Oggi pomeriggio il Papa è andato pellegrino alla Salus Populi Romani e al Cristo della chiesa di San Marcello al Corso, invocato dai romani nelle calamità: è andato a implorare la fine della pandemia per l’Italia e per il mondo. Qui lo vediamo che cammina – in simbolico pellegrinaggio – per via del Corso. Nei primi due commenti altre due foto. Nel terzo la notizia come l’ha data il portavoce. Nel quarto un mio commento.
Il Papa pellegrino per Roma invoca la fine della pandemia
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Qui Francesco è in preghiera in San Marcello al Corso, davanti al Cristo implorato nei secoli dai romani nelle grandi prove. Si tratta di un crocifisso in legno del secolo XV davanti al quale – portato in San Pietro – Papa Wojtyla il 12 marzo dell’anno 2000 pronunciò il mea culpa giubilare. – La chiesa di San Marcello si trova lungo via del Corso, in un largo sulla destra per chi vada verso piazza del Popolo, a un centinaio di metri da piazza Venezia. Nella foto del post si vede il papa che cammina lungo quel marciapiede di destra, avendo alle spalle la prospettiva dell’Altare della Patria.
Francesco davanti all’icona della Salus Populi Romani in Santa Maria Maggiore. Vi andò pellegrino il giorno dopo l’elezione e poi un’altra settantina di volte da allora a oggi. Una nota di Vatican News ricorda che l’icona della Vergine Salvezza del Popolo Romano “nel 593 Papa Gregorio I l’aveva portata in processione per far cessare la peste, e nel 1837 Gregorio XVI l’ha invocata per far finire un’epidemia di colera”.
Dichiarazione del portavoce Matteo Bruni. Questo pomeriggio, poco dopo le 16:00, Papa Francesco ha lasciato il Vaticano in forma privata e si è recato in visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per rivolgere una preghiera alla Vergine, Salus populi Romani, la cui icona è lì custodita e venerata. Successivamente, facendo un tratto di Via del Corso a piedi, come in pellegrinaggio, il Santo Padre ha raggiunto la chiesa di San Marcello al Corso, dove si trova il Crocifisso miracoloso che nel 1522 venne portato in processione per i quartieri della città perché finisse la “Grande Peste” a Roma. Con la sua preghiera, il Santo Padre ha invocato la fine della pandemia che colpisce l’Italia e il mondo, implorato la guarigione per i tanti malati, ricordato le tante vittime di questi giorni, e chiesto che i loro familiari e amici trovino consolazione e conforto. La sua intenzione si è rivolta anche agli operatori sanitari, ai medici, agli infermieri, e a quanti in questi giorni, con il loro lavoro, garantiscono il funzionamento della società.
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-03/papa-coronavirus-covid-19-roma-preghiera.html
Mia nota. Il Papa si fa pellegrino a nome di tutti ora che nessuno può pellegrinare.
http://gpcentofanti.altervista.org/gli-opposti-estremismi-della-ragione-astratta/
Grazie papa Francesco, grazie.
Vangelo 16 marzo 2020
Lc 4, 24-30
In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Nessun profeta è accetto in patria. In questo brano Gesù va a toccare il punto più decisivo, il dono più grande, per una conversione profonda: la grazia di Cristo, Dio e uomo, che apre un varco non nella sola anima, non in una ragione a tavolino, non nella vita meramente pratica ma in tutta la persona. Non vita spirituale da un lato, astratti ragionamenti culturali dall’altro e, non trovando aiuto in questi vari schematismi, soluzioni pragmatiche nella vita concreta. Il dono di crescere nel discernimento concreto nella luce serena, dal vivo. Tenendo conto dei suggerimenti della cultura, nella condivisione con ogni persona, ma senza mai affidarsi al pilota automatico delle risposte prefabbricate. A cominciare dal mettere vissutamente in discussione la propria mentalità, il proprio discernimento e persino il proprio Gesù in Gesù stesso (nella Chiesa, nel mondo). Allora non si pongono filtri allo Spirito di Gesù, paletti oltre i quali non ci può toccare. Trovando così continuamente vita nuova può nascere una sete inesausta di luce. Dunque Gesù alla condizione di bisogno, spesso favorevole all’accoglienza della grazia, qui aggiunge e sembra dare più rilevanza a quella di sentirsi pellegrino in un cammino, verso una terra, sempre da scoprire. Il Figlio stesso con l’aiuto di tutti matura nel percorso sopra delineato. Meditare con attenzione i vangeli è allora una scoperta continua. Qui vediamo il redentore sperimentare la Provvidenza divina. Passa miracolosamente in mezzo alla folla inferocita. Non è ancora giunta la sua ora e nessuno può insidiare la sua stessa vita.
Mi unisco al grazie che Fabrizio Scarpino rivolge a papa Francesco.
Sono perplesso.
Siamo bombardati da appelli disperati a rimanere a casa, ci sono milioni di italiani praticamente agli arresti domiciliari e proprio il Papa offre un esempio contrario.
Mia madre telefona alla vicina di casa (una vedova ultraottuagenaria che vive al piano di sopra) per chiederle come sta, per evitare un contatto diretto e poi vede Papa Francesco, davanti alle telecamere, andare a spasso per Roma?
Ricordo che per il santo giubileo della Misericordia il Papa fece venire a San Pietro le spoglie dei SS Pio da Pietrelcina e Leopoldo Mandic: non poteva anche oggi farsi portare nel palazzo apostolico (o nella cappella di Santa Marta) il Crocifisso in questione?
A me verrebbe voglia domani di inforcare la bicicletta e andare con un mazzo di fiori al santuario della Vergine del Poggetto: se mi dovessero fermare le forze dell’ordine direi che sto seguendo l’esempio del Papa…
Esagero, naturalmente, ma veramente sono sconcertato da questo gesto in un momento come questo.
Aggiungo che anche io, come tanti cattolici della mia diocesi, su invito del nostro arcivescovo, sto recitando una novena per affidare la mia città e l’Italia al “nostro” crocifisso miracoloso contro le epidemie, ma non mi verrebbe mai in mente di andare fisicamente nel santuario del Crocifisso di San Luca: prego tranquillamente da casa mia.
Il Papa, così diligente nella recita dell’angelus a porte chiuse, così pronto ad anticipare che i riti della prossima Pasqua saranno senza concorso di popolo, non poteva pregare da “casa”, dando oltretutto il buon esempio a tutti noi?
Il Papa è andato in rappresentanza di tutti noi. Mi è sembrato un bel gesto! In fondo, di Papa ce ne è uno solo! A chi dà il cattivo esempio? Non penso che Benedetto, tedesco come è, possa seguire i cattivi esempi del successore!
Caro fratello Federico, ti scrivo per comunicarti la condivisione di quanto scritto da te dagli arresti domiciliari, anche se fisicamente sto bene. Io sono a Rho (MI), ma ho la fortuna di vivere in una villetta separata dall’abitato circostante. Perciò ho anche la fortuna di camminare intorno a casa mia. Mentre cammino tutti i giorni recito il mio Santo Rosario giornaliero e lo recito insieme ai miei amici Santi. Ma questa è una mia idea. Nel Padre Nostro, quando arrivo a “liberaci dal male”, aggiungo “specialmente dal coronavirus”. Nell’AVE MARIA dico “prega per noi peccatori specialmente ADESSO, Madre nostra divina e ti anticipo il GRAZIE di tutti”.
Un amico dall’Abruzzo mi ha scritto che sì “bisogna pregare” ma affinché Dio provveda, l’uomo deve fare la sua parte. Mi ha fatto questo esempio per me significativo. Ha scritto Dio è Onnipotente, ma Gesù che i pani li poteva creare dal nulla, ha moltiplicato quelli forniti dai discepoli che così hanno contribuito al miracolo. Tu cosa ne pensi di questo scritto di un amico?
Caro Federico, un abbraccio telematico ce lo possiamo permettere. Grazie!
Un caro saluto beneaugurante a te e anche al padrone di casa e a tutti i suoi ospiti.
https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-salus-parla-rylko
Altro non aggiungo, se non un pieno dissenso con quanto scritto dal Federico Benedetti alle 00.37 del 16 marzo.
ANTONELLA, Gesù in chiesa è presente in CORPO, SANGUE, ANIMA e DIVINITA’.
Il Papa non poteva andare davanti a LUI nella cappella privata e farsi fotografare per dimostrare a noi la sua preghiera? Ma ci crede il Papa alla presenza reale di Gesù? Spesso è stato fotografato durante la celebrazione eucaristica, quando non si è inginocchiato. Lui si è giustificato dicendo che ha dei problemi non ricordo se alla schiena o alle gambe. Però davanti ai mussulmani questo problema non ce l’ha. Comunque “errare, humanum est!” E anche il Papa è un uomo, però deve anche tener presente. Però bisogna tener presente che compito del Papa è anche l’insegnamento il quale è più convincente con l’esempio pratico più che con la predica.
Io che prima di questa emergenza tutti i giorni andavo in chiesa per pregare in ginocchio davanti a Gesù, adesso prego Lui e Maria camminando intorno a casa mia. E sinceramente non lo penso lontano, specialmente Maria. Per rispetto alla mia privacy, non ti dico cosa faccio fisicamente, soprattutto nei confronti di Maria .Pax tibi et omnibus frequentantibus hunc blog.
Toh, guarda!
Ma quanta bella perplessità.
Secondo il Primo Perplimentesi, “il papa se ne sarebbe andato a spasso”, cattivone, mentre lui medesimo, tapino, insieme ai vessati italiani “agli arresti domiciliari” rosica e si rode per non dar sfogo a tutte le proprie voluttuose devozioni personali.
Il Secondo Perplimentesi, carcerato pure lui, si capisce, non solo rosica e si rode, ma butta là, così senza parere ” Ma ci crede il Papa alla presenza reale di Gesù?” Oltre al bolso condimento – reiterato nel tempo, aggravante non da poco -di “accuse” miste di mancate genuflessioni eucaristiche e consuete ceste di cavolate assortite.
Con tutto lo sdrucinio disastroso di questi giorni, riempie il cuore ed eleva lo spirito sapere che ci son fior di cattolici che trovano il tempo di far sapere all’orbe terracqueo il loro personalissimo parere su ogni questione che riguardi il papa. Pare che costoro si mettano allo stesso piano e alla stessa stregua: “IO” ( breve inchino e intenso raccoglimento) faccio così e cosà, perche mai il Papa non lo fa e fa diverso?
Ma pensa un pò.
Quando si era ragazzini, si diceva: due righe più bassa.
A Lorenzo 16:46
Tot capita tot sententiae. Lorenzo, io considero anche te un fratello cristiano e ti rispetto nella tua opinione. Esagero se ti chiedo di rispettare anche la mia opinione? Io stimo Papa Francesco e prego per lui tutte le mattine, anche perché lo chiede lui, e se lui chiede che si preghi per lui, vuol dire che non si crede perfetto, e questo dimostra che è intelligente. Ma nemmeno io sono perfetto, del resto. Se tu lo sei, invece, chapeau! Ma davanti al Signore siamo tutti uguali.
Mi permetti di salutare anche te con un fraterno abbraccio telematico?
Comunque io tutte le mattine prego per gli ammalati tutti, di quelli che conosco faccio addirittura il nome a Gesù e Maria. Confido nella loro comprensione fraterna e materna anche per le mie imperfezioni
Dopo questo mio nuovo intervento, scappo ancora dal blog, perché non voglio disturbare gli ospiti del caro e apprezzato Luigi.
. Penso che questa tragedia segnerà uno spartiacque: cosi’ come ogni grande epidemia segnò l’umanità, sconvolgendola, ricapitolandola, capovolgendone i paradigmi. La differenza, a mio avviso, rispetto alle grandi epidemie di Peste e in special modo quella del 1300 -epoca di eventi sciagurati che inizia con lo schiaffo di Anagni (1303) per passare ad Avignone, ai tre papi fino allo scisma di occidente. Non meno il XIV secolo lacerato da guerre permanenti e sconvolgimenti climatici: fame e pestilenze. Eppure, il popolo cristiano non si sottrasse alla preghiera, le chiese non chiusero i battenti, si aveva una concezione diversa della Religione e malgrado le inadempienze e le guerre fratricide tuttavia, il timore di Dio e dell’inferno era molto sentito e a Lui ci si affidava implorando perdono per le colpe commesse con erogazioni ed invocazioni . Sono certa che ogni accadimento che sfugge al nostro controllo sia un castigo di Dio perché i Suoi Giudizi sono un grande abisso ma l’abbiamo dimenticato: abbiamo perso di vista che siamo creature miserabili e inutili, che basta poco per mandarci fuori controllo.. Oggi il Vaticano si è chiuso, non si accede all’Eucaristia e forse dovremmo riflettere se ne fossimo degni veramente.
Penso, anche, che Papa Francesco – per quanto mi sia sempre dissociata da certe sue esternazioni e tentativi di riforma invisi ad una parte del popolo cattolico- la testimonianza coraggiosa di ieri che ha sconvolto ogni protocollo imposto abbia un senso, profondo. Forse bisognava avere più coraggio: avremmo dovuto gridare dai tetti che solo Dio è padrone della storia…ma questo è un mio pensiero…e tale resta…
Imploriamo la materna protezione della Madre di Dio affinché il flagello di questo microscopico essere diabolico termini presto.
Un caro saluto a tutti
Carissima Clodine, per te mi riaffaccio al blog e contraccambio il tuo apprezzatissimo saluto.
Il tuo invito all’implorazione della materna protezione della Madre di Dio e Madre nostra, l’ho anticipato per me da molti giorni.
Tu, cara sorella in Cristo, meriti senz’altro un affettuoso abbraccio, che ti prego di contraccambiare. Grazie!…
Rif. 18.23 – Erogazioni?
Non ho capito cosa sono le erogazioni nel sec. XIV. Forse sono le rogazioni, che, al dire del medioevalista Cardini e del grande Manzoni, forse suscitavano dolore dei peccati ma non allontanavano di un millimetro peste e fame.
Oggi magari ci sono meno rogazioni ma – magari da parte di laici danarosi e poco devoti – forti erogazioni agli ospedali in zona di “guerra virale”.
Ma certo che ti abbraccio Giuseppe. Apprezzo sempre i tuoi interventi.
E’ un momento difficile per tutti, solo se resteremo uniti gli uni gli altri in preghiera riusciremo ad uscirne. Dobbiamo pregare, pregare, pregare, incessantemente…
Un carissimo saluto fratello buono
Vangelo 17 marzo 2020
Mt 18, 21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Il perdono avviene nel cuore. Un buon papà può perdonare dentro di sé il figlio undicenne che, pur non vivendo problemi particolari, a casa non svolge i suoi compiti di studente. Anzi questo genitore potrà sentire tanta tenerezza, ricordare qualche propria marachella giovanile… Ma al figlio potrà all’opportuno manifestare con amore che se non studia incorrerà in qualche sua sanzione. Più maturiamo nella sequela di Gesù più veniamo condotti in una profonda accettazione, comprensione, attenzione, all’altro. In una misericordia totale verso l’altro. E più, anche con le esperienze, ci avvediamo che il momento della parola ferma detta saggiamente spesso arriva molto dopo il tempo in cui noi potremmo talora farlo giungere. Anche se può arrivare. Impariamo a maturare le risposte nella preghiera, nel tempo, attendendole dal cielo. Cercando di imparare a non lasciarci sopraffare dall’emotività, ma proprio sempre più maturamente ispirati dal perdono nel cuore. In questo brano emerge anche un altro aspetto molto significativo. I servi dei vangeli sono spesso presentati da Gesù come umili strumenti del suo amore. Si legge una parabola e tale storia non potrebbe svolgersi senza di loro ma quasi non ci si avvede di essi. In realtà questo è non di rado il modo più incisivo per trasmettere l’amore di Dio: dal vivo, con semplicità. Qualcuno dei servi presentati da Gesù può chiudersi nel proprio egoismo e dunque agire in proprio. Ma la maggior parte di essi non fa che cercare di eseguire con zelo la volontà di Dio. Anche se ciò in, pur buona, varia misura. E come apre nuovi orizzonti il sereno e attento cercare di portare frutto al cento per cento! Forse però questo è l’unico episodio in cui i servi sembrano quasi prendere una loro iniziativa, non esplicitamente richiesta dal padrone. Certo è anche qui un parlare dei fatti accaduti col padrone. Ma in altri casi li vediamo porre qualche domanda chiarificatrice a lui che sta comunicando con loro. Qui sono loro che vanno ad informarlo. È la misericordia, la compassione, che li muove, che li rende certi di essere nel cuore mossi ancora una volta da Lui, che è misericordia e compassione. Si tratta di un aspetto determinante di questa parabola. Una società può andare a scatafascio per il cordiale non immischiarsi nei fatti degli altri, per il pensare solo al proprio orticello. L’accoglienza, l’attenzione, la disponibilità, reciproche sono la base di una società rinnovata. Le dittature cercano di spegnere queste reti di libertà e di partecipazione e molto confidano su questo girarsi dall’altra parte, anche dove e come sarebbe realisticamente possibile un altrimenti. Gesù qui dunque rileva il motivo per cui i così docili servi si muovono. Non farlo significherebbe divenire corresponsabili di un’oppressione, venire meno alla volontà di Dio. La Sua logica è agli antipodi di quella uniformata e uniformante degli apparati, che possono pervenire a plasmare persone persuase di vedere il re vestito anche se è nudo.
Rif. 18.23 – Erogazioni?
“Bisogna evitare di agitarsi e di abbaiare ad ogni battuta, aspettando pazientemente che l’interlocutore abbia finito di esporre il suo pensiero, anche se non lo si condivide, senza però investirlo subito con una sfilza di obiezioni, ma concedendogli ancora un po’ di tempo perché possa integrare, chiarire o correggere quanto ha detto, ed eventualmente ritrattare qualche frase affrettata.
Plutarco, L’arte di saper ascoltare.
Rogazioni, certo. Se me ne avesse dato il tempo, senza evidenziarlo con tanto sarcasmo, avrei chiesto venia e motivato il refuso ( con delle rogazioni ed invocazioni, era ciò che intendevo dire) capita nella fretta di sbagliare, a lei non capita mai? Il sarcasmo è il rifugio dei deboli, diceva Dostoevskij che è l’ultimo rifugio delle persone modeste dall’anima casta quando la riservatezza della loro anima è straziata e abusivamente invasa.
un saluto
Rif. 18.23
la compatisco infatti!
* * *
Grazie Padre Gianpaolo per le sue bellissime riflessioni che fanno tanto bene al cuore e rinfrancano l’anima e lo spirito.
Un caro saluto a lei e a tutti. Si pregare insieme, cercare l’unità quella vera che non vede tutte le differenze come conflitto ma varie di esse come ricchezza. Il conflitto invece è una chiusura profonda. Preghiamo in questo tempo molto misterioso. Vi racconto una esperienza spirituale che ho vissuto.
Aggiunta 27 dicembre 2016: Intorno alla metà di dicembre rientro al santuario del Divino Amore verso le ventitré e trenta. Proprio sul sagrato della chiesa antica non ricordo perché alzo il capo e vedo che il cielo è tutto coperto, a tappeto, di nuvole ma vi è un’apertura perfettamente quadrata di cielo limpido attraverso la quale apertura, nel centro, risplende luminosa una luna piena molto grande, diciamo col diametro pari quasi alla metà di un lato del quadrato suddetto. Guardo stupito l’inusuale veduta quando la forma dell’apertura da quadrata diviene a cuore ma con i tratti meno nitidi, quasi nell’indicazione che vi è un cammino da percorrere, che non tutto è così chiaro. Ho imparato a lasciare fare al Signore conservando, come Maria, proprio nel cuore senza interpretare. Ma certo può venire in mente un riferimento al trovarci, nella Chiesa, in un possibile passaggio da un talora variamente astratto, squadrato, razionalismo ad un discernimento del cuore nella luce che scende serena, delicata. E i richiami della luna, del cuore, a Maria possono risultare spontanei. Il fatto che, mi pare, fosse il giorno seguente al plenilunio potrebbe ricordare la Pasqua, che si celebra la domenica immediatamente successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Ma non voglio complicare. Comunque Dio, la Madonnina, nel manifestarsi sono umili, discreti, ma anche pieni di fantasia, di sorriso, di poesia…
Cara Clo, come ci dicevamo in whatsapp è stato bello che Papa Francesco stamattina abbia concluso la Messa a Santa Marta con la benedizione eucaristica!
Che bella l’immagine della luna, credo anch’io che la Madonna le stesse comunicando qualcosa don Giampaolo. Anch’io mi soffermo a guardare il cielo, sempre alla ricerca di qualcosa che sfugge ai sensi: mi sovviene la pericope del Vangelo di Matteo: “Quando si fa sera, voi dite: bel tempo perché il tempo rosseggia… Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?” . Gli antichi lo scrutavano, il cielo,e ne conoscevano i segreti più reconditi. Da tempo ormai l’umanità è affetta dalla cervicale dell’anima, piegata a guardare la terra, solo alla terra e mai il cielo!
Riflettevo su questo periodo di grande ansia e digiuno Eucaristico, sicuramente foriero di grazie, se ci mettiamo in umile ascolto di noi stessi , delle nostre coscienze, allora scorgemmo con quanta indegnità e leggerezza talvolta ci si accosta al Corpo di Cristo. E’ necessario uscire da questo momento buio con una fede rafforzata, convertita. Proprio oggi-come ogni mattina in questo tempo di Quaresima- seguivo Papa Francesco in diretta dalla cappella in Santa Marta ed era come se fosse li per me, per me solo. Non l’avevo mai osservato con tanta attenzione, o quanto meno,con lo sguardo di questa mattina, ed è stato come se lo guardassi per la prima volta, nei particolari: quel viso forte e volitivo, burbero, mi appariva questa mattina in tutta la sua fragilità, sofferenza,dolcezza, stanchezza, rassegnazione. Curvo su se stesso come carico di una croce enorme.Ci fu un momento (condiviso poi con Antonella su whatsapp) in cui si è reso evidente un sussulto interiore, come di un pianto palesato dall’espressione del viso e mi si è stretto il cuore.Ho pianto anch’io,lo confesso, ho pianto anche su di me.. .
Gesù spesso nel vangelo alza lo sguardo verso il cielo ma non di rado anche verso gli uomini, i paesaggi. E anche invita ad alzare lo sguardo…
Don Giampaolo il Vangelo che amo di più è Luca e in esso la parola di Gesù che tengo stretta è questa:
“Risollevatevi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina” (Luca 21 28).
“Respicite et levate capita vestra quoniam appropinquat redemptio vestra”.
è un attore. Ma se recita soltanto, recita proprio bene
https://www.facebook.com/fabrizio.giannini1/videos/10218916496555718/
Che bello!
Bello veramente, e vero anche. Noi capitolini siamo così, anche mio padre era comunista ma la Madonna del Divino amore guai a toccarla.
La devozione romana ,scandita in tappe, è la seguente : il Bambino dell’Ara Coeli il giorno dell’Epifania, Santa Maria Maggiore, e preghiera a Gesù Bambino dinnanzi alla culla in argento contenente la sacra paglia della mangiatoia e saluto alla Salus Populi Romani. San Marcellino al corso (Marcellino si chiamava mio fratello ) e sosta dinnanzi al Cristo Miracoloso. Quando occorreva un po’ d’acqua benedetta ecco il rubinetto di Santa Maria al pozzo. Tappa obbligata per impetrare grazie e protezione, il solenne pellegrinaggio al santuario della Madonna del Divino Amore, e guai a mancare in casa la sacra immagine, guai!
Noi romani abbiamo apprezzato molto il gesto del Papa, ne abbiamo capito l’importanza e la forza probabilmente un po’ di più di chi romano non è proprio in forza di una tradizione antica che si perpetua.
Grazie Lorenzo Pisani, di vero cuore.