“Ecco la rivoluzione di Gesù, la più grande della storia: dal nemico da odiare al nemico da amare. Se siamo di Gesù, questo è il cammino! Non ce n’è un altro”: così ha parlato domenica il Papa a Bari nell’omelia della messa, dopo l’incontro con i vescovi del Mediterraneo, del quale ho riferito nel post precedente. Riporto nei commenti i passaggi dell’omelia che fanno più luce. Li metto staccati l’uno dall’altro per invitare i visitatori a leggerli lentamente. Li commento con una foto della precedente visita di Francesco a Bari, quella del 7 luglio 2018, quando vi andò a incontrare i patriarchi e i vescovi del Medio Oriente. Ho scelto quella perché volevo la sua luce a commento delle parole del papa. Luce di luglio sulla pietra di Puglia.
Papa: la rivoluzione di Gesù è la più grande della storia
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Gesù va oltre. Gesù cita l’antica legge «Occhio per occhio e dente per dente» e va oltre, molto oltre: «Ma io vi dico di non opporvi al malvagio» (Mt 5,39). Ma come, Signore? Se qualcuno pensa male di me, se qualcuno mi fa del male, non posso ripagarlo con la stessa moneta? “No”, dice Gesù: non-violenza, nessuna violenza.
Parole precise. E tu puoi dire: “Ma Gesù esagera! Dice persino: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44); parla così per destare l’attenzione, ma forse non intende veramente quello”. Invece sì, intende veramente quello. Gesù qui non parla per paradossi, non usa giri di parole. È diretto e chiaro. Cita la legge antica e solennemente dice: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici”. Sono parole volute, parole precise.
Differenza cristiana. È la novità cristiana. È la differenza cristiana. Pregare e amare: ecco quello che dobbiamo fare; e non solo verso chi ci vuol bene, non solo verso gli amici, non solo verso il nostro popolo. Perché l’amore di Gesù non conosce confini e barriere. Il Signore ci chiede il coraggio di un amore senza calcoli.
Estremismo dell’amore. Sull’amore verso tutti non accettiamo scuse, non predichiamo comode prudenze. Il Signore non è stato prudente, non è sceso a compromessi, ci ha chiesto l’estremismo della carità. È l’unico estremismo cristiano lecito l’estremismo dell’amore.
Disarma il tuo cuore. Non preoccuparti della cattiveria altrui, di chi pensa male di te. Inizia invece a disarmare il tuo cuore per amore di Gesù. Perché chi ama Dio non ha nemici nel cuore. Il culto a Dio è il contrario della cultura dell’odio.
Sa come si vince. Ma allora la logica di Gesù è perdente? È perdente agli occhi del mondo, ma vincente agli occhi di Dio. Dio vede oltre. Sa come si vince. Sa che il male si vince solo col bene. Ci ha salvati così: non con la spada, ma con la croce. Amare e perdonare è vivere da vincitori. Perderemo se difenderemo la fede con la forza.
Nei Getsemani di oggi, nel nostro mondo indifferente e ingiusto, dove sembra di assistere all’agonia della speranza, il cristiano non può fare come quei discepoli, che prima impugnarono la spada e poi fuggirono. No, la soluzione non è sfoderare la spada contro qualcuno e nemmeno fuggire dai tempi che viviamo. La soluzione è la via di Gesù: l’amore attivo, l’amore umile, l’amore «fino alla fine» (Gv 13,1).
Asticella dell’umano. Cari fratelli e sorelle, oggi Gesù, col suo amore senza limiti, alza l’asticella della nostra umanità. Alla fine possiamo chiederci: “E noi, ce la faremo?”. E’ una grazia che va chiesta: “Signore, aiutami ad amare, insegnami a perdonare. Da solo non ci riesco, ho bisogno di Te”. E va chiesta anche la grazia di vedere gli altri non come ostacoli e complicazioni, ma come fratelli e sorelle da amare. Molto spesso chiediamo aiuti e grazie per noi, ma quanto poco chiediamo di saper amare!
Sfida di Gesù. Scegliamo oggi l’amore, anche se costa, anche se va controcorrente. Non lasciamoci condizionare dal pensiero comune, non accontentiamoci di mezze misure. Accogliamo la sfida di Gesù, la sfida della carità. Saremo veri cristiani e il mondo sarà più umano.
Leggetela tutta. Visitatori belli, l’omelia va letta per intero. Ho messo nove perle per invitare al tutto, che trovate qui:
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/02/23/0120/00264.html
Sono sempre un po’ dispiaciuto quando sento commenti sul discorso della Montagna nel quale si fa uso del verbo “dovere”. Gesù non lo usa. È un caso? Assolutamente no. ( Nei Vangeli “devi” e “dovete” sono espressioni verbali praticamente assenti ) .
La risposta che mi sono data a questa domanda è questa : la parola “dovere” fa riferimento diretto a una legge “esterna” da rispettare, mentre la novità del cristianesimo sta nel fatto che la legge da esterna diventa “interna”, scritta nel cuore, è un “volere” più che un “dovere”. San Paolo VI un giorno disse questa frase che mi è sempre rimasta fissa nella mente : il cammino cristiano consiste nel passare dal dovere al volere.
Papa Francesco ha detto e Luigi lo ha sottolineato : “ chi ama Dio non ha nemici nel cuore “. Questa affermazione vale anche nel reciproco : “chi ha nemici nel cuore non ama Dio”, cioè il tuo cuore non è tutto per Dio. Il “ non amare tutti, ivi compresi i nemici “ è un fatto che ti mostra in modo evidente che, nella realtà concreta, non sei ancora “rinato dall’alto” ( il Vangelo di Giovanni usa in questo caso la espressione “dovete”: dovete rinascere dall’alto). Il “rinascere” non è nella disponibilità della nostra umanità. È dono” di Dio, anzi è IL dono di Dio che Gesù ci ha acquisito e che viene dato a chiunque crede in Gesù. Quello di cui abbiamo bisogno è molto di più di un semplice “aiuto”, abbiamo necessità di essere “trasformati” . Gli “aiuti” lasciano le cose come stanno ( penso alle nazioni post coloniali che hanno ricevuto “aiuti” a bizzeffe e, se possibile, stanno oggi peggio di come erano quando erano colonie. Avevano la necessità di una “trasformazione” che non ci è stata. Per gli esseri umani vale la stessa cosa che per le nazioni ). Se sei “ trasformato “, se sei “ rinato dall’alto” , se hai dentro di te com’è realtà viva la natura di Dio che ti è stata donata con il Battesimo , allora amare tutti, compreso i tuoi nemici, fare del bene anche a coloro che ti odiano ecc ti apparirà “naturale”, perché Cristo vive in te e questo è quello che Cristo fa.
E, se ti rendi conto che questo per te, la tua preghiera non sia tanto “ dammi questa o quest’altra capacità” ma “trasformami”, “ vieni ad abitare in me perché non sia più io a vivere ma Tu”, “ donami il tuo Santo Spirito “. Questa è la preghiera la cui accoglienza è garantita.
Le “asticelle” mi fanno rabbrividire. Mai IO sarò capace di superare quelle asticelle. Se guardo alla MIA persona. Quello che mi ha fatto innamorare di Cristo è stata la promessa che Lui avrebbe preso la sua dimora dentro di me e miavrebbe donatodi sperimentare la bellezza di “amare” . Il Vangelo è una BUONA NOTIZIA non è una “asticella più alta da superare”.E quelle volte che attraverso di me l’Amore di Dio si è riversato e si riversa su qualcuno ho gioito e gioisco. E il MIO impegno è che questo canale non si interrompa.
Rif. 19.02 di ieri – Ma io vi dico…
Condivido le riflessioni a commento di quanto riportato da Accattoli e ringrazio per la suggestione delle immagini e degli accostamenti e per le prospettive spirituali (quaresimali) di accoglienza del “dono”, che è lui stesso, “la tenda in noi”. Con due preoccupazioni che espongo
a) Vorrei avere la sicurezza che in questa bella omelia su Mt 5 il papa è sfuggito al “devi”, “al guai se non lo fai”, trasformando in legge la buona notizia che è promessa insperata. A me pare proprio che il papa ne sia rimasto lontano. Anzi si è tenuto lietamente dentro la novità assoluta del Regno di Dio che è giunto ed è da invocare che sempre venga .
b) E’ bello constatare che non c’è “dovere” nel discorso della montagna; ma ci sono molti imperativi, alla seconda persona singolare e plurale. Penso abbiano lo stesso peso del “devi”. E tuttavia non sono obblighi da soddisfare e a cui legare – a nostra misura – la ricompensa del dio-arbitro-giudice; ma possibilità insperate aperte da Dio di sperimentare la bellezza e la gioia di amare oltre limiti che noi mai penseremmo di superare. Quella “asticella di umanità” prefigurata in dono mi pare di una gratuità evangelica totale, radicalmente riversata nei nostri cuori.
Noto, a margine, che non ho capito il riferimento agli aiuti dati dai paesi colonizzatori ai paesi ex coloniali. Ma non pretendo di capire tutto.
Vangelo 27 febbraio 2020
Lc 9, 22-25
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».
Gesù non ci prende in giro. Ha sempre collegato la rivelazione della sua divinità al mistero della Pasqua. Un venire portati per grazia al cuore del mistero della vita, lì dove non si può rimanere, nel più profondo, veramente delusi. Ma nei secoli tale percorso può talora essere stato presentato come una morale obbligatoria, da vivere con le proprie forze. Su questa scia si è trattato di staccarsi dalle cose per avvicinarsi a Dio. Ma il cammino che Cristo propone è proprio l’opposto. La grazia ci attira a Lui e in Lui verso i fratelli. Siamo condotti verso la vita autentica, la fede, l’amore e dunque viviamo un sempre rinnovato rapporto con ogni cosa. Preghiera, elemosina, digiuno, non sono cose da fare, staccate tra loro. L’amore di Dio (preghiera) che si fa spazio (digiuno) dentro me mi apre il cuore all’amore dei fratelli, specie i più sofferenti (elemosina). Scopriamo che i nostri stessi sensi possono venire affascinati da realtà profonde. I gusti stessi cambiano, maturano, godiamo di tante cose in modo nuovo, più intenso, più equilibrato. Vediamo che anche certi lati del nostro carattere non sono né buoni, né cattivi ma diventano ricchezze se vissuti nello Spirito. La flemma può svilupparsi in adeguata riflessività senza restare inazione, l’impulsività in ponderata generosità… Impariamo gradualmente a non valutare le situazioni in base alla nostra emotività ma cercando la volontà di Dio. Non principalmente “come sono stato bene” ma “è qui che Dio mi voleva?”. Ecco per esempio cosa vuol dire, nel capitolo secondo di Luca, che il vecchio Simeone si recò al Tempio mosso dallo Spirito. Magari in piazza predicava il famoso predicatore Tal dei Tali ma il nostro aveva l’appuntamento comunitario. Chiuse gli occhi e credette che avrebbe ricevuto più grandi grazie dove Dio lo chiamava che cercandosi invece di testa propria incontri anche spirituali che potevano apparire tanto interessanti. Passava dal fare alla fede.
Sono sempre un po’ dispiaciuto quando sento commenti di qualcuno che si mette su un pulpito parallelo a quello di un papa, per far conoscere alla folla dei fedeli il suo personalissimo parere ombelicocentrico.
Per dire : a me non sono ” le asticelle”, ma, molto prima e molto più banalmente, le basiche ” mancanze di senso delle proporzioni ” che fanno rabbrividire.
Detto questo, dopo aver centellinato, gustandole, “le perle” di Luigi, concordo: quella omelia va letta integralmente, per intero.
Ho letto velocemente gli interventi. Dunque dovrei leggere con più attenzione. Ad una lettura volante mi pare: il papa è stato fin dall’inizio un annunciatore della grazia, dunque dell’accompagnamento graduale, nella libertà. Non può che intendere asticella nel senso dell’aprrtura alla chiamata della grazia quando essa viene.