Prefazione di Luigi Accattoli alle pagine 5-8 della conferenza di Tito Brandsma: “Amore per glki animali e amore per l’uomo” – Graphe edizioni 2022
Da quando in casa mia è entrato un cane, introdotto da una figlia, ho intuito che il più vistoso cambiamento dell’umano intervenuto nei decenni della mia presenza sul pianeta sia da vedere nel rapporto con gli animali. Un cambiamento che non è arrivato da solo e al quale hanno contribuito tanti amici degli animali e tra essi anche un filosofo e martire del secolo scorso.
Lettore festeggia: stai per incontrare un santo dei nostri giorni che invita ad amare gli animali. Dei nostri giorni, ovvero appena di ieri: un carmelitano ucciso dai nazisti perché proteggeva gli ebrei negli anni della grande persecuzione.
L’olandese Tito Brandsma era un uomo libero e un intellettuale di punta, che amava parlare chiaro. Quando tenne questa avvincente conferenza aveva 55 anni ed era rettore dell’Università di Nimega, in Olanda, nella quale aveva insegnato per un ventennio materie filosofiche. Era il 1936, un anno difficile per uomini e animali sulla terra: guerra d’Etiopia, guerra di Spagna, prova d’alleanza tra Germania, Italia e Giappone in vista della grande mattanza. Nel suo testo il nostro autore segnala il vento di grossolanità che soffiava pericolosamente sui popoli mentre lui argomentava per tirare i giovani ad amare gli animali, sostenendo che un atteggiamento di mitezza e di protezione verso di loro potrebbe aiutare al rispetto delle creature umane.
Non dice, il Brandsma, che gli animali vanno amati per se stessi, come diremmo noi, ma è già importante che inviti ad amarli, perché in zona cristiana sempre si resta timorosi se si sente accostare la parola amore a qualsiasi creatura che non sia umana.
Le Fonti francescane ci dicono sì che San Francesco nutriva tenero amore, grande pietà, affetto fraterno per gli animali, con i quali parlava e che gli andavano fiduciosi intorno e sulle mani: dalla cicala al leprotto, al fagiano, all’allodola e ai tanti uccelli della predica, alle rondini, alle pecore, agli uccelli fluviali, ai pesci e ai falchi, fino al lupo grandissimo e feroce. Né Francesco tra i santi è un’eccezione e ovviamente la gente semplice ha sempre amato i suoi animali, ma gli intellettuali sono restati guardinghi e quasi mai si sono azzardati a parlare di amore.
Il nostro Tito invece ne parla ad abbondanza. Dice per prima cosa che dovremmo avere verso gli animali gli stessi sentimenti che Dio ebbe nel crearli: “Sentimenti di bontà e di amore”. E siccome Dio li ha amati creandoli, ecco che noi li ameremo a nostra volta: “Amando Dio necessariamente amiamo anche ciò che egli ama”. Il giro è largo ma infine arriva dove deve arrivare.
A questo punto l’audace conferenziere ci invita a vedere nella protezione degli animali una possibile scuola dell’amore umano: “E’ come se Dio, risvegliando in noi l’amore degli animali, avesse voluto renderci più facile l’amarci gli uni gli altri”.
A conclusione dei suoi argomenti, il nostro santo ci invita ad ammirare non in piccolo ma in grande il mondo umano e quello animale e a non temere di dare agli animali il loro elevato, bel posto nella vita. Le sue parole “amiamo gli animali, facciamo loro del bene, proteggiamoli” suonano ancora come un motto aggiornato a 85 anni da quando furono scritte.
Dirò infine che l’aperto invito del Brandsma ad amare gli animali, benché datato nel linguaggio e nelle motivazioni, è di sette leghe più avanti rispetto agli analoghi testi del magistero che tutt’oggi si attardano – compresa la splendida Laudato si’ di Papa Francesco (2015) – a indicare “limiti ragionevoli” alle sperimentazioni sugli animali e ad affermare che è “contrario alla dignità umana farli soffrire inutilmente”.
E’ poco e spero che presto arrivi dell’altro. Perché quelle timide raccomandazioni erano già superate e di molto dal nostro santo e nel frattempo la cultura nella quale siamo immersi – parlo quantomeno dell’Europa – è andata assai più avanti.
Dicevo all’inizio che lungo le stagioni della mia vita, pur badando a tenere gli occhi ben aperti non ho visto altri mutamenti così grandi come quello dell’atteggiamento verso gli animali.
Nato in campagna, sono cresciuto con gli animali della stalla e del cortile. C’erano cani dappertutto e noi bambini ci rotolavamo con loro in mezzo all’erba. Ma i cani non potevano entrare in casa.
Oggi invece battono la coda agli stipiti di ogni stanza, saltano sui letti e guardano con noi la tv. Una volta si diceva “mi hanno trattato come un cane in chiesa” se ti avevano cacciato in malo modo da un qualche ritrovo: oggi invece i cani nelle chiese ci stanno a loro agio quasi quanto i preti. E salgono sui treni, viaggiano in aereo, hanno il pronto soccorso e la scuola per i cuccioli.
Vedendo ragazzi che parlano ai cani e ai gatti con parole brevi e che vengono intese alla perfezione – resta, lascia, piede, terra – mi sono fatto l’idea che un giorno gli animali non li mangeremo più e con loro converseremo. Quel giorno dovremmo ricordare che il merito sarà – tra i santi – di Francesco d’Assisi e, subito dopo, di Tito Brandsma.
Luigi Accattoli