Mario Canciani ha così espresso l’opinione della Chiesa: “La chiesa [cattolica] è aperta a tutti gli esseri”.
E così, dice La Repubblica (14-15 febbraio 1993), “sono in molti a Roma che da anni fanno benedire “i piccoli amici domestici”. Nell’annunciare l’appuntamento per l’occasione, il quotidiano spiega che “insieme ai cristiani più propriamente detti potranno entrare [in chiesa] appunto gatti, cani, pappagalli, conigli e tutta la fauna per cui si vuol ricevere una benedizione”.
Ogni anno il 17 gennaio, davanti alla chiesa di Sant’Eusebio, all’angolo tra via Napoleone III e piazza Vittorio, si rinnova una tradizionale quanto curiosa funzione: quella della benedizione degli animali. Il rito è celebrato oggi in forma assai ridotta rispetto al passato e i partecipanti si sono ristretti ai soli animali domestici, come cani, gatti e canarini. Nei secoli scorsi, la cerimonia si svolgeva invece con grande sfarzo: gli animali da benedire erano numerosissimi e andavano dai buoi agli asini, dagli animali da cortile fino ai cavalli delle carrozze dei nobili. La benedizione, poi, aveva luogo in origine nella vicina chiesa di Sant’Antonio Abate, il santo protettore degli animali, e solo quest’ultimo secolo è stata dirottata, per motivi di traffico, a Sant’Eusebio.
La cerimonia, di grande attrazione per gli stranieri, si ripeteva spesso per diversi giorni e cominciava fin dalle prime ore del mattino del 17 con la sfilata di tutti i quadrupedi, tra due ali di folla, fino alla chiesa. Qui un sacerdote, munito di un grande aspersorio, spruzzava energicamente le bestie impartendo loro la benedizione.
Fra le testimonianze scritte giunteci dell’avvenimento ci sono anche quelle di Goethe e di Andersen, mentre la scena è stata immortalata in una litografia di A.J.B. Thomas del 1823, in un acquerello di Bartolomeo Pinelli del 1831 e in un quadro del danese Wilhelm Mastrand del 1838.
Naturalmente la benedizione richiedeva un’offerta da parte dei proprietari delle bestie alla chiesa di Sant’Antonio; essa andava da quelle in natura dei contadini a quelle cospicue in denaro dei nobili.
Con una punta di ironia Goethe nel 1787 ricordava una nota dolente della festa: “i cocchieri devoti portano ceri grandi e piccoli, i padroni mandano elemosine e doni, con i quali i preziosi ed utili animali sono garantiti da ogni disgrazia”.
Il Belli non si lasciava sfuggire quest’ottima occasione per lanciare l’ennesima sferzata contro la chiesa, personificata in questo caso da “cuer pezzo de demonio de don Pangrazzio”, che se aveva un gran daffare con il suo aspersorio, ancor più era impegnato a raccogliere le offerte.
Il giro di interessi economici legato alla cerimonia divenne così rilevante da indurre i parroci di altre chiese a tentare di “farlo proprio”, approfittando del fatto che alcuni nobili, elargendo lauti compensi, chiedevano funzioni riservate ai propri animali.
Ciò portò ad una concorrenza tra Sant’Antonio Abate e altre chiese romane per l’esclusiva sulla benedizione degli animali, tanto che nel 1831 il cardinale vicario dovette intervenire minacciando la sospensione a divinis per chi avesse compiuto il rito al di fuori della chiesa di Sant’Antonio.
http://www.laboratorioroma.it/Curiosit%C3%A0%20e%20tradizioni/benedizione.htm
http://www.youtube.com/watch?v=3qL4VReTNVQ
Azzardai parole incaute scrivendo insieme a Ubi.
http://www.youtube.com/watch?v=Fu5rHKjI-WM
Grazie Luigi. Non ho capito tutto, ma ho goduto. (In fondo, mi basta poco)
Questo, invece, è il mio dialetto:
http://www.youtube.com/watch?v=tkTBbhbMGCA
Certo, non c’è confronto: ma loro vengono dalla Magna Grecia, noi abbiamo i Celti dietro di noi (i bizantini dell’esarcato ci son stati troppo poco, anche se un velo l’han lasciato anche loro).
Alcuni interventi mi hanno fatto ricordare le parole di una mia nonna che nel nostro sermo nativus salutava i nipoti rivolgendogli queste parole:
“Banadèt al miè putìn”, “banadèta dal Sgnòr” o semplicemente “banadìt!”
Benedetta nonna. Benediceva continuamente.
Spero che il Signore l’abbia ascoltata e che ascolti anche noi quando diciamo bene del prossimo e quando benediciamo i nostri bambini.
@Leonardo,
non sottovaluterei il contributo degli Etruschi, che tra Felsina e Spina avevano i loro bei traffici. Ma sono stati certamente i Galli nostrani, malamente romanizzati e latinizzati, che hanno lasciato quei tipici suoni duri e al tempo stesso briosi ai nostri dialetti. Non facciamo confronti e teniamoceli cari, perchè ci trasmettono i pensieri e gli affetti delle voci che amiamo e abbiamo amato di più.
(E sten brisa a scorar dal scutmai!).
Magna Grecia…
molto Magna, molto…
peccato che della Grecia c’è rimasto solo il “magna magna”…
Nel ringraziare noi diciamo: Deus ti ddu paghit, cioè: Dio ti ricompensi, che è molto più di un semplice “grazie”.
E con questo: Il Signore vi benedica!
Grande Maioba!
Ecco un florilegio benedizionale, da una magnifica rivista on-line:
http://www.ilcovile.it/scritti/irishblessings.htm
Maioba nelle mie Marche si diceva “il Signore ti rimeriti”.
Quando abbraccio mia figli penso sempre: Signore, ti prego, benedici e proteggi questa bambina.
Alcune benedizioni familiari:
‘U Signuri t’u paja, che il Signore ti ripaghi per il buon gesto che hai fatto (lett.: te lo paghi il Signore). Sicilia.
Mia zia Anna in Calabria mi congedava sempre con uno va’ figghiu n’santa Paci, vai, figlio, in Santa pace. Stanotte ha portato, come mi hanno insegnato da bambino e come faccio ora con Sara, un regalino a mia figlia, alla faccia di Halloween.
A Bagheria è uso salutare tra persone in età con un “‘Sa binidìca”, vossignoria mi benedica.
Mia nonna dice che i cosi ca no su giusti ‘u Signuri no t’i benadìci, ossia che Dio non ti benedice le cose che fai pestano i piedi agli altri o con sotterfugi.
‘U Signuri m’u benadìci, / o figghiu benadìttu mu sì, ossia “Il Signore lo benedica” (detto verso chi ha fatto un gesto stupido o cattivo, in questo caso la “benedizione” è molto ironica), o “Figlio, che tu sia benedetto”, usato come interiezione o come avvio di una lunga rampogna.
Mio padre usava anche l’espressione, parlando con me nella mia adolescenza, di figghiu d’a Madonna, espressione bagherese per indicare ma persona intellettualmente onesta fino all’ingenuità).
Infine un ricordo personale: Il Signore ci benedica e custodisca, protegga noi e tutti i nostri cari, ci conceda una notte tranquilla e un riposo sereno. Era la formula con cui chiudevamo, alle 22.30, la giornata in collegio. C’era la preghiera di Compieta ed eravamo una decina a seguirla. Verso la fine del mio matricolato presi a guidarla, visto che il precedente “officiante” si era laureato (oggi è magistrato a Reggio Calabria). È nella notte, al pensiero dei nostri genitori e parenti lontani, la nostalgia ci prendeva e mi prende ancora adesso.
E allora, Signore, benedici. Benedici Luigi che ci ha messo in piedi questo pianerottolo, la sua famiglia, tutti noi che lo frequentiamo e i nostri cari. Benedici chi non crede o esprime un’altra fede, perché si converta e se non vuole quantomeno compia il bene. Aiutaci a fare nostra la preghiera che suggeriva Natuzza, “Signore, grazie perché mi hai dato l’opportunità di fare del bene”. Signore, tu che puoi tutto, benedici e fa’ che le nostre vite possano essere luce di sfavillante testimonianza di fede, speranza, carità e gioia. Così sia.
Ringrazio tutti i visitatori che mi hanno dato suggerimenti sulla benedizione. Anche quelli che l’hanno fatto privatamente per e-mail. E chi lo farà oggi o domani.
Antonella Lignani nel Cammino la benedizione verso i figli ha una particolare formula?
Ancora una domanda a tutti: conoscete il BENEDIZIONALE della CEI (1992)? Lo usate, che ne dite?
A ben vedere l’andazzo delle vicende umane dal 1992 ad oggi, quelle 18 pagine di Benedizionale hanno funzionato male. Tutte quelle benedizioni non hanno portato i risultati sperati, bensì il contrario.
E…Se in fondo, oltre alla funzionalità di una qualunque idea, progetto, azione si valuta dai risultati…… in quel Benedizionale non si legge neanche una volta :
“La benedizione di Jehovah sia su di voi.
Vi abbiamo benedetto nel nome di Jehovah ”
( Sl 129.8).
“ La benedizione di Jehovah, questo è ciò che rende ricchi,” ( Prov 10.22) E’ facile capire perché è del tutto inutile.
Io non lo conosco, Luigi. Vedrò di aggiornarmi.
“«ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli . . . estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52). In ossequio alle grandi categorie della riforma liturgica, il <> si configura
secondo il modello che fa di ogni formulario una vera e propria celebrazione ,
comprendente, oltre le variabili, le due costanti: la proclamazione della parola di Dio e la preghiera della Chiesa, che lodando intercede per l’umanità intera (cfr nn. 16. 20. 23.).” Link
Beh vedi Luigi la questione non è quella di proclamare la Parola di Dio, quello è facile, lo posso fare anch’io, la questione vera è che : “il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo. “( 1 Cor 9.14) La storia conferma che non è stato così. A che serve dunque ?
Qui trovate la benedizione della locomotiva E444 n. 001, il prototipo della famosa “Tartaruga”, presso le officine di Foligno. Oggi la Tartaruga riposa nel museo delle Fs in quel di Pietrarsa (Na). Vi posto il video perché il Benedizionale permette di benedire anche i mezzi di trasporto.
http://m.youtube.com/watch?feature=related&v=1VVZgo4-l74
Approfittandone, quasi tutte le auto che ho avuto sinora son state benedette. La Punto fu benedetta per telefono da don Di Noto, il Qubo mi è stato benedetto da un amico prete che è anche uno scrittore argentino, don Daniel Balditarra.
Quando, con i primi soldi da praticante, comprai la mia prima auto (una Lancia Dedra), mia madre non mancò di darmi un Padre Pio smaltato e benedetto: “Così lo metti in macchina e vai tranquillo”, mi disse. Bonariamente, quando portammo la Punto a benedire nel 1996 (quella di famiglia, non quella che ho avuto io per i fatti miei), il prete dopo la benediZione commentò: “Ora però non mettevi a correre, mi raccomando”.
Il Benedizionale lo conosco, spesso lo leggo online su http://www.maranatha.it, ed ho un’app nell’iPad che ne contiene una parte (sullo smartphone ho anche il Rosario elettronico). Mi viene lunga seguire la liturgia, ma amo leggerlo spesso perché mi mette pace. Leggo anche il Breviario, cercando di star gli un po’ appresso anche se tante volte non riesco a seguirlo (è tardi, sono stanco e così via), anche questo su iPad.
Atre benedizioni: quando dal treno o in auto avvisto il Duomo di Orvieto (“Santa chiesa, benedici e proteggi me è la mia famiglia, intercedi per il perdono dei miei peccati, guidami sulla via dell’eterna salvezza e così sia”). Questa formula viene adattata per il Santuario dl Tindari e quello di Atavilla Milicia (Pa).
Mi pare di avervi raccontato quasi tutto: quando vado a trovare don Daniel, alla fine per saluto mi faccio sempre benedire. Ecco, ora sapete tutto.