Sono del parere che gli uomini di Chiesa abbiano detto abbastanza su Berlusconi e le sue feste e che – per il momento – non debbano dire di più. Almeno fino alla conclusione dell’inchiesta della magistratura. Se emergeranno responsabilità penali, sarà forse necessario che le guide della comunità cattolica tirino le somme, ma per ora è sufficiente quella specie di esorcismo collettivo nei confronti del “libertinismo” di Arcore che si è svolto lungo le ultime due settimane: da quando cioè – il 14 gennaio – abbiamo saputo dell’inchiesta a carico del premier per prostituzione minorile e concussione. – E’ il ponderato avvio di un mio articolo pubblicato oggi da LIBERAL a pagina 14 con il sibillino titolo IL DEGRADO MORALE? ORA ATTENDERE, PREGO.
Se gli uomini di Chiesa abbiano detto abbastanza
13 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Anch’io sarei per un bel silenzio.
Non per le ragioni che poni ma semplicemente perchè non ne posso più delle lavanderie dei cafonal, delle menzogne ripetute all’infinito che diventano realtà
Come avrai notato non mi sono quotato sulle faccende postribolari.
Il punto però, caro Luigi, è che mentre i villici praticano il silenzio il nostro imperversa sulle reti televisive, nelle radio e sulla stampa, in lungo e in largo,
minacciando, vessando e spadroneggiando, come se fosse a casa sua.
E questo non va’
Se avrai voglia e tempo ti suggerisco di vederti il reportage su ARTE per ri-vedere cronologicamente i fatti e capire meglio con chi e cosa cosa abbiamo a che fare.
E invece don Sciortino pare ce l’abbia proprio con il cavaliere che deve essere senza cavallo visto che tutti gli danno giù come un santo vecchietto a cominciare da Famiglia Cristiana.
« Famiglia Cristiana non dovrà parlare di religione cristiana ma di tutto cristianamente » (Giacomo Alberione)
Sebra che cristianamente sia quello di puntare il dito e trovare il capro espiatorio su cui scaricare le colpe. Quasi che il Regno di Dio della essere quello di Famiglia Cristiana che non riesce a farlo per via del cavallo che non c’è più.
(scusatemi la lunghezza)
LUIGI: in relazione ancora all’altro blog sulla Minetti e al suo ultimo articolo.
“Nulla si guadagna a fare peggiore il mondo, o il nostro interlocutore, o la persona di cui stiamo parlando.”
Disastro antropologico, libertinismo berlusconiano, hyperconsumismo come legge di vita… E’ facile per i nostri Pastori parlare cosi’ adesso. Ma era con molta evidenza un modo di vita, un sistema culturale che veniva avanti, ben pianificato, potentissimo, con tante benedizioni anche clericali. Mi scusi, mi puo’ dire chi sta facendo peggiore il mondo (pur considerando che il peccato e’ parte di tutti noi)? Chi sta facendo peggiore quelle ragazze, quelle adolescenti, etc etc etc….? Avanti a parlare di massimi sistemi, e di casistiche di teologie morali…bene, bene…
Io non ho intenzione di fare peggiore il mondo; e spero proprio che la mia vita vada nel senso opposto, nonostante i miei limiti e peccati. La realta’ nella quale vivo e opero, quasi mi “obbliga” a sforzarmi a tirar fuori il meglio dalle persone; da una parte cercando di non dare alibi (sono povero e allora rubo; viviamo nella miseria e allora faccio prostituire mia figlia, magari adolescente; dobbiamo pagare gli studi dei fratelli piccoli e allora che la mamma o la sorella vadano in Giappone o in Arabia…); dall’altra cercando di convincere giovani, genitori, figlie, sorelle, gia’ in brutte acque, che non e’ vero che sono cattivi o irrecuperabili, che sono figli di Dio, e che Dio “non si sbaglia”! Che c’e’ invece in ciascuno di loro -sicuramente- della bonta’ dimenticata, c’e’ della purezza oscurata, c’e’ una speranza possibile se accompagnata dalla Fede, dall’amore, magari anche dalla sofferenza… Insomma che la vita e’ bella e vale la pena anche se non si e’ ricchi, e se non si hanno bilocali gratis alla Olgettina, o se non si ricevono buste da 500 Euro ciascuno, anche se.. anche se non…anche se non…
Poi qui si tratta di capirsi: se “prostituta” e’ un’ingiuria, un’epiteto, o se semplicemente descrive una realta’. Per me, nel caso della Minetti, e’ la seconda, perche’ non e’ scema, e’ preparata, e non si muoveva per “disperazione”. E’ la seconda soprattutto per l’abbondanza di dettagli/azioni che descrivono molto bene il suo ruolo al servizio del “vecchio porco’ (Leonardo’s copyright), questo si’, forse, epiteto. In molti casi, la verita’ -magari detta nella carita’- puo’ avere un valore altamente terapeutico, di consapevolezza. Puo’ “uccidere” o fare ritornare alla vita. Il Vangelo propone abbpndanti esempi al riguardo.
Ecco, la Minetti potrebbe convertirsi in igienista…MENTALE! E che per favore non vengano a fare le vittime: sono vittime di se’ stesse, vittime che fanno sinceramente pena (mi fa rabbia il “vecchio porco”, e tutta la sua diabolica menzogna imperante; loro mi fanno sinceramente pena, proprio pena.)
Ci sara’ qualcuno che oltre a guardarle come figlie, sapra’ farle “scantare”, svegliare alla verita’ della vita (non “dell’anima” Gioab, DELLA VITA…), della realta’? (Ok Leonardo, sempre che non siano i magistrati…)
Mabuhay, dove sei?
Come facciamo per venirti a trovare?
Un caro saluto
C’è anche del buono nei nostri tempi 😉
http://www.lottimista.com/component/content/article/24-in-evidenza/1282-viviamo-tempi-di-conversione.html
Propongo di ripetere dentro di noi cento volte al giorno come un “mantra”
la frase di S.Paolo:
“Dove abbonda il peccato sovrabbonderà la grazia”
MC
Quoto Mabuhay, leggendo Flannery o Connor ho imparato molto di quello che dici,
In molti casi, la verita’ -magari detta nella carita’- puo’ avere un valore altamente terapeutico, di consapevolezza. Puo’ “uccidere” o fare ritornare alla vita.
LA LETTERATURA NEL TERRITORIO DEL DIAVOLO
La poetica di Flannery O’Connor
di Antonio Spadaro S.J.
http://www.stasgawronski.it/flannerylapoetica.pdf
Stas Gavronsky
Elena Buia Rutt, Flannery O’Connor, il mistero e la scrittura, Milano, Ancora, 2010.
Quando la letteratura sembra una minestra insipida, annacquata, incapace di dare un sapore nuovo alla vita, alcuni scrittori diventano necessari come il sale. Serve al palato una parola in grado di riportare bruscamente il lettore al centro della propria vicenda umana e di chiamarlo a un confronto potente con le grandi questioni della vita. Una simile forza d’urto è senza dubbio nelle storie di Flannery O’Connor cui è dedicato Flannery O’Connor, il mistero e la scrittura (Ancora), un formidabile saggio di Elena Buia Rutt – già autrice di un’intensa rilettura di Pier Vittorio Tondelli – che ci aiuta a riscoprire e a maneggiare una scrittura incandescente. Una riflessione lucida sulle opere della grande narratrice del Sud degli Stati Uniti che in Italia è rimasta ai margini dell’attenzione della critica sia per la difficoltà di classificare una letteratura che è “allo stesso tempo simbolica e realistica, regionalista e universale, grottesca e letterale” sia per la faciloneria con cui le è stata affibbiata l’etichetta di “autrice cattolica”. D’altronde la O’Connor è stata una scrittrice solitaria, defilata, ma anche una presenza disturbante tanto per i cattolici benpensanti che per i fautori del “buon senso” laico, razionale e illuministico. Costretta da una grave malattia ereditaria a passare gli ultimi quattordici anni della vita nella sua fattoria in Georgia, la O’Connor ha alimentato la sua ispirazione attraverso un’immersione senza sconti nella propria difficile quotidianità, fino al punto da considerare il morbo che la stava divorando una benedizione: “Non sono mai stata altrove che malata. In un certo senso la malattia è un luogo, più istruttivo di un lungo viaggio in Europa. La malattia prima della morte è cosa quanto mai opportuna”. L’esperienza concreta del male è il punto di partenza della ricognizione critica della Buia che, attraverso le storie – dal romanzo Il cielo è dei violenti a quel racconto estremo intitolato La schiena di Parker – i saggi e le lettere della scrittrice americana, ci apre al mistero di una letteratura fondata su un’assoluta fiducia nella salvifica violenza dello scontro tra la libertà dell’uomo e la realtà. Allergica a ogni visione filtrata da astrazioni, lo sguardo della O’Connor si concentra “su un’esperienza cruciale, quella della finitezza”. I suoi personaggi bizzarri, storpi e malvagi ancora oggi scandalizzano, disorientano, mettono in crisi chiunque sia abbarbicato alle proprie certezze ideali e non si accorga che l’anormalità, la deformità e la devianza riguardano ciascuno senza eccezioni. Un realismo radicale espresso attraverso un irritante registro grottesco che non è “una scelta di genere, ma la diretta conseguenza della visione cristiana di un mondo intaccato dal peccato”. Secondo la Buia “tutto questo diviene uno strumento conoscitivo, una lente di lettura, funzionale alla forzatura dello sguardo di un lettore ‘di vista debole'” e in grado, forse, di cogliere solamente le connotazioni morali di quanto accade, ma non l’ordito indicibile dell’esistenza. Una letteratura che colpisce il lettore come uno schiaffo, consentendogli di “approfondire il proprio senso del mistero attraverso il contatto con la realtà, e il proprio senso della realtà attraverso il contatto con il mistero”.
Se oggi qualcuno e’ andato a messa; ha ascoltato il vangelo..e si e’ ricordato di questo post di Luigi…
Beh: gli uomini di Chiesa hanno detto poco o quasi niente.
Ma so che molti di loro non si dedicano al Vangelo: hanno ben altro da fare e da pensare.
“Corruptissima re publica plurimae leges”
In uno stato stravolto dalla corruzione, le leggi si moltiplicano
Tacito Annali Libro III v, 27
Metto qui, pensando che non sia poi troppo fuori tema, una domanda che mi è venuta spontanea questa mattina e su cui ho una certa curiosità di conoscere l’opinione dei colti avventori di questo locale: ho letto che sul palco del PalaSharp è stato fatto salire un tredicenne, a dire anche lui la sua indignazione contro Berlusconi. Come valutate questo fatto?
(Per parte mia, mi limito a osservare sommessamente che cos’è, per la legge, un tredicenne: un soggetto che, tanto per fare un esempio, se commette un delitto non è processabile, neanche davanti al giudice dei minori. Oppure, per farne un altro, è un soggetto con il quale se un ultrasedicenne ha rapporti sessuali (anche non completi) si può beccare dai cinque ai dieci anni. Questo è un tredicenne, per la legge).
Altrettanto sommessamente, mi pare un altro esempio di strumentalizzazione dei minori: i nostri piccoli ridotti ad oggetto, ad uso e consumo delle nostre (più o meno lecite) esigenze.
Ormai anche questo angolino “Chez Luigi” sta diventando infrequentabile, ammorbato com’è dagli interminabili, desolanti sproloqui di qualcuno (in effetti, noto che alcuni degli avventori più distinti se ne tengono lontani).
Un piccolo antidoto, tanto per tirarsi su con un Giuliano Ferrara al suo meglio:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/7642